Emergenza
e sicurezza ambiente:
inquinamento e degrado
Gestione e Tutela
ambientale:
Metodologie e analisi del rischio
di
Andrea Marino
INDICE
Capitolo I. Ambiente
Capitolo II. Inquinamento e degrado
Capitolo III. Tecnologie d’intervento
III. 1 Emergenza ambientale
III. 2 Attività di bonifica
Capitolo IV. La tutela ambientale in Italia
IV. 1 Dalla Costituzione al Codice Ambiente
IV. 2 Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del
territorio e del
mare
Capitolo V. Epidemiologia: impatto ambientale , indicatori di danno e
rischio
V. Rischio – impatto e protezione
V. 2 Identificazione delle fonti di pericolo e
valutazione del rischio.
V. 3 Metodologia per predisporre una
valutazione del rischio ambientale
Capitolo IV. Sviluppo sostenibile e valorizzazione del patrimonio
ambientale
Emergenza e Sicurezza
ambientale: inquinamento e degrado
Gestione e Tutela
ambientale:
Metodologie e analisi
di rischio.
Capitolo I. Ambiente
L’ Ambiente In questi
ultimo periodo chiunque, ascoltando il telegiornale o parlando con i
conoscenti, avrà affrontato un problema allo stesso tempo grave ed
imponente perché la specie umana riesca a sopravvivere bene anche in
futuro: il degrado dell'ambiente..Ma, a differenza di quanto si possa
pensare, non tutti sanno cos'è l'ambiente. La risposta più semplice ed
immediata potrebbe essere "La natura" oppure "Il verde che ci circonda",
ma in realtà dietro tutto ciò si cela una realtà ben più complessa e
della quale l'uomo deve rispettare le regole. L'ambiente è qualcosa che
funziona insieme, un organismo, nel quale un singolo intervento locale
ha conseguenze sull'intero sistema, poiché i vari elementi sono
collegati tra loro da una stretta rete di relazioni; se si rompe questo
equilibrio o il sistema viene distrutto o si crea un nuovo equilibrio.
Anche l'uomo svolge un ruolo in questa interazione; la qualità della
vita è infatti influenzata per buona parte dall'ambiente in cui l'uomo
vive e alle caratteristiche che questo ha, adatte o non alla
sopravvivenza della specie umana.
Spesso gli uomini
operano interventi locali che rovinano in modo irreparabile gli
ecosistemi. In questi ultimi due secoli il "progresso" ha influito
pesantemente sull'ambiente, modificandolo o alterandolo con conseguenze
anche drammatiche per la stessa sopravvivenza della specie umana; si è
passati ad un mondo costituito per di più di cemento che di "verde".Il
degrado ambientale, infatti, è strettamente collegato al degrado della
vita di tutti gli esseri viventi, uomo compreso. Il problema è
complesso, molto più di quanto non sembri a prima vista, poiché fa capo
a un duplice squilibrio: quello del rapporto uomo-natura e quello tra
popoli avanzati tecnologicamente e popoli arretrati o in via di
sviluppo.
Fin dalla propria
comparsa sulla Terra l'uomo ha segnato profondamente l'ambiente con la
sua presenza per creare le condizioni della propria sopravvivenza e del
proprio benessere.
Per far ciò, ha però
disboscato foreste, messo a coltura i terreni, spianato alture,
addomesticato e ucciso animali; man mano il "progresso", la scienza, la
"tecnologia" gli hanno fornito strumenti sempre più potenti ed efficaci
per piegare la natura alle proprie esigenze. Tutto questo ha avuto un
prezzo: più sofisticati si facevano gli strumenti del progresso, più
alto diveniva il prezzo da pagare, fino alle drammatiche conseguenze che
vediamo ogni giorno ai telegiornali e che rischiano di trascinarci in
una catastrofe irreversibile. La natura è per l'uomo una fonte di
sentimenti e forti emozioni. Tutti ci saremmo messi a fantasticare
osservando il sole sorgere, o la luna brillare nel cielo buio circondata
dalle stelle lucenti che sembrano quasi ballarle attorno. Oppure
osservare le rondini volare nel cielo azzurro vicino al sole splendente,
quasi giocassero a prendersi l'un l'altra, o la sera quando in gruppo
volano a cercare un riparo più caldo »
Capitolo II.
Inquinamento e degrado
Nei paesi ricchi e
sviluppati le problematiche ecologiche sembrano entrare ormai a far
parte della coscienza collettiva e ognuno è chiamato ad acquisire la
cognizione delle possibilità e delle responsabilità nell'uso delle
risorse naturali.
Il termine inquinamento
indica l'introduzione nell'ambiente di sostanze in grado di provocare
pericoli effettivi o potenziali per la salute dell'uomo oppure di
minacciare l'esistenza di animali e piante.
Se ci chiedessero che
cosa è l'ambiente, la nostra prima risposta sarebbe "il verde che ci
circonda", "la natura"; ma in realtà è un insieme di diversi fattori
(esseri viventi, caratteristiche climatiche, interventi umani...) che
permettono la vita; in esso anche un piccolo cambiamento può riportare
conseguenze gravi; anche l'uomo in questo sistema svolge una funzione
importante, spesso opera interventi locali che rovinano in modo
irreparabile gli ecosistemi. In questi ultimi due secoli nei paesi
ricchi e sviluppati, il "progresso" ha influito pesantemente
sull'ambiente, procurando conseguenze anche drammatiche per la stessa
sopravvivenza dell'uomo; si è, infatti, passati ad un mondo costituito
più di cemento che di "verde" e soprattutto a stili di vita
caratterizzati da esigenze, sia individuali sia comuni, sempre più
elevate. Nel dopoguerra, in seguito ad un aumento demografico e al boom
economico, c'è stata un'espansione delle città che si sono riempite di
palazzi sempre più alti e addossati gli uni agli altri, a discapito
degli spazi verdi che si sono ridotti spesso a semplici aiuole.
Negli ultimi anni,
fortunatamente, ci si è accorti che gli spazi verdi sono indispensabili
sia per un fattore estetico ma soprattutto per un benessere comune.
Il progresso
scientifico e soprattutto tecnologico ha posto alla portata di tutti
elettrodomestici di vario tipo, senza i quali non riusciremmo a vivere;
noi giovani per esempio riteniamo quasi indispensabili computer,
televisione, video giochi, impianti stereo, cellulari ecc.; e nessuna
casalinga penso riuscirebbe a fare a meno di lavatrice, frigorifero,
forno, frullatori e così via.
Tutti questi strumenti
però richiedono un dispendio di energia elevatissimo e come sappiamo la
corrente elettrica si ricava da risorse naturali di vario tipo,
impiegate nelle centrali. Spesso i genitori ci riprendono per
l'eccessivo consumo di energia, per esempio perché lasciamo accese
troppe luci, o facciamo funzionare contemporaneamente più strumenti,
adesso capisco che, oltre a un discorso puramente economico, altrettanto
importante è quello energetico e quindi ambientale.
