L’INQUINAMENTO MARINO DEL GOLFO DI NAPOLI E DELLE SUE ISOLE
di Moreno Damino
CARATTERI GENERALI DELL’INQUINAMENTO MARINO
Il mare è un giardino che l'uomo usa sia come una
pattumiera, sia come un terreno da saccheggiare senza criterio
Un ambiente può definirsi inquinato quando, a causa
dell’immissione di sostanze estranee all’ambiente in esame, venga
alterato il normale equilibrio naturale. A tale proposito vengono
analizzate le caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente da studiare,
in funzione di valori limite prestabiliti, oltre i quali un ambiente è
da definirsi inquinato. Volendo trattare, in particolare
dell’inquinamento marino bisogna considerare, in primis, che quando una
sostanza inquinante è aggiunta all’elemento acqua (dolce o di mare), la
stessa diviene parte integrante dell’ambiente. L’elemento inquinante può
essere diluito e/o disperso dal moto delle acque oppure rimanere in
concentrazioni elevate (raramente elevatissime) tali da provocare
gravi e dannose modificazione dell’ambiente. Per valutare il livello di
inquinamento del mare viene utilizzato un criterio di indagine che
prende il nome di “monitoraggio”. Esso ha il preciso scopo
di controllare costantemente una determinata superficie di acqua al fine
di studiarne le variazioni dei parametri ecologici e le eventuali
alterazioni che si verificano nel corso del tempo, in modo tale da poter
predisporre tutti gli interventi tesi al ripristino dell’equilibrio
marino. Le origini dell’inquinamento marino possono essere diverse,
quasi tutte di origine antropica (generate dall’uomo). Tra le più
importanti possono annotarsi: scarichi fognari non adeguatamente
depurati; acque di lavaggio di allevamenti del bestiame ricchi di
sostanze eutrofizzanti (sostanze con sovrabbondanti nitrati, fosfati,
azoto e zolfo); scarichi industriali ben oltre i limiti tabellari;
prodotti chimici, quali antiparassitari e fertilizzanti. Altre fonti di
inquinamento di origine atmosferica che determinano ricadute
direttamente in mare di sostanze inquinanti dalle acque meteoriche quali
ad esempio piogge acide. Bisogna citare inoltre l’inquinamento legato ad
attività che interessano i fondali marini del tipo attività estrattive o
determinato da perdite accidentali, molto spesso dolose, del petrolio
(oro nero). Ed infine, ma non per ultimo, l’inquinamento da smaltimento
di rifiuti altamente tossici e nocivi per la salute umana di origine
industriale effettuato da organizzazioni criminali, costituito dallo
sversamento doloso in mare di tali sostanze fino all’affondamento di
navi con l’intero carico. Va ricordato, a tale proposito che
l’affondamento delle cosiddette “navi dei veleni” usate per smaltire in
modo illegale rifiuti radioattivi, ha per conseguenza una forma di
inquinamento estremamente rischiosa per la
salute umana.
Come risaputo ogni sistema avente un proprio equilibrio
interno, sollecitato da azioni esterne che possono modificare tale
equilibrio, attraverso un processo di autodifesa tende a ritornare alla
condizione originaria di equilibrio attraverso un processo di
“autoriparazione”. Allo stesso modo il mare si difende con
meccanismi diversi contro le varie forme di inquinamento sopra citate.
Un aiuto, anche se di scarso rilievo (data la scarsa trasparenza delle
profondità marine), viene dall’azione fotodegradante della componente
ultravioletta dello spettro della luce solare; in modo più incisivo ed
efficace risulta invece la diluizione delle sostanze inquinanti,
perdendo almeno in parte la loro iniziale pericolosità. Tuttavia nei
mari chiusi come il Mediterraneo, tale azione di auto depurazione
potrebbe rivelarsi insufficiente ed inefficace. Molto spesso necessita
dell’intervento dell’uomo anche se le procedure si rivelano sempre molto
costose e talvolta non risolutive.
