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Lug./Ago. 2015

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L’INQUINAMENTO MARINO DEL GOLFO DI NAPOLI E DELLE SUE ISOLE

di Moreno Damino

 

CARATTERI GENERALI DELL’INQUINAMENTO MARINO

Il mare è un giardino che l'uomo usa sia come una pattumiera, sia come un terreno da saccheggiare senza criterio

 

Un ambiente può definirsi inquinato quando, a causa dell’immissione di sostanze estranee all’ambiente in esame, venga alterato il normale equilibrio naturale. A tale proposito vengono analizzate le caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente da studiare, in funzione di valori limite prestabiliti, oltre i quali un ambiente è da definirsi inquinato. Volendo trattare, in particolare dell’inquinamento marino bisogna considerare, in primis, che quando una sostanza inquinante è aggiunta all’elemento acqua (dolce o di mare), la stessa diviene parte integrante dell’ambiente. L’elemento inquinante può essere diluito e/o disperso dal moto delle acque oppure rimanere in concentrazioni  elevate (raramente elevatissime)  tali da provocare gravi e dannose modificazione dell’ambiente. Per valutare il livello di inquinamento del mare viene utilizzato un criterio di indagine che prende il nome di “monitoraggio”. Esso ha il preciso scopo di controllare costantemente una determinata superficie di acqua al fine di studiarne le variazioni dei parametri ecologici e le eventuali alterazioni che si verificano nel corso del tempo, in modo tale da poter predisporre tutti gli interventi tesi al ripristino dell’equilibrio marino. Le origini dell’inquinamento marino possono essere diverse, quasi tutte di origine antropica (generate dall’uomo). Tra le più importanti possono annotarsi: scarichi fognari non adeguatamente depurati; acque di lavaggio di allevamenti del bestiame ricchi di sostanze eutrofizzanti (sostanze con sovrabbondanti nitrati, fosfati, azoto e zolfo); scarichi industriali ben oltre i limiti tabellari; prodotti chimici, quali antiparassitari e fertilizzanti. Altre fonti di inquinamento di origine atmosferica che determinano ricadute direttamente in mare di sostanze inquinanti dalle acque meteoriche quali ad esempio piogge acide. Bisogna citare inoltre l’inquinamento legato ad attività che interessano i fondali marini del tipo attività estrattive o determinato da perdite accidentali, molto spesso dolose, del petrolio (oro nero). Ed infine, ma non per ultimo, l’inquinamento da smaltimento di rifiuti altamente tossici e nocivi per la salute umana di origine industriale effettuato da organizzazioni criminali, costituito dallo sversamento doloso in mare di tali sostanze fino all’affondamento di navi con l’intero carico. Va ricordato, a tale proposito che l’affondamento delle cosiddette “navi dei veleni” usate per smaltire in modo illegale rifiuti radioattivi, ha per conseguenza una forma di inquinamento estremamente rischiosa per la salute umana.

Come risaputo ogni sistema avente un proprio equilibrio interno, sollecitato da azioni esterne che possono modificare tale equilibrio, attraverso un processo di autodifesa tende a ritornare alla condizione originaria di equilibrio attraverso un processo di “autoriparazione”. Allo stesso modo il mare si difende con meccanismi diversi contro le varie forme di inquinamento sopra citate. Un aiuto, anche se di scarso rilievo (data la scarsa trasparenza delle profondità marine), viene dall’azione fotodegradante della componente ultravioletta dello spettro della luce solare; in modo più incisivo ed efficace risulta invece la diluizione delle sostanze inquinanti, perdendo almeno in parte la loro iniziale pericolosità. Tuttavia nei mari chiusi come il Mediterraneo, tale azione di auto depurazione potrebbe rivelarsi insufficiente ed inefficace. Molto spesso necessita dell’intervento dell’uomo anche se le procedure si rivelano sempre molto costose e talvolta non risolutive. 

