L'INQUINAMENTO E L'ENERGIA EOLICA
di Giuseppe Bellia
Le maggiori
fonti di produzione dell’inquinamento atmosferico sono la produzione di
elettricità, i trasporti, le lavorazioni industriali e gli edifici
residenziali e commerciali inoltre gli inquinanti prodotti sono detti
clima-alteranti in quanto hanno la capacità di alterare e modificare la
temperatura terrestre producendo quindi dei cambiamenti climatici.
Oggi, oltre
l’80 % dell’energia utilizzata nel mondo viene prodotta bruciando
combustibili fossili, quali petrolio, carbone e metano.
È ormai
accertato che proprio l’utilizzo di tali combustibili fossili genera la
produzione di gas inquinanti che una volta immessi in atmosfera
danneggiano l’ambiente.
Annullare
totalmente le fonti di inquinamento di origine antropica è di fatto
impossibile; ciò che invece è auspicabile, per la salute e per il
benessere dell’uomo, è la riduzione di questi.
Negli ultimi
anni molto è stato fatto, anche a livello politico, per fronteggiare i
diversi problemi ambientali: dall’impegno a perseguire un modello di
sviluppo sostenibile alla ricerca degli strumenti più adeguati a
conciliare la crescente domanda di energia e, quindi, il crescente
consumo di combustibili fossili, con la salvaguardia dell’ambiente.
Ne sono
conseguite una serie di decisioni a livello governativo e parlamentare,
fra cui le innovazioni introdotte dal Decreto 79/99, noto come Decreto
Bersani, che applica in Italia la direttiva europea per la
liberalizzazione del sistema elettrico, sulla base di una nuova
direttiva europea.
Il
decentramento della gestione energetica implica, indirettamente, la
valorizzazione delle fonti rinnovabili in quanto tutte a carattere
spiccatamente locale: energia solare, eolica, da biomasse,
idroelettrica, ecc..
L’impiego in
favore della promozione del ricorso alle fonti rinnovabili nasce dal
fatto che il loro sfruttamento non produce emissioni dannose per
l’atmosfera e contribuisce quindi al rispetto delle azioni contenute nel
protocollo di Kyoto.
L’impiego
dell’energia eolica per la produzione di energia elettrica è ormai una
realtà e rappresenta un caso di successo tra le nuove fonti rinnovabili.
L’energia
eolica è l’energia posseduta dal vento.
Sin
dall’antichità, l’uomo ha impiegato la forza del vento per muovere le
pale dei mulini a vento; i moderni mulini a vento sono gli
aerogeneratori.
Il principio
di funzionamento degli aerogeneratori è lo stesso dei mulini a vento con
la differenza che il movimento di rotazione delle pale viene trasmesso
ad un generatore che produce elettricità.
Ai fini dello
sfruttamento dell'energia eolica mediante sistemi di conversione
elettrica è importante conoscere le variazioni di direzione e di potenza
del vento, indipendentemente da quale sia il tipo di vento.
Il metodo più
immediato per quantizzare un vento consiste nel misurarne la velocità.
A tale scopo
sono stati costruiti gli anemometri o anemografi, cioè degli
strumenti che, basandosi su principi fisici diversi, riescono a misurare
il vento.
Fra gli
anemometri più usati, il più semplice è il cosiddetto anemometro a
coppe.
In tale
anemometro il vento, soffiando sulle coppe, le pone in rotazione attorno
ad un asse verticale; un contatore, elettrico o meccanico, misura il
numero di giri che esse eseguono in un certo intervallo di tempo e
mediante opportune tabelle di taratura è possibile risalire alla
velocità del vento.
Altri tipi di
anemometri sono quelli a laser o ad ultrasuoni, che individuano lo
sfasamento del suono o la coerenza della luce riflessa dalle molecole
dell’aria.
Anemometri a
filo caldo individuano la velocità del vento attraverso la differenza di
temperatura al minuto tra i fili piazzati al vento e i fili piazzati
sottovento.
Il vantaggio
di anemometri non meccanici è che essi sono meno sensibili alle gelate e
al ghiaccio.
La potenza
del vento è particolarmente forte laddove non sussistono ostacoli, nelle
superfici
piane, lungo le coste e in mare aperto.
La velocità del vento, quindi, oltre che dai parametri
atmosferici, dipende anche dalla conformazione del terreno; più un
terreno è rugoso più il vento incontrerà ostacoli che ridurranno la sua
velocità.
La scelta del
sito deve essere seguita da un'efficace disposizione delle macchine (layout),
che vanno opportunamente distanziate sul terreno o in mare per evitare
eventuali reciproche interferenze fluidodinamiche che ne riducono la
producibilità.
Gli impianti eolici sono gli impianti industriali
per lo sfruttamento del vento ai fini della produzione di energia
elettrica.
Essi sono costituiti dall’insieme degli aerogeneratori,
dall’intera rete dei cavidotti di collegamento, dalle torri
anemometriche, dalle cabine d'impianto e di trasformazione, dalle piste
di servizio e di accesso all'impianto.