L’uso dei “bioindicatori” nelle attività di
monitoraggio ambientale consente infatti di registrare il livello di
contaminazione di un’area costiera con una misura integrata nel tempo e
non legata al momento del prelievo, permettendo di rilevare gradienti
spaziali e temporali dei livelli di inquinamento. Gli indicatori di
contaminazione di cui generalmente si registra il bioaccumulo nei
molluschi possono così distinguersi:
1. Parametri microbiologici;
2. Composti organici, quali pesticidi clorurati ,
idrocarburi, policiclici, aromatici;
3. Metalli pesanti.
Per quanto concerne la situazione marino-costiera in
Campania diversi studi di monitoraggio hanno evidenziato nel Mytilus
gallo provincialis (o Mitilo mediterraneo o cozza così come denominato
nelle zone centro-merdionali) un accumulo di cadmio (metallo
estremamente tossico che provoca numerose patologie) alla foce del
fiume Sarno e Volturno, mentre la stazione di monitoraggio di Pozzuoli
indica la presenza di una fonte locale di mercurio (altro metallo molto
tossico presente nei pesci dei nostri mari in quantità maggiori di
quelle riscontrate nella fauna ittica dell’Atlantico). Ad aggravare la
situazione sono anche i cambiamenti climatici, influenzando in modo
determinante i tempi di residenza in atmosfera del mercurio stesso. La
forte irradiazione solare unitamente alle elevate concentrazioni di
ozono e di particolato atmosferico creano infatti una miscela che
provoca la formazione di mercurio reattivo, ossia più facilmente
trasferibile dall’atmosfera alle acque superficiali del Mediterraneo.
UNA PETIZIONE PER SALVARE IL MEDITERRANEO DALLE
PARTICELLE DI PLASTICA
Il Mediterraneo è in pericolo anche a causa di una forma
di inquinamento quasi invisibile: 250 miliardi di micro-particelle di
plastica che possono intossicare i pesci e addirittura il plancton, la
base dell’ecosistema marino.La Spedizione M.E.D. (“Méditerranée en
danger”) 2010-2013 è una grande campagna scientifica e ambientalista
lanciata dall’Ifremer (Institut français de recherche pour l’exploration
de la mer) e dall’Università di Liège (Belgio), con un’equipe di
studiosi da una decina di laboratori universitari europei.
Dopo una prima serie di analisi sui litorali di Francia,
Spagna e Nord-Italia, i ricercatori hanno stimato circa 250 miliardi di
micro-particelle di plastica presenti, per 500 tonnellate complessive.
Le micro-particelle derivano dalla frammentazione di
imballaggi e altri rifiuti, sono disperse dai flutti e dal vento, e
vengono infine ingerite dai pesci e dal plancton. Sono perciò a rischio
l’ecosistema, la biodiversità marina e la stessa catena alimentare.
L'INQUINAMENTO DA PETROLIO
Le conseguenze ambientali su fauna e flora
Le prime
specie
animali del più grave disastro ambientale marino nella storia (La
piattaforma
Deepwater Horizon)
vittime del disastro sono state quelle di dimensioni più piccole e alla
base della catena alimentare, come ad esempio il
plancton.
Sono seguite le specie di dimensioni via via maggiori che sono state
contaminate direttamente (dagli idrocarburi e dalle sostanze chimiche
dispersanti) oppure indirettamente (per essersi alimentate di animali
contaminati). Fra le specie coinvolte: numerose specie di
pesci,
tartarughe marine,
squali,
delfini
e
capodogli,
tonni,
granchi
e
gamberi,
ostriche,
menhaden,
varie specie di
uccelli
delle rive, molte specie di
uccelli migratori,
pellicani.
La maggior
parte dei mari del mondo è inquinata da petrolio. Una delle zone marine
più inquinate al mondo (per quanto riguarda il petrolio) è il
mediterraneo, ciò è dovuto al fatto che si tratta di una mare chiuso e
le sue acque si rinnovano molto lentamente (80-100 anni).
