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OGM: risorsa o minaccia?
di Angela Pira
Secondo la definizione data nella Direttiva
2001/18/CE, recepita in Italia con D.l. 224/2003, gli OGM sono
“organismi, diversi da un essere umano, il cui patrimonio genetico è
stato modificato in modo diverso da quanto si verifica in natura
mediante l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale” .
In altre parole i tratta di organismi viventi il cui patrimonio
genetico è stato modificato stabilmente attraverso le tecniche
dell’ingegneria genetica che consentono l’inserzione di geni
appartenenti ad organismi diversi, che spesso in natura non potrebbero
in alcun modo scambiarsi materiale ereditario, allo scopo di permettere
in essi l’espressione di determinate caratteristiche o la produzione di
particolari sostanze.
La manipolazione genetica degli esseri
viventi da parte dell’uomo è una pratica antichissima, che è stata
attuata per lungo tempo attraverso ibridi e incroci selettivi e, più
recentemente, attraverso la mutagenesi indotta da agenti fisici e
chimici.
Tuttavia, con queste tecniche si operava una
selezione sul fenotipo, ossia sulle caratteristiche visibili, che
richiedeva tempi lunghi e conduceva a risultati incerti. Con l’avvento
della biotecnologia gli stessi obbiettivi vengono raggiunti in modo
preciso, veloce e mirato, grazie alla selezione specifica del genotipo
desiderato.
I
principali ambiti in cui gli OGM sono oggi utilizzati sono quello
alimentare, agricolo, medico, della ricerca, e dell'industria.
In campo alimentare l’utilizzo di
OGM punta a migliorare le qualità organolettiche e nutrizionali di
prodotti animali e vegetali, al miglioramento dei processi fermentativi
e alla produzione di enzimi. In ambito agricolo la manipolazione
genetica dei batteri consente di migliorare la qualità del suolo, mentre
le piante transgeniche sono progettate per esprimere caratteristiche
quali la tolleranza agli erbicidi, la resistenza a insetti, virus,
funghi e stress ambientali, l’aumento della produttività, le
modificazioni morfologiche e delle vie biosintetiche. La produzione di
medicinali, sostanze chimiche e farmaceutiche a basso costo e la ricerca
su animali donatori di organi per xenotrapianti rappresentano le
principali applicazioni delle biotecnologie in campo medico. L’industria
si serve degli OGM per la sintesi di particolari sostanze di interesse
commerciale ma anche per scopi di carattere più prettamente ambientale,
come la progettazione di batteri e piante come biorimedi e per la
fitodepurazione.
Vantaggi e svantaggi degli OGM.
L’uso
degli OGM è oggi oggetto di un acceso dibattito a livello nazionale e
internazionale tra sostenitori e detrattori: i primi esaltano i benefici
che dal loro uso deriverebbero all’uomo e all’ambiente; i secondi
pongono l’accento sulle minacce alla biodiversità e alla salute insite
nell’impiego di questi organismi e bollano come illusorie le sue
potenziali ripercussioni positive sulla qualità della vita dell’uomo.
Difficile stabilire dove stia la ragione. Nonostante i temi dibattuti
siano molteplici, e spesso abbiano implicazioni etiche, in questa sede
ci limiteremo a valutare le conseguenze dell’utilizzo di specie
ingegnerizzate nel settore agroalimentare, in quanto più pertinente
all’oggetto del Master in Gestione e Sicurezza Ambientale.
I Pro
Numerosi sono i gruppi che si mostrano favorevoli all’introduzione degli
OGM e spesso le associazioni di ricercatori hanno tentato di chiarire le
problematiche tecnico-scientifiche e sociali legate a questo delicato
tema. Tra le argomentazioni addotte a sostegno degli organismi
transgenici spicca certamente l’aumento di produttività dei raccolti,
calcolato in milioni tonnellate l’anno, dovuto anche alla maggiore
resistenza delle piante ad imprevisti climatici e attacchi di parassiti.
Tale circostanza viene addirittura indicata come possibile soluzione ai
problemi alimentari del pianeta. Come conseguenza diretta si avrebbe un
aumento del reddito dei coltivatori, anche in considerazione del fatto
che la manipolazione genica mirata a creare specie vegetali resistenti a
insetti, virus, funghi e pesticidi avrebbe un costo ridotto rispetto
alle tecniche tradizionali, consentendo un maggior margine di guadagno.
