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LA GEOINGEGNERIA:
Un aiuto per
salvare la nostra terra dal clima bizzarro?
di Moreno Damino
Sembra un’idea bizzarra quella che molti scienziati definiscono la
salvezza del Pianeta dalle variazioni climatiche cui stiamo assistendo
con grandi progetti che sfruttano la Geoingegneria o Ingegneria
climatica. Tale scienza, che fa riferimento a tutte quelle attività
scientifiche volte a modificare il clima del nostro pianeta, prevede:
1)-Immissione nello spazio di grandi specchi in modo tale da costruire
un sorta di “schermo parasole” per deviare l’energia solare a
distanza dalla Terra. Pare che tale tecnologia riflettente potrebbe
raffreddare il Pianeta entro un anno;
2)-Concimazione degli oceani con il ferro per favorire la crescita delle
alghe attraverso il biossido di carbonio.;
3)-
Aumentare la nuvolosità con l’immissione di particelle opache che
facciano da schermo in modo tale da far rimbalzare indietro i raggi del
sole e quindi raffreddare la Terra;
4)-
Il premio Nobel per la chimica Paul Joseph Crutzen,
propose di abbassare la temperatura della Terra liberando nell’atmosfera
enormi quantità di zolfo.
Sostanzialmente, si andrebbero ad immettere nella stratosfera, in una
fascia tra i 10 e i 50 km di altitudine, almeno un milione di tonnellate
di zolfo portato da una serie di palloni lanciati dalla zona dei
Tropici. Lassù, il materiale viene bruciato e si ottiene biossido di
zolfo, che poi si converte in particelle di solfato infinitesimali.
Lo “scudo” che si verrebbe a creare assorbirebbe parte
dei raggi solari e porterebbe ad un abbassamento di un grado centigrado
della temperatura media della Terra.
Gli effetti collaterali di un simile progetto sarebbero
tutt’altro che marginali, come riporta
Pianeta Verde:
Il progetto è indubbiamente affascinante ma ha costi
elevatissimi: 14 miliardi di euro all’anno. E si porta dietro dubbi e
riserve sui possibili effetti collaterali, come l’intensificazione delle
piogge acide, la riduzione dell’ozonosfera e, nelle zone tropicali, la
modifica dei regimi monsonici asiatici e africani. «E quest’ultima
conseguenza — ha sottolineato Alan Robock, dell’università di Rutgers
(Usa) — rischia di mettere in crisi la disponibilità di risorse
alimentari per miliardi di individui»;
4)-
Un
bosco in buone condizioni
alle nostre latitudini può
catturare ogni anno da 10 a 15
tonnellate di CO2 per ettaro.
Un’automobile emette in
media circa 0.15 kg di CO2
ogni chilometro percorso.
In un anno, un bosco di 1000
ettari può quindi arrivare a
riassorbire le emissioni di CO2
di 5.000 automobili.
Il costo industriale per la
riduzione delle emissioni di
CO2 viene calcolato in 32-49
euro per ogni tonnellata.
In teoria il valore economico
del sequestro di CO2 operato
da un bosco di 1000 ettari
corrisponde a circa 600.000
euro
l’anno.
John
Holdren noto fisico americano e consigliere scientifico del Presidente
degli USA, in merito agli interventi per contrastare il cambiamento
climatico, il quale riconosce che alcune soluzioni potrebbero però avere
effetti indesiderati e che tali azioni non vanno prese alla leggera. Lo
stesso Holdren sta affrontando queste idee con i Funzionari governativi
e con la Protezione ambientale della NASA. Secondo lo scienziato la
Terra sarebbe vicinissima ad un cambiamento climatico con effetti
disastrosi, infatti afferma che entro sei anni potrebbe scomparire il
ghiaccio artico, il che di per se modificherebbe ulteriormente il clima
in maniera imprevista; c’è un rilascio di metano a causa dello
scongelamento del permafrost ( o permagelo, è un terreno ove il suolo è
perennemente ghiacciato) in Siberia il che potrebbe accelerare i
cambiamenti climatici e numerosi e vasti incendi in tutto il mondo.
Ha
concluso dicendo: ”Il guaio è che nessuno sa quando queste cose
accadranno”.
