LA NASCITA DI UNA GRANDE INDUSTRIA E LA PRESA DI
COSCIENZA DEI PROBLEMI AMBIENTALI
di Ciro
Todisco
PREMESSA
La città di
Taranto è situata nell'omonimo
Golfo sul
Mar Ionio,
si estende tra due mari: il Mar Grande ed il Mar Piccolo, è sede di un
grande
porto
industriale e commerciale e di un
arsenale
della
Marina Militare
Italiana, nonché della maggiore stazione navale. A causa di
un grande indotto industriale, la città di Taranto risulta essere una
delle città più inquinanti d’Italia ma presenta, da una decina d’anni,
una forte coscienza ecologista. La città dei due mari ospita numerose
realtà industriali di piccola, media e grande portata, tra le tante, una
raffineria, alcuni cementifici ed uno tra i più grandi stabilimenti
siderurgici d’Europa, l’Ilva, un impianto che ha avuto senz’altro il
merito di creare migliaia di posti di lavoro ma al tempo stesso ha anche
prodotto notevoli danni all’ambiente e alla salute dei cittadini.
Effetti
negativi che oggi sono percepiti in misura maggiore rispetto al recente
passato, grazie all’evidenza dei dati sanitari che dimostrano un aumento
della mortalità per tumore ed altre patologie nella città, in
particolare nel quartiere “Tamburi”, quello situato a ridosso dell’area
industriale.
Il mio lavoro
si è soffermato sulla storia dell’Italsider, a partire dal 1957, prime
voci circa la localizzazione di uno stabilimento siderurgico nella zona
di Taranto, fino ai primi giorni del 2010, quando lo stabilimento Ilva,
ha inaugurato il nuovo impianto di aspirazione fumi e depolverazione.
INTRODUZIONE
Sono state
ripercorse le tappe fondamentali che hanno contraddistinto la convivenza
tra un colosso siderurgico e la città di Taranto.
Dall’euforia
iniziale, per l’avvento di un gigante che dava lavoro e sicurezza
economica a migliaia di famiglie, si è passati, nel corso dei decenni,
ad una crescente preoccupazione per il peggioramento della qualità della
vita, sia dei lavoratori sia dei cittadini.
Il polo
industriale dell’area di Taranto risulta il maggiore produttore di gas
ed emissioni inquinanti nel Paese, dalla diossina a CO, IPA, Benzene,
Cadmio, Cromo, Mercurio, Piombo...ecc..
La coscienza
ambientalista si è sviluppata notevolmente, si evidenziano numerose
iniziative dei mass media nazionali, i quali si sono accorti
dell’emergenza ambientale tarantina, ponendo i loro riflettori sulle
tragedie di tante vite spezzate dalle patologie causate
dall’inquinamento.
Sono state
numerose, negli ultimi anni, le trasmissioni di emittenti pubbliche e
private dedicate a tale questione.
CAPITOLO I
Cronistoria
dell'industrializzazione a Taranto negli anni:
1957
Necessità di nuovi investimenti in siderurgia nel Mezzogiorno, prime
voci circa la localizzazione di uno stabilimento siderurgico nella zona
di Taranto.
1959
La città esulta, il Comitato dei Ministri per le Partecipazioni Statali
delibera la costruzione a Taranto del IV centro siderurgico.
1960
“L’Italsider” rappresenta una speranza per la
popolazione, viene percepito come una opportunità di miglioramento delle
condizioni di vita.
Dagli studi
commissionati dalla “Finsider”, vengono individuate 3 zone
comunali che presentavano caratteristiche idonee ad accogliere
l’impianto.
Si decide la
localizzazione dello stabilimento con superficie di 528 ettari, separato
dalle abitazioni cittadine solo da una strada statale.
1961
Iniziano i primi lavori per la costruzione dello stabilimento, vengono
sradicati ventimila alberi di ulivo tra l’indifferenza generale, anche
di quei proprietari terrieri che vengono comunque risarciti con buoni
indennizzi.
