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 LA PROduzione di biogas da reflui animali

introduzione alle fonti energetiche rinnovabili 

di Aniello Venturiello

 

dall’agricoltura di oggi all’energia del domani 

L’inarrestabile esaurimento delle tradizionali fonti energetiche ed i conseguenti aspetti economici legati a questa situazione di carattere internazionale, stanno sensibilizzando sempre più le diverse politiche nazionali sulla necessità di produrre energie alternative che per le esigenze umane possono essere inesauribili. In particolare la biomassa costituisce un potenziale interessante nell’ambito dell’economia di ciclo Il biogas ottenuto dalla fermentazione di substrati organici, quali le deiezioni animali, risulta essere di particolare interesse per gli allevatori poiché rappresenta una nuova fonte di reddito e la sua produzione viene incentivata dai governi di molti paesi attraverso specifiche sovvenzioni.

 

il biogas e il relativo recupero energetico 

Da molti anni ormai è avviato lo sviluppo di sistemi di produzione di energia elettrica basati sullo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili. Il biogas è una di queste fonti energetiche. Grazie alle nuove normative in materia di autoproduzione, al riconoscimento del valore ambientale dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e ad una tecnologia ormai collaudata, è oggi possibile produrre biogas per la cogenerazione di calore ed elettricità a condizioni vantaggiose. Il Centro di Ricerca Ambiente e Materiali dell’ENEL ha condotto, nei primi anni 90, in collaborazione con il Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, un’indagine a vasto raggio nella Pianura Padana sulle potenzialità del biogas producibile a partire dai liquami zootecnici. Dall’indagine è emerso che la cogenerazione di energia elettrica e calore mediante biogas può dar luogo a evidenti vantaggi, sia in campo energetico, sia in quello ambientale. La cogenerazione può inserirsi convenientemente nell’impiantistica dell’allevamento, in particolare nel caso in cui debbano essere realizzate apposite opere per assolvere ai sempre più pressanti vincoli normativi in materia di smaltimento dei liquami. La finalità è quella di promuovere il biogas come fonte rinnovabile, evidenziandone gli elementi normativi e tecnologici, permettendo la visione di un quadro realistico e utile dell’uso del biogas nell’ambito della moderna pratica zootecnica. L’impianto è basato sulla digestione anaerobica di reflui zootecnici con produzione di biogas e relativo recupero energetico. Con il termine biomassa solitamente si indica un vasto insieme di materiali di natura estremamente eterogenea. In questo caso:i reflui zootecnici sono costituiti da deiezioni animali su grigliato e letame. La tecnica per il recupero è quella di utilizzare digestori riscaldati, costruiti e progettati per accrescere la decomposizione anaerobica e massimizzare il recupero del biogas. Il biogas, composto in buona parte da metano, è prodotto durante la decomposizione anaerobica della materia organica presente nelle materie prime organiche animali e vegetali. La digestione anaerobica è economicamente vantaggiosa se paragonata ad altre tecniche di gestione dei rifiuti animali. L’impianto è concepito e dimensionato al fine di avere un risparmio energetico e garantire l’autosostenibilità dell’aziende.

 

descrizione del processo di digestione anaerobica e delle fasi di trattamento

L impianto può essere schematicamente suddiviso in cinque sezioni principali:

·                     Sezione 1 - ricezione e pretrattamenti

·                     Sezione 2 - preparazione del substrato

·                     Sezione 3 - digestione anaerobica con produzione di biogas e recupero di  energia

·                     Sezione 4 -  separazione frazione solida e liquida del digestato

·                     Sezione 5 - trattamento di rimozione dell' azoto con impianto SB

 

sezione 1, ricezione e pretrattamenti 

Come premesso in ingresso all impianto arrivano:

a) Reflui zootecnici: letame e liquame bovino

I reflui zootecnici provengono dalle  bufale. In particolare all’impianto arrivano:

·                     Letame: deiezioni solide

·                     Liquame: deiezioni liquide

 

sezione 2, preparazione del substrato

Vista la tipologia e le caratteristiche dei materiali in ingresso, sono previsti pretrattamenti atti ad alimentare i digestori con un substrato omogeneamente miscelato, triturato e preparato al fine di ottimizzare le dinamiche biologiche dei ceppi batterici metanigeni.

I reflui zootecnici, costituiti da deiezione solide (letame) e liquide (liquame) vengono inviate ad una sezione di accumulo, triturazione/miscelazione ad alta efficienza al fine di ridurre la pezzatura del materiale e realizzarne un ottimale miscelazione, e alimentazione alla digestione anaerobica, per sicurezza di esercizio e maggiore flessibilità gestionale e nel post esercizio, la sezione viene suddivisa su due linee alimentate direttamente con pala gommata. Il materiale viene caricato e pretrattato in un bio trituratore-miscelatore per ogni linea. Il pretrattamento della parte solida permette di omogeneizzare le caratteristiche fisico-chimiche del substrato in ingresso avendo eventualmente la possibilità di poter pesare e programmare ricette composte da più materiali vegetali o non avviare a fermentazione. Da ogni linea il materiale ben miscelato viene avviato direttamente, tramite coclee di trasferimento, a due linee di digestione anaerobica.

