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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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  • TESORI (QUASI) DIMENTICATI

  • L'AUTO ELETTRICA FA IL SUO INGRESSO NELLE GARE UFFICIALI

  • LE AUTO D'EPOCA BATTONO LA CRISI

  • GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE PERSONE CON DISABILITA'

di Simone Pavarin

Tesori (quasi) dimenticati

Amo molto il nuoto e la subacquea. D’estate, durante i fine settimana, mi piace immergermi con gli amici, ma per questioni di tempo non posso recarmi al mare, vero paradiso per i subacquei,  così mi accontento delle acque più tranquille dei laghi vicino  casa. Sono proprio queste acque ritenute tranquille, quasi noiose, che celano spesso segreti strabilianti.   Un recente esempio è l’incredibile ritrovamento avvenuto nelle profondità del Lago Maggiore, in una tranquilla giornata dell’estate del 2009. Sulle rive svizzere presso il comune di Ascona un gruppo di coraggiosi sub hanno portato a galla una Bugatti Tipo 22, finita sott’acqua nel 1936. Come spesso accade in  questi casi, la Bugatti, era meta, da anni, di escursioni subacquee abbastanza impegnative visto la profondità a cui si era adagiato il veicolo, circa 50 metri dalla superficie.

Forse per lo stato di degrado in cui la vettura si trovava, a causa dei decenni passati sul fondo del lago, forse per il disinteresse collettivo, non si era percepito il valore oltre che simbolico anche economico che il gioiello della Casa Francese ancora rivestiva. La vettura infatti, dopo essere stata recuperata, venne venduta, diremmo a peso d’oro, per circa 250.000 euro, alla Peter Mullin Collection, una collezione privata californiana interessata, in particolare, alle auto francesi degli anni 30 dello scorso secolo.

Ora ci si chiede, ma come ha fatto una Bugatti di inizio ‘900 destinata a clienti facoltosi, a finire sotto le fredde  acque del lago Maggiore? Il mistero è stato svelato accedendo al numero di telaio della vettura, ancora ben leggibile, e al parziale numero di targa. In base a questi dati si è scoperto che il bolide francese era appartenuto a Renè Dreyfuss, uno dei migliori piloti d’oltralpe dell’epoca, amante della velocità, belle donne e soprattutto, del gioco. Fu proprio a causa di una partita a poker che il pilota francese perse la Bugatti, che venne vinta da un facoltoso cittadino svizzero. Dopo varie peripezie e cambi di proprietà la Bugatti, incredibilmente, venne immersa dall’ultimo proprietario, nelle acque del Lago Maggiore nei pressi di Ascona, fissata con delle catene alla terraferma. Questo stratagemma per occultare il bene super lussuoso all’implacabile fisco elvetico. L’epilogo della vicenda è di facile intuizione, le catene di ancoraggio si spezzarono e la vettura si inabissò nelle profonde acque del lago.

Forse sulla scorta dell’esperienza di Renè Dreyfuss, nel 2009 venne ritrovata un’altra Bugatti, questa volta una recentissima e costosissima Veryon, affondata in un lago nel Texas. Ironia della sorte, anche in questo caso c’è di mezzo una truffa, non ai danni del fisco elvetico come negli anni ’30, bensì nei confronti di un’assicurazione.

Molto più prosaica è l’inabissamento di una Aston Martin nelle acque del lago di Garda nel 2008. L’auto destinata al film “007 Quantum of solace”, parte del quale girato proprio in quella zona,  uscì fuori strada a causa delle guida un po’ spregiudicata del pilota addetto a trasferire la vettura sul set del film. Pilota che fortunatamente non riportò danni nell’incidente.

Se i vari laghi disseminati nel nostro Paese possono rappresentare un luogo di ricerca ideale per quei sub affascinati da intricati gialli, il mare invece è un vero e proprio “deposito” d’auto affondate con le rispettive navi da trasporto. Probabilmente uno dei più famosi affondamenti nella storia della marina commerciale in anni recenti, è rappresento dall’incidente avvenuto al largo del Sudan al mercantile Blu Belt nel 1977. La nave, dopo essersi incagliata sulla barriera corallina, si rovesciò e disseminò il suo carico nel fondale. Il carico era composto principalmente da vetture Toyota. Se grossi affondamenti negli ultimi cinquant’anni, fortunatamente si contano sulle punte delle dita, molto diversa fu la situazione durante l’ultimo conflitto mondiale.