Si registra un
boom economico, la popolazione tarantina aumenta di oltre 32.000 unità.
1964
Ad ottobre viene avviato il primo altoforno.
1968
Progetto di ampliamento dello stabilimento, dai 528 iniziali ai 1500
ettari (due volte la superficie urbana della città di Taranto).
Il
CIPE delibera
i lavori di ampliamento, il Consiglio Comunale è chiamato ad esprimersi
rispetto all’ipotesi di ampliamento, si afferma con decisione la
questione ambientale, dibattito tra forze politiche e sindacali.
1970
Il Comitato Tecnico Esecutivo dell’IRI relaziona sulla opportunità
dell’ampliamento dell’”Italsider” di Taranto, il 26 novembre la
relazione viene approvata dal CIPE.
I lavori di
ampliamento porteranno l’Italsider “sul mare”, concedendole tre
dei cinque sporgenti per l’attracco delle navi che trasportano materie
prime, con gravi conseguenze per l’ecosistema della rada di Mar Grande.
1971
A settembre viene avviato l’altoforno n° 4, l’associazionismo
ambientalista locale muove i primi passi convocando manifestazioni
pubbliche nelle vie del centro cittadino e momenti di sensibilizzazione
e riflessione soprattutto nel quartiere Tamburi, il più colpito
dall’attività industriale.
Durante la
manifestazione “Taranto per un’industrializzazione umana”, vengono
esposti in Piazza della Vittoria panni simbolicamente anneriti dal fumo,
sugli alberi della stessa piazza vengono appesi cartelli che riportano
la scritta “reliquia”, vengono esposte altre “reliquie” contenenti “aria
non inquinata”, “acqua dello Jonio non inquinata” e “terreno agrario
purissimo”.
L’Amministrazione Provinciale organizza un convegno dal titolo
"Inquinamento ambientale e salute pubblica a Taranto", durante il quale
per la prima volta si confrontano tutti gli attori interessati alla
salvaguardia ambientale: amministratori locali, studiosi, sindacalisti,
ambientalisti e rappresentanti dell’industria.
Sull’onda
lunga del convegno, per la prima volta a Taranto, si decide di condurre
uno studio sull’inquinamento atmosferico che viene commissionato dal
Comune, i primi risultati indicano abbastanza chiaramente che nella zona
occidentale della città esiste un processo di crisi ambientale”.
La direzione
dello stabilimento, nel corso del dibattito sull’ampliamento, annuncia
investimenti per 50 miliardi di lire per il perfezionamento e
potenziamento di impianti di depurazione e abbattimento dei fumi.
1974
A seguito della Vertenza Taranto, viene firmato l’accordo tra sindacati
ed Italsider, nell’accordo viene inserito il problema
dell’eco-compatibilità e dell’ammodernamento impiantistico.
Gli impegni
assunti dall’”Italsider”, in tutti i suoi stabilimenti, ammontano
a 90 miliardi di lire da spendere per la maggior parte a Taranto.
1976
Viene varata la Legge Merli, che detta la disciplina per gli scarichi
degli insediamenti industriali.
1978
Viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con la legge 833,
la legge della riforma sanitaria.
La riforma
prevede la creazione delle Unità Sanitarie Locali (USL), alle quali
vengono assegnati anche compiti di prevenzione e tutela dell’ambiente.
1979
L’attività svolta dall’Istituto Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro
(INAIL), sin dall’insediamento del Siderurgico, inizia a far emergere i
primi preoccupanti dati relativi all’incidenza delle malattie
professionali derivanti dall’esposizione a gas, fumi e polveri altamente
nocive.
A settembre
del 1979, vengono installate 5 stazioni fisse di rilevamento posizionate
in punti strategici del territorio provinciale, dall’analisi dei dati
emerge un primo rapporto sullo stato dell’ambiente nell’area jonica.
1982
La Procura della repubblica di Taranto indaga i vertici dell’Italsider
per getto di polveri e inquinamento da gas, fumi e vapori.
