L'INQUINAMENTO ATMOSFERICO
di
Carlo Colella
La tematica
dell’inquinamento atmosferico ha suscitato in me profondo interesse
principalmente per due motivi; il primo strettamente lavorativo, il
secondo di interesse proprio. Sempre più spesso, infatti, apprendiamo
notizie (dalla stampa, dalla radio, dalla televisione) che riguardano il
deterioramento della qualità dell’aria, ed in certi casi non riusciamo a
distinguere fra la realtà e l’esagerazione: elementi che appaiono a
volte mescolati, allo scopo di servire cause diverse e contrastanti.
È opportuno,
quindi, almeno un inquadramento del problema; difatti, esso costituisce
uno degli aspetti più preoccupanti dell’ormai noto e diffuso
inquinamento ambientale. È un fenomeno che ci riguarda da vicino e che
potrebbe addirittura compromettere il delicato equilibrio ecologico
esistente fra i diversi componenti del nostro pianeta.
Il maggior
responsabile dell’inquinamento dell’atmosfera, come dell’inquinamento
delle acque e del terreno, è indubbiamente l’uomo, che provoca,
direttamente o indirettamente, l’aumento delle sostanze nocive presenti
nell’aria: si tratta di particelle gassose, liquide e solide prodotte da
attività industriali, da attività agricole e dall’utilizzazione di
materiali radioattivi; essi vanno ad aggiungersi a quelle dovute a
fenomeni naturali (pollini, spore, ceneri vulcaniche, polveri sollevate
dal vento ecc.) e, pur rappresentando quantità percentualmente poco
rilevanti, alterano la qualità dell’aria, fino a renderla malsana o
addirittura irrespirabile.
Siano esse
naturali o artificiali, queste sostanze non interessano soltanto le zone
in cui si sono originate: i gas,infatti, si mescolano e si diffondono
nell’atmosfera con grande facilità; le sostanze liquide (sottoforma di
minuscole gocce finemente suddivise) e quelle solide (in forma di
particelle con dimensioni dell’ordine di micron) entrano in sospensione
nell’aria, costituendo i cosiddetti aerosol atmosferici, che possono
essere trasportati dai venti per notevoli distanze e talvolta riescono a
propagarsi anche nell’alta atmosfera per effetto di correnti
ascensionali. Anche se le sostanze di origine naturale rappresentano la
maggioranza delle particelle immesse nell’aria, quelle di origine umana
hanno un’importanza critica, poiché le attività che le creano aumentano
di anno in anno.
I loro
effetti sono tanti, da non poterli neanche enumerali tutti, e si fanno
sentire non solo localmente, ma anche su scala regionale; taluni di essi
coinvolgono il globo intero.
Le fonti industriali dell’inquinamento
dell’atmosfera comprendono, per incominciare, i prodotti provenienti
dagli impianti di eliminazione dei rifiuti e dai relativi dispositivi di
scarico: le fonti agricole includono i prodotti di irrorazione di
insetticidi e pesticidi, da combustione di sterpi ecc.. A questi vanno
aggiunte le impurità dovute agli scarichi dei veicoli a motore, che sono
i principali produttori di monossido di carbonio, ossido di azoto e
idrocarburi, altri ossidi, cloruri e atri composti di piombo. In
notevole misura contribuiscono, inoltre, i prodotti della combustione
di caldaie a nafta, gas o carbone, impiegate per produrre calore o
energia per abitazioni, esercizi commerciali e industrie; fra queste le
centrali termoelettriche sono le principali responsabili della presenza
di anidride solforosa nell’aria. Per avere un idea della quantità di
sostanze inquinanti così prodotte, basterà citare che ogni anno
nell’aria degli stati Uniti d’America vengono scaricati oltre 125
milioni di tonnellate di soli rifiuti gassosi; e purtroppo si osserva
un aumento sempre più marcato, non solo negli Stati Uniti, ma in tutte
le parti del mondo maggiormente urbanizzate e industrializzate.
Uno degli
inquinanti più comuni nell’aria delle nostre città è l’anidride
solforosa (SO2) prodotta dalla combustione di carbone e
idrocarburi; in condizione di forte umidità essa può trasformarsi in
anidride solforica (SO3) e dar luogo alla formazione di
aerosol di acido solforico (H2SO4). Queste
sostanze non di rado producono lo smog (dall’inglese smoke=fumo e fog=nebbia),
che non solo è fastidioso ma può anche comportare pericoli molto gravi.