Per
contrastare in modo scientifico ed efficace l’inquinamento marino da
idrocarburi l’Agenzia Spaziale Italiana ha promosso un progetto
pilota teso ad individuare e monitorare gli sversamenti di idrocarburi,
casuali o illegali, nel Mediterraneo. Al CNR il compito di coordinare
tutte le attività scientifiche in collaborazione con altri Enti di
ricerca italiani
Nonostante la
protezione dell’ambiente marino sia assurta a interesse internazionale
primario, lo scarico illegale di idrocarburi a mare continua a
rappresentare una grave minaccia all’ecosistema marino, specie per gli
ambienti costieri. In questo ambito si colloca il Progetto pilota
inquinamento marino da idrocarburi (PRIMI), una delle sette iniziative
dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) per la gestione del rischio
ambientale, che ha come obiettivo il monitoraggio nei mari italiani
delle aree contaminate da idrocarburi (oil spill). Il progetto è
coordinato dalla società E-GEOS (consociata Telespazio/ASI) mentre le
attività di ricerca sono affidate all’Istituto di Scienze dell'Atmosfera
e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAC-CNR) di Tor
Vergata, Roma
LE ISOLE DEL GOLFO DI NAPOLI-PENISOLA SORRENTINA
I tratti di
costa sicuramete soggetti a inquinamento di tipo batteriologico fecale
sono l'area vesuviana e la riviera domiziana ,da Cuma fino a
Castelvolturno.
In queste due
fasce si possono identificare i focolai principali di sversamento di
acque di scarico: lo sbocco del fiume Sarno, che condiziona
drammaticamente la qualità microbiologica delle acque costiere
all'interno del Golfo di Napoli, il tratto costiero di Licola e la foce
del Volturno.Nel primo caso, il fiume Sarno costituisce la principale
sorgente che determina lo stato di forte degrado in tutta la fascia da
Castellamare di Stabia a Vico Equense.Altrettanto evidente è la presenza
di altri apporti di origine fognaria nella zona di Portici-Ercolano fino
alla periferia orientale di Napoli.Lungo il litorale domiziano sono
registrati valori altissimi di Colimeria e Streptococchi fecali,con una
elevata percentuale di presenza di contaminazione microbica non solo nei
prelievi effettuati a 500m da riva, ma anche a 3000m.Nel tratto di
Licola troviamo infatti recapito a mare sia lo sbocco del collettore di
Cuma (che scarica gli effluenti provenienti dall' impianto di
depurazione di Cuma-Napoli ovest), sia la foce di Licola (che scarica a
mare i liquami provenienti da una vasta zona urbana cresciuta
disordinatamente nell'hinterland nord-occidentale napoletano. Ovviamente
tali sorgenti inquinanti non risparmiano le più importanti isole del
golfo di Napoli: Capri,Ischia e Procida.
Si
riportano qui di seguito le sintesi di alcuni articoli giornalistici
relativi a fatti di cronaca vera riguardanti l’inquinamento marino delle
più belle isole del golfo.
CAPRI:
CHIUSA LA GROTTA AZZURRA
Capri Agosto 2009
Un
giorno da dimenticare per Capri la famosa isola del Golfo di Napoli.
“Una delle sue
attrattive turistiche piu’ belle al mondo la Grotta Azzurra è stata
chiusa dalla Capitaneria di porto: nel mare blu e cristallino è comparsa
una striscia di schiuma bianca unita a un forte e cattivo odore. A
lanciare l’allarme alcuni barcaioli che accompagnando i turisti
all’interno della grotta avevano accusato bruciore agli occhi e nausea.
Dunque stop alle visite e ai tuffi in acqua: per riaprire la grotta
bisogna accertare ora la natura della sostanza che momentaneamente ha
inquinato Grotta azzurra: tra le ipotesi degli inquirenti una delle
cause potrebbe essere il cloro.L’esito delle analisi è previsto per
oggi. Prosegue insomma l’estate nera dell’isola di Capri: neanche una
settimana fa due dipendenti della ditta Ecology erano stati arrestati
per aver sversato liquami in mare proprio a pochi metri dalla grotta.”
CAPRI,
DEPURATORE SEQUESTRATO SINDACO E GORI SOTTO INCHIESTA
Capri Agosto 2010
A Capri, 31
agosto 2010, emergenza inquinamento nel Golfo di Napoli. I carabinieri
del Noe hanno sequestrato il depuratore di Capri, a Occhio Marino.