La nostra è diventata
anche una società "dell'usa e getta", infatti, si utilizzano sempre di
più materiali cartacei o di plastica che indubbiamente sono più pratici
e igienici ma d'altra parte aumentano il volume dei rifiuti che già
comunque si producono. Oggi l'opinione pubblica si mostra più sensibile
al problema ambientale e collabora con le iniziative prese dalle varie
amministrazioni per migliorare la situazione; per esempio il nostro
Comune è stato uno dei primi ad attuare la raccolta differenziata dei
rifiuti e da un sondaggio pare che, dopo un primo momento di difficoltà,
la popolazione abbia aderito e collaborato attivamente.
Anche i governi hanno
cominciato occuparsi del problema inquinamento, nel 1972 i
rappresentanti di 113 Paesi si sono riuniti a Stoccolma per la prima
conferenza delle nazioni unite sull'ambiente per esaminare le
conseguenze che sarebbero derivate da un incontrollato inquinamento
ambientale.
Questa conferenza è
stata importante perché ha messo a confronto la situazione degli Stati
più industrializzati con quella degli Stati poveri. Si è arrivati alla
conclusione che una crescita economica tanto rapida, basata sullo
sfruttamento delle risorse naturali non rinnovabili, per esempio
minerali e petrolio, può portare in tempi brevi al loro rapido
esaurimento e che lo sfruttamento delle risorse apparentemente
rinnovabili, come il suolo coltivato, se non si tiene conto delle
capacità e dei tempi di rigenerazione, può condurre a una diminuzione
della fertilità del terreno favorendo un aumento dei deserti.
Successivamente nel 1987 fu affermato che lo sviluppo tecnologico e
economico è concepibile con la salvaguardia dell'ambiente e fu
introdotto il concetto di sviluppo sostenibile, incentrato sulla
possibilità di produrre un miglioramento che possa soddisfare i bisogni
delle attuali generazioni senza togliere a quelle future i mezzi per
soddisfare i loro.
Capitolo III.
Tecnologie d’intervento
III. 1 Emergenza
ambientale
Per
emergenza ambientale si intende un evento che interessa l’ambiente e che
può generare conseguenze anche rilevanti.
Per esempio:
•
Un incendio di attività
produttive, di depositi industriali o di un bosco, uno scarico idrico
anomalo in fiumi, torrenti o laghi.
•
Colorazioni, schiume o macchie
di natura non precisa in corsi d’acqua o laghi ritrovamento di rifiuti
abbandonati
•
Incidente stradale con
coinvolgimento di autocisterne con fuoriuscita di sostanze
Quando si verifica una
situazione che ha tutte le caratteristiche di un’emergenza il cittadino
deve contattare il Comune, la vigilanza urbana, le forze dell’ordine.
L’articolo 2 del D.M.
471/99 definisce come sito contaminato un sito che presenta livelli di
contaminazione o alterazioni chimiche-fisiche o biologiche del
sottosuolo o delle acque superficiali o di quelle sotterranee tali da
determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale
o costruito. E’ contaminato un sito nel quale anche uno solo dei valori
di concentrazione delle sostanze inquinanti nelle matrici ambientali è
superiore ai valori di concentrazione accettabili stabili dal D.M.
stesso.
All’articolo 4 del D.M.
471/99 (comma 1) viene stabilito che in caso di superamento dei valori
di concentrazione limite accettabili per le sostanze inquinanti indicate
nell’Allegato 1 del decreto, il sito interessato deve essere sottoposto
ad interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e
ripristino ambientale per eliminare le fonti di inquinamento e le
sostanze inquinanti o ridurre le concentrazioni delle sostanze a valori
di concentrazione almeno pari a valori di concentrazione limite
accettabili.
In caso di alterazione
della qualità di una delle matrici ambientali (terreno, acque profonde e
superficiali) si applica la normativa definita nel Decreto Ministeriale
del 25/10/1999 n.471 è un regolamento tecnico e contiene specifiche
indicazioni e prescrizioni in merito ai limiti di concentrazione massima
delle sostanze contaminanti nelle diverse matrici ambientali e bonifica
delle aree contaminate.
In caso di accertamento
di una contaminazione si applica l’art.7 “ Notifica di pericolo di
inquinamento e interventi di messa in sicurezza “esso stabilisce che
chiunque cagiona, il superamento delle concentrazioni massime
ammissibili o un pericolo concreto e attuale è tenuto a notificarlo
entro 48 ore successive all’evento, al Comune, alla Provincia, alla
Regione e agli Organi di controllo ambientale.
Nel medesimo articolo
viene stabilito che entro 96 ore successive all’evento il responsabile
dell’inquinamento deve comunicare , mediante trasmissione di idonea
documentazione tecnica , a Comune , Provincia e Regione , gli interventi
di messa in sicurezza d’emergenza adottati.
Tali interventi
consistono in operazioni urgenti per rimuovere le fonti di inquinanti,
per contenere la diffusione degli inquinanti e per impedire il contatto
con le fonti inquinanti presenti sul sito prima della bonifica.
III. 2 Attività di
bonifica
L’iter previsto del D.M.
471/99 a cui si rimanda per una lettura approfondita , si struttura
sostanzialmente in tre macrofasi, che sono:
•
Piano di Caratterizzazione:
prevede l’elaborazione di uno studio di caratterizzazione sul sito, con
raccolta di dati relativi al fenomeno di inquinamento ed elaborazione di
un Modello Concettuale Preliminare nel quale vengono ipotizzati i
processi di contaminazione verificatesi sull’area. All’approvazione del
Piano di Caratterizzazione seguiranno indagini in sito a verificare
quanto ipotizzato nel modello concettuale e per constatare l’effettivo
grado ed estensione di inquinamento del sito.
•
Progetto preliminare di
bonifica: in questa fase vengono identificate e progettati gli
interventi di bonifica, che possono eventualmente essere integrati da
ulteriori indagini di dettaglio. All’approvazione del Progetto
preliminare si passerà alla macrofase successiva
•
Progetto definitivo di
bonifica: in questa fase vengono definiti tutti i particolari
dell’operazione di bonifica. All’approvazione del progetto definitivo di
bonifica si procederà all’effettuazione degli interventi progettati
L’ter di bonifica si
conclude al raggiungimento degli obiettivi prefissati in progetto, tale
raggiungimento viene certificato dalla Provincia territorialmente
competente.
Le competenze in materia
ambientale vengono definite nel D.Lgs 22/97 e sono successivamente
riprese anche nel D. M. 471/99 sostanzialmente la suddivisione delle
competenze e la seguente:
•
I Comuni hanno competenze di
approvazione dei progetti di bonifica ed autorizzazione degli interventi
previsti, qualora la contaminazione sia circoscritta al solo territorio
comunale;
•
Le Provincie sono
territorialmente competenti al controllo della conformità dei lavori di
bonifica rispetto a quanto indicato nei progetti di bonifica e nelle
autorizzazioni specifiche degli interventi nonché al rilascio della
certificazione di completamento di operazioni;
•
La Regione ha compiti di
approvazione dei progetti e autorizzazione degli interventi di bonifica
per i casi di inquinamento che comprendono più ambiti comunali e inoltre
l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza , bonifica e
ripristino ambientale.
