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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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RACCOLTA DIFFERENZIATA…E NON SOLO

di Andrea Cavedon 

 

La gestione dei rifiuti rappresenta una delle sfide maggiori, in quanto ci chiede di elaborare sistemi integrati ossia capaci di intervenire non solo sul piano della normativa, della tecnologia, dell’organizzazione, dell’incentivazione, ma anche sul piano dell’educazione e della cultura alla gestione delle risorse a partire dalla quotidianità di ognuno di noi.

Sebbene la maggior parte dei rifiuti provenga dall’attività estrattiva e manifatturiera, è altrettanto vero che ogni europeo produce in media più di 500 Kg all’anno di rifiuti solidi urbani; è facile capire quindi che una sempre più corretta gestione di tali rifiuti comporti un sostanziale miglioramento della qualità della vita non solo per gli attuali, ma anche per i futuri abitanti del nostro pianeta. In Italia, gli Enti Locali che gestiscono questo servizio si stanno adeguando un po’ in ordine sparso, con tempi e modalità piuttosto difformi. Se da una parte è interessante notare come la capacità, responsabilità, professionalità e fantasia di realtà diverse abbiano messo in piedi sistemi diversi ma altrettanto efficaci, dall’altra si nota che ci sono regioni, in particolare nel centro sud, ancora troppo inerti a questo tema relativo alla gestione del territorio.

Uno dei documenti che meglio evidenziano come si muovono i comuni d’Italia in relazione alla gestione dei rifiuti solidi urbani è il rapporto di Legambiente su i cosiddetti “comuni Ricicloni”; tale iniziativa, attraverso una graduatoria, definisce Ricicloni quei comuni che raggiungono almeno il 60% di raccolta differenziata rispetto ai rifiuti raccolti.

Innanzi tutto è interessante notare come la valutazione di Legambiente sulla gestione dei rifiuti non si limiti alla rilevazione del semplice dato relativo alla percentuale di raccolta differenziata da ogni comune, ma consideri anche altri parametri (ben 24) come la quantità di rifiuti prodotti, l’efficacia del servizio erogato, i metodi di raccolta, la sicurezza del processo di smaltimento, la cui elaborazione definisce il cosiddetto Indice di Buona Gestione. E’ un analisi che valuta il “sistema” nella sua globalità, a tutto tondo; infatti è evidente che non basta puntare ad una raccolta differenziata spinta se non si interviene a monte, ossia sulla produzione dei rifiuti. Passa già un concetto fondamentale, che non possiamo affrontare con successo il problema se consideriamo solamente la fase di “scarto” di un bene, ma la gestione deve considerare tutta la vita di un prodotto, fin dalla modalità della sua produzione. Inoltre, il semplice dato relativo alla raccolta differenziata risulta riduttivo se non è abbinato alla effettiva possibilità di riciclare il materiale raccolto tramite un metodo efficace che consenta un corretto conferimento dei rifiuti.

 

Osservando i dati dell’indagine “comuni Ricicloni 2011” (periodo di riferimento 2010) a livello regionale

(fonte “Comuni Ricicloni 2011” Legambiente)

 

il Veneto risulta essere la regione più virtuosa con oltre il 65% di comuni ricicloni; tra le province di questa regione spicca quella di Treviso. Man mano che si scorre la graduatoria, si nota che il cammino da fare è ancora lungo; infatti la seconda regione, il Friuli Venezia Giulia, raggiunge il 34% e la Campania (al 5° posto) supera appena il 10%. Inoltre ben 14 regioni non riescono a raggiungere il 10% di comuni Ricicloni, attestando la media nazionale all’11,01% (pari al 13,4% della popolazione italiana). Mentre il Trentino Alto Adige è la regione più attiva con un incremento dell’8,7% rispetto all’anno precedente (8 dei primi 10 comuni della graduatoria assoluta comprendente tutti i comuni d’Italia sono in provincia di Trento) e l’Umbria che dallo 0% si attesta al 3,3%, le note dolenti arrivano dalla Lombardia e dalla Campania che, sempre rispetto all’anno precedente, riscontrano una sensibile riduzione rispettivamente del 7,4% e del 4,3%. Inoltre si nota un certo ritardo della Valle D’Aosta, regione con un ricco patrimonio naturale e con una spiccata tradizione turistica; nessuno dei 74 comuni ha superato la soglia del 60%.