L'impianto, già al centro di un'inchiesta del procuratore aggiunto della
Procura di Napoli Aldo De Chiara, era stato anche oggetto di revoca, da
parte della Provincia di Napoli, della possibilità di immettere nella
condotta sottomarina i liquami depurati, a causa dello sforamento dei
parametri previsti dalla legge, rilevati nell'estate del 2009. Nel corso
degli ultimi mesi, i carabinieri del Noe hanno effettuato una serie di
ispezioni che hanno determinato stamane l'ordine di sequestro della
struttura che, tuttavia, resta funzionante. Il sindaco di Capri, Ciro
Lembo, e l'amministratore unico della Gori Gaetano Marati sono stati
iscritti nel registro degli indagati. Le accuse sono: scarico senza
autorizzazione, danneggiamento e deturpamento di bellezze naturali. A
firmare il provvedimento il pm Federico Bisceglia, titolare
dell'inchiesta che gli è stata affidata dal procuratore aggiunto De
Chiara.
ISCHIA
ISCHIA:Tonnellate di liquido cancerogeno finite in mare, proprio davanti
alla splendida isola di Ischia, in un’area marina protetta appena
istituita.
Enel: inquinamento marino e danno ambientale da PCB a
seguito di fuoriuscita di olio dai cavi ad alta tensione del
collegamento sottomarino Cuma e Lacco Ameno
Ischia:
Dicembre 2007
Lacco Ameno
Chiesto
l'intervento europeo dopo le rilevazioni dell'Arpac che confermano un
inquinamento 186 volte superiore alla norma
14 dicembre
2007 - Andrea D'Ambra (presidente dell'associazione in difesa dei
consumatori "Generazione Attiva")
Ischia (NA)
L'Associazione Nazionale Indipendente in difesa dei Cittadini e
Consumatori
Generazione
Attiva ha inviato due qiorni fa un'interrogazione alla
Commissione Europea nella quale si espongono tutti i fatti accaduti con
relazione all'inquinamento da
policlorobifenili
(PCB) in seguito alla rottura di cavi Enel a Lacco Ameno (NA)
nel mare antistante le coste dell'Isola d'Ischia, e con la quale ha
richiesto l'intervento di Bruxelles per porre fine al rischio ambientale
tuttora esistente.
L'azione
mutagena e cancerogena del policlorobifenile è fin troppo nota. I PCB
sono tossici per il pesce e per la fauna acquatica in generale,
persistono a lungo nell'ambiente e si accumulano nella catena
dell'alimentazione (bio-accumulo). Hanno effetti tossici sull'uomo e su
tutti gli esseri viventi.
Il silenzio delle Autorità preposte al
controllo e alla tutela del nostro territorio è assordante. Le
rilevazioni dell'Agenzia
Regionale Protezione Ambientale Campania (ARPAC) che
confermano un inquinamento da Policlorobifenile 186 volte superiore alla
norma avrebbero dovuto far scattare immediatamente l'intervento delle
suddette autorità che invece latitano! Tutto a danno della salute
dell'ecosistema e della popolazione in quella che dovrebbe essere l'Area
Marina Protetta "Regno di Nettuno"
Inquinamento Marino: Un’Enorme Chiazza Marrone Raggiunge
la Costa di Monte di Procida
Monte di Procida dicembre 2010
“Cara Redazione di Freebacoli,
Vi scrivo per denunciare quanto avviene oggi domenica 26
settembre 2010 alle ore 10.40. Ho appena finito di chiamare Guardia
Costiera e Noe, il Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri
di Napoli, senza riuscire a parlare con un reperibile.
Scrivo da Monte di Procida,stamattina affacciandomi al
balcone, ho visto che qualcuno ha approfittato del maltempo per “aprire”
il depuratore di Cuma: un’ enorme chiazza
giallo-marrone, mostruosa, gigantesca, di proporzioni spaventose si
avvicina all'isolotto di San Martino.
La vedo da casa col binocolo, la chiazza proviene da
Torregaveta, per cui presumo arrivi da Cuma. Ho fatto delle foto (al
lato). E’ un disastro ecologico peggiore della marea nera, chiunque può
andare in un qualsiasi punto panoramico di Monte di Procida e vedere con
i propri occhi. E’ IMPRESSIONANTE,la chiazza è enorme indescrivibile, e
nessuno fa niente.”
Fuga
dall´estate nera del mare
Monte di
Procida
“MONTE DI
PROCIDA - La schiuma è biancastra. Nel punto più denso appare come
ricoperta di bolle. Forma come una lunga scia, proprio davanti al
Porticciolo di Acquamorta a Monte di Procida. Al di là di quella
striscia, il mare non è più azzurro. Smette di essere blu e assume una
tonalità che si fa via via sempre più scura fino a diventare in qualche
tratto addirittura marrone.