L’uso dei “bioindicatori” nelle attività di monitoraggio ambientale consente infatti di registrare il livello di contaminazione di un’area costiera con una misura integrata nel tempo e non legata al momento del prelievo, permettendo di rilevare gradienti spaziali e temporali dei livelli di inquinamento. Gli indicatori di contaminazione di cui generalmente si registra il bioaccumulo nei molluschi possono così distinguersi:

1. Parametri microbiologici;

2. Composti organici, quali pesticidi clorurati , idrocarburi, policiclici, aromatici;

3. Metalli pesanti.

Per quanto concerne la situazione marino-costiera in Campania diversi studi di monitoraggio hanno evidenziato nel Mytilus gallo provincialis (o Mitilo mediterraneo o cozza così come denominato nelle zone centro-merdionali) un accumulo di cadmio (metallo estremamente tossico che provoca numerose patologie) alla foce del fiume Sarno e Volturno, mentre la stazione di monitoraggio di Pozzuoli indica la presenza di una fonte locale di mercurio (altro metallo molto tossico presente nei pesci dei nostri mari in quantità maggiori di quelle riscontrate nella fauna ittica dell’Atlantico). Ad aggravare la situazione sono anche i cambiamenti climatici, influenzando in modo determinante i tempi di residenza in atmosfera del mercurio stesso. La forte irradiazione solare unitamente alle elevate concentrazioni di ozono e di particolato atmosferico creano infatti una miscela che provoca la formazione di mercurio reattivo, ossia più facilmente trasferibile dall’atmosfera alle acque superficiali del Mediterraneo.

 

UNA PETIZIONE PER SALVARE IL MEDITERRANEO DALLE PARTICELLE DI PLASTICA

Il Mediterraneo è in pericolo anche a causa di una forma di inquinamento quasi invisibile: 250 miliardi di micro-particelle di plastica che possono intossicare i pesci e addirittura il plancton, la base dell’ecosistema marino.La Spedizione M.E.D. (“Méditerranée en danger”) 2010-2013 è una grande campagna scientifica e ambientalista lanciata dall’Ifremer (Institut français de recherche pour l’exploration de la mer) e dall’Università di Liège (Belgio), con un’equipe di studiosi da una decina di laboratori universitari europei. Dopo una prima serie di analisi sui litorali di Francia, Spagna e Nord-Italia, i ricercatori hanno stimato circa 250 miliardi di micro-particelle di plastica presenti, per 500 tonnellate complessive. Le micro-particelle derivano dalla frammentazione di imballaggi e altri rifiuti, sono disperse dai flutti e dal vento, e vengono infine ingerite dai pesci e dal plancton. Sono perciò a rischio l’ecosistema, la biodiversità marina e la stessa catena alimentare.

 

L'INQUINAMENTO DA PETROLIO 

Le conseguenze ambientali su fauna e flora

 

Le prime specie animali del più grave disastro ambientale marino nella storia (La piattaforma Deepwater Horizon) vittime del disastro sono state quelle di dimensioni più piccole e alla base della catena alimentare, come ad esempio il plancton. Sono seguite le specie di dimensioni via via maggiori che sono state contaminate direttamente (dagli idrocarburi e dalle sostanze chimiche dispersanti) oppure indirettamente (per essersi alimentate di animali contaminati). Fra le specie coinvolte: numerose specie di pesci, tartarughe marine, squali, delfini e capodogli, tonni, granchi e gamberi, ostriche, menhaden, varie specie di uccelli delle rive, molte specie di uccelli migratori, pellicani.

La maggior parte dei mari del mondo è inquinata da petrolio. Una delle zone marine più inquinate al mondo (per quanto riguarda il petrolio) è il mediterraneo, ciò è dovuto al fatto che si tratta di una mare chiuso e le sue acque si rinnovano molto lentamente (80-100 anni). 