 

http://www.rotaguido.it/immagini/biogas/320x220/10.jpg

 

Coclee laterali di miscelazione e coclea di fondo poste nella tramoggia di carico per l'immissione della biomassa

 

Il dosaggio dei materiali organici è gestito da software dedicato, tramite PLC, collegato con celle di carico poste sotto il miscelatore, che permettono di rilevare i quantitativi di materie prime alimentati.

Un apposito programma gestionale effettua il calcolo dei rapporti ponderali e volumetrici dei costituenti le miscele al fine di garantire il mantenimento dei parametri di processo sui valori ottimali per assicurare la migliore produzione di biogas derivante dalle successive reazioni fermentative.

 

sezione 3, digestione anaerobica con produzione di biogas e recupero di energia

La biomassa in uscita dalla sezione precedente viene inviata ad una sezione di digestione anaerobica controllata ad alto rendimento. La diluizione può essere fatta con ricircolo del digestato tal quale e/o ricircolo della frazione liquida del digestato dopo separazione. Il volume effettivo viene suddiviso su due linee costituite ciascuna da un digestore primario in serie ad uno secondario. Per garantire una effettiva funzionalità e la necessaria flessibilità dell impianto viene prevista una digestione anaerobica con processo di tipo mesofilo realizzato su due linee indipendenti. Questa configurazione permette nella pratica di poter contare su due linee indipendenti, ma interconnesse, che anche in situazioni di fermo impianto per manutenzioni (pulizie, varie, etc) permettono di by-passare parte della prima linea sulla seconda. L’impianto è così gestibile con maggiore affidabilità e flessibilità mirata ad un sicuro maggiore utilizzo medio annuo del gruppo cogeneratore, in modo da garantire sempre il funzionamento. La sezione di digestione anaerobica è dunque costituita da due digestori primari e due secondari per un totale di quattro digestori, in cui avviene, in condizioni di miscelazione e temperatura controllate, la degradazione della sostanza organica e la produzione di biogas.

Il biogas prodotto, contenente circa il 55-60% di metano, viene accumulato in gasometri polmone sovrastanti i digestori e da qui conferito alla macchina di produzione di energia elettrica e termica. Ogni reattore, da realizzare in cemento armato gettato in opera, dovrà essere dotato di coibentazione per ridurre le dispersioni termiche, realizzata mediante rivestimento della struttura in cemento armato per la parte cilindrica verticale con pannelli di isolamento in polistirene espanso e finitura esterna in lamiera zincata preverniciata. (K<0,30 kcal/mq.h). La miscelazione del fango nei digestori è assicurata da appositi agitatori a pale appositamente dimensionati per garantire una adeguata movimentazione della massa liquida anche in presenza di concentrazioni elevate.

Gli agitatori temporizzabili hanno funzione sia di miscelazione ed agitazione (per tenere in sospensione il particolato solido), sia di rottura della crosta galleggiante superficiale. Il sistema permette una notevole sicurezza nella gestione del processo di digestione anaerobica in quanto è possibile ridurre i depositi di materiale e garantire la corretta miscelazione del digestore. Per il riscaldamento degli scambiatori dei digestori è previsto l utilizzo dell' acqua di raffreddamento dei motori a combustione interna del gruppo di cogenerazione (temperatura 80°C). Apposite pompe ricircolano l’acqua calda in scambiatori che garantiscono il riscaldamento del digestore. Gli scambiatori scelti sono del tipo tubolare, con installazione interna ai digestori, il che consente di ottenere efficienti risultati senza possibilità di occlusione o intasamento.

Schema Circuiti Principali

A servizio dei digestori viene prevista anche una centrale termica di riscaldamento con apposita caldaia e annesso sistema di regolazione della temperatura. Inoltre viene prevista una adatta strumentazione di controllo delle condizioni di processo.

 

accumulo del biogas e combustione delle qualità eccedenti gli utilizzi

Per l’accumulo del biogas svolto nel processo di digestione sono disponibili le coperture elastiche dei digestori, realizzate con membrana gasometrica a volume variabile, mantenute alla pressione di esercizio di 2 mbar.

L'eventuale eccesso di biogas sarà avviato alla torcia automatica di combustione di sicurezza.