Tra essi si distinguono gli impianti eolici in-shore,
cioè localizzati sulla terra, e gli impianti eolici off-shore,
allocati cioè in mare a varie distanze dalla costa.
Una centrale eolica è una vera e propria centrale
elettrica costituita dall’insieme di più generatori, ognuno di essi è
una macchina completa, in grado di funzionare autonomamente e di
produrre energia elettrica da immettere in rete, previa la necessaria
trasformazione della tensione.
Un aerogeneratore si presenta come una torre in
acciaio alla cui sommità è fissata la “navicella” da cui sporge il
rotore multipala. La navicella contiene al suo interno un generatore
elettrico asincrono, il sistema di riduzione/moltiplicazione dei giri e
il sistema frenante.
Esistono aerogeneratori diversi per forma e dimensione
che possono avere una, due o tre pale di varie lunghezze ad asse
orizzontale o verticale.
Il tipo di aerogeneratore più utilizzato, che
rappresenta ormai lo standard, è quello a tre pale, con rotore
sopravvento a mozzo rigido, collocato tra la direzione da cui spira il
vento e la torre
La tipica configurazione di un aerogeneratore ad asse
orizzontale è la seguente:
la torre di sostegno porta alla sua sommità la
navicella (o gondola), costituita da un basamento e da un involucro
esterno; nella gondola sono contenuti l'albero di trasmissione
lento, il moltiplicatore di giri, l'albero veloce,
il generatore elettrico e i dispositivi ausiliari.
All'estremità dell'albero lento e all'esterno della gondola è fissato
il rotore, costituito da un mozzo, sul quale sono montate le
pale. Il rotore può essere posto sia sopravvento che sottovento
rispetto al sostegno.
La navicella è in grado di ruotare rispetto al sostegno
allo scopo di mantenere l'asse della macchina sempre parallelo alla
direzione del vento (movimento di imbardata).
Opportuni cavi convogliano al suolo l'energia elettrica
prodotta e trasmettono i segnali necessari per il funzionamento.
Negli ultimi anni la politica di produzione eolica ha
rivolto la sua attenzione alla realizzazione di parchi eolici
offshore, in quanto questi presentano una maggiore efficienza da un
punto di vista dello sfruttamento del potenziale eolico e sono
caratterizzati da impatti ambientali e visivi, generalmente, inferiori
rispetto agli impianti installati a terra.
L’idea di spostare a mare i tradizionali impianti eolici
on-shore nasce dalla considerazione che in mare, dove né gli alberi né i
palazzi sono fonte di disturbo, l’intensità del vento è molto più
costante e si riesce, quindi, a sfruttare il doppio dell’intensità del
vento, conseguentemente le turbine in mare riescono ad ottenere
un’energia otto volte superiore rispetto a quelle su terra.
Questo è l’enorme vantaggio di una centrale costruita in
mare aperto, il problema però sta nel trovare un sito, al largo della
costa, della giusta profondità dove potere installare delle turbine.
Si pensa che nel futuro più prossimo si andranno sempre
più espandendo gli impianti offshore, infatti secondo studi effettuati
del centro meteorologico europeo di Reading (Ecmwf) sull’analisi del
modello di circolazione generale e dal confronto con le misure
sperimentali rilevate su boe, isole e navi in varie regioni del
Mediterraneo, le aree di maggiore ventosità sono quelle circostanti gli
stretti (Stretto di Gibilterra, Bocche di Bonifacio, Stretto di
Messina), il versante ovest e sud-ovest di Corsica, Sardegna e Sicilia,
le coste del basso Adriatico e dello Ionio, le coste greche e gran parte
delle isole dell'Egeo, le coste occidentali e meridionali turche e quasi
tutti i litorali nord-africane.
Per valutare se un sito è potenzialmente utilizzabile
occorre considerare oltre al vento anche la profondità del mare e la
distanza dalla costa.
Per ragioni ambientali e di protezione da impatto visivo,
tale distanza, per la Sicilia, non può essere inferiore a 2 miglia
marine (pari a circa 3,7 km).
Oggi le tecnologie disponibili per le fondazioni a mare
ci permettono di raggiungere
fondali fino a un massimo di 40–50 m anche se si pensa
che nel 2020 si potranno raggiungere profondità di oltre 50 m e che
potranno esistere centrali eoliche galleggianti ancorate a fondali di
qualsiasi altezza.
Tuttavia, al momento tale distanza dalla costa è un
fattore che interviene pesantemente sulla fattibilità e sui costi di
realizzazione di un impianto off-shore, naturalmente se le aspettative
per il 2020 non verranno deluse questo porterà ad un significativo
aumento delle aree utilizzabili delle coste siciliane.
Si può quindi affermare che lo sviluppo dell’eolico
offshore in Italia implica anche lo
sviluppo della tecnologia delle fondazioni (tecnologia di
cui già l’Italia è molto competente).
Secondo le stime della European Wind Energy Association
(EWEA) nel 2020 la produzione europea di energia dal vento potrebbe
raggiungere i 180.000 MW e quasi il 40% di questo totale potrebbe essere
prodotto off-shore.