Per contrastare in modo scientifico ed efficace l’inquinamento marino da idrocarburi  l’Agenzia Spaziale Italiana ha promosso un progetto pilota teso ad individuare e monitorare gli sversamenti di idrocarburi, casuali o illegali, nel Mediterraneo. Al CNR il compito di coordinare tutte le attività scientifiche in collaborazione con altri Enti di ricerca italiani

Nonostante la protezione dell’ambiente marino sia assurta a interesse internazionale primario, lo scarico illegale di idrocarburi a mare continua a rappresentare una grave minaccia all’ecosistema marino, specie per gli ambienti costieri. In questo ambito si colloca il Progetto pilota inquinamento marino da idrocarburi (PRIMI), una delle sette iniziative dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) per la gestione del rischio ambientale, che ha come obiettivo il monitoraggio nei mari italiani delle aree contaminate da idrocarburi (oil spill). Il progetto è coordinato dalla società E-GEOS (consociata Telespazio/ASI) mentre le attività di ricerca sono affidate all’Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAC-CNR) di Tor Vergata, Roma

 

LE ISOLE DEL GOLFO DI NAPOLI-PENISOLA SORRENTINA

I tratti di costa sicuramete soggetti a inquinamento di tipo batteriologico fecale sono l'area vesuviana e la riviera domiziana ,da Cuma fino a Castelvolturno.

In queste due fasce si possono identificare i focolai principali di sversamento di acque di scarico: lo sbocco del fiume Sarno, che condiziona drammaticamente la qualità microbiologica delle acque costiere all'interno del Golfo di Napoli, il tratto costiero di Licola e la foce del Volturno.Nel primo caso, il fiume Sarno costituisce la principale sorgente che determina lo stato di forte degrado in tutta la fascia da Castellamare di Stabia a Vico Equense.Altrettanto evidente è la presenza di altri apporti di origine fognaria nella zona di Portici-Ercolano fino alla periferia orientale di Napoli.Lungo il litorale domiziano sono registrati valori altissimi di Colimeria e Streptococchi fecali,con una elevata percentuale di presenza di contaminazione microbica non solo nei prelievi effettuati a 500m da riva, ma anche a 3000m.Nel tratto di Licola troviamo infatti recapito a mare sia lo sbocco del collettore di Cuma (che scarica gli effluenti provenienti dall' impianto di depurazione di Cuma-Napoli ovest), sia la foce di Licola (che scarica a mare i liquami provenienti da una vasta zona urbana cresciuta disordinatamente nell'hinterland nord-occidentale napoletano. Ovviamente tali sorgenti inquinanti non risparmiano le più importanti isole del golfo di Napoli: Capri,Ischia e Procida.

Si riportano qui di seguito le sintesi di alcuni articoli giornalistici relativi a fatti di cronaca vera riguardanti l’inquinamento marino delle più belle isole del golfo.

CAPRI: CHIUSA LA GROTTA AZZURRA

 

Capri Agosto 2009

Un giorno da dimenticare per Capri la famosa isola del Golfo di Napoli.

“Una delle sue attrattive turistiche piu’ belle al mondo la Grotta Azzurra è stata chiusa dalla Capitaneria di porto: nel mare blu e cristallino è comparsa una striscia di schiuma bianca unita a un forte e cattivo odore. A lanciare l’allarme alcuni barcaioli che accompagnando i turisti all’interno della grotta avevano accusato bruciore agli occhi e nausea. Dunque stop alle visite e ai tuffi in acqua: per riaprire la grotta bisogna accertare ora la natura della sostanza che momentaneamente ha inquinato Grotta azzurra: tra le ipotesi degli inquirenti una delle cause potrebbe essere il cloro.L’esito delle analisi è previsto per oggi. Prosegue insomma l’estate nera dell’isola di Capri: neanche una settimana fa due dipendenti della ditta Ecology erano stati arrestati per aver sversato liquami in mare proprio a pochi metri dalla grotta.”