Ancora, le colture insetticida-resistenti permetterebbero una riduzione
dell’uso dei fitofarmaci, che si tradurrebbe in un risparmio in termini
economici e avrebbe significative ripercussioni ambientali positive.
Inoltre, i sostenitori degli OGM asseriscono che questi organismi non
siano causa di estinzione delle colture tipiche, in quanto la
“contaminazione” genetica delle specie selvatiche è reversibile, una
volta interrotta la coltivazione della varietà ingegnerizzata. In ogni
caso, il problema della coesistenza di colture OGM e non OGM è stato
risolto dalla biotecnologia con piante maschio sterili che non producono
polline o con l’introduzione del transgene nel DNA (il polline non
contiene cloroplasti): entrambe le tecniche rendono impossibile la
"contaminazione" di altre colture o parenti selvatici. Infine, secondo
gli stessi biologi della IUCN, le minacce alla biodiversità poste dagli
OGM, sono da considerarsi marginali rispetto a quelle derivanti
dall’agricoltura e dall’urbanizzazione.
I contro
In Italia le maggiori associazioni
ambientaliste (Greenpeace, WWF, Verdi e Legambiente), partiti politici
quali la Federazione dei Verdi, due fra le tra maggiori associazioni
agricole (Coldiretti e CIA) e i no-global, si oppongono all’introduzione
degli OGM. Numerosi sono anche gli scienziati che si sono schierati
contro gli organismi transgenici, sostenendo che i potenziali rischi
conseguenti alla loro immissione in natura sono: 1) L’impatto degli OGM
che entrano come nuovi organismi in un ecosistema che non ha contribuito
a selezionarli. Considerevole può essere quindi l’impatto sugli insetti,
come la famosa farfalla monarca, le cui popolazioni sono state
profondamente alterate da parte delle piante Bt, che producono tossine.
Da non sottovalutare, poi, sono gli effetti
sulla biodiversità; infatti, l’introduzione di questi organismi in una
biocenosi in cui mancano di frequente competitori e predatori naturali
può portare ad una loro incontrollata proliferazione a discapito delle
specie selvatiche. 2) Il flusso di geni da organismi geneticamente
manipolati ad altri organismi, in particolare da piante modificate a
colture tradizionali e specie selvatiche. In questo caso il rischio non
è solo quello di perdita della biodiversità intesa come variabilità
genetica intraspecifica, ma l’inquinamento genetico può risultare
particolarmente sfavorevole per la coltivazioni di prodotti tipici e
biologici, che vedrebbero compromessi i propri standard qualitativi ; 3)
Il trasferimento a batteri del terreno di porzioni genetiche di OGM in
decomposizione, per cui la resistenza agli antibiotici conferita
tramite l'uso dei marcatori selettivi potrebbe essere acquisita da
altri microorganismi. 4) Il trasferimento occasionale di geni tra
organismi molto diversi (trasferimento orizzontale, favorito
dall’instabilità indotta dalla trans genesi); 5) I rischi per la salute
umana. In Italia non esistono dati su danni alla salute verificati da
indagini epidemiologiche, ma negli USA si sono verificati alcuni episodi
gravi, come il triptofano di origine transgenica che ha provocato decine
di morti o la diffusione non autorizzata del mais starLink, responsabile
di allergie anche gravi. Si possono però ipotizzare rischi da prove di
laboratorio o da ragionevoli conseguenze dell’inserimento di geni
estranei. Infatti, come spiegato dal Nobel Dulbecco nelle pagine di
Repubblica nel 2002 “introducendo un nuovo gene in una cellula, la
funzione di un gran numero di geni viene alterata”. A ciò va aggiunto il
rischio di consumo di derivati dei diserbanti impiegati in grande
quantità nelle coltivazioni OGM.
Attualmente le principali piante transgeniche
di interesse commerciale sono la soia, il mais, il cotone e la colza,
mentre i geni inseriti sono soprattutto quelli che conferiscono
resistenza ad un erbicida o agli insetti.
Secondo il professor Gianni Tamino, docente
di Biologia presso l’Università di Padova, “considerato che le piante
sono prodotte soprattutto per l’alimentazione animale, quando sono
coltivate in paesi poveri ben poco servono alle popolazioni locali”.
