Navigando su questo sito web si accettano i cookie utilizzati per fornire i Nostri servizi. Per maggiori informazioni leggere l'informativa sui cookie

SPAZIO MOTORI HOME PAGE- Testata giornalistica telematica autorizzata dal Tribunale di Napoli con n.5141-Dir. Resp. Dott.Massimiliano Giovine Il primo periodico telematico di informazioni ed inserzioni auto,moto,nautica,trasporti,viabilità,ambiente,sicurezza stradale,ecc.Testata Giornalistica autorizzata dal Tribunale di Napoli-registraz.n.5141-Provv.del 27/6/2000-Direttore Responsabile Dott.Massimiliano Giovine - © Tutti i diritti riservati

|HOME|

|Presentazione|

|Note/GeRENZA| Cookie |

|Lettere|

|Spazio Motori "Ambiente"|

|Inserzioni gratis|

|Links auto|

|Links moto|

|Links utili|

|Assicuraz. web|

Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

|C E R C A|

Moto storiche con meno di 30 anni: ritorna la tassa di possessoMOTORINO: in 2 anche a 16 anni
Moto storiche con meno di 30 anni: ritorna la tassa di possessoAuto, quanto mi COSTI
Moto storiche con meno di 30 anni: ritorna la tassa di possessoL'auto ITALIANA riparte dal lusso
Moto storiche con meno di 30 anni: ritorna la tassa di possessoAuto e TECNOLOGIA oggi
Moto storiche con meno di 30 anni: ritorna la tassa di possessoBMW serie 2 Gran Tourer 7 posti

GLI INTERNI DELLA BMW SERIE 2 GRAN TOURER

Moto storiche con meno di 30 anni: ritorna la tassa di possessoMoto D'EPOCA: ritorna la tassa?

TOYOTA MIRAI AD IDROGENO"MIRAI": idrogeno anche per casa

LA TOYOTA "MIRAI" AD IDROGENO

CARPOOLING IN TEMPO REALE EICMA moto: 73°edizione

CARPOOLING IN TEMPO REALEPRA o Motorizzazione?

CARPOOLING IN TEMPO REALERicerca sui SINISTRI in Italia

CARPOOLING IN TEMPO REALECARPOOLING istantaneoCAR POOLING: condividere l'auto

L'automobile elettrica in Italia: possibile?Auto ELETTRICA: utopia?

SEGNALAZIONI LE SEGNALAZIONI DEI LETTORI. Scrivi anche Tu!

KTM super Duke "R"

Pillole/News
Rubrica "Spazio AMBIENTE"
ARCHIVIO articoli
Scrivi a:redazione1@spaziomotori.it

 

Scrivici

Torna alla Home page

 | Gerenza |

 

Una nuova visione della vita

di Francesco Tassone 

 

I sostenitori della decrescita rifiutano il concetto stesso di sviluppo, considerandolo negativo in sè. Partendo dalla constatazione del limite delle risorse naturali e dell’implicita ingiustizia sociale della pratica della crescita senza freni, essa cerca di rintracciare forme economiche rispettose dell’ambiente. Ma oltre a rispondere alle preoccupazioni ambientali, la decrescita costituisce anche una valida alternativa in termini di equità sociale.

La teoria della decrescita implica una radicale inversione del modo di pensare, un abbandono dell’economicismo sfrenato, della logica meramente produttivista, a favore di un’esistenza più riflessiva, non vincolata alla crescita del PIL, il cui aumento viene universalmente riconosciuto come segno positivo di benessere del sistema, ma che, in realtà, non registra la qualità della vita, la felicità delle persone, né i danni ambientali, né la sottrazione delle risorse naturali, che vengono irrimediabilmente sottratte alle future generazioni.