Il processo si
conclude con la condanna del direttore dello stabilimento Italsider
a 15 giorni di arresto con l’accusa di getto di polveri ma non di
inquinamento da fumi, gas e vapori.
1984
Dopo la sentenza, la direzione dell’”Italsider” si adopera per
migliorare la percezione dell’attività dello stabilimento, soprattutto
attraverso la carta stampata.
In questo
senso gli interventi dei dirigenti evidenziano gli investimenti che
dalla metà degli anni Settanta si sono realizzati e quelli in fase di
realizzazione che riguardano sempre gli impianti ecologicamente più
critici.
Costituzione
del Fondo d’Impatto Ambientale, il comitato direttivo del Fondo
comprende 13 membri, 7 rappresentanti degli Enti Locali, 3 dei sindacati
e 3 delle industrie.
1986
Con la Legge n. 349 viene istituito il Ministero dell’Ambiente.
1988
A maggio inizia il processo di liquidazione volontaria della Finsider,
dell’Italsider, della Nuova Deltasider e della Terni Acciai Speciali,
che si concluderà nel 1989 con la costituzione di una nuova società,
l’Ilva SpA.
1991
Il Ministero dell’Ambiente dichiara l’area di Taranto “area ad elevato
rischio ambientale”.
L’area interessata, oltre al comune di Taranto, comprende altri 4 comuni
della provincia jonica (Crispiano, Massafra, Montemesola, Statte) per un
totale di 564 kmq e 263.614 abitanti.
Alcune
associazioni ambientaliste utilizzano strumenti telematici per la
diffusione delle informazioni sulle problematiche ambientali a Taranto.
1994
L’ENEA avvia il “Piano di disinquinamento per il risanamento del
territorio della provincia di Taranto” che verrà pubblicato nel 1998,
seguito da una nuova dichiarazione da parte della Presidenza del
Consiglio dei Ministri nel 1997.
La
dichiarazione di area ad elevato rischio ambientale del 1990 e le
successive reiterazioni, segnano gli ultimi significativi avvenimenti
della storia ambientale che lega il territorio tarantino alla gestione
pubblica dello stabilimento siderurgico.
1995
In aprile giunge al termine la trattativa tra l’IRI ed il Gruppo Riva
per l’acquisizione dello stabilimento di Taranto, le istituzioni locali
sono tenute fuori dal tavolo di negoziazione, gli esponenti politici si
limitano ad intervenire seguendo la scia delle rivendicazioni sindacali,
non ponendo la questione ambientale tra le priorità nell’agenda
istituzionale.
1996
La Regione Puglia viene investita di competenze speciali in materia
ambientale, il suo ruolo acquista rilievo nella questione ambientale per
la collaborazione con il Ministero dell’Ambiente alla realizzazione del
Piano di Risanamento.
Nel mese di
maggio si crea l’Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza
ambientale, una carica assegnata al Presidente della Regione.
1997
Viene siglato il Primo Atto d’intesa tra Regione e Ilva, l’atto non
prevede né limiti di tempo più stringenti in fatto di risanamento né il
ricorso a sanzioni in caso di inadempienze.
Viene
presentato dal Gruppo Riva il primo piano industriale di investimenti
per 539 miliardi di lire per rifacimenti di nuovi impianti e per
l’eco-compatibilità e la sicurezza sul lavoro.
Inizia nello
stesso periodo l’intervento per la rimozione dell’amianto dagli impianti
produttivi.
Il fronte
sindacale non partecipa ai tavoli di concertazione tenuti a livello
regionale ed i malumori iniziano a serpeggiare, si denuncia la mancanza
di impegno su una serie di problematiche ambientali presenti all’interno
dello stabilimento.
1998
Dopo otto anni di attesa dalla prima dichiarazione di Area ad elevato
rischio di crisi ambientale arriva in primavera il Piano di Risanamento
Ambientale messo a punto dall’ENEA per conto del Ministero
dell’Ambiente.