 

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Particolare della valvola di sovrappressione del gas

 

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Digestore della cupola gasometrica colma di Biogas

 

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Portelli a tenuta per consentire l'accesso al digestore per gli eventuali controlli e/o manutenzioni

 

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Cassone dosatore per automatizzare le operazioni di alimentazione del digestore

 

riutilizzo del biogas e gruppi di cogenerazione

Il gas prodotto, prelevato dal gasometro, dovrà essere inviato ad un gruppo di cogenerazione per il recupero combinato di energia elettrica e termica. Il biogas deriva da una sezione di digestione dotata di trattamento di desolforazione biologica, come precedentemente descritto; oltre a questo il biogas prima della cogenerazione viene inviato ad una batteria di essiccazione per raffreddamento, composta da uno scambiatore di calore e da un gruppo di raffreddamento a ciclo frigorifero. Tale sistema consente un ulteriore abbattimento dell’idrogeno solforato ed un miglioramento delle condizioni operative del motore di cogenerazione. La potenza termica recuperabile deriva dal ciclo di raffreddamento del motore e mediamente il 60-70% viene utilizzata per il riscaldamento, mentre la rimanente rimane a disposizione per altri utilizzi. Il motore é direttamente accoppiato al generatore elettrico. I gas di scarico del motore alimentano un generatore di acqua calda al quale affluisce anche l'acqua di raffreddamento del motore stesso: quest'acqua calda viene utilizzata per il riscaldamento dei fanghi di gestori. Per sicurezza si prevede l’utilizzo di un gruppo di cogenerazione, composto da due motori di cogenerazione, uno di riserva all' altro e ciascuno con le caratteristiche sopra descritte.

 

sezione 4,    separazione     frazione   s olida    e    frazione    liquida    digestato

Il prodotto in uscita dal digestore secondario (detto digestato) viene inviato tramite pompaggio ad una fase di separazione della frazione solida dalla liquida da cui si ottiene una frazione solida con un contenuto di umidità dell’ordine del 75-80% e quindi stoccabile in platea, ed una frazione liquida che viene inviata ad un impianto di depurazione esistente. La sezione è costituita da un separatore centrifugo installato su apposita struttura di supporto con scarico diretto del digestato solido sulla platea di accumulo e scarico del digestato liquido in apposita vasca di stoccaggio. La frazione liquida può essere stoccata in apposite vasche o inviata a smaltimento o trattamento, mentre la frazione solida può essere accumulata su superficie pavimentata con raccolta percolati. Il digestato solido e quello liquido, dopo trattamento, verranno periodicamente riportati all’allevamento di provenienza.

 

sezione  5,    trattamento   di     rimozione   dell’Azoto   con  i mpianto   sbr

Ogni giorno nell’impianto viene immesso azoto di origine animale. In genere si considera di ritrovare lo stesso quantitativo nel digestato. Nell’anno avremmo allora una quantità di azoto da smaltire per le quali sarà necessario disporre di un trattamento specifico per ridurre la quantità di azoto.

In prima battuta si ipotizza di avere a disposizione per lo smaltimento del digestato solido e liquido un area libera. Per rientrare in quanto sopra descritto è necessario un abbattimento dell’azoto pari a circa il 30% di quello contenuto nel digestato liquido. L’abbattimento dell’azoto, finalizzato a poter riutilizzare il chiarificato e i fanghi sul terreno disponibile secondo la direttiva vigente, viene realizzato con un impianto di tipo SBR che consente di ottenere una sequenza di nitrificazione denitrificazione biologica, di seguito meglio descritta.

 

reattore sbr   

Sul digestato liquido in arrivo dal bilanciamento viene previsto un processo biologico      a      fanghi      attivi    di    ossidazione     del     carbonio    organico  denitrificazione - nitrificazione - sedimentazione di tip  SBR (Sequencing Batch Reactor). In questo tipo di reattore le varie fasi depurative che compongono il processo biologico (denitrificazione - rimozione del carbonio organico e nitrificazione con aria, sedimentazione a gravità) vengono realizzate ciclicamente in successione temporale all'interno di due vasche di trattamento alimentate alternativamente. Ottimizzando la durata dei periodi che costituiscono un ciclo di trattamento è possibile con questo sistema ottenere in ogni condizione di carico una resa depurativa molto elevata in quanto la modifica dei tempi di fase equivale a poter modificare, rispetto a un tradizionale impianto a fanghi attivi, i volumi delle vasche di trattamento a disposizione. Al fine di garantire la massima continuità di alimentazione ed un corretto svolgimento delle varie fasi, vengono previste due vasche in parallelo, realizzate in c.a. prefabbricate, con funzionamento alternato e sequenziale.

Le fasi di processo che vengono effettuate risultano le seguenti:

·                     alimentazione

·                     denitrificazione - reazione di ossidazione - nitrificazione ad aria

·                     sedimentazione

·                     scarico

·                     scarico fanghi di supero

 

fasi di trattamento 

a) Alimentazione

Il refluo di alimentazione viene inviato allo stadio di trattamento biologico mediante un sistema automatizzato. L’alimentazione viene effettuata alternativamente su due vasche, in successione temporale. Ad ogni ciclo il volume di liquame influente si mescola con un volume di miscela acqua -fango pari al 50-60% del volume totale della vasca in modo da permettere un giusto rapporto tra il liquame da depurare ed il fango attivo presente nella vasca di trattamento.