Puntare sulla decrescita significa, perciò, imboccare una strada diversa, una strada che implica la ricerca di uno stile di vita più equilibrato, in grado di distinguere i bisogni reali da quelli indotti, effimeri, e che miri alla soddisfazione anche di interessi affettivi, intellettuali, sociali. La soddisfazione dei bisogni, difatti, può passare attraverso altre vie, diverse dalla sfrenata crescita al suo impatto ambientale.

Latouche sintetizza gli obiettivi della sua teoria della decrescita nel cosiddetto programma delle otto “R”: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare ma, in generale si può affermare che i sostenitori della decrescita mirano a realizzare tre obiettivi fondamentali: valorizzare la dimensione locale, incentivare l’equità sociale e la sostenibilità ecologica.

Valorizzare  il locale significa, innanzitutto, uscire dalla logica del mercato globale, la cui peculiarità è, come ha osservato M. Bonaiuti, «l’assoluta impersonalità dei rapporti».[1] Nell’epoca della globalizzazione, il mercato diviene sempre meno un luogo di incontro e di scambio non solo economico, ma anche culturale, e sempre più, un’entità astratta, anonima ed impersonale che tende a mercificare i rapporti sociali e ad annullare la fiducia tra produttore e consumatori: gli episodi di traffici di organi, di bambini, contraffazioni di alimenti bene lo dimostrano.

Nel mercato globale, il ruolo del consumatore nelle definizione delle modalità produttive è assolutamente nullo: il consumatore può solamente rifiutare l’acquisto di un prodotto, ma non può prendere parte alle decisioni relative alle modalità produttive. Al contrario, solamente a livello locale, è possibile «immaginare quella partecipazione alla definizione delle modalità di produzione della ricchezza che una società conviviale presuppone».[2]

Decrescita significa, perciò, localizzare le attività: utilizzare i prodotti del territorio, riducendo i trasporti, i maggiori imballaggi inutili, i trattamenti che consentono ad un prodotto alimentare di essere consumato dopo giorni. L’attenzione ai prodotti locali implica una maggiore attenzione al territorio locale, da cui dipende il nostro approvvigionamento. Si ricrea il rapporto che il contadino aveva con la terra, la consapevolezza che il suo utilizzo doveva essere sostenibile, all’insegna della riproduzione durevole. Ma si ricreano anche rapporti con i produttori del territorio, in alternativa ai prodotti senza volto dell’industria e dei centri commerciali. E si contrasta così anche il problema della concorrenza dei paesi dove produrre costa meno perché si sacrificano diritti e ambiente.

La decrescita ripropone, poi, forme tradizionali di produzione di beni, non monetarizzate: l’autoproduzione, la produzione da sé dei beni, essenziali o non, e lo scambio non monetario, il dono o il favore agli altri, il mettere a disposizione le proprie capacità ed il proprio tempo, sistema questo peculiare nelle civiltà tradizionali, finché non è si è imposto il mito dello sviluppo, che ha prodotto la mercificazione dei rapporti tra gli uomini e di questi con la natura.

Lo scambio costituisce un modo diverso di produrre beni e soddisfare bisogni, ma anche e soprattutto un diverso modo di vivere con gli altri, all’insegna dei legami comunitari, della convivialità, della partecipazione e, dunque, della «ri-appropriazione delle principali attività umane, come il lavoro, lo scambio, la salute e il sapere, e delle relative istituzioni»[3].

Esistono delle esperienze, delle pratiche di decrescita che dimostrano e chiarificano come la prospettiva della decrescita possa essere forse considerata un’utopia, ma concreta.

Vi sono, infatti, delle forme di attività commerciali che non hanno come finalità il perseguimento della massimizzazione del profitto, bensì il loro obiettivo è la lotta allo sfruttamento e alla povertà, legata a cause economiche, politiche e sociali.

Il commercio equo e solidale è una forma di commercio internazionale che tenta di assicurare ai produttori e ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo un trattamento economico e sociale equo e rispettoso.

Dalla critica dell’egemonia del commercio mondiale sono nate, dunque, delle forme di economia alternativa che si ispirano direttamente ai principi cardine della teoria della decrescita: la Rete di Economia solidale ne rappresenta il maggiore esempio.