 

CAPRI, DEPURATORE SEQUESTRATO SINDACO E GORI SOTTO INCHIESTA

 

Capri Agosto 2010

 

A Capri, 31 agosto 2010,  emergenza inquinamento nel Golfo di Napoli. I carabinieri del Noe hanno sequestrato il depuratore di Capri, a Occhio Marino. L'impianto, già al centro di un'inchiesta del procuratore aggiunto della Procura di Napoli Aldo De Chiara, era stato anche oggetto di revoca, da parte della Provincia di Napoli, della possibilità di immettere nella condotta sottomarina i liquami depurati, a causa dello sforamento dei parametri previsti dalla legge, rilevati nell'estate del 2009. Nel corso degli ultimi mesi, i carabinieri del Noe hanno effettuato  una serie di ispezioni che hanno determinato stamane l'ordine di sequestro della struttura che, tuttavia, resta funzionante. Il sindaco di Capri, Ciro Lembo, e l'amministratore unico della Gori Gaetano Marati sono stati iscritti nel registro degli indagati. Le accuse sono: scarico senza autorizzazione, danneggiamento e deturpamento di bellezze naturali. A firmare il provvedimento il pm Federico Bisceglia, titolare dell'inchiesta che gli è stata affidata dal procuratore aggiunto De Chiara.

 

ISCHIA

ISCHIA:Tonnellate di liquido cancerogeno finite in mare, proprio davanti alla splendida isola di Ischia, in un’area marina protetta appena istituita.

 

Enel: inquinamento marino e danno ambientale da PCB a seguito di fuoriuscita di olio dai cavi ad alta tensione del collegamento sottomarino Cuma e Lacco Ameno

 

Ischia: Dicembre 2007

Lacco Ameno

 

Chiesto l'intervento europeo dopo le rilevazioni dell'Arpac che confermano un inquinamento 186 volte superiore alla norma

14 dicembre 2007 - Andrea D'Ambra (presidente dell'associazione in difesa dei consumatori "Generazione Attiva")

 

Ischia (NA) L'Associazione Nazionale Indipendente in difesa dei Cittadini e Consumatori Generazione Attiva ha inviato due qiorni fa un'interrogazione alla Commissione Europea nella quale si espongono tutti i fatti accaduti con relazione all'inquinamento da policlorobifenili (PCB) in seguito alla rottura di cavi Enel a Lacco Ameno (NA) nel mare antistante le coste dell'Isola d'Ischia, e con la quale ha richiesto l'intervento di Bruxelles per porre fine al rischio ambientale tuttora esistente.

 

L'azione mutagena e cancerogena del policlorobifenile è fin troppo nota. I PCB sono tossici per il pesce e per la fauna acquatica in generale, persistono a lungo nell'ambiente e si accumulano nella catena dell'alimentazione (bio-accumulo). Hanno effetti tossici sull'uomo e su tutti gli esseri viventi. 

Il silenzio delle Autorità preposte al controllo e alla tutela del nostro territorio è assordante. Le rilevazioni dell'Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania (ARPAC) che confermano un inquinamento da Policlorobifenile 186 volte superiore alla norma avrebbero dovuto far scattare immediatamente l'intervento delle suddette autorità che invece latitano! Tutto a danno della salute dell'ecosistema e della popolazione in quella che dovrebbe essere l'Area Marina Protetta "Regno di Nettuno"

 

Inquinamento Marino: Un’Enorme Chiazza Marrone Raggiunge la Costa di Monte di Procida

Monte di Procida dicembre 2010

 

“Cara Redazione di Freebacoli,

Vi scrivo per denunciare quanto avviene oggi domenica 26 settembre 2010 alle ore 10.40. Ho appena finito di chiamare Guardia Costiera e Noe, il Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri di Napoli, senza riuscire a parlare con un reperibile.

Scrivo da Monte di Procida,stamattina affacciandomi al balcone, ho visto che qualcuno ha approfittato del maltempo per “aprire” il depuratore di Cuma: un’ enorme chiazza giallo-marrone, mostruosa, gigantesca, di proporzioni spaventose si avvicina all'isolotto di San Martino.

La vedo da casa col binocolo, la chiazza proviene da Torregaveta, per cui presumo arrivi da Cuma. Ho fatto delle foto (al lato). E’ un disastro ecologico peggiore della marea nera, chiunque può andare in un qualsiasi punto panoramico di Monte di Procida e vedere con i propri occhi. E’ IMPRESSIONANTE,la chiazza è enorme indescrivibile, e nessuno fa niente.”