Nelle vasche di trattamento biologico, viene effettuato, un trattamento di denitrificazione seguito da un trattamento biologico di ossidazione nitrificazione a fanghi attivi a basso carico.

b) Per la fase di denitrificazione, dove serva una lenta miscelazione in fase anossica (assenza

di ossigeno libero), le vasche vengono attrezzate con miscelatori sommersi. L'ossigeno necessario invece alla decomposizione delle sostanze organiche da parte della florabatterica aerobica viene immesso nelle vasche per mezzo un sistema di diffusione d’aria a bolle fini. I sistemi di diffusione sono in grado sia di fornire l'ossigeno necessario al processo biologico sia di determinare nella vasca una ottimale miscelazione e diffusione dell'aria fornita. Il funzionamento del sistema di aerazione è predisposto per mezzo di un apposito programmatore in modo da adeguare l'ossigeno trasferito e quindi le potenze assorbite alle effettive richieste del liquame in arrivo ed ai necessari tempi di ciclo. I tempi di ciclo sono comunque modificabili in ogni momento per adeguare il processo dell'impianto alle effettive condizioni operative. Durante il processo biologico a fanghi attivi può essere parzialmente mantenuta l'alimentazione del

liquame in ingresso.

c) Sedimentazione

L'ultima fase del ciclo depurativo biologico proposto è rappresentata dalla fase di sedimentazione che viene realizzata nella stessa vasca di trattamento biologico lasciando in quiete il liquame per un tempo prefissato, sufficiente ad ottenere la separazione per gravità del fango biologico. Questa fase avviene in tempi relativamente brevi, se rapportati ai tempi di residenza idraulica del sedimentatore degli schemi classici a flusso continuo, in quanto nel processo SBR la sedimentazione ha luogo in condizioni di quiete assoluta, senza disturbi da parte di flussi di liquame in ingresso o in uscita.

Proprio per sfruttare al meglio questa situazione lo spurgo dei fanghi di supero non viene effettuato nel corso della fase di sedimentazione ma solo durante la successiva fase di scarico.

d) Scarico acque depurate

Alla fine del ciclo di trattamento viene effettuato il prelievo delle acque depurate. Il refluo viene quindi inviato allo scarico.

e) Scarico fanghi di supero

I fanghi di supero possono essere allontanati periodicamente tramite autobotte.

 

il processo biologico di digestione anaerobica

La digestione anaerobica è un processo biologico complesso, per mezzo del quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas (o gas biologico), costituito principalmente da metano e anidride carbonica. La percentuale di metano nel biogas varia a seconda del tipo di sostanza organica digerita e delle condizioni di processo, da un minimo del 50% fino all’80% circa.  Affinché il processo abbia luogo è necessaria l’azione di diversi gruppi di microrganismi, in grado di trasformare la sostanza organica in composti intermedi, principalmente acido acetico, anidride carbonica ed idrogeno, utilizzabili dai microrganismi metanigeni che concludono il processo producendo il metano. I microrganismi anaerobi presentano basse velocità di crescita e basse velocità di reazione e quindi occorre mantenere ottimali, per quanto possibile, le condizioni dell’ambiente di reazione. Nonostante questi accorgimenti, i tempi di processo sono relativamente lunghi se confrontati con quelli di altri processi biologici; tuttavia il vantaggio del processo è che la materia organica complessa viene convertita in metano e anidride carbonica e quindi porta alla produzione finale di una fonte rinnovabile di energia, sotto forma di un gas combustibile ad elevato potere calorifico.  L’ambiente di reazione, definito solitamente digestore (o reattore anaerobico), per permettere la crescita contemporanea di tutti i microrganismi coinvolti, dovrà risultare da un compromesso tra le esigenze dei singoli gruppi microbici. Il pH ottimale, ad esempio, è intorno a 7/7.5.  La temperatura ottimale di processo è intorno ai 35°C, se si opera con batteri mesofili, o intorno a 55°C, se si utilizzano batteri termofili.

 

partecipano al processo i seguenti gruppi di batteri

  • batteri idrolitici, che spezzano le macromolecole biodegradabili in sostanze più semplici;

  • batteri acidogeni, che utilizzano come substrato i composti organici semplici liberati dai batteri idrolitici e producono acidi organici a catena corta, che a loro volta rappresentano il substrato per i gruppi batterici successivi;

  • batteri acetogeni, produttori obbligati di idrogeno (OPHA: Obbligate Hydrogen Producing Acetogens), che utilizzano come substrato i prodotti dei batteri acidogeni dando luogo ad acetato, idrogeno ed anidride carbonica;

  • batteri omoacetogeni che sintetizzano acetato partendo da anidride carbonica e idrogeno; batteri metanigeni, distinti in due gruppi:
    a) quelli che producono metano ed anidride carbonica da acido acetico, detti acetoclastici;
    b) quelli che producono metano partendo da anidride carbonica e idrogeno, detti idrogenotrofi. Mentre il metano viene liberato quasi completamente in fase di gas vista la sua scarsa solubilità in acqua, l’anidride carbonica partecipa all’equilibrio dei carbonati presenti nella biomassa in reazione. Le interazioni tra le diverse specie batteriche sono molto strette ed i prodotti del metabolismo di alcune specie possono essere utilizzati da altre specie come substrato o come fattori di crescita.