ARPA svolge un supporto
tecnico ai diversi Enti Istituzionali e fra i principali compiti si
segnalano:
•
Accertamento durante
l‘esercizio dei propri compiti
•
Supporto agli enti competenti
mediante sopraluoghi , ispezioni e campionamenti diretti e indiretti
•
Comunicazione di una
situazione di pericolo di inquinamento di superamento dei valori
•
Esecuzione di analisi di
laboratorio
•
Verifica dei dati analitici
Capitolo IV. La
tutela ambientale in Italia
IV. 1 Dalla
Costituzione al Codice Ambiente
La nostra Carta
Costituzionale, nella sua versione originaria, non considerava
l’ambiente quale oggetto
di specifica tutela. L’articolo 2 recita: “La Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.” Da questo e
dall’articolo 32 (tutela del diritto della salute) la giurisprudenza ha
ricavato un diritto alla salubrità dell’ambiente da intendersi come
protezione e preservazione delle condizioni indispensabili o anche solo
propizie alla salute dell’uomo, e più in generale, alla libera
espressione della sua personalità. A ciò si aggiunge l’articolo 9
secondo il quale: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio
storico e artistico della Nazione” , dove il termine paesaggio può
essere usato anche nel significato più ampio di ambiente.
Con la legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della
Parte II della Costituzione, la materia della tutela dell’ambiente è
diventata oggetto di specifica disciplina. L’articolo 117 comma 2
lettera s) spiega che è materia esclusiva dello Stato la tutela
dell’ambiente,
dell’ecosistema e dei
beni culturali; mentre al comma 3 è specificato che compito delle
Regioni è la tutela della salute, del governo del territorio, della
protezione civile, della produzione, trasporto, distribuzione di
energia, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali.
Un vero e proprio codice
ambientale è stato emanato solo con decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152. Si tratta di un unico corpus normativo
composto di 318 articoli
suddiviso in sei parti:
� la prima parte
contiene disposizioni comuni;
� la seconda parte è
relativa alle procedure per la valutazione ambientale strategica, per la
valutazione di impatto ambientale e per
l’autorizzazione
ambientale integrata;
� la terza parte è
incentrata sulla difesa del suolo, sulla lotta alla desertificazione,
sulla tutela delle acque e sulla gestione delle risorse idriche;
� la quarta parte espone
la disciplina della gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti
inquinanti;
� la quinta è dedicata
alla tutela dell aria e alla riduzione delle emissioni in atmosfera;
� la sesta parte,
invece, si occupa della tutela risarcitoria contro i danni
dell’ambiente.
Questo nuovo testo
normativo ha, così, disciplinato, coordinato e riordinato la disciplina
di settore già contenuta in vari testi legislativi ed integrato con
altri interventi in aderenza ai principi e alla normativa comunitaria.
E’questo il caso della VAS (Valutazione ambientale strategica) e della
tutela risarcitoria per il danno ambientale.
Il codice ha già subito
modifiche relative alla materia delle risorse idriche e dei rifiuti con
D. Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
IV. 2 Il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare
Fino agli anni ottanta,
così come la materia ambientale era dispersa in vari ambiti legislativi,
allo stesso modo erano divise le competenze amministrativein merito. La
materia ambientale era infatti divisa tra vari Ministeri (Lavori
Pubblici, oggi
Infrastrutture, Agricoltura, Marina Mercantile, Beni Culturali, Interno,
Industria, Sanità, Trasporti) e ciò comprometteva la realizzazione di
una organica ed efficiente politica ambientale.
Molte di queste
amministrazioni non hanno perso le loro attribuzioni neanche dopo che la
legge 8 luglio 1986, n. 349 ha istituito il Ministero dell’Ambiente,
rinominato Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del
mare a
seguito dell’intervento
del D.L. 181/2006.
La legge 349/1986,
infatti, non ha operato una sistemazione unitaria della materia, né ha
dettato una normativa che riconduca all’esclusiva competenza del
Ministero tutti i compiti essenziali per la tutela dell’ambiente
(pianificazione territoriale e urbanistica; tutela del paesaggio; difesa
del suolo; difesa dell’ambiente; l’approntamento delle idonee
infrastrutture), ma ha individuato agli articoli 2 e 3 le concertazioni
secondo le attività da realizzare.
Vi è, tuttavia, la
volontà di dare vita ad una politica di gestione ambientale
prevalentemente centralizzata. Secondo l’articolo 1 della L. 349/1986 il
Ministero dell’Ambiente
deve assicurare la promozione, la conservazione, il recupero delle
condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della
collettività e alla qualità della vita, nonché la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle
risorse naturali dall’inquinamento. Con l’entrata in vigore del D.Lgs.
112/1998 le competenze del Ministero sono state ridisegnate allo scopo
di individuare le funzioni da conferire alle regioni. Il Ministero,
inoltre, deve promuovere gli studi e le ricerche sull’ambiente,
sensibilizzare l’opinione pubblica, cooperare con gli organismi
internazionali e la comunità europea per l’adempimento delle convenzioni
internazionali, dei regolamenti e direttive comunitarie, redigereuna
relazione biennale sullo stato di salute dell’ambiente, occuparsi della
conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette nonché
dell’ambiente marino proteggendone la flora e la fauna, promuovere
l’utilizzo di tecnologie pulite e di politiche per lo sviluppo
sostenibile.
Capitolo V.
Epidemiologia: impatto ambientale , indicatori di danno e rischio
V.1 Rischio – impatto e protezione
Per
poter valutare gli impatti sulla salute umana di inquinanti di origine
ambientale, si possono utilizzare alcune delle metodologie e strumenti
di seguito elencati.
L’epidemiologia è lo studio della distribuzione e dei determinanti degli
stati o degli eventi correlati alla salute in specifiche popolazioni, e
l’applicazione di tale studio al controllo dei problemi sanitari.
Parte
dell’epidemiologia che studia la distribuzione dei casi di malattia
nello spazio, nel tempo e nei diversi sottogruppi della popolazione, e
la correlazione con l'esposizione ai fattori di rischio ambientale.
La
valutazione del danno alla salute della popolazione viene effettuata
valutando specifici indicatori sanitari:
Mortalità;
Ricoveri ospedalieri;
Erogazione prestazioni ambulatoriali;
Distribuzione di farmaci;
Assenze dal lavoro e da scuola;
Parametri funzionali e di laboratorio
Cos’è il rischio?
Il
rischio è una misura del pericolo per la salute derivante
dall’esposizione ad una sostanza e la probabilità che si manifesti il
pericolo, cioè l’impatto nocivo sulla salute che può derivare da tale
esposizione
La
protezione della salute umana dai rischi derivanti dall’esposizione a
contaminanti è un processo complesso che prevede:
l’identificazione del pericolo per la salute
la
valutazione del rischio associato
l’individuazione di azioni per la gestione del rischio
la
comunicazione del rischio alla popolazione.