Allarme livello del mare: La Geoingegneria non basta
Ricercatori britannici, cinesi e danesi hanno studiato il
futuro degli oceani. Secondo loro non c'è scampo: il livello marino
salirà di almeno 30-70 centimetri entro la fine del 2100, anche usando
le tecniche più avanzate.Cosi come si legge nell’articolo riportato da “
Repubblica”
LA GEOINGENERIA non impedirà affatto la risalita del
mare. L'ingegneria su scala planetaria non è una soluzione, nemmeno
d'emergenza, ai danni procurati al clima dalle attività umane. È questa
la conclusione a cui è giunto un team di ricercatori britannici, cinesi,
e danesi al termine di un nuovo studio sul futuro degli oceani
terrestri. A loro parere non c'è scampo: il livello marino salirà di
almeno 30-70 centimetri entro la fine del 2100, anche usando le tecniche
di geoingegneria più avanzate. "Sostituire la geoingegneria al controllo
delle emissioni significherebbe addossare un enorme rischio alle future
generazioni", affermano i ricercatori sulla rivista scientifica
Proceedings of National Academy of Science. La massima autorità mondiale
sul clima, l'Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), ha
previsto che il livello marino sarà di 20-60 centimetri più elevato per
la fine di questo secolo. Una stima, questa, che molti scienziati ora
ritoccherebbero verso l'alto portandola a 1-1.5 metri.
Sarà un problema che "colpirà circa 150 milioni di
persone che vivono in aree costiere, incluse alcune delle maggiori città
del pianeta", spiega Svetlana Jevrejeva, del National Oceanography
Centre di Liverpool, in Inghilterra, coautrice della ricerca. Solamente
in Cina, nei prossimi decenni milioni di persone dovranno spostarsi
verso l'interno del paese.La maggior parte degli scienziati è d'accordo:
per rallentare la risalita
del livello dei mari bisogna affrontare il problema alla
radice ed abbattere le emissioni. Ma per ottenere questo potremmo essere
in ritardo. Sono nate così proposte alternative che hanno dato vita ad
un intero nuovo ramo della ricerca. L'idea è di sviluppare tecniche
ingegneristiche per manipolare il clima. Ci sono proposte di
"fertilizzare" gli oceani con polvere di ferro, o di rimescolare le
acque profonde per favorire la crescita di alghe che, crescendo,
catturerebbero anidride carbonica. Altre idee sono di lanciare in orbita
un ciclopico parasole planetario, o di iniettare colossali quantità di
zolfo nell'atmosfera per simulare l'effetto di un'eruzione vulcanica e
generare una nube di particelle in grado di schermare la radiazione
solare. O, ancora, puntare su sistemi agricoli che facilitano la
fissazione al suolo di carbonio (come il biochar: un modo per convertire
il materiale organico in carbone).
Un invito alla cautela arriva ora
però da Jevrejeva e colleghi, che hanno concluso uno studio sull'impatto
che cinque tecniche di geoingegneria avrebbero sul livello marino verso
la fine del secolo. "Entro il 2100 il mare si alzerà di 30-70 centimetri
anche con l'impiego di qualsiasi tecnica di ingegneria, a meno di usare
quelle più estreme e sotto il più stringente scenario di emissioni
globali", concludono i ricercatori.
Un moderato o, peggio ancora, intermittente, uso della
geoingegneria non servirebbe a molto.
I ricercatori spiegano per
esempio che immettere nella stratosfera biossido di zolfo quanto ne
produrrebbe una eruzione vulcanica pari a quella del Pinatubo del 1991
(circa 10 milioni di tonnellate di SO2) potrebbe rimandare la risalita
del livello marino di 40-80 anni. Per mantenere invece il mare al
livello che aveva alla fine degli anni '90 dovremmo ripetere questa
"eruzione artificiale" ogni 18 mesi.
Questo però, fanno notare i
ricercatori, non arresterebbe la acidificazione degli oceani,
inevitabile a meno di un taglio radicale delle emissioni di anidride
carbonica. Senza contare poi che l'impresa sarebbe costosa e potrebbe
causare "effetti indesiderati", come cambiamenti nei regimi delle
precipitazioni o il pericolo di danneggiare lo strato di ozono nella
alta atmosfera. La messa in orbita di colossali specchi per riflettere
la luce solare, un'altra ipotesi di geoingegneria, nasconde sfide
tecnologiche e costi che sono, secondo gli studiosi, a dir poco
scoraggianti.
L'unico metodo che lascia qualche spiraglio è l'impiego
dei biocombustibili che, impiegati congiuntamente alla riforestazione e
al biochar, combinati ad una rigorosa riduzione delle emissioni,
potrebbe limitare la risalita dei mari a 20-40 centimetri. Insomma,
attenzione a progetti ingegneristici fantascientifici e miliardari,
avverte Jevrejeva: "Non sappiamo come
reagirebbe il pianeta ad attività di geoingegneria di così grande
scala".