Sembra quindi inverosimile proporle come soluzione alla fame nel mondo,
anche perché, come afferma Hugo Valdés, coordinatore della cooperativa
Sin Fronteras, “ nonostante l’enorme aumento di alimenti ottenuto negli
ultimi 40 anni, oggi il problema della malnutrizione è addirittura
peggiorato. I problemi alimentari del pianeta sono perciò da attribuire
a un problema di distribuzione piuttosto che di produzione”.
Per i sostenitori dell’OGM Free sembra
difficile anche credere che gli le piante transgeniche rappresentino
una reale alternativa all'uso di pesticidi e fertilizzanti in
agricoltura. Se da una parte è vero che la tecnologia che rende la
pianta resistente agli insetti consente di ridurre l’uso di insetticidi,
dall’altra la maggiore resistenza delle colture ai diserbanti ne induce
l’utilizzo in maggiori quantità per combattere le erbe spontanee. Quanto
agli OGM progettati per crescere più in fretta (es. alberi da taglio),
tanto maggiore è la velocità di crescita, tanto più velocemente il
terreno si esaurisce, richiedendo a parità di tempo maggior quantità di
fertilizzante.
Inoltre non sono da trascurare altri
problemi quali il rischio che queste coltivazioni si espandano nei Paesi
poveri, causa la severa legislazione dei Paesi industrializzati,
favorendo l'ingresso di monocolture, più esposte alle malattie e magari
meno adatte alle esigenze delle popolazioni locale. In Iraq, per
esempio, in base ad un decreto in vigore dal 2004, ai contadini è
vietato mettere da parte una quota del raccolto da usare come semente
per l’anno successivo, ed intimato loro di ricomprarle da rivenditori
autorizzati, nella fattispecie La Monsanto.
Conclusioni
Alla luce di queste considerazioni risulta
difficile schierarsi con l’una o con l’altra parte. Appare chiara, però,
la disinformazione che avvolge il tema degli OGM e la necessità di
effettuare ulteriori studi per verificare più approfonditamente gli
impatti di queste tecnologie sull’ambiente e sulla salute. A questo
proposito l’Europa a livello del Trattato e sottoscrivendo la
Convenzione sulla Biodiversità, ha fatto proprio il principio di
precauzione, in base al quale i prodotti che presentano ragionevoli
rischi rilevanti o irreversibili, anche se non completamente
documentati, vanno se possibile evitati in attesa di ulteriori studi. In
altre parole si usa cautela, preferendo ritardare l’uso di una
tecnologia utile piuttosto che favorirne una pericolosa e non
controllabile. Tuttavia, a marzo del 2010 è stato dato il via alla
coltivazione della patata Amflora nel territorio della Comunità, ponendo
fine alla moratoria che durava dal 1998, dopo anni di dibattiti e seri
dubbi sulla natura di questo tipo di coltivazioni.
Se dal punto di vista ecologico e sanitario
il dibattito sembra ancora irrisolto, di più facile interpretazione
appaiono invece le considerazioni di natura economico-sociale.
Infatti, sono le multinazionali le maggiori
beneficiarie dell’uso di OGM: gli agricoltori non solo acquistano di
anno in anno le sementi brevettate, ma sono anche obbligati ad
acquistare il diserbante o il pesticida specifico cui la pianta è
resistente o il fertilizzante appositamente ideato, a tutto vantaggio
dei produttori. L’azione delle multinazionali è in palese contrasto con
la democrazia e il diritto di informazione dei popoli in quanto esercita
pressioni sugli scienziati e sui media, compromettendo l’indipendenza
dell’informazione, nonché sui governi perché i loro prodotti vengano
immessi sul mercato.
L’unica arma a disposizione
dei cittadini per approcciarsi nella maniera più corretta possibile agli
OGM appare quella di pretendere un’informazione libera e indipendente e
di ascoltare quante più voci possibili, nonché esigere una
chiara etichettatura di cibi e farmaci, che
consenta di sapere se contengano organismi geneticamente modificati, per
scegliere consapevolmente e in autonomia se servirsene o evitarli.
Bibliografia:
-
Biodiversità: dall’analisi alla gestione. Carlo Ferrari,
Ed. Zanichelli.
-
http://www.icea.info
-
http://www.treccani.it/Portale/sito/scuola/dossier/2006/ogm2/le_biotecnologie_Scarascia_Mugnozza.pdf
-
http://www.futuragra.it/
-
Iman Khaduri, “The ultimate war crime: breaking the
agricultural cycle”, Globalresearch, 25 gennaio 2005
-
La Repubblica 22/11/2002
Angela Pira |