influenza della qualità del liquame da trattare sulle rese in biogas  

La biodegradabilità complessiva dei liquami analizzata a livello della vasca di raccolta delle fognature può variare alquanto, tra il 60 e l’80%, in funzione sia dell’età del liquame che del tipo di alimentazione. Una ulteriore classificazione delle frazioni biodegradabili, permette di distinguere all’interno della frazione solubile tra una frazione disciolta prontamente biodegradabile (circa 20% dei SSV) ed una più lentamente biodegradabile, e all’interno della frazione sospesa tra una frazione sospesa facilmente idrolizzabile ed una lentamente idrolizzabile.

 

i vantaggi del  trattamento anaerobico dei liquami

In un contesto di estrema e  continua necessità energetica e di elevato rischio ambientale il trattamento anaerobico con recupero del biogas prodotto risulta oggi un sistema di grande interesse, in grado di offrire molteplici vantaggi:
          1) Produzione di energia: il trattamento anaerobico in condizioni controllate porta alla degradazione della sostanza organica e alla produzione di biogas. La cogenerazione di energia elettrica e calore mediante combustione del biogas risulta economicamente vantaggiosa sia per autoconsumo aziendale, sia per una cessione a terzi, incentivata dalle recenti normative sulla produzione di energia da fonti rinnovabili.
          2) Abbattimento odori ed emissioni inquinanti (NH3 e CH4): le sostanze maleodoranti che eventualmente si formano durante il processo (acido solfidrico, mercaptani, ammoniaca) vengono avviate con il biogas alla combustione.
          3) Stabilizzazione dei liquami: l’abbattimento del carico organico carbonioso ottenibile in digestione anaerobica conferisce al liquame una sufficiente stabilità anche nei successivi periodi di stoccaggio; si ha un rallentamento dei processi degradativi e fermentativi con conseguente diminuzione nella produzione di composti maleodoranti.
          4) Riduzione della carica patogena: la digestione anaerobica in mesofilia può ridurre parzialmente la eventuale carica patogena presente nei liquami. Operando in termofilia è possibile, invece, ottenere la completa igienizzazione del liquame con la completa distruzione dei patogeni.

 

tipologie e   funzionamento   degli  impianti  di  biogas

Gli impianti di Biogas di uso e applicazione più frequenti sono assimilabili a tre distinte tipologie, aventi ciascuna peculiarità particolari e per questo adatte ciascuna a specifiche e differenti realtà aziendali:

1)                  Impianto a canale tipo plug-flow o flusso a pistone

2)                  Impianto cilindrico tipo up-flow miscelato

3)                  Impianto tipo super-flow per biomasse super dense

 

impianto tipo super-flow per biomasse super dense

Caratteristiche principali: il processo di digestione anaerobica utilizza le deiezioni tal quali (frazione liquida + frazione solida), con immissione di opportuna biomassa anche in grandi quantità, oltre il limite di pompabilità. Di norma l’impianto prevede due di gestori, uno primario e uno secondario. Il digestore primario di tipo cilindrico, è dotato di un particolare miscelatore ad asse orizzontale che garantisce la completa miscelazione dei liquami e della biomassa. Il digestore primario è alimentato costantemente con liquame fresco e biomassa secondo un piano di carico prestabilito in funzione delle composizioni e caratteristiche dei vari complementi di apporto, mentre il liquame digerito uscirà dopo un tempo medio di permanenza nella vasca di circa 20 – 30 giorni per essere trasferito nel digestore secondario, a sua volta miscelato ed in grado di recuperare la residua quantità di biogas.

1.                  Vasca di raccolta liquidi

2.                  Platea di stoccaggio letami

3.                  Silos di stoccaggio della biomassa

4.                  Bio - trituratore miscelatore

5.                  Tramoggia di carico biomassa

6.                  Digestore primario

7.                  Locale pompe

8.                  Digestore secondario

9.                  Vasca di stoccaggio digestato

10.               Separatore di liquami

11.               Sala motori

12.               La cabina di trasformazione di energia elettrica

13.               Energia e riscaldamento ad uso proprio

Il tempo di permanenza nel secondo digestore risulta pari a circa 30 – 40 giorni per una permanenza media complessiva pari a circa 60 giorni.