Forse il più grande affondamento di veicoli avvenne nel ’44 in Micronesia dove vennero affondate decine di navi mercantili giapponesi da parte di bombardieri americani. Centinaia tra automobili, camion, motociclette, addirittura diversi bulldozer, si sono trasformati in abitazioni per la flora e la fauna di quell’area del Pacifico. Le profondità non eccessive rendono oggi questi luoghi ideali per le escursioni di subacquei intraprendenti. Va ricordato che sui fondali dei mari e dei laghi ad oggi si celano ancora molti oggetti che attendono solo di essere riportati alla luce, come le vetture, ma è necessario ricordare la prudenza che si deve adottare quando si pratica un’attività, come quella subacquea, aperta a tutti ma che comporta rischi per l’incolumità degli appassionati.

 

L’auto elettrica fa il suo ingresso nelle gare ufficiali

Ne abbiamo parlato in diversi articoli, auto elettrica si, auto elettrica no. Uno dei problemi principali alla diffusione di questa tecnologia è da ricercare in una non sufficiente sponsorizzazione da parte dei mass media. La tecnologia dei telefoni cellulari si diffuse negli anni ’90, nonostante i prezzi altissimi dei nuovi dispositivi, grazie anche ad una forte collaborazione di televisione e giornali che presentavano questi prodotti come veri e propri “oggetti del desiderio”. La stessa cosa fino ad oggi non è avvenuta per le auto elettriche. Fino ad oggi perché è recente la dichiarazione dei rappresentanti del “Club de l’Ouest” l’ente principale organizzatore dell’annuale “24 ore di Le Mans”, relativa all’ammissione di un’auto a “zero emissioni” per l’edizioni della gara del 2013. Si tratta della Green GT H2. Green GT è un’indipendente compagnia con varie sedi in Europa, nata nel 2008 con il fondamentale contributo del noto ingegnere francese Jean-Francois Weber, da sempre sviluppatore di sistemi di trazione elettrica. Ma cosa si cela realmente dietro la Green GT H2? Innanzitutto il sistema di propulsione. Un vero e proprio laboratorio chimico incastonato nella vettura che, attraverso la combinazione di idrogeno e ossigeno, produce elettricità di immediata utilizzazione.

Per quanto riguarda l’ossigeno non vi sono particolari problemi perché viene recuperato dall’ambiente similmente a quanto avviene nei motori che utilizzano combustibili di origine fossile. Il problema vero è l’idrogeno. Essendo un gas, fra i più presenti in natura anche se in genere legato con altri elementi, a pressioni e temperature normali è altamente infiammabile. Questa caratteristica ha imposto una sua accumulazione in speciali serbatoi. In particolare nella Green GT H2 sono presenti 2 speciali serbatoi che contengono un totale di 8 kg di idrogeno garantendo all’auto un’autonomia di circa 40 minuti. Il motore elettrico, o meglio, i 2 motori elettrici trifase sviluppano una potenza di oltre 540 CV.

Propulsore e serbatoi a parte l’H2 è simile anche nelle forme alle altre partecipanti alla 24 H di Le Mans. Una particolarità tecnica è rappresentata dal fatto che questo gioiellino d’innovazione monta i mitici freni di produzione Brembo.

Il limite più importante a questo tipo di vetture a “missioni 0” è la produzione dell’idrogeno. Ad oggi il solo modo efficiente per acquisire dall’ambiente idrogeno, praticamente puro, è quello di trattarlo ad alte temperature raggiungibili solo attraverso l’utilizzo di combustibili di origine fossile. Secondo molti esperti la vera rivoluzione ecologista si avrebbe nell’utilizzo di energie rinnovabile per effettuare tale processo. La ricerca comunque continua.

L’iniziativa della Green GT è probabilmente la più famosa, ma anche al di fuori di Le Mans si sta diffondendo una particolare attenzione verso le competizioni che prevedano vetture a propulsione elettrica. Ne è un esempio la vettura Formulec. Formulec è una vettura elettrica “da gara” che è destinata a partecipare alla prima competizione riservata alle “corsaiole” dotate di propulsore elettrico. Competizione, simile alla Formula 1, che dovrebbe prendere il via dal 2014. Il condizionale è d’obbligo in quanto se alcuni nomi altisonanti hanno già dato disponibilità per l’organizzazione, si pensi al noto businessman Alejandro Agag, non sono ancora definiti i circuiti da utilizzare. Agag promette di aggiungere alle già note competizioni di F1, F2 e F3 anche la nuova competizione FE. Il tutto con la “benedizione” della Fédération Internationale de l’Automobile.