 

Fuga dall´estate nera del mare

Monte di Procida

 

“MONTE DI PROCIDA - La schiuma è biancastra. Nel punto più denso appare come ricoperta di bolle. Forma come una lunga scia, proprio davanti al Porticciolo di Acquamorta a Monte di Procida. Al di là di quella striscia, il mare non è più azzurro. Smette di essere blu e assume una tonalità che si fa via via sempre più scura fino a diventare in qualche tratto addirittura marrone.

 

Questo mare che non ha più colore bagna una costa fantasma: dieci chilometri di spiaggia e gli ombrelloni sono quasi tutti chiusi. Qualcuno passeggia, nessuno fa il bagno. La prima estate dopo la grande emergenza rifiuti deve fronteggiare il nuovo allarme legato al depuratore di Cuma. E se fosse possibile tracciare una ideale linea di confine, sarebbe delimitata da quella schiuma bianca e sudicia in cui il motoscafo della Guardia Costiera, pochi minuti dopo aver oltrepassato Nisida, si imbatte proprio a ridosso del porticciolo di Monte di Procida. Da qui, comincia il viaggio di "Repubblica" lungo l´area interessata dall´impianto dove si teme un nuovo allarme ambientale.

 

«Sicuramente influisce anche il gioco delle correnti - spiega il comandante Luciano Del Prete, responsabile della sala operativa della capitaneria di porto - ma è molto probabile che anche la schiuma sia una conseguenza di quanto accaduto nei giorni scorsi». Ai centralini della Guardia Costiera arrivano ogni giorno settanta, anche ottanta telefonate al giorno di bagnanti che segnalano mare sporco prevalentemente lungo la costa flegrea e nella zona a ridosso dei collettori del depuratore. In media, negli anni scorsi, le chiamate giornaliere non erano più di una decina. «Il numero di segnalazioni è aumentato notevolmente - sottolinea Del Prete - a causa del macro inquinamento che si è registrato in questi giorni. Una situazione anomala, che allarma i cittadini e di conseguenza preoccupa anche noi. Anche se devo dire che in questo momento la situazione appare già sensibilmente migliorata».

 

Infatti le testimonianze di chi aveva attraversato in gommone questo stesso tratto di mare appena sabato scorso raccontano di acqua tanto sporca da spingere i passeggeri a coprirsi con asciugamani per evitare anche solo di essere sfiorati da qualche goccia. Ma anche oggi, vista da bordo della motovedetta, appare oleosa, in alcuni frangenti macchiata come a chiazze. Da Monte di Procida fino a Licola, passando per Fusaro, Miliscola, Torregaveta, si naviga un mare che non è più azzurro e si può osservare una distesa di spiagge vuote: uno spettacolo che fa male, ma che in fondo non sorprende. I nodi del depuratore di Cuma, venuti clamorosamente al pettine dopo lo sciopero dei lavoratori di metà giugno e finiti ora sotto la lente della magistratura, rappresentano oggi l´ombra più pesante che si allunga sulla stagione turistica già messa a dura prova dalla crisi economica.

 

Accanto al rischio inquinamento, c´è da fronteggiare anche un altro nemico: la psicosi, che può assestare colpi tremendi a tutto il settore. Ne sono consapevoli gli addetti ai lavori che si fanno scudo con i dati rassicuranti diffusi dall´Arpac. Altre analisi vengono completate in queste ore e gli esiti dovranno essere trasmessi tempestivamente all´autorità giudiziaria, entrata in azione dinanzi alle ripetute segnalazioni dell´ultima settimana. “

 