Per
rischio si deve intendere la probabilità che sia raggiunto quel livello
potenziale di danno, che si concretizza effettivamente in danno qualora
intervengano delle cause che lo attivino; pertanto è fondamentale
distinguere tra rischio, che rimane una probabilità, e danno, costituito
dal manifestarsi di evidenze dannose per l’uomo e l’ambiente.
La
’’valutazione del rischio’’ presuppone diverse fasi:
l’identificazione delle fonti di pericolo;
l’identificazione degli esposti a potenziali eventi
dannosi;
la valutazione qualitativa e quantitativa dei rischi;
la gestione del rischio, per evitare che non si trasformi
in evento dannoso.
A
seguito della valutazione del rischio devono essere messe in atto misure
per ridurre o eliminare il danno, cioè misure di protezione (che non
impediscono il prodursi dell’evento dannoso, ma ne attenuano gli
effetti), e misure che tendono a ridurre i rischi o le cause che li
possono attivare, cioè misure di prevenzione.
Trasponendo i concetti sintetizzati al ’’problema amianto’’ risulta
evidente come l’emanazione della Legge n. 257/92, con la quale è stato
bandito l’uso dell’amianto, rappresenti una misura di prevenzione,
perché tende a ridurre il verificarsi di danni provocati dalla
diffusione dell’amianto, mentre il D.Lgs. 277/91 rappresenta una misura
di protezione, poiché tende ad attenuare gli effetti derivanti dal
verificarsi dell’evento dannoso, rappresentato dalla dispersione delle
fibre di amianto.
Certamente, per quanto riguarda ’’il rischio amianto’’ è importante
comprendere che la presenza di amianto in un edificio non è di per sé
sufficiente a determinare un pericolo o un danno per la salute degli
occupanti; perché esista un rischio occorre che si verifichi un rilascio
di fibre e che queste possano essere inalate.
E’
pertanto necessario attuare una strategia articolata fondata su una
corretta valutazione del rischio allo scopo di individuare le priorità
di intervento e di individuare misure atte a minimizzare comunque il
rischio nelle diverse situazioni.
V. 2 Identificazione
delle fonti di pericolo e valutazione del rischio
L’identificazione e la localizzazione di un materiale contenente amianto
rappresenta l’identificazione di un rischio, in quanto esiste la
probabilità che, in determinate circostanze, si disperdano fibre
pericolose per l’uomo. Questa possibilità dipende dalle caratteristiche
proprie del materiale. Infetti i materiali contenenti amianto negli
edifici possono essere suddivisi in due grandi categorie:
-
materiali con presenza di amianto friabile;
-
materiali con presenza di amianto compatto.
Secondo la legislazione italiana, che riprende la definizione proposta
dall’EPA statunitense, viene definito friabile ’’il materiale che può
essere facilmente sbriciolato o ridotto in polvere con la semplice
pressione delle dita’’.
Le
normative in materia di sicurezza e igiene del lavoro, di tutela
dell’ambiente, di tutela della salubrità degli alimenti prevedono
l’obbligatorietà di processi di analisi e gestione delle problematiche
connesse alla presenza di rischi potenzialmente capaci di produrre
eventi dannosi. Questi processi costituiscono la ’’valutazione dei
rischi’’.
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha chiesto al
Gruppo di esperti scientifici sulla salute dei vegetali (Gruppo PLH) di
sviluppare un documento guida sulla valutazione del rischio ambientale
dei parassiti delle piante. Lo scopo di questo documento consiste nello
sviluppo di una metodologia finalizzata alla valutazione dei rischi
ambientali posti da organismi viventi non endemici dannosi per le piante
e/o i prodotti vegetali, associati alla loro movimentazione, che possono
entrare, insediarsi e diffondersi nell’Unione Europea. La gamma di tali
organismi comprende invertebrati fitofagi, patogeni delle piante, piante
parassite e specie vegetali avventizie invasive.
Il
documento è indirizzato in primo luogo al Gruppo PLH ed è stato
concepito come un ampliamento delle parti specifiche delle "Linee guida
per un quadro armonizzato sulle valutazioni del rischio fitosanitario e
sull’individuazione e la valutazione delle scelte di gestione del
rischio derivante dai parassiti da parte dell’EFSA" [Gruppo di esperti
scientifici sulla salute dei vegetali (PLH), 2010]. Esso costituisce,
inoltre, parte di un’iniziativa dell’EFSA, in tutte le aree di propria
competenza, riguardante le linee guida per la valutazione del rischio
ambientale.
In
questo documento sono passate in rassegna le metodologie disponibili per
valutare i rischi ambientali derivanti dai parassiti delle piante
nell’ambito della valutazione del rischio fitosanitario, è definita una
nuova procedura per la valutazione del rischio ambientale e ne sono
delineate le basi scientifiche. Pertanto, lo scopo principale del
documento consiste nel rendere disponibile un valido strumento per la
valutazione dei rischi ambientali, comprendente l’individuazione delle
possibili scelte di riduzione del rischio che possono ridurre l’impatto
di un organismo nocivo sull’ambiente. Il documento deve essere applicato
dal Gruppo di esperti PLH e amplierà le "Linee guida per un quadro
armonizzato sulle valutazioni del rischio fitosanitario e
sull’individuazione e la valutazione delle scelte di gestione del
rischio derivante dai parassiti da parte dell’EFSA" [Gruppo di esperti
scientifici sulla salute dei vegetali (PLH), 2010].
Mediante lo sviluppo di questo documento di orientamento sulla
valutazione del rischio ambientale, il Gruppo PLH mira ad armonizzare i
prodotti della propria attività, a mettere in atto una metodologia
comune e chiara per la valutazione dei rischi ambientali e a contribuire
all’impegno complessivo dell’EFSA nella valutazione del rischio
ambientale.
In
base al suo lavoro, il Gruppo PLH è pervenuto alle conclusioni
presentate di seguito:
Sebbene ogni schema di valutazione del rischio da parassiti basato sull’ISPM
n. 11 (ISPM, International Standards for Phytosanitary Measures,
Standard Internazionali per le Misure Fitosanitarie) comprenda una
valutazione delle conseguenze ambientali derivanti dall’introduzione di
parassiti, gli schemi si concentrano principalmente sugli effetti sulla
biodiversità, senza definirla chiaramente, e non forniscono una
metodologia standardizzata esplicita per la valutazione delle
conseguenze sui servizi dell’ecosistema. Pertanto, il Gruppo PLH ha
sviluppato uno schema che fornisce i principi guida sulle pratiche di
valutazione e ha potenziato gli approcci per valutare i rischi
ambientali causati dai parassiti delle piante. Lo schema tiene conto
delle conseguenze relative sia alla biodiversità, sia ai servizi
dell’ecosistema.
