SURRISCALDAMENTO GLOBALE E FONTI ENERGETICHE
RINNOVABILI
di Rosaria Lillo
(Gen. 2009)
È di + 0,2°C rispetto
alla media del trentennio 1971-2000 l’innalzamento della temperatura del
nostro pianeta nel 2008. Un dato che ha permesso all’agenzia
metereologica giapponese, in un recente rapporto sul clima, di affermare
che il riscaldamento globale sarebbe in rallentamento.
L’uomo ha finalmente dopo
anni di continua emergenza attuato un’inversione di tendenza? Pare di
no, il merito questa volta sarebbe da ricercare nel fenomeno atmosferico
de “La Nina”, che a differenza del più noto “El Niño”, è responsabile,
appunto, dell’abbassamento delle temperature, poichè provoca un
raffreddamento della superficie marina.
Ma il “global warming”,
come viene definito nella letteratura scientifica, resta un problema da
affrontare seriamente da parte di tutte le nazioni, soprattutto perché
come ha affermato l’Intergovernmental Panel on Climate Change, la causa
scatenante del fenomeno è da attribuire principalmente alle
concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, in grado di aumentare il
naturale “effetto serra” senza il quale non sarebbe possibile la vita
sulla Terra, poiché serve ad amplificare l’effetto termico
dell'irraggiamento solare. Nella fase attuale stiamo assistendo ad un
incremento significativo di uno dei gas serra presenti nell’atmosfera,
l’anidride carbonica o biossido di carbonio, una variazione di
concentrazione che gli scienziati attribuiscono all’uso indiscriminato
di combustibili fossili, quali petrolio, carbone e gas naturale.
D’altro canto gli esseri
umani hanno attuato negli ultimi 150 anni una drammatica attività di
deforestazione che ha ridotto la biomassa vegetale in grado di
assorbire, attraverso la fotosintesi clorofilliana, le emissioni di CO2.
Il riscaldamento, dovuto all’aumento delle temperature, inoltre, produce
una maggiore evaporazione degli oceani, che a loro volta liberano
nell’atmosfera ulteriori quantità di vapore acqueo, altro importante gas
serra.
Un fenomeno questo che
fortemente incide sulla violenza delle piogge e sugli uragani, portando
lentamente l’intero globo a sottostare a una “tropicalizzazione” del
clima. Non c’è da stupirsi, dunque, se tra il 1993 e il 2000 il
Kilimangiaro ha perso l’82% delle sue nevi perenni, e se oggi si
registra una diminuzione complessiva delle superfici glaciali che ha
provocato un innalzamento del livello medio del mare di circa 15-20 cm
negli ultimi cento anni. Inoltre, in molte zone tropicali già si assiste
ad una riduzione dell’umidità del suolo che comporta una diminuzione
nella resa agricola: molte aree, anche in Europa, sono infatti a rischio
di desertificazione.
Ad emettere la maggior
parte dei gas serra sono non solo i paesi industrializzati (primo fra
tutti gli Stati Uniti d’America che ne produce una quantità pari al
30%), ma anche paesi in via di sviluppo stanno svolgendo un ruolo
significativo, come la Cina, che si trova al secondo posto, dietro gli
USA, per emissione di gas serra. Un tentativo di limitare i danni
prodotti da questo fenomeno è rappresentato dal Protocollo di Kioto, al
quale però alcuni Paesi, fra i quali proprio gli Stati Uniti, hanno
deciso di non aderire (bisogna però sottolineare che alcuni stati e
città statunitensi hanno iniziato a supportare localmente il Protocollo
di Kyoto, attraverso la “Regional Greenhouse Gas Initiative”).
L’accordo internazionale,
firmato a Kioto nel 1997, è stato sottoscritto da 160 nazioni che
insieme producono il 55 % delle emissioni di gas serra globali.
In aggiunta al Protocollo
di Kioto, l’Europa ha di recente proposto il cosiddetto “Pacchetto Clima
20-20-20”, che prevede l’aumento del 20% nell’efficienza energetica, la
riduzione del 20% delle emissioni di gas serra e l’aumento del 20% della
quota di energie rinnovabili entro il 2020. Si tratta di un
provvedimento che impone a tutti i Paesi membri un tetto massimo alle
emissioni di gas serra, e i principali responsabili delle emissioni di
CO2 saranno incoraggiati a sviluppare tecnologie produttive
pulite. Il presidente della Commissione José Manuel Barroso ha
dichiarato: “La lotta ai cambiamenti climatici è la grande sfida
politica che la nostra generazione deve affrontare. La nostra missione,
o meglio il nostro dovere, è definire un quadro politico che consenta di
trasformare l’economia europea in un’economia più attenta all’ambiente,
e continuare a guidare l’azione internazionale volta a proteggere il
nostro pianeta.”
Negli ultimi anni le
fonti energetiche rinnovabili, a livello europeo e mondiale, stanno
vivendo un considerevole incremento grazie agli investimenti nella
ricerca e alla diffusione nei diversi Paesi, che hanno permesso di
realizzare una notevole crescita di potenza e efficienza degli impianti.
In Germania, ad esempio,
dal 2005 il contributo delle fonti energetiche rinnovabili al fabbisogno
energetico del Paese ha superato in percentuale il contributo
dell'energia nucleare. In nazioni come la Grecia, l’Austria e il
Portogallo la diffusione del solare termico si allargata a macchia
d’olio, mentre in Finlandia oltre l’11% dell’elettricità è generata da
impianti a biomasse, gli stessi che in Svezia garantiscono il 50%
dell’energia dei distretti teleriscaldati.
Per quanto concerne il
nostro Paese, grazie alla sua posizione geografica e alle sue condizioni
climatiche, l’energia solare e quella eolica rappresentano senza dubbio
una straordinaria occasione per ridurre la dipendenza dalle importazioni
di greggio e per creare allo stesso tempo nuove e interessanti
opportunità di lavoro. Un obiettivo al quale si potrà puntare grazie al
sostegno del Governo, delle amministrazioni locali, delle grandi
aziende, ma anche dei singoli cittadini, che possono fin da oggi godere
degli incentivi statali per l’istallazione di impianti solari
fotovoltaici, che possono essere utilizzati per produrre energia
elettrica da utilizzare direttamente nelle case.
Rosaria Lillo |
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