2000
Visto il ritardo nell’attuazione del Piano di risanamento, ad agosto, il
Ministero dell’Interno, affida la titolarità esclusiva dello stesso al
Presidente della Regione nella sua veste di Commissario delegato per
l’emergenza ambientale in Puglia.
Creazione
della commissione consiliare “Ambiente ed Ecologia” che svolge
un’indagine conoscitiva sullo stato dell’ambiente e della salute dei
cittadini.
Relazioni
allarmanti del Presidio Multizonale di Prevenzione PMP (uffici tecnici
delle ASL) circa l’inquinamento prodotto dalla produzione del coke e
richiesta del fermo delle batterie 3 e 6.
In base alle
ipotesi di reato segnalate dalla relazione del PMP sull’inquinamento
industriale dell’Ilva viene realizzata dalla Magistratura una perizia, a
seguito della quale, si invitano gli organi istituzionalmente competenti
ad intervenire.
2001
A seguito della perizia e della lettera della Magistratura con la quale
si invitava, chi di dovere, a prendere provvedimenti circa
l’inquinamento industriale prodotto dagli stabilimenti Ilva,
l’Amministrazione comunale, con una “storica” ordinanza sindacale (6
febbraio) ordina all’Ilva, entro 15 giorni (poi passati a 90) dalla
notifica dell’ordinanza, di realizzare interventi migliorativi
relativamente ai forni delle batterie 3 e 6, di ridurre la produzione di
coke con il fermo delle batterie 3 e 6 o alternativamente di procedere
alla sostituzione delle stesse.
Scoppia la
“vertenza ambiente”, il Gruppo Riva che fino a quel momento si era
dichiarato disposto al dialogo solo con l’interlocutore regionale, si
dimostra conciliante.
Avvisi di
garanzia inviati al Presidente del Gruppo Riva e ad altri due dirigenti
dello stabilimento, legati alle risultanze della maxiperizia realizzata
per conto della Procura nei mesi precedenti.
Le
confederazioni sindacali si dichiarano esplicitamente contrari e ad una
“vertenza ambiente” condotta attraverso le ordinanze, esprimono
preoccupazione nei confronti di un crescente antindustrialismo che si
diffonde in città, denunciano eccessiva strumentalizzazione politica
della vicenda e ripropongono lo strumento del Piano di risanamento,
seppur rivisto nei meccanismi di attuazione, come strada da seguire.
L’associazionismo ambientalista si mostra compatto nell’appoggiare
l’ordinanza comunale, viene praticata una forte azione di denuncia per
favorire un coinvolgimento della cittadinanza nei processi decisionali
territoriali e diffusione dell’informazione attraverso gli strumenti
telematici.
Per la prima
volta viene posta la questione dell’effettiva attivazione dell’Agenzia
Regionale per la Protezione dell’Ambiente (Arpa) che, a distanza di due
anni dalla legge regionale di istituzione, non è entrata ancora nella
fase operativa.
In risposta
alla pressione proveniente da Comune e Magistratura, la direzione dello
stabilimento per la prima volta decide di rivolgersi direttamente alla
cittadinanza rivendicando il ruolo di fonte di occupazione e reddito per
la città, evidenziando gli investimenti fatti sin dal 1995 per
migliorare l’impatto ambientale.
2002
Il sindaco non riesce a persuadere il Gruppo Riva ed è costretto a
cambiare atteggiamento, richiedendo l’intervento del Governo centrale e
della Regione Puglia.
A luglio,
arriva la condanna di primo grado per il procedimento iniziato nel 1999
e qualche giorno dopo la sentenza, l’Ilva comunica la decisione di
spegnere le batterie oggetto delle ordinanze comunali e di ridurre gli
investimenti per lo stabilimento tarantino.
L’associazionismo continua ad appoggiare l’Amministrazione Comunale e
l’azione della Magistratura che in questa fase sembrano operare in
maniera sinergica.