L’iniziativa è interessante ma presenta alcune perplessità. La Formulec che sembra rappresenti la capofila della nascente Formula E è una vettura che, a batterie cariche, garantisce performance buone per, non oltre 20 minuti. Anche una sostituzione, la più rapida possibile, non prometterebbe ad oggi lo stesso spettacolo garantito dalle tradizionali competizioni con vetture a motore che utilizza combustibili fossili. Un altro aspetto che lascerebbe  deluso uno spettatore della F1 è rappresentato dal fatto che la nella FE sostituisce il “ruggito” dei bolidi con dei più meditativi fruscii. Questo proprio grazie, o a causa, del motore elettrico che non produce il tradizionale rombo delle vetture a motore che utilizza carburanti di origine fossile.

 

Le auto d’epoca battono la crisi

Il mese di ottobre  si è chiuso con un’ulteriore contrazione delle vendite del settore auto. Il 2012, ormai al termine, verrà archiviato come l’ennesimo anno di sofferenza per il settore automotive non solo per il Nostro Paese ma per tutta Europa. In una tale situazione sono rimasto sorpreso da alcuni articoli apparsi su quotidiani esteri, Wall Street Journal in testa, attenti alla situazione di una specifica nicchia di mercato, le auto d’epoca. Articoli che traggono a loro volta i dati da l “Historic Automobile Group”, una struttura indipendente ed internazionale il cui scopo è quello di monitorare il mercato delle auto d’epoca utilizzando gli stessi strumenti che vengono usati dagli analisti finanziari per definire gli indici delle borse valori. Gi esperti dell’ Historic Automobile Group, hanno creato l’indice “Hagi” che è frutto dell’analisi di migliaia di contrattazioni annue. Indice che viene aggiornato giornalmente. L’elemento più interessante è rappresentato dal fatto che l’Hagi, soprattutto in questi ultimi  anni di crisi, è cresciuto molto più del SeP 500, l’indice più rappresentativo della borsa più importante del  mondo, quella di Wall Street. Questo significa che le auto d’epoca rappresentano un vero e proprio bene rifugio, non più solo una costosa  passione per un piccolo gruppo di “fanatici”, bensì come investimento a medio termine per lungimiranti ed astuti operatori finanziari. Per dare alcune cifre significative si deve necessariamente ricordare la vendita, presso la casa d’aste specializzata nel settore, Gooding and Company, della Bugatti 57SC Atlantic.

Un anonimo collezionista, nel 2010, ha pagato la stratosferica cifra di 30 milioni di dollari per aggiudicarsi la coupé dei primi del ‘900. Vettura di cui esistono soltanto 3 esemplari al mondo. Questo record ha infranto il precedente, del 2009, relativo al pagamento di oltre 12 milioni di dollari  per una Ferrari Testarossa della prima metà degli anni ’60. I collezionisti ed in generale gli investitori di questo piccolo ma straordinario settore del comparto auto devono però sottostare a regole rigide e precise. Ad esempio, le auto più pagate sono anche quelle che non sono mai state guidate e soprattutto devono essere conservate in ambienti con clima e umidità controllati per mantenere la loro originale integrità. Ciò rappresenta un costo non indifferente.  Molto spesso poi, vale maggiormente una vettura in pessime condizioni, che una simile ristrutturata magari con pezzi non originali.

Per quanto riguarda la scelta dell’auto la regola generale è la medesima degli investimenti in titoli mobiliari. Le case automobilistiche che hanno una lunga storia anche nel settore del collezionismo sono certamente da preferire, a livello di rischio, a quelle con scarsa reputazione, anche se sfornano modelli apprezzabili.

Prezzi alle stelle, settore in piena espansione, ma ciò inaspettatamente rappresenta fonte di grandi preoccupazioni soprattutto in Italia. L’origine di tali patemi è rappresentata dall’attività del fisco, sempre più vorace nel Nostro Paese. Questo aspetto è stato rappresentato in modo efficace ad un recente incontro dell'Automotoclub Storico Italiano tenutosi a Roma. In quest’occasione si è sottolineato che ci sarebbero voci sempre più insistenti su imminenti verifiche fiscali nei confronti dei proprietari di vetture d’epoca. Proprietari che si ritroverebbero oggi tra le mani beni che hanno sviluppato plusvalenze molto alte.  

Gli esponenti dell’Automotoclub Storico distinguono tra chi ha una vettura di lusso e chi per passione possiede, ad esempio, più automobili storiche che spesso non utilizza. In questo caso i proprietari, continuano gli esperti dell’associazione, dovrebbero essere premiati perché si accollano le spese di conservazione di veri e propri beni storici che appartengono, in definitiva, a tutta la collettività umana.

Da un lato quindi c’è un fisco che vorrebbe tassare queste plusvalenze all’atto della vendita scoraggiando nello stesso tempo transazioni non dichiarate. Dall’altro lato vi sono i proprietari, a questo punto sempre più incentivati a trasferire questi beni storici all’estero sottraendoli ad un fisco vorace ma nel contempo privando l’intera Nazione di immortali testimonianze di storia collettiva.