Bio-geoingegneria per l'ambiente:
Geoingegneria SICURA
Per rallentare il surriscaldamento della superficie
terrestre, in Gran Bretagna alcuni scienziati hanno presentato un
approccio basato sulla "bio-geoingegneria dell'albedo" (potere
riflettente di una superficie-cosi come di seguito meglio descritto) che
prevede una selezione specifica della varietà delle colture per
massimizzarne l'indice di riflessione solare. Lo studio, pubblicato
nella rivista Current Biology, dimostra come queste misure dai costi
contenuti potrebbero favorire un raffreddamento della temperatura di 1°C
durante la stagione di crescita (nei mesi estivi) sia in Europa che in
America settentrionale. Le crescenti emissioni di gas serra stanno
portando il cambiamento climatico a un livello che potrebbe rivelarsi
ingestibile. Questo ha stimolato la ricerca di soluzioni tecnologiche
globali che rientrano nell'ambito della "geoingegneria".
Mentre non vi è modo di trovare un'alternativa alla
riduzione delle emissioni di CO2, si sta lavorando attivamente sul
fronte della ricerca di soluzioni complementari contro il
surriscaldamento globale. Tuttavia, come sopra esposto, questi tentativi
richiedono solitamente nuove infrastrutture e nuove attività, rendendone
difficile l'implementazione. In questo studio gli scienziati hanno
svolto una serie di esperimenti sulla sensibilità del modello climatico
nel tentativo di vedere come alcune semplici modifiche delle colture
potrebbero influire sulle condizioni climatiche globali. Gli
scienziati hanno concluso che, considerato che l'indice di riflessione
delle colture agricole è superiore a quello della vegetazione naturale
(a causa delle foglie più lucenti e della più ampia copertura), sarebbe
possibile sfruttare maggiormente questa caratteristica per aumentare
ulteriormente la riflessione nello spazio del calore del sole. Il
team ha denominato questo approccio per la mitigazione del cambiamento
climatico "bio-geoingegneria dell'albedo". L'indice di
riflessione delle piante (albedo) è diverso a seconda delle varietà
della stessa specie. Ad esempio, l'albedo di una specifica varietà di
sorgo (pianta della famiglia delle graminacee) è 0,16 volte più elevata
di quella di un'altra a causa della struttura della resina fogliare.
Allo stesso modo, l'albedo tra diverse varietà di mais può avere valori
diversi semplicemente a causa delle differenze della forma delle foglie
o della loro disposizione. Gli scienziati hanno utilizzato un modello
computerizzato per verificare gli effetti di un aumento pari a 0,04
dell'indice di riflessione delle colture. Nel modello sono stati presi
in considerazione anche i dati relativi a circolazione oceanica,
circolazione atmosferica e vegetazione presente sulla terra e sulle
banchise (ghiacciai marini). Secondo le proiezioni dello schema della
superficie terrestre del modello si ottenevano umidità del suolo,
produttività e scambio di energia con l'atmosfera per 200 anni. Dopo un
periodo di assestamento pari a 50 anni, gli scienziati hanno iniziato ad
osservare risultati interessanti.
"Operando una selezione tra le attuali varietà delle
piante da coltivazione, la stima più ottimistica, per quanto riguarda
la possibilità di aumentare l'indice di riflessione, induce a prevedere
una riduzione delle temperature estive superiore a 1°C nella maggior
parte delle regioni centrali dell'America settentrionale e delle regioni
poste a latitudine medie in Asia e in Europa," cosi come ha spiegato il
dottor Andy Ridgwell dell'università di Bristol. "Infine, sarebbe
possibile un abbassamento delle temperature a livello regionale
attraverso un'attenta selezione delle colture o una loro modificazione
genetica in modo da ottimizzarne l'albedo." I ricercatori hanno inoltre
osservato che l'impiego di spray per aumentare l'indice di riflessione
delle foglie delle piante non influiva sul raccolto. La coltivazione di
piante per la produzione di biocarburanti era stata progettata per
ottenere un effetto analogo: questa pratica, tuttavia, è in contrasto
con la produzione di alimenti, aspetto di crescente importanza alla luce
dell'aumento della popolazione mondiale. Secondo i ricercatori,
l'approccio di "bio-geoingegneria" potrebbe condurre a risultati
positivi senza ostacolare la produzione di alimenti, sia in termini di
resa che di varietà del raccolto. Forse, nel corso degli anni a
venire, queste semplici decisioni potrebbero essere molto utili per la
riduzione del surriscaldamento. È importante esaminare le conseguenze
climatiche regionali e stagionali che potrebbero derivare da una
modifica delle proprietà delle colture. Inoltre, la bio-geoingegneria
dei terreni coltivati deve essere vista unitamente ad altri progetti di
geoingegneria, quali il progetto di dipingere di bianco le strutture
delle costruzioni o di modificare i vegetali destinati al foraggio. La
diminuzione dimostrata dallo studio equivale a un raffreddamento globale
annuo pari a 0,1°C.
