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La televisione e la manipolazione delle coscienze
La televisione, nella nostra società, ha raggiunto livelli di diffusione inauditi: nessun mass-media parla a un così elevato numero di individui o gruppi, inoltre, con la sua costante presenza, ha invaso gran parte della nostra vita quotidiana. Ogni giorno compiamo un gran numero di operazioni con il suo ronzio come sottofondo. Non sono rari i casi (ed è la TV che ci informa di essi) di persone che si addormentano davanti al televisore o inveiscono contro di esso distruggendolo, o che guardano più TV contemporaneamente. Di fronte a questa permanente occupazione della nostra vita perpetuata dalla TV, il problema degli effetti positivi e negativi, e della capacità di controllo, manipolazione, blocco della capacità creativa e critica dell'individuo, sia un problema complesso e molto serio. Ha ragione U. Eco quando ci invita a uscire dalla tragica dicotomia tra apocalittici: cioè coloro che negano ogni valore positivo alla TV, e integrati: cioè coloro che assorbono passivamente il liquido di immagini che ogni giorno introduciamo in noi. Bisogna dunque analizzare criticamente il fenomeno della diffusione di massa del messaggio televisivo. La televisione esiste e con essa i suoi effetti: scomporli e capirli è compito di chi la segue. Possiamo ben dire che l'immagine è l'elemento primario del nostro vivere, e con essa il suo carattere di immediata persuasione e di subitaneo convincimento. L'elemento visivo ci dice di più, ci dà più informazioni di qualsiasi altro messaggio proveniente dall'esterno ed è per questo che abbiamo più fiducia, più sicurezza scegliendo la TV. Inoltre l'immediata contemporaneità di immagini, suoni e notizie che si sovrappongono e succedono nel messaggio, eleva a potenza la qualità delle informazioni che riceviamo. Questo può essere un elemento positivo con effetti molto importanti.; c'è chi ha parlato di acculturazione delle masse, di una loro emancipazione. Il perfezionamento delle tecniche di trasmissione, poi, permette alla TV la prestazione di una pluralità di servizi che nella loro specializzazione possono dare un notevole aiuto alle varie branche del commercio, della finanza, della cultura. Ma il problema principale, di fronte a questo continuo affluire di comunicazioni, è, a mio giudizio, la capacità dell'individuo di recepire, mantenendo 1a sua personalità critica, tutte queste informazioni nella loro completezza e articolazione. In realtà la TV viaggia a una velocità che va al di là della nostra assimilazione critica, facendo sì che solo una esigua quantità di informazioni resti nella nostra mente. Ed è qui che si pone il problema della libertà: cioè, come possiamo guidare queste informazioni, quali spazi di azione ci lascia una comunicazione parzialmente incompresa. Il fatto di non capire tutto lede la nostra capacità critica? Ciò che non capiamo agisce in noi a livello subconscio? Quali possibilità abbiamo noi di scegliere le informazioni che vogliamo? A queste domande se ne potrebbero aggiungere molte altre. Il fatto che la TV rappresenti un sottofondo alla nostra attività quotidiana è già uno svilimento della sua capacità comunicativa. Spesso ci si addormenta di fronte alla TV, o la si guarda mentre si compiono altre operazioni. La TV ha perso la sua pregnanza comunicativa proprio perché è diventato un oggetto secondario, quasi facente parte dell'arredamento, essenzialmente «comodo». Mi spiego: la comodità della televisione sta nel fatto che noi non dobbiamo fare nessuno sforzo, nessuna scelta, per guardarla. Basta compiere un gesto meccanico come schiacciare un tasto del telecomando per avere le notizie che vogliamo (o meglio: che ci vengono date!). Andare al cinema, leggere un quotidiano, discutere con gli amici, implica invece una serie di scelte e operazioni che debbono essere compiute. La TV questo non ce lo permette perché è appunto «comoda»: è lì davanti al divano, ci dà informazioni che allargano le nostre conoscenze sul mondo, senza nessuna fatica e compiendo una piccolissima scelta (accendere il televisore, cambiare canale). Ciò è un limite o una ricchezza della TV? La nostra società in quanto società del benessere, cerca continuamente la comodità e la ottiene con grandi scoperte scientifiche ed evoluzioni tecniche, le quali dovrebbero essere finalizzate a un reale risparmio di tempo da investire in attività culturali, di svago e di riposo. E ciò ha insito in sé grandi potenzialità di emancipazione di cui la TV dovrebbe essere partecipe. Ma già negli anni settanta Pier Paolo Pasolini parlava con molta enfasi, e nello stesso tempo spregio per i nuovi mass-media, di «genocidio del pluralismo culturale» perpetuato dalla TV. Coniava un termine: «omologazione» che indicava questo carattere di soppressione delle diversità proprio della TV. Questo discorso è forse portato agli estremi, ma certo la TV è diventata oggi un bene di necessità che crea moda, che ci fa vestire con un certo tipo di jeans, che ci fa sognare le ville e le donne di Dallas e Dinasty. Tutto ciò non avviene a livello di singolo individuo ma assume proporzioni di massa: tutti con gli stessi sogni, vestiti, lingua. Pasolini non aveva tutti i torti, la manipolazione del gusto, degli ideali e delle coscienze è un problema attuale. Quante volte ci è capitato di imbatterci in discussioni in cui il nostro interlocutore chiude drasticamente il discorso dicendo «l'ha detto la TV!». II messaggio televisivo, soprattutto la notizia propostaci con tanta serietà dal giornalista, assume dunque carattere di immediato convincimento e di innegabile verità. La manipolazione delle coscienze è qui pienamente visibile: non ha più senso chiedersi se la notizia sia falsa, o se abbia al suo fondo delle interpretazioni di parte; la TV ha il monopolio della ragione! Ma dobbiamo proprio mantenere un atteggiamento così intransigente e così radicalmente apocalittico di fronte alla TV? In fondo il saper guidare i processi di diffusione delle informazioni è un fatto di scelta dipendente, quindi dalla cultura individuale. L'individuo deve intervenire con un proprio senso critico che gli permetta di assimilare con razionalità le informazioni che più lo soddisfano. La scuola, la famiglia, la società stessa possono dunque diventare un tramite indispensabile alla comprensione del messaggio televisivo, ad una proposta di libertà ed emancipazione. La TV può diventare allora mezzo necessario al dominio della scienza, della cultura, del mondo delle conoscenze. Gli sforzi debbono continuamente essere fatti in questo senso: la TV deve divenire leggibile, e la società deve dare il mezzo per la traduzione della complessità e dell'articolazione dei messaggi in un alfabeto a tutti comprensibile.
Luisa Loffredo |
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