Essa è costituita da individui e gruppi, il cui obiettivo è quello di dare risposte concrete ai problemi scaturiti dalla globalizzazione economica, ossia incentivare la creazione di economie solidali, «forme di economia che considerano l’attività economica uno strumento per il soddisfacimento dei propri bisogni e un’occasione di relazione tra persone»[4].In vari paesi del mondo (Brasile, Argentina, Spagna, Francia) esistono già reti di economia solidale, nate negli ultimi anni.

In Italia la Rete di Lilliput e diversi soggetti di economia alternativa come le Botteghe del Mondo-commercio equo solidale, Gruppi di Acquisto Solidali (GAS), organizzazioni della Finanza Etica e del Turismo Responsabile, cooperative sociali stanno promuovendo un processo analogo, per collegare e rafforzare queste pratiche di economia basate su principi antitetici a quelli del neoliberismo.

Questo percorso è stato avviato il 19 ottobre 2002 a Verona nel corso di un seminario sulle “Strategie di rete per l’economia solidale”, in cui le numerose realtà hanno deciso di affrontare questo progetto.

Un primo passo è stata la stesura della “Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale”, presentata al salone Civitas di Padova il 4 maggio 2003, nella quale sono stati definiti i principi-cardine di tale progetto:  «nuove relazioni tra i soggetti economici basate su principi di reciprocità e cooperazione; giustizia e rispetto delle persone (condizioni di lavoro, salute, formazione, inclusione sociale, garanzia di beni e servizi essenziali); rispetto dell’ambiente (sostenibilità ecologica); partecipazione democratica; disponibilità a entrare in rapporto con il territorio (partecipazione al “progetti locale”); disponibilità ad entrare in relazione con le altre realtà dell’economia solidale condividendo un percorso comune; impiego degli utili per scopi di utilità sociale.»[5]

In tali distretti, i soggetti  sperimentano una partecipazione attiva e democratica, nel definire concretamente come gestire i processi economici e le relazioni al proprio interno e con gli altri soggetti del proprio territorio.

In Italia la principale organizzazione di commercio equo e solidale è la Ctm altromercato, fondata nel 1989. Essa è un consorzio composto da 130 cooperative e organizzazioni non-profit che gestiscono 350 negozi “Botteghe del Mondo“.Quest’ultime sono dei luoghi di scambio culturale, e di sensibilizzazione, oltre che luoghi di vendita, antitetici a quelle del mercato capitalistico.

In questi luoghi, gestiti da volontari, i prodotti non vengono propagandati per il rapporto prezzo-qualità, bensì per il significato di cui sono portatori, per la loro storia.

Come scrive Tonino Perna, in esse «non si vendono merci, ma prodotti, cioè beni che hanno una storia da raccontare. (…). Gli oltre 3500 world shops oggi presenti in 14 paesi europei rappresentano il primo serio tentativo di “demercificazione” nell’era della globalizzazione…»[6]

Esse, pertanto, non si limitano alla vendita dei prodotti del commercio equo, ma propongono iniziative che vanno nella direzione di un modello di sviluppo più giusto, umano e sostenibile.

Analoghe motivazioni hanno spinto alla creazione dei cosiddetti Gruppi di Acquisto Solidale (GAS).

Essi sono gruppi di acquisto che partono da un approccio critico al consumo e che vogliono applicare il principio di equità e solidarietà ai propri acquisti. I criteri che guidano la scelta dei fornitori tengono conto della qualità del prodotto e dell’impatto ambientale.

Un gruppo d’acquisto è, perciò, formato da un insieme di persone che decidono di incontrarsi per acquistare all’ingrosso prodotti alimentari o di uso comune, da ridistribuire tra loro. Tali gruppi cercano prodotti provenienti da piccoli produttori locali per avere la possibilità di conoscerli direttamente e per ridurre l’inquinamento e lo spreco di energia derivanti dal trasporto. Inoltre si cercano prodotti biologici o ecologici che siano stati realizzati rispettando le condizioni di lavoro.

