L’INQUINAMENTO DELL’ACQUA
di
Marco Giganti Pacifici
Con il termine generico
d’inquinamento si indica la contaminazione dell’acqua causata
dall’immissione, da parte dell’uomo, di sostanze quali prodotti chimici
e scarichi industriali e urbani, che ne alternano la qualità
compromettendone gli usi abituali.
Non c’è vita senza
acqua. L’acqua è un bene prezioso, indispensabile a tutte le attività
umane. La mancanza di acqua nel pianeta può rivelarsi una vera
catastrofe. L’acqua dolce non è sufficiente a tutti gli usi a cui è
destinata: irrigazione, produzione industriale e esagerato consumo
domestico.
Globalmente il 73% delle
risorse idriche è usato per l’irrigazione, il 22% per l’industria, il 5%
per gli usi domestici.
Purtroppo non è detto
che, dove è presente, l’acqua sia davvero disponibile: la metà di quella
destinata alle irrigazioni e buona parte di quella di uso domestico e
industriale vanno perdute a causa della inefficienza dei sistemi di
distribuzione. La crisi non riguarda solo i paesi in via di sviluppo,
anche le grandi città europee sfruttano le loro risorse idriche. L’acqua
copre i ¾ della superficie del pianeta e il restante di acqua dolce è
per la maggior parte inutilizzabile, perché bloccato nelle calotte
polari e nei ghiacciai o intrappolato nelle falde sotterranee. Ogni
anno, l’energia solare converte in vapore una enorme quantità di acqua,
che torna sulla superficie del pianeta sotto forma di pioggia o neve.
La maggior parte di
queste precipitazioni cade direttamente in mare, altri sulla terraferma
e restituiti all’atmosfera attraverso l’evaporazione e traspirazione,
altri defluiscono attraverso i fiumi e il flusso sotterraneo. Restano
circa 10.000 Km³ di acqua dolce a disposizione dell’uomo, solo che le
risorse non sono distribuite uniformemente. I paesi in cui l’acqua è più
abbondante stanno diminuendo le loro riserve sotterranee. L’agricoltura
inquina eppure ha bisogno d’acqua pulita per sopravvivere.
E il mondo ha bisogno
dell’agricoltura per nutrirsi. L’agricoltura assorbe da sola il 67%
dell’acqua dolce usata annualmente.
E la FAO, ha lanciato un
appello: “bisogna produrre più cibo con meno acqua”.
La situazione sta
peggiorando, perché la crescita della popolazione è più veloce
dell’aumento della produzione agricola, e l’inquinamento sta
compromettendo riserve preziose: colpisce soprattutto le regioni meno
sviluppate.
Qui le leggi sono meno
severe, gli impianti di depurazione spesso inesistenti e le sostanze
tossiche al bando nelle nazioni industrializzate, continuano ad essere
prodotte e utilizzate.
L’irrigazione dovrebbe
essere regolamentata: solo il 17% delle terre arabili del globo sono
irrigate, esse producono più di un terzo degli alimenti. Anche in Europa
e in Italia ci sono zone di collina e di montagna che possono essere
sfruttate solo con sistemi di coltivazione tradizionali; eppure
l’agricoltura sta andando vero la meccanizzazione; il sistema ottimale
sarebbe la coltivazione a terrazze perché richiede molta mano d’opera.
Se la Terra resta a
secco alle porte del terzo millennio, la desertificazione minaccia un
sesto della popolazione mondiale. Il progressivo e preoccupante
deterioramento dell’ambiente ha indotto il Consiglio d’Europa ad
elaborare una “tavola”di attenzione alla natura, che sia non soltanto
una dichiarazione, ma anche un impegno concreto da parte di tutti.
Questa tavola è la carta europea dell’acqua.
La carta europea
dell’acqua, all’art. 3, afferma: “alterare le qualità dell’acqua
significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseri viventi che
da essa dipendono”. Inquinare l’acqua, dunque, vuol dire modificare le
caratteristiche qualificative, al punto da renderla inadatta al consumo
degli esseri viventi.
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L’inquinamento naturale non avviene per opera dell’uomo, ma a causa
di frane, alluvioni, eventi atmosferici e stagionali.
Questo fenomeno non crea problemi particolari, perché l’acqua è in
grado di autodepurarsi entro certi limiti.
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L’inquinamento industriale è causato dall’immissione di sostanze
chimiche non biodegradabili nelle acque dei fiumi, dei laghi e dei
mari. Ogni giorno migliaia di fabbriche scaricano nel sistema idrico
quantitativi enormi di coloranti, acidi, tinture, schiume, polveri
di metalli e mille altri veleni che danneggiano irrimediabilmente la
flora e la fauna acquatica.
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L’inquinamento termico è dovuto all’immissione, nei fiumi e nei
torrenti, dell’acqua calda usata per raffreddare gli impianti. Ne
sono responsabili le centrali termoelettriche e termonucleari,
oppure le industrie siderurgiche.
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L’inquinamento agricolo è provocato da un uso indiscriminato di
fertilizzanti, concimi chimici e pesticidi. Queste sostanze tossiche
finiscono nel sottosuolo o nei fiumi e giungono, attraverso la
catena alimentare, fino all’uomo.
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L’inquinamento domestico è quello proveniente dallo scarico dei
liquami nelle fogne urbane, raccolgono residui organici, saponi,
detersivi e rifiuti di natura varia.
Tutte queste forme di
inquinamento si ritorcono contro l’uomo, in forma di riduzione delle
risorse idriche, avvelenamento dell’ambiente e malattie.