Il
Gruppo PLH ha, prima di tutto, passato in rassegna gli attuali approcci
e metodologie per la valutazione dei rischi ambientali legati ai
parassiti. Nei suoi precedenti pareri scientifici, il Gruppo PLH ha
valutato i rischi ambientali su una base ad hoc, senza seguire un
approccio chiaro e una metodologia costante. Nella maggior parte dei
casi, le conseguenze ambientali sono state interpretate in termini di
perdita di biodiversità. Gli attuali schemi di analisi del rischio da
parassiti (per esempio, dell’EPPO, della Canadian Food Inspection Agency,
dell’USDA e di Biosecurity Australia), basati sull’ISPM n. 11,
forniscono, per lo più, solo un orientamento generale per aiutare il
valutatore a decidere quali elementi dell’"ambiente" devono essere presi
in considerazione e quale classificazione del rischio è appropriata.
Anche
questi schemi, fondamentalmente, valutano il rischio in base alla
perdita di biodiversità (effetti diretti, secondo l’ISPM n. 11) e
forniscono scarse indicazioni sulla valutazione delle conseguenze sui
processi e sui servizi dell’ecosistema (inclusi nella lista degli
effetti indiretti, secondo l’ISPM n. 11). Sebbene i livelli di rischio
debbano essere ancora motivati da un testo scritto, la mancanza
d’indicazioni specifiche può portare a notevoli incongruenze.
Tuttavia, dove è stato applicato, il principio di accertare le
conseguenze nell’area effettiva d’invasione e di estrapolare le stesse
all’area in cui il rischio deve essere valutato è stato considerato un
approccio utile. Le attività dei progetti PRATIQUE e Prima phacie sono
state concentrate sul rafforzamento della componente strutturale della
biodiversità nella valutazione del rischio ambientale e il loro
approccio è stato esaminato e preso in considerazione nello sviluppo di
questo documento, anche se abbiamo fornito una valutazione più completa
e abbiamo adottato un sistema diverso di classificazione del rischio.
Una grave lacuna di tutti gli schemi analizzati è la mancanza di una
valutazione esplicita delle conseguenze sui servizi dell’ecosistema e
questo costituisce un obiettivo importante di questo documento.
Metodologia per predisporre una valutazione del rischio ambientale
In
seguito, il Gruppo PLH ha sviluppato una nuova metodologia per la
valutazione del rischio ambientale. Esistono due ragioni fondamentali
per essere preoccupati per le conseguenze ambientali. La prima è
l’impegno internazionale a proteggere la biodiversità, soprattutto
perché essa è essenziale per il normale funzionamento degli ecosistemi.
La seconda è che gli esiti di numerosi processi ecologici - i servizi
dell’ecosistema - sono utili e indispensabili per l’uomo e la loro
funzionalità continua è importante. Quest’approccio pone l’accento
sull’importanza di valutare i livelli sia strutturali (biodiversità),
sia funzionali (servizi dell’ecosistema), dell’ambiente. Il documento
presenta un approccio che prende in considerazione per la prima volta
l’inserimento delle prospettive sia della biodiversità, sia dei servizi
dell’ecosistema, in uno schema di valutazione del rischio fitosanitario.
Biodiversità. La valutazione degli effetti potenziali di un parassita
sulla biodiversità inizia con le preoccupazioni emergenti da vincoli
legali/amministrative (per esempio, specie protette/nella lista rossa) e
gradualmente si muove verso una prospettiva più ecologica, preparando il
terreno per la seconda fase della valutazione, la verifica delle
conseguenze sui servizi dell’ecosistema. Viene presa in esame la
biodiversità ai diversi livelli organizzativi, da quello
infra-individuale a quello del territorio/ecosistema, e sono verificate
e quantificate separatamente le potenziali conseguenze sulla genetica,
sulle specie e sulla diversità del territorio. Esiste una distinzione
costante fra elementi di biodiversità strutturale che sono protetti
legalmente ed elementi della biodiversità autoctona, e le conseguenze
per questi ultimi sono valutate separatamente.
Servizi dell’ecosistema. Per una valutazione del rischio ambientale
degli organismi nocivi sulla base dei servizi dell’ecosistema, occorre:
(1) identificare le componenti ambientali o le unità responsabili della
genesi e della regolazione dei servizi dell’ecosistema, le cosiddette
"unità che forniscono servizi"; esse sono considerate unità funzionali
in cui i componenti (individui, specie o comunità) sono caratterizzati
da caratteri funzionali che definiscono il loro ruolo ecologico; (2)
valutare l’impatto del parassita sulle componenti della biodiversità
strutturale a livello genetico, di specie, di habitat, di comunità e di
ecosistema; (3) stabilire una procedura per la valutazione degli effetti
dei parassiti sui servizi dell’ecosistema.
L’obiettivo di una valutazione del rischio ambientale basata sui servizi
dell’ecosistema consiste nel comprendere le conseguenze dell’invasione
in termini di modifica dei caratteri funzionali che sono componenti
delle unità che forniscono servizi. I cambiamenti dei caratteri
funzionali sono associati alla variazione dei livelli di prestazioni dei
servizi dell’ecosistema per mezzo dell’esame dei gruppi di
caratteri-servizi. La modifica dei caratteri funzionali per l’azione dei
parassiti influenza i processi degli ecosistemi a livello individuale
(per esempio, la sopravvivenza), di popolazione (per esempio, la
struttura della popolazione), così come di comunità (importanza dei
gruppi funzionali).
Dall’analisi dei caratteri è derivata una tabella che elenca: i) gli
elementi obiettivo del servizio delle unità che forniscono servizi
affette dal parassita, ii) i caratteri funzionali colpiti dal parassita,
iii) se la modifica indotta è positiva o negativa e iv), se necessario,
osservazioni pertinenti che chiariscono l’interpretazione dell’analisi
effettuata.
Questo documento guida propone l’adozione di scenari esplorativi
connessi al rischio ambientale associato ai parassiti. Gli scenari
esplorativi sono tentativi di studiare quali sviluppi futuri possono
essere determinati da una forza trainante, in questo caso esogena, cioè
una forza trainante che non può, o può essere solo parzialmente
influenzata dalle persone investite dei poteri decisionali.
Per
l’elenco dei servizi dell’ecosistema da prendere in considerazione nella
valutazione del rischio ambientale, il Gruppo PLH ha adottato l’elenco
originariamente proposto dal Millennium Ecosystem Assessment (MA, 2005).
Per quanto riguarda la fornitura di servizi, in questo documento è stato
considerato l’elenco completo.
Questa scelta solleva la questione di una possibile doppia
contabilizzazione, poiché alcuni degli elementi della lista sono già
stati considerati, almeno in parte, nella sessione sull’impatto della
valutazione del rischio fitosanitario. Tuttavia, il tener conto di tutti
i servizi consente una valutazione globale dell’impatto, che non si
limita al valore di mercato, ma prende in considerazione anche altre
componenti del valore dei servizi dell’ecosistema. L’esame dell’impatto
sulla fornitura di servizi è quindi utile per una valutazione più
completa dell’impatto ambientale anche per gli elementi degli ecosistemi
più direttamente quantificabili in termini di valore di mercato (per
esempio, le colture).
Quesiti per i valutatori. I quesiti sulla valutazione del
rischio ambientale per i valutatori riguardano i seguenti argomenti:
1.
