Occidente Fissato col “Golpe”
di Ebtehal Badawi Ali
Egitto in sommossa un’altra volta, e questa volta solo dopo un anno e
mezzo dalla rivoluzione che vide rovesciarsi il regime dittatoriale,
instaurato da 30 anni, da Mubarak (e in solo 18 giorni in Piazza
Tahrir).
Dopo un solo anno di governo, il regime dei Fratelli Musulmani
instauratosi con le elezioni post-rivoluzione, e quindi
“democraticamente”, si vede anche lui a K.O.
Il regime di Mohammed Morsi è riuscito a mal governare con successo,
tale da portare “Tamarod”, una fazione politica formata da
ex-manifestanti e parte dell’opposizione, a cominciare una raccolta di
firme per far cadere il presidente.
Tamarod sosteneva che secondo il diritto internazionale, la legittimità
di potere di un presidente eletto può essere a lui sottratta in caso una
percentuale maggiore a quella precedentemente favorevole non lo fosse
più. E in questo caso non avendo più un sostegno, non avrebbe
legittimità.
I
manifestanti si stufarono del mal-governare, dell’instaurarsi di una
vera e propria oligarchia, del lavaggio del cervello in nome della
religione, della non attuazione degli ideali che avevano mosso la
rivoluzione (libertà, giustizia e uguaglianza sociale).
In mezzo a questo scontento collettivo, i rivoluzionari indirono
protesta generale il 30 giugno, dove 33 milioni di egiziani scesero in
tutte le piazza per protestare contro il regime dittatoriale ed
integralista, ma democraticamente eletto.
La prima manifestazione così gigante, mai vista prima in tutto il mondo!
Di fronte a tutto ciò, alla volontà del popolo si mosse il potere
militare con la sua figura principale:
Abdel
Fattah al Sisi
che diede un ultimatum di 48 ore alla presidenza per calmare il popolo.
Dopo nessun intervento positivo o anche demagogico nei confronti del
popolo, da parte del presidente ancora in carica (Morsi), il potere
militare decise di prendersi il carico di non lasciare il paese nel
mezzo del caos.
I media internazionali parlarono subito di “Golpa” , fiumi di articoli
accusarono il colpo militare e il pericolo di tutto ciò.
Indubbiamente l’intervento del potere militare in qualunque paese
costituirebbe un pericolo, ma il messaggio che (dopo poche ore dalla
decisione del Sisi) circolava in rete da parte dei rivoluzionari era:
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