L’INQUINAMENTO
DELL’ACQUA DA IDROCARBURI
Nonostante ciò un altro
problema che dobbiamo affrontare è l’inquinamento delle acque da
idrocarburi che ogni anno riversano negli oceani migliaia di tonnellate
di petrolio causando la morte della flora e della fauna.
Gli idrocarburi sono stati per lungo tempo
riversati in mare con le acque di lavaggio degli impianti di raffineria
come è accaduto sulle coste italiane dell’alto Tirreno prima che gli
enti preposti siano intervenuti a disciplinarne l’emissione con la
“legge Merli”.
In altri casi gli
idrocarburi vengono tuttora scaricati abusivamente dalle navi cisterna
adibite al trasporto del prodotto greggio; le operazioni di lavaggio dei
contenitori, una volta effettuato lo scarico a terra, provocano come è
noto episodi di inquinamento tanto più gravi perché difficilmente
biodegradabili.
Queste sconsiderate
operazioni, anche se effettuate al largo, riversano agenti inquinanti
galleggianti che, sospinti dal vento e dalle correnti superficiali, si
riversano sulle zone costiere.
La soluzione adottata di
eliminare gli idrocarburi dalla superficie marina usando opportuni
emulgatori che li precipitano sul fondale risultano devastanti per la
vita Bentonica. Inquinamenti accidentali di vasta portata si hanno anche
per naufragio di grandi petroliere.
Le aree portuali sono
altresì interessate da questo tipo di inquinamento con la fuoriuscita di
carburante dai natanti che rilasciano nelle acque anche i prodotti di
scarico incombusti.
Le acque presentano
aspetto grigio-biancastro e segnano i moli, gli scafi e gli scogli del
litorale; grandi masse di catrame si ammassano nelle “pozze di
scogliera” soffocando la vita animale e vegetale.
La flora e la fauna
vanno scomparendo fatta eccezione per le forme più resistenti come
l’Ulva tra le alghe, i Mitili ed alcuni Policheti del fondale (Nereis
caudata).
Un aspetto
particolarmente grave dell’inquinamento di questo tipo è la presenza,
nei prodotti oleosi scaricati a mare, di idrocarburi cancerogeni come il
Benzo-3-4-Pirene trovato in un gran numero di organismi marini: nella
Baia di Napoli sono stati rilevati 60 microgrammi di Benzopirene in 100
grammi di Zooplancton.
Gli idrocarburi
cancerogeni percorrono evidentemente tutta la Catena Alimentare sino ad
accumularsi nei tessuti dei pesci commestibili rappresentando un grave
pericolo per l’uomo.
L’ inquinamento da
idrocarburi è quello più immediatamente percettibile, anche al di là dei
disastri maggiori che provocano le maree nere. Trovare un metro quadro
di spiaggia senza catrame diventa, su molte spiagge mediterranee, un
exploit invidiato.
Questo cronico
inquinamento da petrolio è dovuto in parti uguali a degli scarichi
terrestri a livello di raffinerie e porti petroliferi ed agli scarichi
in mare delle navi. Anche al largo, il Mediterraneo trasporta delle
quantità considerevoli di prodotti petroliferi. Sono stati valutati
quantitativi di 10 grammi di idrocarburi per metro quadro nella
pellicola superficiale e di 500 litri di catrame per chilometro
quadrato.
Questa situazione
rischia di peggiorare rapidamente in avvenire se non verranno presi
provvedimenti molto stretti su scala mondiale. In effetti il
Mediterraneo è un ricettacolo ed un bacino di concentrazione: a causa
del suo particolare regime di correnti, che è innescato dal deficit
d’acqua dovuto all’evaporazione, e compensato dall’acqua atlantica
superficiale già carica di idrocarburi, in effetti nessuna acqua
superficiale è in grado di uscire dal Mediterraneo.
Questo mare è già
considerato, assieme a certe parti dell’Oceano Atlantico, come l’area
marina più inquinata dal petrolio di tutto il mondo.
I sali minerali, nitrati
e fosfati, versati in quantità enormi da un fiume come il Rodano o da
una condotta come quella di Marsiglia, sono dei fattori molto importanti
di squilibrio dell’ambiente.
Questo arricchimento
esagerato in sali nutritivi provoca un accrescimento esplosivo della
produzione di alghe planctoniche, già favorite da un leggero
abbassamento della salinità. Si produce così un fenomeno di
“eutrofizzazione” che può tradursi in una proliferazione massiva di
dinoflagellati, che ha per conseguenza un cambiamento di colore
dell’acqua ed una elevata tossicità per la fauna bentonica, per i pesci
e anche per l’uomo.
Queste “maree rosse”
erano molto rare alle nostre latitudini ma esse tendono ad essere più
frequenti e rischiano di diventarlo ancora di più in
futuro con
l’accrescimento dell’inquinamento termico dovuto alle acque di
raffreddamento delle centrali elettriche.
Un modo per sconfiggere
l’inquinamento da idrocarburi sarebbe toglierci dalla schiavitù del
petrolio e tentare di usare energie alternative come ad esempio
l’energia elettrica, che può essere prodotta in molti modi ed è molto
meno inquinante
Purtroppo però fino a
che i Potenti del mondo faranno a gara per accaparrarsi uno fetta del
Dio petrolio non cambierà nulla, anzi di questo passo ci stiamo
avvicinando ad una autodistruzione di massa.
Marco Giganti Pacifici |