 

 

 

Digestore: Pianta e Sezione

Area scarico – decantatore – piazzola: Pianta e Sezione

 

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Digestori posti in serie assicurano le migliori produzioni di biogas in impianti tipo super-flow

 

fasi del processo

Al fine di ottenere la maggiore produzione possibile di biogas, è consigliabile che i liquami prodotti arrivino “freschi” al digestore primario e la qualità della biomassa sia integra nella sua struttura energetica.  Il liquame prodotto è convogliato ad una prevasca di raccolta, equalizzazione, miscelazione e sollevamento, provvista di mixer e pompa trituratrice che omogeneizza e alimenta il liquame nel digestore primario cilindrico. Una particolare tramoggia munita di coclee di dosaggio opportunamente alimentata provvede al carico della biomassa, che mediante un programma specifico inserisce nel digestore il quantitativo necessario di materiali per garantire un buon funzionamento del processo di digestione. Il biogas così prodotto in condizioni anaerobiche è raccolto direttamente nella parte superiore del o dei digestori mediante una copertura gasometrica a cupola che avrà la forma di calotta sferica a volume variabile. Attraverso una condotta collegata con la copertura raccogligas dei digestori, il gas prodotto e recuperato è bilanciato, raffreddato, deumidificato, filtrato ed avviato ai gruppi di cogenerazione che bruciando il biogas producono energia elettrica e calore. Infine il liquame in uscita ormai stabilizzato e deodorizzato, sarà accumulato tal quale, o previa separazione, in uno o più bacini di stoccaggio in attesa dell’utilizzazione agronomica.

 

trattamenti e utilizzi del  biogas

 

depurazione del biogas  

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Il trattamento del biogas è essenziale per garantire il corretto funzionamento dei cogeneratori.

 

Nel biogas sono presenti piccole quantità di alcuni composti che, a causa delle loro proprietà ossidanti o di incombustibilità, devono essere eliminati per favorire un buon processo di combustione mediante le seguenti tecniche:

·                     Filtrazione con filtri a ghiaia o sabbia, necessaria per eliminare i solidi in sospensione che sono essenzialmente materiale organico, grassi ed eventuali schiume prima dell’aspirazione dei compressori di ricircolo o dei compressori ausiliari della caldaia e dei motori a gas;

·                     Deumidificazione, la temperatura del biogas in uscita dal digestore è di almeno 35°C con un grado di umidità elevato che porta il vapore acqueo presente a condensare, per cui si predispongono lungo le tubazioni pozzetti di raccolta e spurgo delle condense. Ma per evitare la formazione di condense in camera di combustione occorre eliminare in modo drastico l’umidità, utilizzando ad esempio un impianto di condensazione composto da un frigorifero ad espansione diretta, uno scambiatore a fascio tubiero acqua/biogas ed un filtro a coalescenza ove viene condensato il vapore che viene poi estratto mediante scarico automatico o manuale;

·                     Desolforazione necessaria per abbattere i composti a base di zolfo può avvenire tramite filtri chimici riempiti con ossidi di ferro che provocano la precipitazione dei composti e quindi la loro estrazione; tramite torri di lavaggio che lavano il gas in controcorrente tramite un flusso di acqua e ossido ferrico; oppure mediante desolforazione biologica immettendo direttamente nel digestore una percentuale di aria, circa 5-10% del gas, per consentire a particolari ceppi batterici di innescare una reazione di precipitazione biologica dello zolfo.  

 

utilizzatori del biogas 

Dopo aver subito i trattamenti necessari il biogas può essere utilizzato in due modalità:
          a) per la produzione di solo calore;
          b)  per la cogenerazione di energia elettrica e calore.

combustione per la sola produzione di calore

Si utilizzano impianti con tecnologie semplici, è sufficiente un comune generatore di calore a gas costituito da un bruciatore, nel quale affluiscono combustibile e comburente ed esce energia termica sotto forma di fiamma e dallo scambiatore di calore, nel quale i prodotti della combustione cedono il calore prodotto ad un fluido termovettore. Il biogas viene trattato come il gas metano, mentre vengono realizzate modifiche al bruciatore per l’introduzione del gas, la miscelazione del combustibile con il comburente e l’utilizzo di materiali più resistenti alla corrosione per lo scambiatore di calore e il bruciatore stesso.

cogenerazione per la produzione contemporanea di energia elettrica e calore      

è la produzione contemporanea di calore ed energia meccanica subito trasformata in energia elettrica (tale metodo è un sistema unico integrato detto ad energia totale), partendo dalla stessa energia primaria. Questo sistema di produzione di energia permette un notevole risparmio energetico rispetto al caso di produzione separata delle stesse quantità di calore di energia elettrica/meccanica; si può arrivare infatti a superare il 90% di rendimento (30% di rendimento elettrico e 60% di rendimento termico). Si utilizzano due differenti tipologie di macchine.

 

la situazione in italia    

Nel nostro Paese, in particolare nelle zone a forte vocazione zootecnica, la situazione è decisamente diversa: l’aspetto ambientale ed il carico di azoto in particolare assume notevole importanza e può giocare un ruolo fondamentale nel promuovere o limitare lo sviluppo del biogas “zootecnico”. Diverse possono essere le motivazioni che spingono l’allevatore-agricoltore verso il biogas, connesse sia alle problematiche ambientali sia a quelle in rese energetiche, con la possibilità di utilizzare a questo scopo anche le biomasse derivanti da superfici set aside, valorizzandole con colture no food quali silomais, siloerba, sorgosilo, ed altre. Un censimento condotto nel 1999 mostrava che 72 impianti di biogas funzionavano con liquami zootecnici in Italia. Cinque di questi sono impianti centralizzati e 67 sono impianti aziendali. La quasi totalità degli impianti è localizzata nelle regioni del nord (39 in Lombardia, 7 in Emilia Romagna, 12 in Trentino Alto Adige).