Questo mare
che non ha più colore bagna una costa fantasma: dieci chilometri di
spiaggia e gli ombrelloni sono quasi tutti chiusi. Qualcuno passeggia,
nessuno fa il bagno. La prima estate dopo la grande emergenza rifiuti
deve fronteggiare il nuovo allarme legato al depuratore di Cuma. E se
fosse possibile tracciare una ideale linea di confine, sarebbe
delimitata da quella schiuma bianca e sudicia in cui il motoscafo della
Guardia Costiera, pochi minuti dopo aver oltrepassato Nisida, si imbatte
proprio a ridosso del porticciolo di Monte di Procida. Da qui, comincia
il viaggio di "Repubblica" lungo l´area interessata dall´impianto dove
si teme un nuovo allarme ambientale.
«Sicuramente
influisce anche il gioco delle correnti - spiega il comandante Luciano
Del Prete, responsabile della sala operativa della capitaneria di porto
- ma è molto probabile che anche la schiuma sia una conseguenza di
quanto accaduto nei giorni scorsi». Ai centralini della Guardia Costiera
arrivano ogni giorno settanta, anche ottanta telefonate al giorno di
bagnanti che segnalano mare sporco prevalentemente lungo la costa
flegrea e nella zona a ridosso dei collettori del depuratore. In media,
negli anni scorsi, le chiamate giornaliere non erano più di una decina.
«Il numero di segnalazioni è aumentato notevolmente - sottolinea Del
Prete - a causa del macro inquinamento che si è registrato in questi
giorni. Una situazione anomala, che allarma i cittadini e di conseguenza
preoccupa anche noi. Anche se devo dire che in questo momento la
situazione appare già sensibilmente migliorata».
Infatti le
testimonianze di chi aveva attraversato in gommone questo stesso tratto
di mare appena sabato scorso raccontano di acqua tanto sporca da
spingere i passeggeri a coprirsi con asciugamani per evitare anche solo
di essere sfiorati da qualche goccia. Ma anche oggi, vista da bordo
della motovedetta, appare oleosa, in alcuni frangenti macchiata come a
chiazze. Da Monte di Procida fino a Licola, passando per Fusaro,
Miliscola, Torregaveta, si naviga un mare che non è più azzurro e si può
osservare una distesa di spiagge vuote: uno spettacolo che fa male, ma
che in fondo non sorprende. I nodi del depuratore di Cuma, venuti
clamorosamente al pettine dopo lo sciopero dei lavoratori di metà giugno
e finiti ora sotto la lente della magistratura, rappresentano oggi
l´ombra più pesante che si allunga sulla stagione turistica già messa a
dura prova dalla crisi economica.
Accanto al
rischio inquinamento, c´è da fronteggiare anche un altro nemico: la
psicosi, che può assestare colpi tremendi a tutto il settore. Ne sono
consapevoli gli addetti ai lavori che si fanno scudo con i dati
rassicuranti diffusi dall´Arpac. Altre analisi vengono completate in
queste ore e gli esiti dovranno essere trasmessi tempestivamente
all´autorità giudiziaria, entrata in azione dinanzi alle ripetute
segnalazioni dell´ultima settimana. “
NUOTARE
NELLA SCHIUMA- INQUINAMENTO DEL MARE DELLA PENISOLA SORRENTINA
Sorrento
- Appena
la settimana scorsa il Wwf aveva fotografato giovani bagnanti incuranti
della schiuma in cui nuotano. È successo, per la precisione, mercoledì
l’altro alla frequentatissima spiaggia della Pignatella, le foto sono
state scattate alle 17. Un testimone del Wwf racconta: «Mi sono immerso
con maschera e boccaglio nuotando sotto costa in località San Montano,
Pignatella, Puolo e Solara: l’acqua era fresca quindi non venissero a
raccontarci di mucillagini, effetti dell’innalzamento della temperatura
ed altre fantasie. L’acqua era visibilmente verde; la visibilità
inesistente a causa di numerose particelle in sospensione; la superficie
schiumosa e maleodorante con assorbenti e vari rifiuti galleggianti; in
prossimità dell'abitato di San Montano, della spiaggetta sotto Puolo e
ad ovest della Pignatella si osserva la presenza in eccesso di alghe
verdi sintomo di eutrofizzazione ed è stato scoperto, osservando una
anomala striscia di alghe verdi, uno "strano scolo" di acque nere sotto
l’uliveto della Pignatella al confine con la spiaggia di Puolo».