Dopo una fase
iniziale di reciproca diffidenza, gli ambientalisti cercano il confronto
con i sindacati per condividere una piattaforma di rivendicazione della
tutela occupazionale e del rispetto dell’ambiente.
Il Ministero
dell’Industria, a settembre, istituisce un tavolo, da attivare a livello
regionale, con il compito di definire un accordo per il risanamento
complessivo dello stabilimento siderurgico che definisca in maniera
puntuale gli investimenti che il Gruppo Riva deve realizzare.
Al livello
regionale è anche affidata la realizzazione di un Accordo di Programma
che interessi tutta l’area ionica da risanare.
Viene siglato
il primo Atto di intesa, ne seguiranno altri 3, nel quale vengono
concordati interventi precisi con altrettante scadenze temporali
vincolanti finalizzate all'adeguamento delle migliori tecniche
disponibili (BAT Best Available Techniques) necessarie per il rilascio
dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) prevista dalle direttive
europee.
2003
L'8 gennaio viene siglato il secondo Atto d'intesa che prevede il
potenziamento del barrieramento tra lo stabilimento e le aree urbane
contigue ad esso, tramite l'ampliamento delle colline artificiali
esistenti.
Si accertò poi
che l'opera oltre che non comportare miglioramenti riguardo alla
dispersione di inquinanti in atmosfera, avrebbe provocato il
peggioramento della qualità della vita dei residenti, alterando la
morfologia dei luoghi, accentuando l'attuale chiusura del quartiere e la
sua separazione dal contesto territoriale, riducendo luce e aria agli
edifici residenziali e scolastici adiacenti.
2004
Il 27 febbraio viene siglato il terzo Atto d'intesa e il 15 dicembre il
quarto Atto d'intesa.
Solo dopo la sottoscrizione del 3° Atto d'intesa, Comune e Provincia
ritirano la costituzione di parte civile nel processo che aveva visto la
condanna in primo grado dei vertici dello stabilimento per le polveri
del parco minerali che ricadevano sul quartiere Tamburi.
L'intervento
di “barrieramento” a ridosso dei parchi minerari è sostituito da un
nuovo progetto per il risanamento del quartiere Tamburi.
2006
Il 17 ottobre viene dichiarato ufficialmente lo stato di dissesto
finanziario del Comune di Taranto. La struttura commisariale del Comune
di Taranto e la Regione Puglia rimodulano il Programma di risanamento
dei “Tamburi” per renderlo coerente con il regolamento CIPE.
2007
Viene riorganizzata L'Arpa (Agenzia Regionale Per l'Ambiente) che inizia
una campagna di rilevamento dei dati dell'inquinamento prodotto
dall'Ilva.
Emergono dati
preoccupanti soprattutto per quanto riguarda le emissioni di diossine e
di idrocarburi policiclici aromatici.
A maggio viene
presentato un dossier allarmante sull'inquinamento, a giugno l'Ilva
querela i relatori del dossier sull'inquinamento per "procurato allarme
ambientale".
2008
L'Arpa continua la campagna di rilevamento delle emissioni inquinanti e
i dati resi pubblici sono sempre più allarmanti.
Anche le
associazioni si attivano creando una propria rete di informazione e
divulgazione dei dati.
Si crea un
vero e proprio allarme inquinamento e riemerge un diffuso atteggiamento
"antindustriale".
Inizia un
dibattito circa l'opportunità di indire un referendum cittadino
sull'opportunità di chiudere lo stabilimento Ilva, seppur con varie
sfumature (chiusura totale o del solo ciclo di lavorazione a caldo).
Il Presidente
della regione Puglia, in una lettera aperta al Presidente del Consiglio,
sottolinea tutta la gravità del "caso Taranto" e lo invita a collaborare
per la soluzione del problema.
Viene
addirittura messa in discussione l'attendibilità dei dati prodotti
dall'Arpa.