 

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Turbine

 

Dai dati relativi a fine 2004, gli impianti sono oltre 100, di cui circa 70 sono di tipo semplificato a basso costo, realizzati con cupola gassometrica di materiale plastico sulla vasca di stoccaggio dei liquami zootecnici.
La maggior parte degli impianti attualmente funzionanti sul nostro territorio sono stati concepiti e quindi dimensionati secondo il criterio di risparmio energetico da parte dell’allevamento, utilizzando tutta l’energia prodotta nel processo di digestione per soddisfare e colmare le richieste energetiche dell’allevamento stesso e solitamente delle utenze domestiche annesse. Per questo motivo si sono predisposti cogeneratori che funzionano “in isola” cioè senza la possibilità di interfacciarsi con la rete energetica nazionale per un’eventuale cessione di surplus di energia.
Attualmente lo sviluppo delle nuove tecnologie impiantistiche e la possibilità di digerire biomasse, che hanno migliorato e aumentato la capacità di produzione di biogas e le nuove normative energetiche che incentivano la produzione e quindi la vendita di energia da fonti rinnovabili, hanno modificato la concezione e la progettazione delle nuove tipologie impiantistiche. Anche a fronte di una richiesta maggiore dei fabbisogni interni dell’allevamento si opta di norma per una connessione in parallelo alla rete, che consente di poter vendere il surplus di energia non autoconsumata.
Ciò comporta ulteriori vantaggi facilmente monetizzabili, in quanto la vendita del surplus dell’energia e dei certificati verdi (validi in Italia per 8 anni) consente al proprietario di ricevere annualmente introiti, che a loro volta riducono e in alcuni casi dimezzano i tempi di ritorno dell’investimento rispetto alle vecchie tipologie d’impianto.

Le biomasse interessate:

quantità:

deiezioni animali

180.000 t/anno

scarti agro-industriali

12.000.000 t/anno

scarti di macellazione

2.000.000 t/anno

fanghi di depurazione

2-3.000.000 t/anno

frazione organica dei rifiuti urbani

9.000.000 t/anno

residui colturali

10.000.000 t SS/anno

colture energetiche

230.000 ha set a side

 

Di queste biomasse, disponibili attualmente sul nostro territorio, vengono sfruttate solamente in circa 120 impianti i fanghi di supero provenienti dai depuratori delle acque reflue urbane, in 7 impianti le frazioni organiche dei rifiuti urbani e in alcuni impianti gli scarti della lavorazione agro-industriale. In Italia la normativa e gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili dovrebbe dare un nuovo impulso allo sviluppo degli impianti di biogas; ne deriva la necessità di potenziare e razionalizzare i sistemi che sfruttano processi di codigestione anaerobica di biomasse di varia natura (di origine zootecnica e agroindustriale, colture energetiche e residui colturali, fanghi di depurazione e frazioni organiche derivanti da raccolte differenziate dei rifiuti urbani).
È auspicabile inoltre incentivare la realizzazione di sistemi integrati anaerobici/aerobici per il trattamento congiunto dei reflui e dei rifiuti organici urbani e di altre biomasse.
L’inserimento in fermentatore di sostanze vegetali ad alto contenuto di sostanza secca comporta problematiche tecniche da affrontare in modo specifico sin dalla fase di progetto, sia per quanto riguarda le attrezzature di carico della biomassa, sia per l’esigenza di sistemi di triturazione e miscelazione opportuni. Particolare attenzione richiede, l’uso degli insilati, che comporta un abbassamento del valore del pH nel digestore e possibili corrosioni delle attrezzature di carico.
È bene ricordare che attivare un impianto per la produzione di biogas equivale ad aggiungere, a quello già presente in azienda, un nuovo allevamento costituito da una diversa categoria di animali: i microrganismi, con tutte le loro esigenze in termini ambientali ed alimentari. È necessario per l’allevatore-agricoltore sviluppare una corretta gestione rispondente alle specifiche esigenze del trattamento, pena possibili inefficienze, insuccessi e delusioni sui ritorni economici dell’investimento.

 

l’energia elettrica ceduta

L’energia prodotta da fonti rinnovabili, attualmente su richiesta del produttore, viene ritirata dai gestori di rete al prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica ceduta dall’acquirente unico alle imprese distributrici, quindi le possibili destinazioni dell’energia prodotta sono le seguenti:
1) Al mercato:

·                     vendendo l’energia ad un cliente finale idoneo o un grossista tramite contratto bilaterale

·                     vendendo l’energia in borsa

2) Richiedere:

·                     al gestore di rete cui l’impianto è connesso il ritiro dell’energia elettrica prodotta. Esiste una precisa convenzione stipulata da Federenergia, Enel Distribuzione, GRTN, Acquirente Unico e associazione dei produttori che ha lo scopo di definire le modalità tecniche, economiche e contrattuali per il ritiro dell’energia elettrica.