«MIASMI»
- Il problema è serio. Sono diverse anche le segnalazioni
per i “miasmi” dalle aree abitate dei depuratori che avrebbero più volte
“reso l’aria irrespirabile per i residenti ” soprattutto. Naturalmente -
si spera - non tutto il mare della costiera è tale ma i riferimenti
documentati sono per alcuni punti critici frequentati da migliaia di
bagnanti. Per Il Wwf il rischio è anche alimentare: «In questi giorni il
mare nei pressi dei siti da noi visitati ha assunto un colore tra il
verdognolo ed il marrone, la visibilità sott’acqua è quasi nulla, le
alghe verdi sono cresciute a ritmo esponenziale (come effetto
dell’eutrofizzazione provocata dalla presenza in eccesso di nutritivi,
nitrati e fosfati, contenuti nei detergenti e scarichi fognari) e con
esse sono prolificate migliaia di cozze, organismi che la natura ha
deputato al filtraggio del nostro mare”.
«INTERVENIRE SUBITO»
- È
auspicabile, concludono i volontari ambientalisti, «che in situazioni
così palesemente evidenti le amministrazioni comunali e gli enti
preposti si adoperino con urgenza. I cittadini non possono prendersi
una laurea in meteorologia e studiare venti e correnti per scegliersi
una spiaggia dove trovare l’acqua pulita. Siamo fiduciosi nel lavoro
dei magistrati e ci auguriamo che a tale increscioso fenomeno, che
l’estate scorsa ha raggiunto picchi di evidenza non più negabili, si
riesca a dare una risposta convincente».
Il
sottoscritto si è limitato a citare i fatti più eclatanti relativi
all’inquinamento marino delle isole del bellissimo e unico Golfo di
Napoli, ma si potrebbe continuare ad oltranza.
Passiamo ora a
trattare brevemente, (una veloce digressione o excursus) sulla
Legislazione sull’inquinamento ambientale, nello specifico quello del
mare.
IL NUOVO
DIRITTO AMBIENTALE
Il
Quadro Normativo italiano e le competenze delle Istituzioni in materia
ambientale
Il Quadro
della Normativa Nazionale in materia ambientale, è fondato sulla legge
istitutiva del Ministero dell’Ambiente n°349 dell’8 luglio 1986. Il D.
Lgs. 3 aprile 2006 n°152 si inserisce a pieno titolo in questo Quadro
Normativo con la finalità principale di riorganizzare ed aggiornare
l’intera normativa sull’ambiente. La legge n°349/1986 ha avuto il ruolo
fondamentale di introdurre la promozione, la conservazione ed il
recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi prioritari
e fondamentali della collettività ed alla qualità della vita. Ruolo,
oltremodo importante è costituito dalla conservazione e valorizzazione
del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali
dall’inquinamento. L’altra rilevante novità introdotta dalla legge
n°349/1986 è stata la previsione della disciplina del danno ambientale.
Non a caso l’art. 18 prevede che qualunque azione dolosa che comprometta
l’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o ancora peggio distruggendolo,
obbliga il colpevole al risarcimento nei confronti dello Stato. Il
Quadro Normativo nazionale è mutato sia per la continua evoluzione
tecnico-prescrittiva dell’intera disciplina dei vari settori in materia
ambientale sia per il settore del risarcimento del danno ambientale
sancito dall’entrata in vigore del D. Lgs. N°152/2006.
Per quanto
riguarda invece le competenze delle istituzioni in materia ambientale
alla legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente ha fatto seguito il
D.L. n°496 del 4 dicembre 1993, che ha dettato le disposizioni sui
controlli ambientali, istituendo l’Agenzia Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente (ANPA).
