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L’Inquinamento Idrico - uno
sguardo alle falde acquifere di Santa Maria la Fossa
di
Maria Grazia De Biasio
Uno
dei problemi emergenti della Terra riguarda l’inquinamento idrico che
interessa la contaminazione delle falde acquifere e delle acque in
superficie (mari, laghi, fiumi). Le cause principali di questo disastro
ambientale sono da attribuirsi alla mancata depurazione delle acque
reflue civili (le fogne), all’azione nociva derivante dalle attività
industriali (inquinamento chimico), ai fertilizzanti e pesticidi
utilizzati nelle attività agricole, e all’inquinamento termico (causato
soprattutto dalle centrali). S’indaga, pertanto, in Italia, sulla
qualità degli habitat acquatici. Indicatori di qualità delle acque
(d.lgs. 152/99) ci forniscono un quadro generale della situazione molto
preoccupante.
La maggiore azione distruttiva è da attribuirsi
all’eccessivo utilizzo di fertilizzanti che attraverso la presenza
consolidata di nitrati in acqua rischia di determinare una situazione
dalla quale non se ne verrà più a capo. Inoltre, spesso i mari sono
protagonisti d’incidenti di navi petrolifere o scarichi cisterne,
subendo così la fuoriuscita del petrolio o altri metalli nelle acque.
Da un sondaggio di Legambiente (www.legambiente.it)
risulta proprio che nei nostri mari è presente la quantità di catrame
più alta del mondo, dieci volte quella presente nei mari del Giappone e
cinquanta volte quella presente nel Golfo del Messico. Il processo di
biodegrazione che interessa le acque rischia di subire conseguenze
negative dovute all’eccessivo uso di sostanze chimiche dovute alle
attività industriali, artigianali ed agricole. I componenti di azoto,
metalli, fosforo, virus e batteri nelle acque possono provocare seri
danni alla salute, dell’uomo e dell’economia in generale. I metalli
rilasciati nelle acque dalle attività industriali sono ingeriti dai
pesci ed entrano a far parte della catena alimentare che contaminerà
l’uomo. I danni che l’uomo subisce non sono insignificanti:
l’inquinamento idrico è causa di epatite virale, salmonellosi, tifo e
tra le principali cause di morte, il tumore.
Tra le manovre innovative rivolte alla
riduzione dei rischi derivanti da questo tipo d’inquinamento, la
principale è sicuramente rappresentata dal riutilizzo o riciclaggio
dell’acqua; questa tecnica interviene sul risparmio degli scarichi,
puntando al riuso delle acque reflue, sia per scopi irrigui e civili,
che per scopi industriali. Nel corso degli anni, gli interventi
normativi sono stati influenti, si ricorda la normativa del T.U. del
1934 che attribuiva potere di vigilanza e d’intervento medico
provinciale e la normativa del 1933 sulle acque e sugli impianti
elettrici. Per il mare importante fu la legge del 14/07/1965 n. 963 sulla
tutela delle risorse biologiche. Il riferimento normativo attuale trova
luogo nel decreto legislativo 152/06, Testo Unico Ambientale, corredato
dalle normative dell’UE.
Che l’inquinamento idrico rappresenti un grave
pericolo per la vita delle persone è quanto si evince da uno spiacevole
episodio accaduto lo scorso 2012 sul territorio casertano, in
particolare a Santa Maria La Fossa. Tal evento portò all’arresto, da
parte della procura di Napoli, del dirigente della provincia di Caserta,
P.M. e altre sei persone, l’accusa fu: “disastro ambientale”.
Per il procuratore che ha guidato
l’inchiesta sulla discarica di Ferrandelle di Santa Maria La Fossa, si
giungeva alla conclusione che fosse ceduta al struttura delle
piattaforme con successiva penetrazione, per effetto della lacerazione
dei teli impermeabilizzati, del percolato nelle falde acquifere, tali da
consentire un serio pericolo vitale per la collettività. I terreni in
questa zona, perlopiù agricoli, sono stati contaminati, e il dato
scoraggiante è di non riuscire a quantificare e dimensionare gli
effettivi danni provocati ai prodotti agricoli derivanti dal disastro, o
sul latte prodotto dalle bufale per la mozzarella. L’unica cosa certa
che si sa è che il rischio di tumore è sempre più alto, e probabilmente
noi cittadini di queste zone mangiamo prodotti contaminati senza averne
consapevolezza.
L’assessorato della Regione Campania suggerisce ai
cittadini di usare razionalmente la risorsa idrica abbassando al minimo
il consumo della stessa, evitando sprechi inutili. Quest’azione di
responsabilità sociale deve partire dai sindaci della Campania che
devono emanare corrette ordinanze e invitare i cittadini ad assumere
comportamenti maturi.
L’acqua potabile deve essere usata
esclusivamente per usi alimentari e per l’igiene. I cittadini devono
essere educati sin dall’infanzi di quelle che sono le gravi cause che
l’inquinamento idrico può determinare sugli ecosistemi e devono,
spontaneamente, maturare un atteggiamento di volontà nel risparmio e nel
riutilizzo delle acque reflue. In occasione della Giornata Mondiale
dell’Acqua 2012, l’ONU e la FAO hanno realizzato delle infografiche che
mostrano quanti litri di acqua, sono serviti per produrre i principali
piatti che abbiamo sulle nostre tavole. Basti pensare che per preparare
una bistecca accompagnata da pomodori e patate servano 2849 litri di
acqua (ambiente.liquida.it).
E allora cerchiamo di essere consumatori
attenti e consapevoli e, sebbene la responsabilità maggiore sia da
attribuire agli enti governativi, non dimentichiamo che ognuno di noi
può dare il proprio contributo personale, da uno a cento, da cento a
centomila, da centomila ad un milione. Le persone sono parte attiva
dell’ambiente e dell’ecosistema
(feb.2013).
Maria Grazia De Biasio |