La definizione del contesto e le ipotesi per l’approccio ai servizi
dell’ecosistema (per esempio, identificazione delle unità che forniscono
servizi ed elementi di biodiversità connessi alle unità che forniscono
servizi), così come la scala temporale e spaziale, per stimare la
resistenza e l’elasticità delle unità produttrici di servizi
interessate, al fine di identificare i gruppi carattere-servizio e per
elencare le opzioni di riduzione del rischio.
2.
La valutazione delle conseguenze per la biodiversità strutturale,
causate dal parassita nell’area effettiva d’invasione: qual è l’ampiezza
del cambiamento nella diversità, le specie rare o vulnerabili affette
sono protette, diminuiscono le specie autoctone, esiste un impatto su
oggetti o habitat di valore elevato dal punto di vista della
conservazione, ci sono cambiamenti nella composizione e nella struttura
degli habitat, delle comunità e/o degli ecosistemi autoctoni?
3.
La valutazione delle conseguenze per la biodiversità strutturale,
causate dal parassita nella zona di valutazione del rischio: domande
simili a quelle di cui al punto 2.
4.
La valutazione delle conseguenze sui servizi dell’ecosistema determinate
dal parassita nella sua attuale area d’invasione, per determinare quanto
sia grande l’entità della riduzione nei servizi di approvvigionamento,
regolazione e supporto interessati nella specifica area d’invasione.
5.
La valutazione delle conseguenze per i servizi dell’ecosistema causate
dal parassita all’interno dell’area di valutazione del rischio: domande
simili a quelle di cui al punto 4.
Sistema di classificazione. E’ stato sviluppato un sistema di
classificazione, basato su un approccio probabilistico, che garantisce
la coerenza e la trasparenza della valutazione. Il sistema di
classificazione comprende una valutazione del grado d’incertezza. Il
sistema di classificazione consente di valutare il livello di rischio e
dell’incertezza associata per ogni quesito parziale e, quindi, il
rischio e l’incertezza complessivi per ogni quesito. Al termine del
processo di valutazione, il livello di rischio complessivo connesso a
quesiti sulla biodiversità è classificato come Poco importante, Moderato
o Molto importante, mentre per i quesiti sui servizi dell’ecosistema, la
categorizzazione è: Minimo, Poco importante, Moderato, Molto importante
o Massivo. Il grado d’incertezza è classificato come Basso, Medio o
Alto.
Infine, è presentata una panoramica delle scelte disponibili per la
riduzione del rischio connesso ai parassiti negli ambienti naturali,
sono descritti i requisiti minimi in termini di dati e viene fornito un
glossario per dare un supporto alla comprensione dei principi del
presente parere.
Il
Gruppo PLH riconosce che la valutazione degli impatti ambientali sulla
base del concetto di servizi dell’ecosistema e una materia in divenire e
si augura che emergano sviluppi metodologici e schemi e metodi di
quantificazione più precisi e articolati con l’accumularsi delle
esperienze in materia. Deve essere prestata attenzione alla valutazione
dei servizi di approvvigionamento, in modo da evitare il possibile
problema della doppia contabilizzazione, e, prima di inserirli nella
valutazione del rischio ambientale, occorrerebbe verificare se questi
non sono già coperti in modo soddisfacente in altre parti della
valutazione del rischio da parassiti.
Il
Gruppo PLH raccomanda di rivedere e aggiornare il presente documento
guida entro tre anni, basandosi su:
risultati ed esperienze ottenuti dall’adozione dell’approccio proposto
nelle future valutazioni del rischio fitosanitario;
risultati delle attività di armonizzazione orizzontale all’interno dell’EFSA;
ogni
nuova informazione pertinente che potrebbe avere un impatto su questo
parere, per esempio ulteriori sviluppi del concetto di servizi
dell’ecosistema e della sua applicazione.
Il
Gruppo PLH consiglia di svolgere un’ulteriore attività; per esempio:
testare lo schema utilizzando specie con una vasta gamma d’impatti
ambientali;
confrontare questo approccio con quello utilizzato in altri schemi dal
punto di vista del valutatore, del gestore e del modellista del rischio;
esplorare la possibilità di utilizzare la valutazione quantitativa
(percentuali) per descrivere i livelli di impatto in altre parti della
valutazione del rischio fitosanitario;
esplorare le potenzialità dell’esercizio di scenario (che porta a una
serie di ipotesi che guidano la procedura di valutazione) per la
valutazione del rischio fitosanitario nel suo complesso.
il
monitoraggio ambientale.
L’ispezione visiva ha lo scopo di definire:
il
tipo e le condizioni del materiale;
i
fattori che possono determinare un futuro danneggiamento o degrado;
i
fattori che possono influenzare la diffusione di fibre e l’esposizione
degli individui.
A tal
fine il D.M. 6.9.94 indica una serie di parametri che riguardano lo
stato dei materiali (integri, danneggiati, degradati), l’estensione
dell’eventuale danneggiamento, l’accessibilità e altri fattori che
possono contribuire al rilascio di fibre.
La
normativa non suggerisce il ricorso a sistemi a punteggio, peraltro in
uso in diversi paesi. Tuttavia, al fine di evitare una variabilità di
giudizio tra i rilevatori e di esprimere le conclusioni della
valutazione in forma univoca e sintetica, l’Azienda Sanitaria n.3 di
Rossano ha elaborato un proprio algoritmo attraverso il quale,
assegnando un ’’peso’’ ai fattori ritenuti più rilevanti, con una
semplice relazione matematica è possibile ottenere un indice numerico
che consente di confrontare situazioni differenti e di ordinarle secondo
criteri di priorità di intervento.
Il
monitoraggio ambientale può rappresentare un criterio complementare, che
riduce la variabilità di giudizio.
E’
ovvio che ha senso solo in caso di ambienti confinati, e anche in questi
casi non rappresenta mai l’indice dell’effettivo rischio, in quanto
fornisce informazioni limitate esclusivamente al momento del
campionamento, mentre l’eventuale rilascio di fibre può variare in
relazione alla presenza o al comportamento degli occupanti, a presenza
di macchine, vibrazioni, correnti d’aria, interventi di manutenzione,
manomissioni ecc.
Per
il monitoraggio ambientale viene suggerito il limite di 2 fibre/litro
misurate in SEM (microscopio elettronico a scansione), pari a 20
fibre/litro misurate in MOCF (microscopio ottico a contrasto di fase);
il superamento di questi valori, su più campionamenti, può essere
indicativo di una situazione di inquinamento in atto.
Nelle
attività lavorative con esposizione giornaliera ad amianto i valori
restano quelli previsti dal D.Lgs. 277/91. Il prelievo di aria confinata
in zona respiratoria del lavoratore viene effettuato con pompa portatile
e membrana filtrante; il conteggio delle fibre depositate sulla membrana
non deve superare il numero di 0,6 ff/cc (per il crisotilo) e 0,2 ff/cc
per tutte le altre varietà, sia isolate sia in miscela (comprese le
miscele contenenti crisotilo).