NUOTARE NELLA SCHIUMA- INQUINAMENTO DEL MARE DELLA PENISOLA SORRENTINA

Sorrento

 - Appena la settimana scorsa il Wwf aveva fotografato giovani bagnanti incuranti della schiuma in cui nuotano. È successo, per la precisione, mercoledì l’altro alla frequentatissima spiaggia della Pignatella, le foto sono state scattate alle 17. Un testimone del Wwf racconta: «Mi sono immerso con maschera e boccaglio nuotando sotto costa in località San Montano, Pignatella, Puolo e Solara: l’acqua era fresca quindi non venissero a raccontarci di mucillagini, effetti dell’innalzamento della temperatura ed altre fantasie. L’acqua era visibilmente verde; la visibilità inesistente a causa di numerose particelle in sospensione; la superficie schiumosa e maleodorante con assorbenti e vari rifiuti galleggianti; in prossimità dell'abitato di San Montano, della spiaggetta sotto Puolo e ad ovest della Pignatella si osserva la presenza in eccesso di alghe verdi sintomo di eutrofizzazione ed è stato scoperto, osservando una anomala striscia di alghe verdi, uno "strano scolo" di acque nere sotto l’uliveto della Pignatella al confine con la spiaggia di Puolo».

«MIASMI» - Il problema è serio. Sono diverse anche le segnalazioni per i “miasmi” dalle aree abitate dei depuratori che avrebbero più volte “reso l’aria irrespirabile per i residenti ” soprattutto. Naturalmente - si spera - non tutto il mare della costiera è tale ma i riferimenti documentati sono per alcuni punti critici frequentati da migliaia di bagnanti. Per Il Wwf il rischio è anche alimentare: «In questi giorni il mare nei pressi dei siti da noi visitati ha assunto un colore tra il verdognolo ed il marrone, la visibilità sott’acqua è quasi nulla, le alghe verdi sono cresciute a ritmo esponenziale (come effetto dell’eutrofizzazione provocata dalla presenza in eccesso di nutritivi, nitrati e fosfati, contenuti nei detergenti e scarichi fognari) e con esse sono prolificate migliaia di cozze, organismi che la natura ha deputato al filtraggio del nostro mare”.

«INTERVENIRE SUBITO» - È auspicabile, concludono i volontari ambientalisti, «che in situazioni così palesemente evidenti le amministrazioni comunali e gli enti preposti si adoperino con urgenza. I cittadini non possono prendersi una laurea in meteorologia e studiare venti e correnti per scegliersi una spiaggia dove trovare l’acqua pulita. Siamo fiduciosi nel lavoro dei magistrati e ci auguriamo che a tale increscioso fenomeno, che l’estate scorsa ha raggiunto picchi di evidenza non più negabili, si riesca a dare una risposta convincente».

 

Il sottoscritto si è limitato a citare i fatti più eclatanti relativi all’inquinamento marino delle isole del bellissimo e unico  Golfo di Napoli, ma si potrebbe continuare ad oltranza.

Passiamo ora a trattare brevemente, (una veloce digressione o excursus) sulla Legislazione sull’inquinamento ambientale, nello specifico quello del mare.

 

IL NUOVO DIRITTO AMBIENTALE

Il Quadro Normativo italiano e le competenze delle Istituzioni in materia ambientale

Il Quadro della Normativa Nazionale in materia ambientale, è fondato sulla legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente n°349 dell’8 luglio 1986. Il D. Lgs. 3 aprile 2006 n°152 si inserisce a pieno titolo in questo Quadro Normativo con la finalità principale di riorganizzare ed aggiornare l’intera normativa sull’ambiente. La legge n°349/1986 ha avuto il ruolo fondamentale di introdurre la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi prioritari e fondamentali della collettività ed alla qualità della vita. Ruolo, oltremodo importante è costituito dalla conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento. L’altra rilevante novità introdotta dalla legge n°349/1986 è stata la previsione della disciplina del danno ambientale. Non a caso l’art. 18 prevede che qualunque azione dolosa che comprometta l’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o ancora peggio distruggendolo, obbliga il colpevole al risarcimento nei confronti dello Stato. Il Quadro Normativo nazionale è mutato sia per la continua evoluzione tecnico-prescrittiva dell’intera disciplina dei vari settori in materia ambientale sia per il settore del risarcimento del danno ambientale sancito dall’entrata in vigore del D. Lgs. N°152/2006.

