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di
Simone Pavarin
Pirati della strada
Il pirata è una figura molto antica, se ne parla già nei
testi greci e romani, ma che ha avuto il massimo risalto nel XVI secolo.
Allora, infatti, le navi provenienti dal “Nuovo Mondo” che trasportavano
in Europa oro e altri metalli preziosi, venivano sistematicamente
attaccate da questi uomini senza legge il cui tetro simbolo era
costituito dal teschio e due tibie incrociate bianche su sfondo nero.
Non troppo in senso metaforico i pirati esistono ancor
oggi, alla navi hanno sostituito automobili più o meno potenti e,
anziché viaggiare per mare, percorrono le nostre strade ed autostrade in
modo anonimo senza vessilli di alcun tipo. I pirati della strada hanno
in comune con i loro predecessori la spietatezza delle loro azioni. Non
manca giorno ormai che sui media non si parli di automobilisti che
cagionino gravissimi incidenti perché guidano contromano, in stato di
semicoscienza o a folle velocità. Le indagini condotte dall’ASAPS,
Associazione Sostenitori e Amici Polizia Stradale, nella loro freddezza
sono terrificanti. Nel 2008 sono stati rilevati nel complesso 323 casi
di pirateria stradale che hanno causato la morte di oltre 90 persone, in
netto aumento rispetto all’anno precedente.
La caratteristica che contraddistingue principalmente la
pirateria stradale è il fatto che dopo il sinistro, l’automobilista che
ha causato il danno fugge, nella maggior parte dei casi perché, essendo
anche sotto l’effetto di sostanze alcooliche o stupefacenti, vorrebbe
sottrarsi alle proprie responsabilità. Quindi al danno causato si
aggiunge un deplorevole comportamento previsto e sanzionato dal codice
penale: si tratta dell’omissione di soccorso. In genere i pirati della
strada sono uomini tra i 18 e i 44 anni che, sempre in base alle
indagini effettuate, per circa l’80% dei casi vengo identificati entro
poche ore dal fatto. Le categorie più a rischio sono anche quelle che
sulla strada sono meno protette fisicamente, ovvero i pedoni e i
ciclisti. Oggi nel nostro Paese vi è un grande dibattito sulle pene da
applicare nei confronti di chi si rende responsabile di veri e propri
atti criminali come la pirateria stradale. Alcuni ritengono che al
conducente che utilizza la vettura come arma che provoca un decesso, in
certi casi possa essere applicata la sanzione prevista per omicidio
volontario. Il dibattito è aperto e non si conosce la direzione che il
legislatore prenderà, è necessario però sottolineare l’attuale
sproporzione tra vittima che spesso perde la vita ed il pirata che viene
sanzionato debolmente.
Fortunatamente lo Stato ha previsto sinistri nei quali
“il colpevole”, per un motivo o per l’altro, non risarcisce il danno per
cui è stato istituito presso la CONSAP, la Concessionaria Servizi
Assicurativi Pubblici, il “Fondo di garanzia per le vittime della
strada” che può essere concesso nei seguenti casi: sinistro stradale
causato da veicolo non identificato, non coperto da assicurazione, o se
il veicolo venga messo in circolazione contro la volontà del
proprietario (il caso del furto d’auto).
Un importante elemento su cui riflettere è il fatto che
il mondo dell’intrattenimento a volte incentiva certi comportamenti
sulle strade apertamente illegali. Tralasciando i vari film sulle corse
clandestine dove i protagonisti alla guida dei loro potenti bolidi
sfrecciano in piena città accumulando infinite infrazioni stradali,
vorrei soffermarmi sui Videogame. Una recente indagine effettuata in
Gran Bretagna dalla Continental Tire, una tra le più antiche compagnie
europee nel campo dell’Automotive, ha rivelato una realtà di cui si è
sempre sospettata l’esistenza: gli appassionati di videogiochi i quali
trattano di corse d’auto spericolate sembrerebbero essere anche
conducenti che si assumono rischi più elevati della media.
Secondo questa ricerca effettuata su di un campione di
2000 automobilisti, metà giocatori e metà no, è risultato che i primi,
oltre ad essere convinti della proprie elevate capacità di guida,
risultano essere anche coloro che vengono sanzionati maggiormente. Il
22% dei videogicatori è stato fermato dalla polizia contro il 13% dei
non giocatori. I primi risultano essere anche i più nervosi alla guida e
passano più spesso col rosso. Tenendo conto che i videogiochi sono uno
tra i passatempi preferiti per chi non ha ancora la patente di guida, è
evidente di come stiamo ipotecando pericolosamente il futuro di tutti
noi sulle strade.
(S.P.)
