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KARTING E MINIMOTO
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LA FORZA DI UN
SOGNO
di Simone Pavarin
Go-kart è un temine di origine inglese che deriva da go cart che
letteralmente significa “vai carretto”, solo in un secondo momento la
“C” si è trasformata in K. Il go-kart ha rappresentato il sogno di
milioni di ragazzini in tutto il mondo. Chi da bambino non è stato
coinvolto in qualche modo in gare su piattaforme di legno sotto le quali
venivano montate rotelle o cuscinetti metallici ? Questo gioco è stato
trasformato dagli americani in una vera e propria competizione
riconosciuta ai più alti livelli sportivi. E’ stato infatti nel 1956 che
negli Stati Uniti un ragazzo di nome Art Ingels, amando il mondo delle
gare automobilistiche ma non potendosi permettere di guidare qui bolidi
ideò una nuova attività sportiva, il Karting. Si tratta di mini veicoli
a motore, leggeri, molto economici che permettono a chiunque,
soprattutto ai bambini, di sperimentare le brezza di una gara di
autovetture. Il Karting dopo aver contagiato milioni di americani si
diffuse in Inghilterra, Francia e all’inizio degli anni ’60 finalmente
in Italia. Da allora il mondo del Karting ha avuto un’enorme evoluzione.
Anche se l’essenzialità ed il minimalismo costruttivo regnano ancora
sovrani, il costo per un go-kart da competizione è lievitato
esponenzialmente a causa di telai sempre più leggeri, pneumatici super
performanti e meccanica all’avanguardia tecnologica. In Italia un punto
di riferimento importante è rappresentato dalla Federazione Italiana
Karting nata nel 1961 e riconosciuta anche dall’ ACI.
Seguendo le indicazioni delle principali federazioni internazionali, le
gare alle di go kart sono aperte ai bambini dai 6 anni che possono
guidare veicoli con motore fino a 35 centimetri cubici, fino ad arrivare
a veicolo con motore superiore ai 100 cc per ragazzi dai 12 anni.
Il
primo campionato del modo di specialità si è svolto alle Bahamas nel
1959 e ha visto la vittoria del fanciullo prodigio Robert Allen di
Miami.
Se i
go-kart possono essere considerati in qualche modo repliche
rimpicciolite di vetture da corsa, allora, le minimoto possono essere
considerate repliche in miniatura delle motociclette da gran premio.
Nonostante le minimoto siano apparse nel nostro Paese solo negli anni
’90, la passione per questo sport è divenuto immediatamente contagioso.
Le origini delle minimoto sono da ricercarsi probabilmente nel mondo del
modellismo dove qualche audace appassionato di motociclette “corsaiole”
iniziò a costruire riproduzioni in scala ed a motore, le cui dimensioni
permettevano di essere guidata come moto reali.In principio i costi
erano proibitivi visto che i singoli componenti venivano prodotti
artigianalmente, oggi invece, con l’ingresso nel settore di grandi
marche internazionali le minimoto sono a disposizione di tutti i
portafogli.
Sotto
il profilo produttivo va segnalato che in Italia vi sono i più
prestigiosi produttori di accessori del settore. Nel nostro Paese la
minimoto è diventata una vera e propria moda visto che i più fanatici la
utilizzano come complemento d’arredo in salotto. L’attività agonistica
per le minimoto è regolata principalmente dalla Federazione
Motociclistica Italiana e, come nel caso del Karting, particolare
attenzione è riservata ai bambini di età superiore ai 6 anni. Le sorelle
maggiori delle minimoto sono le midimoto, più grandi del 10% delle prime
ma che garantiscono il divertimento anche a piloti più massicci. Che
siano piccole o medie le minimoto sono abbastanza difficili da pilotare,
almeno vedendo le immagini delle competizione. A questo si deve
aggiungere un contatto maggiore con l’asfalto soprattutto sulle curve
che richiedono pieghe più aggressive. Rispetto al go kart è nata la
necessità che il pilota indossi protezioni più importanti visto il
rischio maggiore di cadute. D’altro canto non possono essere utilizzate
le tradizionali tute tipiche delle motociclette da corsa perché è
richiesta una maggiore mobilità. Sono state quindi studiate particolari
tute in kevlar rinforzato in pelle che nel contempo permettono grande
libertà alle caviglie e alle gambe.
Karting e minimoto sono considerati palestre per i campioni di
automobilismo e motociclismo del futuro. Se passate nei pressi di una
pista di queste specialità, fermatevi, potreste conoscere il futuro
Valentino Rossi o Michael Schumacher.
(S.P.)