Sullo sfondo sembra esserci l'iter per l'adeguamento alle "migliori
tecniche disponibili" (BAT-Best Available Tchniques) da parte dell'Ilva
e il conseguente rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)
prevista dalle direttive europee.
Il 20
novembre, all'ospedale “Testa” di Taranto, viene presentata la
nuova legge regionale sulle emissioni di diossina, tale Legge impone, a
tutti gli impianti che producono diossine, di rispettare i limiti alle
emissioni di 0,4 nanogrammi all’ora, in linea con quelli indicati dal
Protocollo di Aarhus.
La dirigenza
dello stabilimento ILVA dichiara l'impossibilità a rispettare i tempi
previsti dalla Legge.
Nel mese di
novembre un comitato cittadino che riunisce 18 fra associazioni e
movimenti ambientalisti, indice una grande manifestazione contro
l'inquinamento.
Con lo slogan
"Vogliamo Aria Pulita!" più di 20.000 persone scendono in piazza.
Il 16 dicembre
viene approvata dal Consiglio regionale della Puglia la Legge regionale
"anti-diossine".
2009
In seguito all'approvazione della Legge regionale "anti-diossina"e in
vista della prima fase della sua applicazione (1 aprile 2009) si apre un
forte dibattito circa la sua effettiva applicabilità.
La direzione
dello stabilimento ILVA, oltre a ribadire le sue valutazioni negative
delle prescrizioni previste dalla Legge regionale, annuncia
ripercussioni sul piano occupazionale.
Forte
dibattito nella comunità tarantina con posizioni sostanzialmente
convergenti nel ritenere necessario un punto di mediazione tra le
ragioni ambientali e le problematiche occupazionali.
Il 17 gennaio
Legambiente avvia a Taranto la campagna nazionale "Mal'aria" e presenta
il libro bianco sull’inquinamento atmosferico da attività produttive in
Italia.
La Regione
Puglia ribadisce l'assoluta sostenibilità della riduzione delle
emissioni di diossina prevista dalla prima fase della Legge regionale,
peraltro già ottenuta in una precedente sperimentazione (giugno 2007)
mediante l'impiego del trattamento con urea.
Dopo una fitta
serie di incontri, il 19 febbraio viene siglato a Roma un Protocollo
d'intesa tra tutti i soggetti coinvolti che rinvia di tre mesi (30
giugno 2009) l'entrata in vigore della prima fase della Legge regionale
'antidiossina' lasciandone, di fatto, inalterati i principi di fondo.
Vengono
stabiliti, nella prima fase, precisi criteri e modalità di monitoraggio
delle emissioni e riaffermata la sostenibilità del limite di 0,4 ng,
come obiettivo da raggiungere entro il 2010 mediante l'adozione delle
migliori tecniche disponibili.
2010
Il 14 gennaio,
lo stabilimento Ilva inaugura il nuovo impianto di aspirazione fumi e
depolverazione che permetterà l’abbattimento delle emissioni.
L’investimento, di circa 30 milioni di euro, rientra nel Piano degli
interventi previsti per adeguare gli impianti alle migliori tecniche
disponibili e rappresenta un altro importante passo verso la piena
compatibilità ambientale dello stabilimento, nelle varie fasi del
processo di fabbricazione dell’acciaio si generano emissioni diffuse di
fumi ad alta temperatura e ad alta concentrazione di polveri, questi
fumi devono essere aspirati e depolverati prima della loro emissione in
atmosfera.
CONCLUSIONI
Nella città di
Taranto esiste una forte coscienza ambientalista, profondamente
radicata, in misura molto maggiore di quanto lasciano intendere i media.
Sin dalla
nascita dell’Italsider, ci fu una impressionante migrazione delle
persone che abbandonando il proprio lavoro nei campi o nelle piccole
botteghe, scelsero la certezza di un posto di lavoro sicuro per sé e per
i propri figli, ma non va dimenticato il profondo sentimento che nutrono
nei confronti di una bellissima città che sicuramente paga a caro prezzo
le scelte dovute alla industrializzazione.
