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Lug./Ago. 2015

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ECO(TECNO)LOGIA

Migliorare il rendimento e ridurre le emissioni

 

di Roberto Maurelli

 

Ormai il surriscaldamento globale è uno degli argomenti più gettonati. In effetti il cambiamento climatico in atto sta davvero modificando la vita sul pianeta e alterando l’andamento delle stagioni. I climatologi hanno dimostrato che la temperatura terrestre è aumentata proporzionalmente alla crescita di anidride carbonica nell’atmosfera. L’incremento della CO2, infatti, crea una sorta di calotta che “intrappola” i raggi del sole giunti sulla Terra all’interno dell’atmosfera; questo fenomeno è detto “effetto serra”.

Certamente i veicoli a motore non possono essere considerati gli unici responsabili, dal momento che industrie, riscaldamento domestico e impianti termoelettrici producono il doppio delle emissioni di CO2. Tuttavia i costruttori di automobili stanno cercando di migliorare i propri prodotti, nell’ottica di sviluppare prodotti con sempre migliori prestazioni, più parsimoniosi nei consumi e, dunque, validi sotto il profilo ecologico.

Già in un precedente articolo avevo indirettamente trattato il tema auspicando un maggiore risparmio di peso per le nostre vetture. In questo articolo, invece, proveremo ad esaminare alcune soluzioni meccaniche adottate per ottenere una riduzione della CO2: in particolare ci soffermeremo sui motori ad iniezione diretta e sulla trasmissione a doppia frizione.  

Per quanto riguarda i propulsori, i diesel, mediamente, producono quantità più basse di CO2 rispetto ai benzina, ma hanno il problema delle maggiori emissioni di articolato. Questo è uno dei motivi per cui si è scelta la soluzione dell’iniezione diretta, grazie alla quale i consumi sono stati ridotti circa del 30%. La normativa europea ha fatto il resto, imponendo riduzioni delle emissioni di articolato nell’ordine del 93%; ecco perché oggi si sente parlare tanto spesso, nelle vetture alimentate a gasolio, di “filtro antiparticolato”.

Anche sul versante dei propulsori a benzina non mancano novità interessanti. Come è noto uno dei maggiori problemi di rendimento rispetto ai rivali diesel è costituito dalle scarse prestazioni con carichi parziali. Ciò è dovuto al fatto che i motori a ciclo Otto non possono funzionare con rapporti A/F (tra la massa d’aria e quella di carburante) troppo alti senza incorrere nella fatidica detonazione; questo spiega come mai il rendimento di queste unità è superiore solo ai regimi più elevati. Per ovviare a questa situazione è stata da tempo introdotta l’iniezione diretta anche per i motori a benzina, sperando così di “ringiovanire” una tecnologia che ha ancora molto da offrire. I sistemi di iniezione diretta ad alta pressione e di tipo common rail consentono al motore di lavorare, ai carichi parziali, con rapporti A/F molto maggiori di quello stechiometrico (siamo nell’ordine di 50:1!). In questo modo la farfalla non è costretta a diminuire il flusso d’aria che penetra nel motore, “strozzandone” il rendimento. Iniezione diretta significa, come tutti sanno, che il combustibile viene iniettato direttamente nel cilindro, ad una pressione che può superare i 100 bar (invece che 3,5…) appena un attimo prima dello scoccare della scintilla. L’iniettore ha un ruolo fondamentale, poiché genera uno spruzzo di carburante molto addensato attorno alla candela e più rarefatto nelle zone più lontane da questa; in tal modo, quando scocca la scintilla repentina, la combustione avviene al corretto rapporto stechiometrico, mentre nelle parti più distanti dalla candela si ha un eccesso di aria. Questo meccanismo prende il nome di “carica stratificata” proprio perché il rapporto A/F non è omogeneo in tutta la camera di combustione.  

Anche la trasmissione deve fare il suo ruolo in questa lotta ai consumi/emissioni. Attualmente lo stato dell’arte in questo settore è rappresentato dai cambi a doppia frizione. Questi organi sono divisi in due blocchi in cui due frizioni azionano, rispettivamente, le marce pari e le marce dispari. Una grande frizione esterna trasmette, poi, attraverso un albero, la coppia alla frizione che comanda il rapporto desiderato. La peculiarità è che i due blocchi rimangono sempre attivi, ma soltanto uno di essi risulta solidale al motore in un certo istante: questo permette che la variazione del rapporto avvenga in modo rapidissimo, fluido e senza troppe perdite di rendimento. In alcuni casi le due frizioni funzionano a secco invece che a bagno d’olio; questa complessa soluzione consente un ulteriore aumento del rendimento e, quindi, dell’efficienza.

Può sembrare davvero strano, ma non sempre maggiori prestazioni significano più inquinamento. Come detto più volte il motore è un convertitore di energia: aumentarne il rendimento significa al tempo stesso incrementare le prestazioni e ridurre i consumi. Ecco perché una vettura di Formula 1, in proporzione, consuma meno di certi SUV…

 

 

Roberto Maurelli


 

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