Anche se la tecnologia offshore per la produzione di
energia elettrica deriva direttamente da quella onshore esistono delle
differenze tra le due tipologie di turbine.
Innanzitutto, la prima differenza sta proprio nel diverso
ambiente in cui operano le macchine. Infatti, è da non sottovalutare il
fatto che a mare le condizioni ambientali tendono ad essere più dure ed
aggressive, rispetto a quelle su terra, per cui le apparecchiature
utilizzate devono essere in grado di resistere all’ambiente più
corrosivo; una soluzione è quella di utilizzare delle pale in fibra di
carbonio rivestite con resina epossidica.
Per quanto riguarda la parte elettrica tutti i cavi
provenienti dalle turbine del parco eolico offshore, sono collegati ad
una prima piattaforma di trasformazione (posta a mare) la quale è
collegata ad un secondo trasformatore (su terraferma) che a sua volta è
collegata alla rete elettrica locale.
Naturalmente i cavi sono tutti interrati per proteggerli
da eventuali danni provocati da particolari tipi di pesca o
dall’ancoraggio delle navi.
La manutenzione a mare è molto più complessa, infatti in
caso di guasto di una turbina sarà necessario attendere le condizioni
meteorologiche più sicure e raggiungere, tramite un’idonea
imbarcazione, la zona del guasto.
Questo è il motivo per cui gli aerogeneratori a mare sono
progettati per funzionare in modo più attendibile possibile e con una
durata di circa 30 anni contro i 20 delle turbine su terra.
Ma la differenza più significativa, sia da un punto di
vista di incidenza economica che realizzativo, tra un impianto offshore
ed uno su terraferma, è rappresentata dalle fondazioni.
Su terra la realizzazione di fondazioni di una turbina è
un aspetto relativamente semplice mentre a mare è molto più complesso e
dipende sia dal tipo di terreno con cui si ha a che fare sia,
soprattutto, dalle profondità (che a loro volta dipendono dalla distanza
dalla linea di costa) a cui si trovano i fondali.
Di conseguenza il costo delle fondazioni per gli impianti
offshore assume un aspetto fortemente incidente sulla valutazione di
realizzazione in base al rapporto costi di realizzazione/energia annua
producibile.
Sicuramente il vantaggio principale che si riscontra a
mare è la maggiore velocità e stabilità del vento.
Ad una certa distanza dalla costa, infatti, il vento può
avere una velocità superiore anche del 20-25% rispetto alla terraferma e
poiché, come già detto in precedenza, la potenza elettrica ottenibile è
proporzionale al cubo della velocità del vento stesso, il rendimento di
un impianto off-shore potrebbe teoricamente superare di oltre il 70%
quello di una macchina eolica in-shore.
In mare, inoltre, è possibile avere una produzione
energetica piuttosto costante, grazie al più regolare regime dei venti
ed alla mancanza, generalmente, di periodi di calma assoluta (ove si
verifichino, sono comunque di breve durata).
Un altro vantaggio è che in mare la turbolenza, ossia la
rapida variazione di velocità intorno al suo valore medio, è inferiore
rispetto al suolo. Infatti, mentre a terra la radiazione solare colpisce
solo lo strato superficiale, che diventa quindi molto caldo, nella massa
d'acqua essa penetra per diversi metri. Di conseguenza, le variazioni di
temperatura tra la superficie del mare e l'atmosfera sovrastante, così
come tra strati di aria a diversa quota, risultano minori che a terra.
Tale condizione, diminuendo le sollecitazioni meccaniche subite dalle
pale, riduce la necessità di manutenzione e consente una durata più
prolungata delle turbine, che potrebbero raggiungere i 25-30 anni di
attività rispetto ai circa 20 anni di quelle in-shore.
Inoltre è da notare che a differenza di quanto avviene
per gli impianti tradizionali, che vedono la loro migliore collocazione
in aree marginali, generalmente con problemi di connessione alla rete,
la localizzazione degli impianti offshore può avvenire in prossimità di
aree industrializzate, limitando la dispersioni nella trasmissione
elettrica.
Ovviamente questa tecnologia ha dei fattori che limitano
le reali possibilità di sfruttamento della risorsa, di cui bisogna tener
conto nella scelta dei siti, quali: l'altezza delle onde, che può
giungere anche a parecchi metri; le condizioni del fondo marino in cui
va installata la base dell'aerogeneratore; la diversa utilizzazione
delle zone interessate (pesca, turismo, rotte di navigazione,
esercitazioni militari, aree marine protette, piattaforme petrolifere,
passaggio di oleodotti ecc.).
Vanno, inoltre, considerati altri limiti, quali le
procedure autorizzative, l’inevitabile impatto visivo che tali strutture
provocano; un maggiore investimento dovuto ai tipi di fondazione da
utilizzare, le procedure di installazione e montaggio molto più
complesse che per quelle su terraferma, la profondità dell'acqua, la
distanza dalla costa, la difficoltà di connessione alla rete elettrica e
la presenza delle zone cosiddette “sensibili” o “escluse” cioè
sottoposte a particolari vincoli di tipo ambientale.
Giuseppe
Bellia |