In generale, la bio-geoingegneria potrebbe costituire una
misura transitoria per ridurre la gravità degli impatti delle ondate di
calore sull'agricoltura e sulla salute nei paesi industrializzati del
Nord del mondo," conclude un autorevole studio. Gli autori avvertono
tuttavia che "su scala globale, (questo modello) ha un'efficacia
limitata per quanto concerne i futuri cambiamenti climatici e non può
sostituirsi alla riduzione delle emissioni di CO2."
Ken
Buesseler, ricercatore di chimica marina e geochimica all'Istituto
Oceanografico Woods Hole, sta lavorando su un metodo
piuttosto originale e controverso per rimuovere l'anidride carbonica
dall'atmosfera, intrappolandola nel fondo degli oceani. L'idea e' di
trasformare gli oceani in enormi spugne fertilizzandoli con il
ferro.
Infatti il ferro e' un nutriente che stimola la crescita di alghe
microscopiche.
Le alghe, come le piante sulla terra, rimuovono
l'anidride carbonica mediante la fotosintesi. Quando poi le alghe
muoiono o sono mangiate, una frazione della materia organica che ha
intrappolato l'anidride carbonica affonda in profondita', sottoforma di
cellule morte e feci. E cosi' il 10-50% dell'anidride carbonica rimossa
dall'atmosfera e catturata in superficie rimane 'incarcerata' sul fondo
dell'oceano.
L'uomo deve solo rilasciare il ferro per esempio in una
soluzione di solfato di ferro o polveri. e la natura fa il resto.
Per
concludere:
Può
l’uomo, dopo avere causato danni gravissimi, intervenire sul clima per
fuggire alle conseguenze del riscaldamento globale? Tra coltivazioni di
alghe, specchi orbitanti e zolfo nella stratosfera i progetti della
geoingegneria non mancano di scatenare accesi dibattiti!
Il sottoscritto conclude l’articolo restando dell’avviso
che (intanto), solo sensibilizzando, tramite un programma di
informazione massiccia l’essere umano, attraverso i mass-media, sulle
regole comportamentali nel confronti dell’ambiente in cui viviamo si
potrà tentare di ripristinare uno stato di equilibrio delle condizioni
climatiche del pianeta TERRA.
LE AZIONI UTILI ED
IMPROCRASTINABILI PER TENTARE SALVARE IL CLIMA!
L’ILLUMINAZIONE
L’illuminazione
domestica può incidere fino al 15-20% dei consumi di una casa, se le
lampadine sono a incandescenza. Se pero istalliamo delle lampade a basso
consumo, soprattutto nei punti luce accesi per più ore al giorno, le
emissioni di CO2
si riducono fino all’80%. Sebbene le lampadine tradizionali costino
poco, hanno vita media breve e scarsa efficienza energetica. Quelle a
risparmio energetico, invece, a parità di illuminazione hanno un costo
di acquisto maggiore che viene però ammortizzato velocemente, visto che
durano molto di più e consumano il 20% in meno rispetto a quelle a
incandescenza; se si considera una durata media giornaliera di
accensione di 4 ore, la lampadina a risparmio energetico durerà 2000
giorni, ovvero 5 anni. Questo si traduce in un risparmio totale di 100
euro, pari a 20 euro all’anno per lampadina. Ricordate, comunque, che la
luce va spenta sempre quando non serve.
LO SCALDABAGNO
Lo scaldabagno
elettrico è il nemico pubblico n°1 in termini di consumi energetici,
costi in bolletta ed emissioni di CO2.
Nonostante ciò in Italia sono in uso, a tutt’oggi, oltre 18 milioni di
scaldabagno elettrici. Un modello di medie dimensioni da 1.500 W in
funzione per un’ora consuma 1,5 chilowattora (kWh), emettendo 800 gr. di
C02.
Le emissioni dovute a uno scaldabagno in un anno diventano molto
consistenti: un elettrodomestico di questo tipo funzionante per 3 ore e
mezza al giorno consuma in un anno oltre 1.900 kwh emettendo più di una
tonnellata di anidride carbonica. E allora evitiamo di sprecare acqua
calda, riduciamo i tempi di accensione e soprattutto cerchiamo di optare
per la decisione più saggia: la sostituzione in tempi brevi dello
scaldabagno elettrico con una caldaia a metano, possibilmente a
condensazione che permette un risparmio del 20% rispetto a quella
convenzionale a gas.