Per molti anni
la città di Taranto ha avuto il solo ruolo di spettatore, di fronte alla
prospettiva occupazionale è stata disposta ad accettare qualsiasi
aggressione al proprio territorio.
Oggi, la
maggior parte della popolazione, ha dimostrato di aver rotto il cordone
ombelicale che la legava all’azienda dicendosi favorevole alla chiusura
dello stabilimento.
Queste sono le domande circa il Referendum Consultivo sull’ILVA promosso
da un Comitato di Taranto, in riferimento a quanto proposto nell’anno
2008:
1) Volete voi
cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute, nonché la
salute dei lavoratori contro l’inquinamento, proporre la chiusura
dell’Ilva, con l’impegno del Governo di tutelare l’occupazione,
impiegando le maestranze per lo smantellamento e bonifica dell’area in
cui sono attualmente situati gli impianti industriali, e di destinare
l’area stessa per altre attività economiche non inquinanti ovvero per
permettere lo sviluppo del Porto e dell’Arsenale (da riconvertire in
industria naval-meccanica) e dare alla città di Taranto nuove e concrete
opportunità dì lavoro nel settore del turismo?
2) Volete Voi
cittadini di Taranto, al fine di tutelare la Vs. salute e quella dei
lavoratori, proporre la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva, maggiore
fonte di inquinamento, con conseguente smantellamento dei parchi
minerali, con l’impegno del Governo di far impiegare i lavoratori
dell’area a caldo in altre attività?
3) Volete voi
cittadini che il Comune di Taranto chieda all’llva S.p.A. il
risarcimento dei danni, in seguito alla condanna definitiva da parte
della Corte di Cassazione dei responsabili del citato impianto
siderurgico per inquinamento ambientale, tenendo presente che gli
interessi diffusi, come quelli dell’ambiente e della salute, non possono
essere oggetto di accordo da parte dell’Ente locale, così come sancito
dalla Corte di Cassazione e dalla magistratura amministrativa?
4) Volete voi
cittadini che il Sindaco, ai sensi dell’art. 50 del decreto legislativo
267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali), per motivi sanitari, di igiene
pubblica e per la tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori,
obblighi l’Ilva S.p.A. e le altre industrie di Taranto a bonificare il
territorio e il mare inquinato a loro spese, sulla base del principio
“chi inquina paga”, così come sancito dall’art. 174 comma 2 del Trattato
dell’Unione Europea e dall’art. 3 ter del decreto legislativo 3 aprile
2006, n.152?
5) Volete voi
cittadini che il Consiglio Comunale di Taranto si adegui al risultato
positivo derivante dal referendum consultivo in materia di ambiente,
sulla chiusura totale o parziale dell’Ilva (della sola area a caldo),
con la tutela dell’occupazione, così come prospettato dai quesiti
referendari del Comitato Promotore “Taranto Futura”, nel pieno rispetto
del principio della sovranità popolare, così come previsto dall’art. 1
della Costituzione?
Molti
cittadini hanno espresso grande preoccupazione per la loro salute,
soprattutto alla luce di quanto accaduto a tanti ex colleghi, morti
prematuramente.
Una minoranza
dei pensionati ha invece condiviso la necessità di accettare il
mantenimento dell’attuale stato del siderurgico per salvaguardare
l’economia locale e nazionale, secondo alcuni è possibile riuscire a
conciliare gli interessi produttivi dell'azienda con la salvaguardia del
territorio, sottolineando gli sforzi compiuti dalla proprietà per
l’adeguamento degli impianti agli standard ambientali, sforzi che
durante la gestione statale non sarebbero mai stati visibili.
La strada
intrapresa forse, è quella giusta, sicuramente non si sarebbe dovuto
arrivare a tanto, facendo trascorrere tanti anni, prima di rendersi
conto che la salute ambientale e le bellezze paesaggistiche del
territorio sono un bene al quale non si deve rinunciare.
(01-2010)
Ciro Todisco |