Gestire la raccolta differenziata di un comune con qualche migliaia o decina di migliaia di abitanti è sicuramente meno oneroso rispetto alle grandi città. Infatti nessuna metropoli riesce a superare la soglia del 60%; mentre Roma e Napoli ottengono risultati sconfortanti, Torino raggiunge il 42% e Milano il 35%; va precisato che a Milano è stata avviata una sperimentazione relativa alla raccolta dell’umido su circa 200 mila abitanti; in questa prima fase si è raggiunto un ottimo risultato, il 98% di purezza del materiale raccolto.

I dati relativi ai capoluoghi di provincia sembrano rappresentare un’ Italia a 2 velocità; infatti mentre il nord ottiene percentuali di raccolta differenziata e dell’Indice di Buona Gestione mediamente maggiori con Pordenone, Verbania, Belluno, Novara e Asti (in ordine decrescente), è il sud che segue a breve distanza con valori che si scostano di pochi punti percentuali con Salerno, Carbonia, Oristano, Nuoro e Avellino sempre in ordine decrescente; il centro purtroppo non presenta alcun capoluogo che sia riuscito a raggiungere il 60% di raccolta differenziata.

Il rapporto di Legambiente individua altre 2 categorie: i comuni sopra i 10.000 abitanti e i comuni sotto i 10.000 abitanti. Nell’ambito di queste 2 categorie sono state individuate 3 grandi aree: area nord, area centro e area sud.

I comuni Ricicloni con più di 10.000 dell’Area nord, sono 195 di cui ben 98 sono della regione Veneto, 57 della Lombardia, 19 del Piemonte, 10 dell’Emilia Romagna, 8 del Friuli Venezia Giulia, 3 del trentino Alto Adige. Nessun comune ligure e della Valle d’Aosta rientra in questa categoria (anche per il fatto che sono pochi i comuni che hanno una popolazione maggiore di 10.000 abitanti). E’ da notare che i primi 54 comuni superano il 70% dell’Indice di Buona Gestione; 124 superano  il 60% e 190 superano il 50%.

In quest’area 26 dei primi 30 comuni sono della regione Veneto e ben 21 rientrano nella provincia di Treviso; è da notare che anche nell’ambito del Veneto si trova una sensibile differenza tra le province: Treviso raggiunge quota 32 comuni con il 60 % di raccolta differenziata, segue Vicenza con 18, Verona con 17, Venezia con 13, Padova con 11, Rovigo con 6 e nessun comune della provincia di Belluno (per la provincia di Belluno va detto che a parte il capoluogo, che ottiene buoni risultati, solo Feltre supera i 10.000 abitanti).

I comuni con più di 10.000 abitanti dell’Area centro che raggiungono il 60% della raccolta differenziate sono 12; solamente Montespertoli (FI) supera il 70% di Indice di Buona Gestione, 4 sono i comuni che superano il 60% e 7 superano il 50%; 6 sono i comuni della Toscana, 5 della regione Marche (tutti della provincia di Macerata) e 1 del Lazio.

Nell’Area sud i comuni con più di 10.000 abitanti che superano il 60% di raccolta differenziata sono 19; nessuno di questi supera il 70% di Indice di Buona Gestione, 7 superano il 60% e 16 il 50%. Dei 19 comuni, 12 sono della Campania, 2 della Sardegna, 2 dell’Abruzzo, 2 della Sicilia e 1 della Basilicata.

Passando alla categoria relativa ai comuni con meno di 10.000 abitanti, si osserva che nell’Area nord i comuni Ricicloni sono 933. I comuni che superano il 70% di indice di Buona Gestione sono 231, 587 superano il 60% e 881 superano il 50%. Di questi 283 sono in Veneto, 274 in Lombardia, 202 in Piemonte, 94 in Trentino, 66 in Friuli, 13 in Emilia Romagna e 1 in Liguria. Anche i questo caso è da notare una situazione analoga a quanto detto sopra in merito alla Valle d’Aosta; tutti i 96 comuni del Trentino sono della provincia di Trento; nessun comune della provincia di Bolzano raggiunge il 60% di raccolta differenziata.

