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il passaggio del testimone

Dalla splendida Miura alla terrificante Countach

di Roberto Maurelli 

 

Chiudete gli occhi e proviamo insieme ad immaginare per un attimo di essere negli anni ’70… Il decennio precedente è appena finito, con tutti i suoi rivolgimenti, ma è ancora fresco nella memoria il ricordo di quegli anni indimenticabili. Ne sono prova Bob Dylan, Jim Morrison, i Beatles… La carica innovativa della loro musica era il miglior sottofondo per una storia che cambiava radicalmente.

Qualcosa si muoveva anche nel modo dei motori, ovviamente. Nuove forme stilistiche provavano ad imbrigliare il nuovo spirito del mondo.

Fu così che, al Salone di Ginevra del 1971, fu presentata la Countach LP500, un’auto che definire semplicemente avveniristica è un eufemismo.

Il suo splendido design era opera dell’atelier nazionale di Bertone e stupiva per le linee spigolose, decise e futuristiche. La linea di cintura appena arcuata, con parabrezza estremamente inclinato e con quella coda poderosa che sembrava gridare al mondo “Qui dentro c’è un V12!”, rendevano la Countach l’oggetto più simile ad un missile terra-aria che si potesse immaginare. Il quadro era completato da quelle voraci prese d’aria laterali, collocate in bella vista sulle fiancate, e dalle ormai celebri portiere ad azionamento verticale.

Entrati nell’abitacolo, stretto e ribassato, praticamente claustrofobico, ci si sentiva come al volante di un’astronave con tanto di strumentazione digitale e retrovisore a periscopio!

E tutto questo quando il motore era ancora a riposo… Girare la chiave per sentire il latrato poderoso 4 litri e 12 cilindri di Sant’Agata era un’emozione senza pari. La potenza massima espressa dai primi esemplari (LP400) era di 375 cv, qualcosa di assolutamente stratosferico per quegli anni, più che sufficiente a schiacciare al sedile ad ogni accelerazione e a togliere il fiato per svariati secondi ad ogni accelerazione. Se considerate che il peso dell’intera autovettura era contenuto in soli 1065 kg, praticamente come una piccola utilitaria di oggi, vi renderete facilmente conto che queste prestazioni straordinarie richiedevano di essere tirate fuori da piloti di esperienza, quantomeno abituati a risposte di guida estreme.

Nonostante ciò il telaio a traliccio tubolare garantiva un’ottima tenuta di strada, ulteriormente migliorata, nel 1977, quando fu inserito, con altre modifiche estetiche, un vistoso alettone posteriore per offrire maggiore deportanza alle alte velocità (la Countach raggiungeva, secondo la casa la velocità imbarazzante di 315 km/h…)

Contemporaneamente a questo primo aggiornamento, furono introdotte anche i mastodontici pneumatici posteriori da 335 al posteriore. Queste ruote, ben più grandi di una ruota di Formula 1, dovevano assicurare la necessaria trazione nelle partenze e tenere a bada la notevolissima massa del propulsore che gravava tutta sul retrotreno. Da quel momento tutte le Lamborghini si sarebbero caratterizzate per queste misure esagerate delle “scarpe” e fa impressione pensare che, nonostante questi accorgimenti, non era difficile esibirsi in coreografiche fumate bianche nelle partenze da fermo.

Forse, dopo aver pensato alla guidabilità, quel pazzo costruttore di trattori che era Ferruccio Lamborghini dovette ritenere che la potenza non era ancora abbastanza… Ed allora ecco un nuovo V12, aumentato nella cilindrata fino a 4754 cc, e cresciuto notevolmente soprattutto nella coppia massima, ora più elevata e disponibile a regimi inferiori.

Eppure non era ancora abbastanza. Il canto del cigno per la Countach si ebbe nel 1985, anno in cui fu dotata della famosa unità da 5167 cc, capace di erogare 455 cv, che sarebbe poi stata utilizzata anche sulle prime Diablo.

Dopo oltre 2000 esemplari prodotti e venduti, la Countach si avviò tranquillamente verso il pensionamento nel 1990. Per gli appassionati del marchio, però, rappresenta ancora l’immagine più sportiva della Casa per via della sua brutale purezza stilistica e meccanica. Un’immagine che neppure la magnifica e successiva Diablo è riuscita ad offuscare.

Questo è il motivo principale per cui i prezzi del mercato dell’usato sono ancora molto alti (circa 70.000 €) e non è difficile trovare vetture ben più care… Come spesso abbiamo detto per alcune icone dell’automobilismo il mercato si basa su quotazioni molto particolari!

Un’ultima curiosità. Come molti già sanno, Ferruccio Lamborghini dava alle sue vetture nomi di razze di toro. Voleva in un certo omaggiare in questo modo le proprie origini rurali ed il suo segno zodiacale (nonché contrapporsi ferocemente al Cavallino di Maranello). La Countach fa eccezione a questa regola. Il suo nome sarebbe dovuto all’esclamazione che Nuccio Bertone pronunciò quando vide il progetto realizzato dal suo dipendente Marcello Gandini. In dialetto piemontese “cuntàc” significa “bellissima".

 

Roberto Maurelli

 


 

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