 

Giornata internazionale delle persone con disabilità

Il 3 dicembre scorso, come ogni anno, è stata celebrata la “giornata internazionale della disabilità”, istituita nel 1981dall’Assemblea Generale dell’Onu, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi legati alle persone disabili. Un intero giorno in cui, a livello globale, si dibatte in particolar modo sulle discriminazioni, grandi e piccole, a cui le persone disabili sono spesso esposte. Sia nel settore privato, ma, purtroppo anche nel pubblico, chi è costretto a muoversi per esempio con l’ausilio di una carrozzina, incontra troppo spesso vere e proprie barriere che gli impediscono di esercitare a pieno i propri diritti e doveri di cittadino. Nel mondo dei “motori” si calcola che i guidatori disabili siano, nel Nostro Paese, circa 560.000, pari all’1,6% del totale, dati ACI, con un incremento annuo di circa 20.000 unità. Paradossalmente tale incremento è causato principalmente proprio da incidenti stradali.

Sempre secondo l’ACI la natura dei rischi a cui una persona disabile è esposta sono principalmente tre. Innanzitutto vi è quel malcostume più o meno diffuso e troppo spesso non sanzionato, che si concretizza con l’occupazione degli spazi riservati da parte di persone che non hanno titoli per farlo. Quante volte ci siamo imbattuti in frettolosi automobilisti che, pur di non perdere tempo, parcheggiano la propria auto in aree riservate alle persone disabili.

Il secondo tipo di rischio a cui un automobilista disabile è esposto è rappresentato dalle barriere architettoniche. L’ACI sottolinea il fatto che, non è sufficiente garantire spazi esclusivi, per così dire di manovra,  se poi i marciapiedi non sono dotati di scivoli per le carrozzine o di montascale attrezzati per i sottopassi.

La terza ed ultima area su cui l’ACI pone l’attenzione è rappresentata dalla diffusione della cultura della disabilità, cultura oggi non adeguatamente sviluppata soprattutto nelle grandi città. 

C’è molto da fare per consentire agli automobilisti disabili di raggiungere gli stessi standard di mobilità sulle strade rispetto alle persone non disabili, anche se, va riconosciuto, molto si è fatto.

Fui molto colpito ad esempio, diversi anni fa, dalla comparsa di cartelli i  nel comune in cui vivo, ma diffusi in tutta Italia, in corrispondenza dei parcheggi riservati alle persone disabili. Grossi cartelli arancioni con la scritta che recita “Se vuoi il mio posto, prendi il mio handicap”. Un messaggio forte, inequivocabile, provocatorio, da alcuni considerato persino una iettatura ma che sintetizza chiaramente la volontà da parte delle amministrazioni locali di proteggere i cittadini più deboli.

Di minor impatto mediatico, ma con risvolti pratici evidenti è il progetto “Pra a domicilio”. Con questa iniziativa ed in collaborazioni ancora una volta con l’ACI, è stato introdotto un servizio a domicilio, totalmente gratuito, rivolto alle fasce deboli della società. Se una persona disabile ha difficoltà a raggiungere gli uffici del Pra per le motivazioni sopra citate, allora sono gli uffici del Pra che raggiungeranno la persona. A distanza di anni dalla sua introduzione il “Pra a domicilio” riscuote grande successo e viene indicato come un’iniziativa di grande valore sociale.

Fortunatamente in Italia c’è una forte  attenzione per le problematiche legate alla disabilità a tutti i livelli dell’amministrazione statele e parastatale, attenzione che spesso si riflette anche nel settore privato. Gran parte delle case automobilistiche, ad esempio,  hanno aree di produzione dedicate alla disabilità. Rimando entro i confini nazionali si può ricordare il Programma Autonomy, messo a punto da Fiat. Programma che offre agli automobilisti disabili una serie di vetture specificatamente studiate per vari tipi di invalidità. Non solo vetture particolari ma anche servizi come corsi propedeutici gratuiti all’utilizzo di tali auto speciali, assistenza stradale e assistenza fiscale visto le varie agevolazioni previste per il settore.

Il Presidente ACI, Angelo Sticchi Damiani, in occasione della ricorrenza del 3 dicembre, ha voluto sottolineare come, per un disabile oggi, sia più facile muoversi in auto rispetto ad altri mezzi di trasporto come il treno o l’aereo. L’ACI, continua il presidente, è sempre in prima linea per garantire il diritto universale alla mobilità intrinsecamente legato ai principi fondamentali di libera circolazione sancita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Simone Pavarin

 


 

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