Tale convenzione è di durata annuale e rinnovabile e per il proprio territorio il produttore cede al gestore di rete tutta l’energia elettrica prodotta al netto di quella autoconsumata.

Grazie alla convenzione per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza fino ad 1MW i gestori di rete garantiscono i seguenti prezzi minimi definiti per scaglioni: per i primi 500.000 kWh annui 95 euro/MWh da oltre 500.000 kWh fino a 1 milione di kwh annui 80 euro/MWh da oltre 1 milione fino a 2 milioni di kWh annui 70 euro/MWh oltre 2 milioni di kWh annui il prezzo dell’Acquirente Unico ( per fasce orarie o indifferenziato).
L’applicazione di questi prezzi minimi è stata riconosciuta per garantire la copertura dei costi di piccoli impianti che utilizzano le fonti rinnovabili, ma che non sono in grado di partecipare e competere al mercato, in più poiché l’energia ritirata dai gestori di rete è remunerata sulle immissioni effettive i produttori hanno il vantaggio di non presentare i programmi di produzione e quindi non vengono applicati i corrispettivi di sbilanciamento. I costi da riconoscere al gestore sono 120 euro annui per impianto per coprire i costi amministrativi e 0.5% del controvalore dell’energia ritirata; se ci si avvale del gestore di rete per la gestione dei contratti bisogna corrispondere ulteriori 120 euro annui per impianto e 0.5% del controvalore dell’energia ritirata

 

i certificati verdi

I certificati verdi sono dei veri e propri titoli negoziabili sul mercato elettrico, emessi e controllati dal gestore della rete di trasformazione nazionale ( GRTN ), aventi lo scopo di incentivare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e attestanti la provenienza di tale energia da impianti alimentati da fonti rinnovabili quali: il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici. Per avere diritto alla certificazione gli impianti devono essere qualificati dal GRTN come impianti alimentati da fonti rinnovabili ( IAFR ), quindi gli impianti di biogas che utilizzano rifiuti organici e/o prodotti vegetali con lo scopo di produrre energia elettrica hanno diritto alla qualificazione IAFR ed al rilascio dei certificati verdi che si ottengono seguendo questa procedura:

·                     richiedere al GRTN il riconoscimento IAFR

·                     avuto il riconoscimento si può richiedere al GRTN l’emissione dei certificati verdi per l’anno in corso insieme alla domanda, per gli anni successivi all’entrata in produzione, deve essere presentata la dichiarazione fatta all’UTF che dimostrerà la produzione effettiva.

 

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Le condizioni tecniche per la cessione dell'energia devono essere concordate con l'ente distributore.

 

Per ottenere un certificato verde bisogna produrre annualmente almeno 50.000 kwh di energia elettrica, ma per piccoli impianti basta una produzione di energia superiore ai 25.000 kwh annui per avere diritto ad un certificato verde. I certificati vengono concessi all’impianto qualificato per gli 8 anni conseguenti all’entrata in esercizio, con la possibilità di ottenere per ulteriori anni nuovi certificati previo rimodernamento o ripotenziamento dell’impianto. Attualmente si sta discutendo la possibilità dal punto di vista legislativo di aumentare a 12 anni il periodo di rilascio dei certificati verdi. La domanda di certificati è imposta dalla legge, in quanto vige l’obbligo di immettere nel sistema elettrico nazionale una quota parte di energia prodotta da fonti rinnovabili pari al 2.35% incrementata dello 0.35% per anno dal 2004 fino al 2006 e per i successivi trienni 2007-2009 e 2010-2012 l’incremento sarà uguale o superiore. Il prezzo dei certificati verdi è variabile e fissato di anno in anno in base agli incentivi concessi, ricordando che per il 2004 il valore è stato fissato in 9,739 euro cento per kwh e viene riconosciuto sulla totale produzione sia quella auto consumata, sia quella ceduta. È molto importante evidenziare che i certificati verdi posseduti dal gestore di un impianto biogas e l’energia elettrica prodotta dallo stesso impianto possono essere venduti separatamente poiché i certificati verdi vengono pagati sul totale dell’energia elettrica prodotta dall’impianto, mentre l’energia elettrica che viene pagata è quella ceduta alla rete nazionale, che a sua volta usufruisce della condizione favorevole di priorità di dispacciamento poiché prodotta da fonti rinnovabili. Inoltre le opere per la realizzazione di un impianto IAFR sono di pubblica utilità, come previsto dal Dlgs 387/03. Pertanto fermo restando il rilascio del CPI di competenza del servizio antincendio del Ministero dell’Interno, tutte le opere connesse alla realizzazione ed alla gestione sono soggetti ad un’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione o da altro soggetto delegato.

(Feb.2010)

Aniello Venturiello

 


 

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|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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