La biodiversità
di Gabriella Fornaro
Il termine biodiversità è ormai entrato nel
linguaggio comune, in una epoca caratterizzata dallo sviluppo di una
certa sensibilità ecologica. Per definire esattamente che cosa è la
biodiversità ci si deve rifare ai concetti basilari dell'ecologia e
dell'ecologia evolutiva:
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Biodiversità è l'espressione assoluta
della ricchezza della vita sulla terra
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Biodiversità è un termine che esprime la
molteplicità di strutture, dimensioni, comportamenti ed
adattamenti di ogni forma sulla terra.
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Biodiversità è una parola usata per
connotare l'ambiente: ad un'elevata biodiversità associata una
elevata qualità dell'ambiente.
La biodiversità (caratterizzata da un certo
numero di livelli: variabilità specifica, intraspecifica, diversità di habitat e di nicchia ecologica)
costituisce il sistema di automantenimento della vita.
La vita è caratterizzata da tre processi
fondamentali:
*acquisizione di energia per produrre
materia vivente da parte degli organismi autotrofi attraverso la fotosintesi.
*il riciclo della materia e dell'energia da
parte degli organismi eterotrofi, attraverso la catena alimentare ed in ultimo la respirazione.
*la riproduzione, attraverso la quale la
vita stessa si perpetua.
La diversità mantiene il perfetto
funzionamento ed automantenimento degli ecosistemi, garantendo una miriade di forme e strategie diverse e
complementari per il compimento dei cicli della materia e del flusso
dell'energia della biosfera.
L'esistenza della biodiversità fa si che
più organismi collaborino all'interno dell'ecosistema per renderlo
funzionante, quindi quest'ultimo è in grado di rispondere in modo
elastico alle perturbazioni non perdendo la propria integrità
funzionale.
Questo è il principio dell'autoprotezione
tramite la diversità, verso il quale evolvono spontaneamente tutti i
sistemi naturali.
Non sempre le specie hanno uguale importanza
per la funzionalità globale dell'ecosistema.
In particolare intorno ad alcune specie
chiave si imperniano intere funzionalità ecosistematiche ed estese reti
di relazioni con altri organismi.
La scomparsa di queste ultime determina
l'eliminazione di interi anelli della catena alimentare e di conseguenza un effetto di feedback
negativo su tutto l'ecosistema.
Ma allora qual'è il valore della
biodiversità per l'uomo?
Il patrimonio genetico è di grande utilità
per l'uomo: infatti egli ha bisogno di 40000 specie tra piante,animali,
funghi e microrganismi per sopravvivere.
L'estinzione di una sola di queste specie
risulta quindi equivalente alla perdita di un bacino di variazione
genetica potenzialmente utilizzabile dall'uomo.
A tal fine, alcune specie che al momento non
interessano commercialmente e/o scientificamente l'uomo, in un futuro
non lontano potrebbero essere indispensabili alla sua esistenza.
L'esistenza di più forme di vita intorno a
noi, ci dà un senso di armonia esteriore ed interiore, viceversa la banalizzazione ed il degrado ci
incutono un senso di desolazione e di estraneità dal sentimento di
appartenenza alla natura come specie vivente.
Per citare un esempio familiare a tutti, la
presenza della cicogna in città o di una rondine che nidifica
nell'androne di una casa rurale non sono fattori fondamentali per
l'economia umana, ma ci restituiscono un senso di unione con
quello che sta fuori dei nostri domini, inoltre premia il nostro
spontaneo senso di ospitalità, accoglienza e fiducia verso ciò che è
diverso da noi.
Abbiamo forse perso il collegamento con
le altre specie, la memoria e la coscienza (dubito molto che l'abbiamo ancora) su
quello che è la vita nel nostro sistema Gaia?
Un ecologista americano del secolo scorso,
IanMc Milian, propone una riflessione particolarmente incisiva sulle
motivazioni etiche che conoscono la salvaguardia delle specie viventi:
nella salvaguardia dei condor e dei loro congeneri , ciò che conta
veramente non è tanto il fatto che noi abbiamo bisogno dei condor, ma
che abbiamo bisogno di sviluppare le qualità umane necessarie per
salvarli; saranno infatti quelle stesse qualità che ci occorreranno per
salvare noi stessi?