LA
FORZA DI UN SOGNO
Era
il 1922 quando un ragazzo di soli 16 anni si trasferì dalle campagne di
Komyo, nel cuore del Giappone alla grande città di Tokio per lavorare
come garzone in un garage, realizzando così quello che allora era il
sogno della sua vita, essere impiegato nel settore che più amava, la
meccanica.
Soichiro, era questo il nome del giovane, proveniva da una umile
famiglia di nove fratelli, il padre per mantenerli tutti riparava
biciclette, ed è forse per seguire le sue orme che il ragazzino sin
dalla più tenera età trascorreva intere giornate a montare e smontare
parti meccaniche.
Nel
settore, Soichiro, si face subito notare studiando, si laureò in
ingegneria e sperimentando nuove applicazioni, è tutt’ora nota la sua
“folle” idea di montare su di un telaio di una vecchia auto da corsa, un
motore d’aereo. Soichiro non fu solo un talentuoso uomo di idee ma anche
un coraggioso uomo d’azione. Sono noti infatti i diversi rally a cui ha
partecipato e che, durante uno dei quali, in seguito ad uno spaventoso
incidente, rischiò di perdere la vita. Il duro lavoro lo portò nel ’37 a
fondare una un piccola attività di costruzione di pistoni che gli diede
qualche soddisfazione economica. Riuscì a divenire fornitore di parti
meccaniche dell’allora nascente multinazionale automobilistica Toyota.
Per i canoni di quel tempo Soichiro era un uomo realizzato, aveva fama,
rispetto e quel denaro che gli fu sempre negato durante la prima
giovinezza. Il sogno però era destinato a trasformarsi in un incubo a
causa dell’imminente scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Soichiro,
come molti suoi connazionali, al termine del conflitto era un uomo in
grosse difficoltà finanziarie, in un paese sconfitto. Ricordiamo che il
Giappone, nel ’45, oltre ad aver perso tutti i territori d’oltremare,
subì un durissimo bombardamento con le prime armi atomiche. In una
nazione in ginocchio dove la popolazione cercava solo di sopravvivere
l’ormai quarantenne, visionario, Soichiro venne illuminato. Decise di
costruire un veicolo di trasporto, il più economico possibile, ma anche
il più utile. Un veicolo necessario ai suoi connazionali che avevano
urgenza di spostarsi tra le rovine lasciate dalla guerra. L’idea fu
quella di applicare alle biciclette un motore Fondò quindi, nel ’46, la
Honda Motor Company, la multinazionale che oggi produce in assoluto ogni
anno il maggior numero di motori, si parla di un assemblaggio di
14.000.000 di pezzi. Dimenticavo di dire che quel giovane trasferitosi
dalla campagna in città di cognome faceva “Honda”, marchio che oggi vale
diversi miliardi di dollari.
Soichiro fu un vero innovatore egli riteneva che la “non conformità”
fosse alla base del successo nel mercato, inoltre insisteva che i
rapporti di potere all’interno dell’azienda dovessero essere basati
sulla meritocrazia.
Oggi
la Honda Motor Company è un’azienda diversificata in più settori, si va
dalla costruzione di auto e moto, alla competizione nei gran premi
internazionali, fino al campo della robotica. Anche in quest’ultimo
settore la Honda eccelle, infatti si deve ai ricercatori della casa
nipponica la costruzione di ASIMO il robot umanoide, ritenuto nel 2011
il più evoluto tecnologicamente.
Nel
’73 Soichoiro abbandonò la dirigenza della Honda e fu memorabile la
frase “un’azienda può continuare a prosperare solo se il suo ex
dirigente non vi fa che qualche rara apparizione”. Da allora, oltre a
diversi importanti incarichi istituzionali ricoperti, Soichiro si dedicò
alla Fondazione Honda, la cui missione era quella di definire un nuovo
rapporto tra ambiente e sviluppo tecnologico. Nonostante il suo ritiro
la sobrietà ed i valori del fondatore sono rimasti indelebili nel top
management dell’azienda. Tutti ricordano infatti la rinuncia della casa
giapponese alle competizioni di Formula 1 nel 2008 in concomitanza della
crisi economica mondiale. Il risparmio relativo a questa operazione
risultava essere di 20 milioni di dollari, cifra irrisoria per la
multinazionale nipponica, ma che dava al gruppo, ma soprattutto ai
dipendenti, un fortissimo segnale di unità e spirito di abnegazione. Nel
2006 si è festeggiato il centenario della nascita di Soichiro che ci
lasciò, dopo una vita intensa e ricca di soddisfazioni nell’agosto del
1991. Un uomo che non si arrese alle difficoltà e che, motivato da una
grande passione, riuscì a realizzare un sogno.
Simone Pavarin |