Mercato dell’auto tra crisi e nuove prospettive
Non c’è dubbio che in piena crisi economica mondiale, una
tra le più gravi che il sistema liberal capitalista abbia mai
affrontato, un settore particolarmente colpito è quello della vendita di
auto. Una recente indagine del centro studi Fleet e Mobility,
prestigioso organo che da anni monitora l’andamento del mercato in
Italia, ci rivela che il valore del venduto nel nostro Paese a fine 2011
si dovrebbe attestare attorno a 31 miliardi di Euro con 1.800.000 nuove
immatricolazioni. A prima vista sembrano cifre enormi ma evidenziano una
forte sofferenza del mercato che nel decennio 2000-2009 ha registrato
una media di vendite pari ad oltre 40 miliardi di Euro con più di 2
milioni di nuove immatricolazioni. Il 2011, come previsto, registrerà un
vero e proprio crollo di vendite rispetto alla media degli anni
precedenti. Tale contrazione trae certamente origine dal difficile
momento congiunturale che sta scuotendo un po’ tutte le economie così
dette “avanzate”, ma secondo alcuni le motivazioni sono da ricercarsi in
altri fattori più o meno legati al ciclo economico. Innanzitutto vanno
segnalati i costi di mantenimento delle vetture. I carburanti che
oscillano all’impazzata nelle borse valori di mezzo mondo, le compagnie
assicurative che, senza apparenti apprezzabili motivi, aumentano i loro
premi, il super bollo, sono solo alcune delle argomentazioni che
quantomeno scoraggiano l’acquisto di una nuova vettura. Anche la stretta
creditizia attuata dalle banche non favorisce certamente i consumi.
Alcuni analisti ritengono però che, indipendentemente da motivazioni
economiche, una riduzione del valore del mercato dell’auto sia orami un
fattore fisiologico. Negli ultimi 10 anni le case automobilistiche, sono
riuscite a raggiungere livelli di qualità di prodotto inimmaginabili nel
passato, soprattutto se proporzionate al costo. Vetture economiche dalle
forme ricercate, ormai fornite di tutto ciò che in passato era
considerato optional, ma che oggi è la regola: aria condizionata,
autoradio, sistema antifurto, ABS, ecc. ecc.
Automobili che hanno una affidabilità nel tempo notevole
e che richiedono sempre meno manutenzione. In uno scenario del genere,
la vita della stessa vettura può raddoppiarsi con evidente riduzione di
nuove immatricolazioni. Di ciò le case automobilistiche ne sono ben
consapevoli infatti, stanno attuando una politica più restrittiva nel
concedere le esclusive di zona ai concessionari. Questo significa che se
in passato una determinata area geografica era divisa, ad esempio, tra
10 concessionari ufficiali, oggi tale numero è destinato a ridursi
nettamente. Alcuni ritengono che un altro elemento che origina una
contrazione notevolmente dei fatturati nel mercato dell’auto è
rappresentato dal fatto che le grandi e storiche case automobilistiche,
che fino a qualche anno fa concentravano la loro produzione
esclusivamente su di un segmento di alta gamma, oggi realizzano modelli
di vetture anche più abbordabili. Questo in qualche modo crea il noto
fenomeno della “cannibalizzazione” all’interno di una stessa azienda,
pur di essere competitivi si investe in più segmenti di mercato, ma ciò
determina una potenziale migrazione verso prodotti più economici che
però mantengono lo stesso marchio di prestigio. E’ chiaro che tale
situazione, nel lungo periodo, determinerebbe una diminuzione del
fatturato generale del settore. Un altro fenomeno che contribuisce in
modo pesante a ridurre i fatturati dei grandi costruttori d’auto e in
qualche modo ad impoverire il mercato è la sorprendente, ma non troppo,
tenuta del mercato dell’usato. Se il “nuovo” per quanto riguarda il
2010 ha registrato un calo attorno al 25% rispetto al 2008, non si può
dire lo stesso dell’usato, che nel medesimo periodo ha registrato una
contrazione inferiore al 14%.
Sotto quest’aspetto va tenuto conto anche della drastica
riduzione degli incentivi statali che hanno reso le vetture nuove non
così allettanti come negli anni passati. Nel nostro Paese, come un po’
in tutta Europa, il mercato dell’auto ha un’importanza strategica, non
solo per le perdite potenziali finanziarie a cui potrebbero andare
incontro gli investitori, ma soprattutto per il risvolto occupazionale.
A titolo di esempio ricordiamo che il solo gruppo Fiat contava nel 2010
poco meno di 200.000 dipendenti. Permettere al comparto auto di crollare
significherebbe privare di reddito centinaia di migliaia di famiglie con
tutti i risvolti, etici, sociali e di sicurezza che ne deriverebbero.
Simone Pavarin |