IL FRIGORIFERO E IL
CONGELATORE
Il frigorifero e il
congelatore sono gli elettrodomestici più energivori dopo lo scaldabagno
elettrico. Vale la pena ricordare i canonici consigli sul loro Uso: non
abbassare troppo la temperatura di esercizio, non aprire troppo a lungo
e inutilmente lo sportello, non riporre cibi caldi. Se invece se ne deve
acquistare uno nuovo, occorre fare attenzione all’etichetta energetica
presente su ogni modello: un frigorifero di classe C consuma in un anno
mediamente 500 kWh ed emette circa 300 kg di C02,
mentre uno di classe A risparmia all’anno almeno 200 kWh e 130 chili di
anidride carbonica.
LA LAVATRICE E LA
LAVASTOVIGLIE
La lavatrice e la
lavastoviglie sono altri due elettrodomestici molto energivori. Se
vengono utilizzate a pieno carico, a temperature medie – basse e senza
asciugatura, si ottiene un risparmio dei consumi energetici e di
anidride carbonica che può arrivare fino al 50%. In caso si debba
sostituire il vecchio elettrodomestico attenzione all’etichetta
energetica: tanto per fare un esempio un ciclo di lavaggio con una
lavatrice a basso consumo può evitare l’emissione di 250 grammi di C02
rispetto a un modello tradizionale, In un anno poi una lavatrice di
classe C consuma mediamente 100 kWh in più con un surplus annuo di C02
pari a 6o kg rispetto a una di classe A. Per le lavastoviglie di classe
A rispetto alla C invece il risparmio annuo di gas serra è in media di
oltre 50 chili.
LA TELEVISIONE E IL
COMPUTER
Anche la televisione e
il PC danno il loro contributo in termini di emissioni di C02.
Un televisore da 14 pollici acceso per 4 ore al giorno produce in un
anno 43 kg di C02
(emesse anche da un PC acceso per le stesse ore), mentre uno da 32
pollici circa 130 chili. Se nelle restanti 20 ore della giornata non
spegniamo il televisore ma lo lasciamo in stand-by, le emissioni quasi
si raddoppiano.
IL RISCALDAMENTO
DOMESTICO
Anche l’eccessivo
tepore casalingo nei mesi invernali produce molta anidride carbonica Con
semplici regole però il risparmio è certo. Ad esempio è sempre bene
regolare la temperatura interna sul20°C di giorno e di 16° C di notte.
Se si ha l’impianto autonomo basta programmare l’accensione
dell’impianto, almeno mezz’ora prima del ritorno a casa: la casa nel
frattempo sarà sufficientemente calda. Se invece l’impianto di
riscaldamento è condominiale, vale la pena convincere tutti i condomini
a installare le valvole termostatiche. Con questi accorgimenti si può
risparmiare combustibile e emissioni di CO2
fino a un 20%.
LA MOBILITA’
Uscire di casa, prendere
l’automobile per andare a lavoro, a scuola o a fare la spesa e un’altra
azione che produce molta anidride carbonica. Percorrendo dieci
chilometri in città in un’automobile di media cilindrata si producono
oltre 3 kg di anidride carbonica, che si riducono di oltre il 90%
prendendo l’autobus e del 100% andando a piedi o in bici. Andando invece
da Roma a Milano e viceversa con l’aereo si producono 80 chili di CO2
per passeggero, che diventano 17 prendendo il treno.
I RIFIUTI
Anche i rifiuti in
discarica contribuiscono all’effetto serra a causa delle emissioni di
biogas costituito fondamentalmente da anidride carbonica e metano,
il riciclaggio abbatte notevolmente le loro
emissioni: bastano 800 grammi di carta separata in casa e avviata alla
raccolta differenziata,
per risparmiare 1 chilo di C02
in atmosfera.
CONCLUSIONI
Per chi ancora non lo
avesse capito e per chi lo ha capito ma pensa che siano tutte frottole
o che comunque pensa che saranno “gli altri” a risolvere il problema, IL
NOSTRO PIANETA E’ VISIBILMENTE IN SOFFERENZA. Solo a titolo di esempio,
con le dovute e sostanziali differenze, tutte le strutture (dalla
statica) subiscono delle sollecitazioni (compressioni-trazioni-torsioni-flessioni-)
le quali vengono assorbite senza danni irreversibili (fase elastica) se
contenute entro limiti di sicurezza, oltre le quali si verificano danni
irreversibili (fase plastica o anelastica). Superati tali limiti si
verifica la ROTTURA-IL CROLLO!
Moreno Damino |