Anche quando non provoca vittime o disturbi gravi ed immediati, a lungo
andare l’anidride solforosa può produrre effetti dannosi non soltanto
per gli organismi animali e vegetali ma perfino sulle rocce, riuscendo
talvolta ad alterarle profondamente. Quest’ultimo fenomeno è
preoccupante per diverse città italiane, perché può compromettere un
patrimonio artistico di inestimabile valore culturale, con riflessi
negativi anche sul piano economico.
Per esempio,
molti edifici monumentali appaiono coperti di una crosta nerastra che
intacca in superficie e lentamente deteriora le rocce calcaree usate
frequentemente come pietre ornamentali ed anche per pregevoli sculture;
studi approfonditi hanno permesso di stabilire che si tratta di una
crosta solfatica derivante dalla trasformazione del carbonato di calcio
(CaCO3) in solfato di calcio (CaSO4) ad opera
della anidride solforosa prodotta da centri industriali. Nell’aria delle
regioni urbanizzate sono pure frequenti il monossido di carbonio (CO)
gli ossidi di azoto e gli idrocarburi incombusti.
Del primo è
molto nota la tossicità : l’ossido di carbonio che entra nella
circolazione sanguigna si combina con l’emoglobina, formando
carbossiemoglobina, che inibisce la capacità circolatoria nei confronti
del trasporto di ossigeno; i primi effetti di una forte concentrazione
di monossido di carbonio nell’aria si manifestano con un indebolimento
delle funzioni mentali, a cui può seguire anche la morte. Estremamente
nocivi sono anche diversi ossidi di azoto che partecipano attivamente
alla formazione dello smog.
L’aumentata immissione nell’atmosfera di
ossidi, soprattutto quelli di zolfo ed azoto, connessa con la crescita
dei combustibili fossili, ha reso allarmante in tempi recenti, il
fenomeno delle cosiddette piogge acide che esercitano una serie di
effetti dannosi sia per la vita animale che per quella vegetale. Uno
degli episodi drammatici si è verificato in Scozia nel 1974: le piogge
cadute durante un forte temporale mostrarono un pH pari a 2,4
equivalente a quello dell’aceto. Un cenno a parte meritano le polveri e
le altre particelle solide di diverso tipo. Quelle di dimensioni
superiori a 10-20 micron vengono in genere spazzate via delle piogge o
cadono da sole, ma le altre permangono a lungo nell’aria; durante la
respirazione viene trattenuta nelle fosse nasali soltanto la maggior
parte di quelle grosse, mentre le altre possono penetrare nei polmoni
provocando a lungo andare effetti molto dannosi per la salute.
Una forma di
inquinamento atmosferico che interessa tutta la Terra, ed è
particolarmente grave nelle aree urbane, è rappresentata dall’aumento
della percentuale di anidride carbonica (CO2) contenuta
nell’aria. Questo aumento è in parte dovuto alla combustione di carbon
fossile e idrocarburi; ma che è anche in buona parte una conseguenza dei
continui e spesso imprudenti disboscamenti effettuati dall’uomo: il
troppo scarso rapporto fra superficie a verde e superfici a costruzioni
intensive è il motivo per cui in molti casi non vi è vegetazione
sufficiente per assorbire, con la fotosintesi clorofilliana, una parte
dell’anidride carbonica presente nell’aria nelle zone antropizzate.
L’anidride carbonica è in teoria, un prodotto innocuo per la salute
dell’uomo e degli animali, benché da sola non ne consenta la
sopravvivenza; entro certi limiti, una sua concentrazione,
nell’atmosfera è addirittura benefica per i vegetali, che la utilizzano
come materia prima per la sintesi di sostanza organica.
Ma la sua
accresciuta presenza nell’atmosfera, deve essere considerata nociva
poiché testimonia la neutralizzazione di una certa quantità
dell’ossigeno atmosferico ed è indicatrice del grado di inquinamento
raggiunto. Inoltre, l’anidride carbonica è una delle principali
responsabili dell’assorbimento di radiazione, termica, da parte
dell’atmosfera e quindi l’aumento della sua concentrazione può produrre
un incremento dell’effetto serra, ossia un innalzamento della
temperatura dell’aria su tutta la superficie terrestre, con conseguenze
che, secondo molti, in futuro potrebbero diventare molto gravi.
Fortunatamente, oggi si sta cercando con direttive, normative e
quant’altro di risolvere il problema, ma la strada da percorrere è
ancora lunga, dato che il nostro paese pensa troppo all’economia e poco
alle tematiche ambientali. Il rispetto che merita il nostro ambiente va
al di là di ogni bene materiale, perché rispettarlo oggi significa dare
un futuro alle nuove generazioni, sia esse animali che vegetali.
(Set. 2010)
Carlo Colella |
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