Trattandosi di sostanze cancerogene, il rispetto dei valori limite non
esonera dalla necessità di applicare tutte le misure tecniche per
ridurre l’esposizione dei lavoratori
Il
processo di valutazione porta a definire diverse situazioni:
materiali integri, non accessibili, consistenti e compatti;
materiali integri, che possono essere facilmente danneggiati perché
accessibili, esposti a fattori di deterioramento quali vibrazioni,
correnti d’aria, infiltrazioni d’acqua, ecc;
materiali che si presentino danneggiati per azioni umane o
deterioramento.
La
classificazione delle situazioni esaminate comporta l’adozione di
comportamenti diversi
a)
nel caso di materiali integri, non suscettibili di danneggiamento,
occorre effettuare un periodico controllo delle condizioni di tali
materiali, prevedendo eventuali interventi di manutenzione che
impediscano il rilascio di fb) nel caso di materiali integri
suscettibili di danneggiamento è necessario eliminare, per quanto
possibile, le cause di un potenziale danneggiamento (ad esempio
confinando il materiale) e quindi mettere in atto un programma di
controllo e manutenzione;
c)
nel caso di materiali danneggiati sarà necessario valutare l’estensione
del danno per considerare la possibilità di limitarsi a riparazione e
restauro, con successivo programma di controllo e manutenzione, o
intervenire con uno degli interventi di bonifica
V. 3 Lo sviluppo
sostenibile in Italia
Con la delibera CIPE30 2
agosto 2002, n. 57 è stata approvata la Strategia d’azione ambientale
per lo sviluppo sostenibile in Italia 2002 – 2010 che si preoccupa di
individuare obiettivi e strumenti d’azione indispensabili ad una
crescita sostenibile del nostro paese, nella consapevolezza che
protezione e valorizzazione dell’ambiente sono fattori trasversali di
tutte le politiche settoriali, delle relative programmazioni e dei
conseguenti interventi.
Gli strumenti principali
individuati per il raggiungimento degli obiettivi sono:
1. Incentivare
l’applicazione della legislazione di protezione ambientale, con
l’adozione di testi unici, con il completamento della rete nazionale
delle Agenzie ANPA e
ARPA, che rappresentano un supporto tecnico per l’attività di controllo
del territorio ma soprattutto garantiscono
servizi e strumenti per
la gestione delle politiche ambientali e per l’informazione dei
cittadini.
2. Integrazione del
fattore ambientale in tutte le politiche di settore e cioè assicurare la
sostenibilità delle singole opere con l’applicazione della
VIA (valutazione impatto
ambientale) e verificare la sostenibilità dei piani e programmi
attraverso la VAS.
3. Integrazione del
fattore ambientale nei mercati: promuovere modelli di consumo e
produzione sostenibili attraverso strumenti economici.
4. Promuovere la
consapevolezza e la capacità decisionale dei cittadini favorendo anche
la diffusione delle etichette ecologiche ed energetiche
sui prodotti e
sviluppare le capacità di dialogo tra la Pubblica Amministrazione e i
cittadini
5. Promuovere
l’utilizzo, accanto agli strumenti tradizionali di misura del benessere
economico, strumenti in grado di contabilizzare l’entità, uso
e stato di conservazione
delle risorse naturali e adeguare le strutture di rilevazione ed il
monitoraggio dei dati ambientali, al fine di rendere
misurabili gli
indicatori adottati dai Consigli europei di Gotenborg e Barcellona per
la verifica dei programmi di sviluppo sostenibile e di
strategia ambientale.
6. Finanziamento della
ricerca scientifica e tecnologica sull’ambiente e lo sviluppo
sostenibile
7. Predisporre programmi
d’intervento per lo sviluppo sostenibile provvisti di specifici fondi
pubblici.
Gli obiettivi della
Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile
sono, invece:
1. Per quel che riguarda
il clima e l’atmosfera: riduzione delle emissioni dei gas serra in
accordo con il Protocollo di Kyoto attraverso l’utilizzo
delle migliori
tecnologie, l’incremento della produzione di energia da fonti
rinnovabili, la riduzione dei consumi energetici nei settori dei
trasporti, industriale, abitativo e terziario e l’estensione del
patrimonio forestale per l’assorbimento del carbonio atmosferico;
2. Per quel che riguarda
la natura: proteggerla riducendo la pressione antropica, riducendo la
desertificazione, l’inquinamento delle acque e
l’erosione delle coste;
proteggere la biodiversità ripristinando le condizioni ottimali negli
ecosistemi per contrastare la scomparsa delle
specie animali e
vegetali;
3. Garantire un’ottima
qualità della vita per la protezione della salute attraverso la
riduzione di ogni forma di inquinamento (acustico,
elettromagnetico,
atmosferico); garantire sicurezza e qualità dei cibi anche attraverso
l’adozione dei criteri di trasparenza e tracciabilità;
4. Per quel che riguarda
l’uso sostenibile delle risorse naturali e la gestione dei rifiuti:
riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali non
rinnovabili e promozione
della ricerca scientifica per sostituire tali risorse; riduzione della
produzione dei rifiuti e la quantità e tossicità dei
rifiuti pericolosi.
Capitolo VI. Sviluppo
sostenibile e valorizzazione del patrimonio ambientale
Gli
effetti negativi, che si sono manifestati sempre più frequentemente con
incidenza anche sullo sviluppo economico e sociale, e l'incremento delle
calamità naturali, derivanti dall'impatto antropico, hanno portato alla
necessità di affrontare le problematiche ambientali e il rapporto con lo
sviluppo economico fin dagli anni 60-70 attraverso una serie di
conferenze e congressi internazionali, giungendo alla definizione del
concetto di sviluppo sostenibile.
Si
intende per "sviluppo sostenibile" quello in grado di soddisfare le
esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni
future di soddisfare le loro esigenze.
Lo
sviluppo economico deve essere pertanto sostenibile sia dal punto di
vista ambientale che sociale: nel primo caso si parla di SOSTENIBILITA'
INTERGENERAZIONALE, in quanto la sostenibilità ambientale è il requisito
per la libertà di scelte delle generazioni future che dipende
dall'integrità ambientale; nel secondo caso si parla di SOSTENIBILITA'
INTRAGENERAZIONALE i cui requisiti si basano sul principio di pari
opportunità e libertà di accesso al mercato (è ovvio che la povertà
costituisce un forte limite per la libertà di scelta).
Lo
sviluppo è sostenibile solo quando si tiene conto e si soddisfano le
esigenze sia economiche, sociali ed ambientali.
Negli altri casi si parla di sviluppo:
realizzabile quando lo sviluppo economico è compatibile con le capacità
dell'ambiente;
vivibile quando sono rispettate le esigenze sociali e l'integrità
ambientale;
equo
quando lo sviluppo coinvolge equamente tutte le classi sociali.