Homo sapiens nel corso della sua storia è
diventato il principale modificatore della biodiversità, agendo prima sulle singole specie (con le
quali si è trovato a convivere e competere) e poi sull'habitat e sul
passaggio; attraverso le biotecnologie, l'uomo ha conquistato il
monopolio delle risorse genetiche, arrivando ad attingere direttamente
al cuore della biodiversità per orientare per i propri fini spontanee
manifestazioni della vita.
Circa 125000 anni fa compariva in Africa la
specie Homo sapiens, l'uomo predatore senziente con abitudini da
cacciatore raccoglitore, in grado di fabbricare oggetti per cacciare e
cibarsi.
La sua abilità predatoria e la sua
straordinaria capacità di adattamento aiutate da un'intelligenza
superiore, hanno influito sulla biodiversità da quando la specie ha
iniziato a diffondersi dal continente africano, su tutto il globo.
L'uomo moderno ha provocato, negli habitat
da lui colonizzati, fenomeni di estinzione di numerose specie.
A titolo di esempio si può ricordare come
in America settentrionale e meridionale poco più di 12000 anni fa, l'arrivo dell'uomo provocò
l'estinzione di specie della megafauna pleistocenicacome il Mammuth, il mastodonte ed il
rinoceronte lanoso, mentre soltanto 2000 anni fa toccò al
Madagascar, i cui ippopotami si estinsero
insieme all'epiornite o uccello elefante.
Sembra difficile credere che un'estinzione
possa essere provocata dalla caccia intensiva eppure cosi è stato e
continua ad accadere, basti pensare al caso della colomba migratrice (Ectopistes
migratorius), un uccello nordamericano, scomparso in poco più di
quarant'anni oppure alla quasi estinzione totale di uno dei pochi
grandi mammiferi del Nuovo Mondo: il Bisonte americano .
L'intervento umano sulla biodiversità non si
è limitato all'habitat naturale: dalla coltivazione all'allevamento di poche specie naturali
utili all'uomo si è passati al miglioramento delle stesse piante e degli
animali attraverso l'ibridazione tra individui appartenenti a varietà
diverse di una stessa specie. Da questo gioco di ibridazioni, seguito
dalla selezione degli ibridi migliori, nell'arco di più generazioni, sono nati organismi
portatori di caratteri più utili all'uomo.
Queste operazioni hanno prodotto piante e
animali migliorati per selezione artificiale, orientando ed anticipando il lavoro della natura.
Si sono creati cosi i presupposti per la
vera e propria manipolazione della biodiversità da parte dell'uomo anche
se nei limiti della variabilità genetica delle singole specie.
L'ingegneria genetica infatti permette di
inserire in un organismo uno o più geni, prelevati da specie
appartenente a regni diversi. Ciò comporta l'innesco di un processo di
evoluzione artificiale
al di fuori dei ritmi e dei meccanismi
autoregolativi dell'evoluzione naturale.
Il monopolio homo sapiens sulla natura ha
cosi conquistato il cuore stesso della biodiversità:
il patrimonio genetico degli esseri viventi.
Attualmente la specie umana è cosmopolita, conta circa sei miliardi di
individui e che ha scelto come strategia evolutiva di conquistare il
dominio della natura.
Alle leggi della natura l'uomo ha
contrapposto le leggi dell'economia di mercato basate sul profitto: le
prime indicano la strategia dell'automantenimento attraverso un sistema
complesso o meglio attraverso un sistema complicato, le seconde la
strategia dell'aumento della produzione di sistemi e comunità semi
naturali attraverso la loro semplificazione e la diminuzione dei costi
di produzione.
Tutto ciò rivela un conflitto fondamentale
tra la strategia umana e quella della natura: l'uomo controlla la
biodiversità del pianeta e può decidere come disporne, ma
fondamentalmente rimane un essere vivente come gli altri, quindi ogni
offesa alla vita su questo pianeta diventa un'offesa alla propria. Forse
serve la nascita di una vera e propria coscienza individuale e
collettiva all'interno della nostra specie Homo sapiens, che forse
visto le conseguenze della sua strategia, tanto sapiens non è!!
(Sett. 2010)
Gabriella Fornaro |