Successivamente le politiche nazionali di riassetto dell’organizzazione
delle funzioni degli Enti pubblici locali hanno definito il quadro delle
competenze in materia ambientale. Infatti il D. Lgs n°112 del 31 marzo
1998, ha stabilito il trasferimento alle regioni ed agli Enti pubblici
territoriali dei compiti in materia ambientale. Successivamente il Testo
Unico Enti Locali del 18 agosto 2000 n°267 ha legiferato nel dettaglio,
difatti l’Art. 9 indica che alla Provincia spettano le funzioni
amministrative di interesse provinciale che riguardano vaste zone
intercomunali.
In definitiva
il D. Lgs. n°152/2006 richiama l’emanazione di numerosi decreti
attuativi per i vari settori della disciplina ambientale. Non appare
opportuno in questa sede citare i numerosissimi decreti mentre si
ritiene utile mensionare quanto legiferato in merito alla
TUTELA
DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO:
_ D.Lgs.
11-05-1999, n. 152 (S.O alla G.U. 29-05- 1999, n.124). Disposizioni
sulla tutela delle acque dell’inquinamento e recepimento della direttiva
91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della
direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
_ D.Lgs.
del 18-8-2000 n.258 (S.O. n. 153 alla G.U. 18-09-2000, n.218).
Disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 11-5-1999 n. 152, in
materia di tutela delle acque dall’inquinamento, a norma dell’art. 1,
comma 4, della legge 24 aprile 1998, n.128.
_ D.Lgs. de
2 febbraio 2001, n.31 (S.O. alla G.U. 3 marzo 2001, n. 52). Attuazione
della Direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al
consumo umano.
_ D.Lgs. n.
27 del 2-2-2002 (G.U. 9-3-2002, n.58). Modifiche ed integrazioni al
decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della
direttiva 98/83/CE relativa alle acque destinate al consumo umano, e che
modifica il D.Lgs. n. 31 del 2-2-2001 (G.U. 9-3-2002 n. 58)
_ Legge 31
luglio 2002, n.179 (G.U 13 agosto, n. 189). Disposizioni in materia
ambientale.
_ Decreto
del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 12 giugno
2003, n. 185 (G.U 23 luglio 2003, n. 169). Regolamento recante norme
tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione
dell’articolo 26, comma 2, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152
_ Decreto
del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 6 novembre
2003, n.367 (G.U. 8-1-2004, n.5).
Regolamento
concernente la fissazione di standard di qualità nell’ambiente acquatico
per le sostanze pericolose, ai sensi dell’art. 3 comma 4, del D.Lgs. 11
maggio 1999, n.152
_ Direttiva
del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 27 maggio
2004 (G.U 14-06-2004 n. 137) Disposizioni interpretative delle norme
relative agli standard di qualità nell’ambiente acquatico per le
sostanze pericolose-
_ Decreto
del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 28 luglio
2004 (G.U. 15-11-2004, n. 268). Linee guida per la predisposizione del
bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento
delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso
vitale, di cui all’articolo 22, comma 4, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n.
152.
_ Decreto
del Presidente della Repubblica del 15 febbraio 2006. Norme di
attuazione del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
(G.U. 24-5-2006, n. 119).
CONCLUSIONI
Siamo
stati capaci di creare tutte queste leggi, decreti etc…ma il mare
continua a subire le sconsiderate,sconvolgenti,vandaliche, azioni
antropiche tese a distruggerne l’equilibrio della flora e della fauna in
esso contenuti.
Con una
superficie più che doppia rispetto alle terre emerse (310 milioni di
chilometri quadrati, otto volte quella della Luna!) il mare è un vero e
proprio mondo nascosto agli occhi degli uomini.
Quattro quinti della flora e della fauna del mondo intero
vivono nei mari costieri poco profondi che limitano i continenti e solo
con cifre di smisurata grandezza si può definire la densità di
popolazione di queste acque.Una piccolissima parte di
questa vita è rappresentata dai pesci, conchiglie, coralli e alghe dove
la natura sembra aver giocato con le forme e i colori per stupire ogni
volta noi uomini, ultimi arrivati a scoprire questo fantastico pianeta
blu.
Uomo libero, amerai sempre il mare! Il mare è il tuo
specchio: contempli la tua anima nel volgersi infinito dell’onda che
rotola e il tuo spirito è un abisso altrettanto amaro.
(Charles
Baudelaire)
Geom. Moreno Damino |