Il
dibattito sulla questione ambientale, nato tra gli anni ’60 e ’70 del
secolo scorso con la formazione delle prime Associazioni ambientaliste,
ebbe come nodo centrale il rapporto tra economia e ambiente, nella
sempre più evidente necessità di preservare la qualità del patrimonio
naturale e nella consapevolezza che, essendo le risorse del pianeta
tendenzialmente esauribili, dovessero essere rivisti ed equilibrati i
modelli di sviluppo.
"La
Terra come capitale da preservare, nella considerazione del rapporto
critico tra crescita ed ecosistema e del processo irreversibile
costituito dallo sfruttamento delle risorse non rinnovabili": questo il
tema di base affrontato nel 1972 dalla Conferenza di Stoccolma, la prima
che, su scala mondiale, toccasse i temi ambientali e adottasse una
Dichiarazione all’interno della quale la tutela dell’ambiente diveniva
parte integrante dello sviluppo, uno sviluppo compatibile con le
esigenze di salvaguardia delle risorse.
La
percezione del Pianeta quale sistema chiuso, nel quale ogni risorsa
naturale trova i suoi limiti nella disponibilità e nella capacità di
assorbimento dell’ecosistema, in altre parole la coscienza dei limiti
dello sviluppo, aprì in quegli anni la strada ad un dibattito profondo e
ad una crescente attenzione da parte della comunità scientifica e della
società civile.
Dalla consapevolezza di voler operare verso azioni orientate alla ecogestione del territorio e delle attività antropiche prende l’avvio il
concetto di “Sostenibilità” e “Sviluppo Sostenibile”, contenuto nel
Rapporto Our Common Future (1987) della World Commission on Environment
and Development (Commissione Bruntland), che gli diede la sua accezione
più nota, ovvero lo sviluppo che “garantisce i bisogni delle generazioni
attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future
riescano a soddisfare i propri”. Il concetto informatore di questo
modello di sviluppo, compatibile con le esigenze di tutela e
salvaguardia delle risorse e capitale dell’umanità, ripropone una
visione del mondo nella quale il fine ultimo è rappresentato dal
raggiungimento di una migliore qualità della vita, dalla diffusione di
una prosperità crescente ed equa, dal conseguimento di un livello
ambientale non dannoso per l’uomo e per le altre specie viventi e nel
quale sia possibile una più equa accessibilità alle risorse. Nascono
proprio in quegli anni i presupposti dell’economia ecologica e
dell’economia ambientale, come nuovo campo di studi ove rileggere e
valutare le interrelazioni tra ambiente ed economia.
L’economia ambientale avvia, più specificamente, l’approfondimento di
alcune tematiche di particolare rilievo nella definizione e nella
comprensione delle relazioni tra salvaguardia ambientale, perseguimento
dell’efficienza economica e fallimenti di mercato, come nel caso delle
esternalità ambientali e del livello ottimo di inquinamento.
Affronta, inoltre, il problema della valutazione economica delle risorse
ambientali, degli strumenti di politica economica e fiscale per il
controllo delle esternalità e dei problemi ambientali (imposte
ambientali).
Altro caposaldo dello sviluppo sostenibile è rappresentato dalla
Conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 che,
nella sua Dichiarazione, sancisce i 27 Principi su ambiente e sviluppo,
i Principi delle foreste e l’Agenda 21, ancora oggi vivi ed attuali. Lo
sviluppo sostenibile assume quindi le caratteristiche di concetto
integrato, avocando a sè la necessità di coniugare le tre dimensioni
fondamentali e inscindibili di Ambiente, Economia e Società, dato che
risulta evidente come l’azione ambientale da sola non possa esaurire la
sfida: ogni piano o politica di intervento, infatti, deve rispondere ad
una visione integrata e definire sia impatti economici che sociali ed
ambientali. Il progresso tecnologico sostenibile si pone allora quale
strumento per raggiungere l’obiettivo di un uso oculato delle risorse
naturali diminuendo il consumo di quelle non rinnovabili, della
limitazione dei rifiuti prodotti e della sostituzione del capitale
naturale (territorio, risorse materiali, specie viventi) con capitale
costruito (risorse naturali trasformate).
La
Conferenza di Rio, contestualmente, lanciava la Convenzione sulla
Diversità biologica, la Convenzione sui Cambiamenti climatici e quella
sulla Desertificazione.
Agenda 21, in cui si “…riconosce che operare verso lo sviluppo
sostenibile è principale responsabilità dei Governi e richiede
strategie, politiche, piani a livello nazionale…”, è il programma di
azioni indicato dalla Conferenza di Rio per invertire l’impatto negativo
delle attività antropiche sull’ambiente. L'Agenda definisce attività da
intraprendere, soggetti da coinvolgere e mezzi da utilizzare in
relazione alle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (Ambiente,
Economia, Società), ponendosi come processo complesso data la diversa
natura dei problemi affrontati e gli inevitabili riferimenti alle più
diverse scale di governo degli interventi. I problemi ambientali si
attestano infatti sia su di una dimensione globale, nell’ambito della
quale si manifestano effetti di portata planetaria, sia su di una
dimensione locale caratterizzata da fenomeni specifici, legati allo
stato dell’ambiente e ad attività che sul medesimo territorio hanno
sede.
Entro questo scenario hanno preso mano a mano rilevanza temi come la
pianificazione strategica integrata, la concertazione, la partecipazione
della comunità ai processi decisionali, la ricerca e la sperimentazione
di strumenti operativi adeguati, alla cui soluzione si stanno impegnando
da alcuni decenni e con prevedibili difficoltà, le Comunità
internazionali e nazionali, ai diversi livelli.
Altri eventi salienti riguardanti lo sviluppo sostenibile
si sono verificati negli anni che seguirono la Conferenza di Rio, e tra
questi si ricordano:
Nel 1997, il Protocollo di Kyoto sui cambiamenti
climatici;
Nel 1998 la Convenzione di Aarhus sui diritti
all’informazione e alla partecipazione ai processi decisionali;
Nel 2000 la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni
Unite sui valori sui quali fondare i rapporti internazionali del terzo
millennio;
Nel 2000, a Montreal, il Protocollo sulla biosicurezza;
Nel 2001, a Stoccolma, la Convenzione sulle sostanze
inquinanti non degradabili;
Nel 2002, a Monterrey, la Conferenza sui finanziamenti
per lo sviluppo.
Dal
1992 al 2002, i dieci anni che separano il Vertice di Rio da quello di
Johannesburg, il Summit destinato a rafforzare l’impegno globale verso
lo sviluppo sostenibile, si è diventati mano a mano consapevoli di come
il cammino verso un mondo più sostenibile sia molto più lento e
difficoltoso di quanto ci si aspettava e che le prospettive stesse di
Rio, a parte qualche progresso specifico a livello nazionale o
regionale, non siano state mantenute.
Il
Vertice di Johannesburg, conclusosi con la presentazione del Piano di
attuazione e la definizione di cinque nuovi targets, si richiama agli
eventi di Stoccolma e di Rio ed attribuisce al compimento del processo
di Agenda 21 il ruolo fondamentale per la realizzazione dello sviluppo
sostenibile.
Andrea Marino |