Per quanto riguarda invece le competenze delle istituzioni in materia ambientale alla legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente ha fatto seguito il D.L. n°496 del 4 dicembre 1993, che ha dettato le disposizioni sui controlli ambientali, istituendo l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA).

Successivamente le politiche nazionali di riassetto dell’organizzazione delle funzioni degli Enti pubblici locali hanno definito il quadro delle competenze in materia ambientale. Infatti il D. Lgs n°112 del 31 marzo 1998, ha stabilito il trasferimento alle regioni ed agli Enti pubblici territoriali dei compiti in materia ambientale. Successivamente il Testo Unico Enti Locali del 18 agosto 2000 n°267 ha legiferato nel dettaglio, difatti l’Art. 9 indica che alla Provincia spettano le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardano vaste zone intercomunali.

In definitiva il D. Lgs. n°152/2006 richiama l’emanazione di numerosi decreti attuativi per i vari settori della disciplina ambientale. Non appare opportuno in questa sede citare i numerosissimi decreti mentre si ritiene utile mensionare quanto legiferato in merito alla

 TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO:

_ D.Lgs. 11-05-1999, n. 152 (S.O alla G.U. 29-05- 1999, n.124). Disposizioni sulla tutela delle acque dell’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

_ D.Lgs. del 18-8-2000 n.258 (S.O. n. 153 alla G.U. 18-09-2000, n.218). Disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 11-5-1999 n. 152, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, a norma dell’art. 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n.128.

_ D.Lgs. de 2 febbraio 2001, n.31 (S.O. alla G.U. 3 marzo 2001, n. 52). Attuazione della Direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.

_ D.Lgs. n. 27 del 2-2-2002 (G.U. 9-3-2002, n.58). Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alle acque destinate al consumo umano, e che modifica il D.Lgs. n. 31 del 2-2-2001 (G.U. 9-3-2002 n. 58)

_ Legge 31 luglio 2002, n.179 (G.U 13 agosto, n. 189). Disposizioni in materia ambientale.

_ Decreto del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 12 giugno 2003, n. 185 (G.U 23 luglio 2003, n. 169). Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell’articolo 26, comma 2, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152

_ Decreto del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 6 novembre 2003, n.367 (G.U. 8-1-2004, n.5).

Regolamento concernente la fissazione di standard di qualità nell’ambiente acquatico per le sostanze pericolose, ai sensi dell’art. 3 comma 4, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n.152

_ Direttiva del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 27 maggio 2004 (G.U 14-06-2004 n. 137) Disposizioni interpretative delle norme relative agli standard di qualità nell’ambiente acquatico per le sostanze pericolose-

_ Decreto del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 28 luglio 2004 (G.U. 15-11-2004, n. 268). Linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso vitale, di cui all’articolo 22, comma 4, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

_ Decreto del Presidente della Repubblica del 15 febbraio 2006. Norme di attuazione del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche (G.U. 24-5-2006, n. 119).

 

CONCLUSIONI

Siamo stati capaci di creare tutte queste leggi, decreti etc…ma il mare continua a subire le sconsiderate,sconvolgenti,vandaliche, azioni antropiche tese a distruggerne l’equilibrio della flora e della fauna in esso contenuti. Con una superficie più che doppia rispetto alle terre emerse (310 milioni di chilometri quadrati, otto volte quella della Luna!) il mare è un vero e proprio mondo nascosto agli occhi degli uomini. Quattro quinti della flora e della fauna del mondo intero vivono nei mari costieri poco profondi che limitano i continenti e solo con cifre di smisurata grandezza si può definire la densità di popolazione di queste acque.Una piccolissima parte di questa vita è  rappresentata dai pesci, conchiglie, coralli e alghe dove la natura sembra aver giocato con le forme e i colori per stupire ogni volta noi uomini, ultimi arrivati a scoprire questo fantastico pianeta blu.

Uomo libero, amerai sempre il mare! Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima nel volgersi infinito dell’onda che rotola e il tuo spirito è un abisso altrettanto amaro.

(Charles Baudelaire)

 

                                                                  Geom. Moreno Damino

 


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|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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