La storia dei gruppi d’acquisto solidali in Italia inizia nel 1994 con la nascita del primo gruppo a Fidenza, quindi a Reggio Emilia e in seguito in diverse altre località. Nel 1996 viene pubblicata dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo la “Guida al Consumo Critico”, con informazioni sul comportamento delle imprese più grandi per guidare la scelta del consumatore; l’ampio elenco di informazioni documentate sulle multinazionali accelera il senso di disagio verso il sistema economico e la ricerca di alternative.

Nel 1997 nasce la rete dei gruppi d’acquisto, allo scopo di collegare tra loro i diversi gruppi, scambiare informazioni sui prodotti e sui produttori, e diffondere l’idea dei gruppi d’acquisto.

Le diverse realtà di economia solidale presenti su di un territorio hanno creato circuiti economici a base locale (che collegano direttamente produttori, commercianti e consumatori), capaci di valorizzare le risorse territoriali secondo criteri di equità sociale e sostenibilità ambientale: i Distretti di economia solidale (DES).

Come ha notato A. Saroldi, i vantaggi di un tale circuito sono essenzialmente due: «da una parte porta ad attivare legami di fiducia sul territorio, dall’altra a chiudere localmente i cicli di produzione e consumo diminuendo l’impatto sull’ambiente».[7]

Difatti, i DES sperimentano una forma di economia equa e socialmente sostenibile; si impegnano nella distribuzione equa dei proventi delle attività economiche, ossia investono gli utili per scopi sociali con lavoratori locali e del Sud del mondo.

Si impegnano, poi, a praticare un’economia rispettosa dell’ambiente e a valorizzare la dimensione locale, le risorse del territorio.


[1] M. Bonaiuti, Relazioni e forme di una economia «altra». Bioeconomia, decrescita conviviale, economia solidale, in A. Caillè e A. Salsano (a cura di), Quale altra «mondializzazione»?, op. cit. , p. 193

[2] Ivi, p. 189

[3] M. Bonaiuti, I paradossi della crescita, in M. Bonaiuti (a cura di), Obiettivo decrescita, op. cit., p. 53

[4] A. Saroldi, Reti e pratiche di economia solidale, in M. Bonaiuti (a cura di), Obiettivo decrescita, op. cit. , p. 154

[5] Ivi, p. 158

[6] T. Perna, Fair trade. La sfida etica al mercato mondiale, Bollati Boringhieri, Torino 1998, p. 90

[7] Ivi, p. 159

Francesco Tassone

 


 

Home pageCopyright 2000/2015 © - Tutti i diritti riservati - All rights reserved - Testata giornalistica autorizzata dal Tribunale di Napoli-registr. n. 5141-Provv.del 27-06-2000.

Editore: associazione culturale no-profit "Confgiovani"- Iscr. ROC n.19181. Direttore Resp. Dott.Massimiliano Giovine - giornalista (Tes. Prof. n.120448, già n.84715).

Direzione, Redazione: via D. De Dominicis, 20 c/o Giovine-cap. 80128 Napoli. E' vietata la riproduzione o trasmissione anche parziale, in qualsiasi forma, di testi, immagini, loghi ed ogni altra parte contenuta in questo sito web senza autorizzazione.

La Redazione non è responsabile di eventuali errori imputabili a terzi, nè del contenuto delle inserzioni riservandosene, pertanto, la pubblicazione.

Nomi e numeri sono citati a puro titolo informativo, per offrire un servizio al lettore. Proprietà artistica e letteraria riservata ©. Vedi gerenza e note legali/tecniche.

|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

Sito web ottimizzato per "Firefox", Internet "Explorer 5.0" o superiore - Risoluzione schermo consigliata: 1024 x 768 pixel - >>Privacy/Cookie<<