Nell’Area centro i comuni Ricicloni con meno di 10.000 sono 27; solamente 2 superano il 70% dell’Indice di Buona Gestione, 11 vanno oltre il 60% e 23 si attestano sopra il 50%. Di questi 16 sono nelle Marche (di cui 13 in provincia di Macerata), 6 nel Lazio, 3 in Umbria e 2 in Toscana.

Infine nell’Area sud i comuni Ricicloni con meno di 10.000 abitanti sono 94. Di questi 11 superano il 70% di Indice di Buona Gestione, 37 il 60% e 90 il 50%. A differenza di quanto sia presente nell’immaginario collettivo è la Campania a trainare le regioni del sud con ben 46 comuni; 18 sono in provincia di Salerno a testimoniare che il positivo esempio della città di Salerno sta dando buoni frutti anche in provincia. A seguire troviamo la Sardegna con 25 comuni Ricicloni, l’Abruzzo con 9, la Sicilia con 8, la Calabria con 3 e il Molise, la Basilicata e la Puglia con 1.

 

Ecco come potremmo visualizzare i dati sopra descritti:

     

(fonte “Comuni Ricicloni 2011” Legambiente)

 

(fonte “Comuni Ricicloni 2011” Legambiente)

 

Anche se i dati confermano il nord come area che meglio si è attrezzata e si sta attrezzando per la gestione dei rifiuti solidi urbani, va riconosciuto che anche al sud ci sono delle realtà che spiccano per gli importanti risultati ottenuti. Sicuramente va citata la città di Salerno e alcuni comuni della provincia; inoltre, come evidenzia il documento di Legambiente, anche in provincia di Napoli cominciano ad intravedersi segnali positivi. Il comune di Acerra proprio quest’anno, ha iniziato a sperimentare la raccolta differenziata; i primi risultati fanno ben sperare in quanto la raccolta differenziata nell’area oggetto di sperimentazione ha raggiunto il 70% portando la media del comune al 20%; un passo, seppur piccolo, ma sempre un passo che avvicina la realtà di Acerra a quella di Ponte nelle Alpi che nel 2011 è il comune al primo posto della classifica assoluta dei comuni Ricicloni.

 

Un altro dato interessante, elaborato da Legambiente, è la quantità di Kg di CO2 pro capite/anno che ciascun comune riciclone ha risparmiato per ogni Kg di frazione differenziata; tale dato non segue linearmente l’andamento della percentuale di raccolta differenziata in quanto si basa sul numero di abitanti e sulle quantità differenziate per ogni tipo di materiale che ovviamente non sono uguali per tutti i comuni; inoltre la quantità di Kg di CO2 risparmiata varia a seconda della tipologia del materiale come di seguito riportato;

 

tipologia

Kg di CO2 risparmiati

per ogni Kg di frazione differenziata

Carta

0,97

Plastica

1,55

Alluminio

13,08

Metallo

1,86

Vetro

0,28

Organico

0,21

(fonte “Comuni Ricicloni 2011” Legambiente)

 

Osservando i dati del documento di Legambiente, si nota come mediamente tale valore si attesti intorno ai 100 Kg risparmiati pro capite; è facile intuire che tra i comuni sotto i 10.000 abitanti vi sono dei valori più alti con picchi che raggiungono anche i 300/500 Kg; merita una menzione il comune di Oristano che tra i capoluoghi raggiunge il valore più alto di 209 Kg di CO2 pro capite risparmiata a fronte di una popolazione con circa 31.000 abitanti e il comune di Novara che con 105.000 abitanti raggiunge i 171 Kg di CO2 pro capite risparmiata.

 

E’ interessante osservare anche i dati relativi ai vari consorzi nazionali e che di seguito  si riporta in sintesi:

·         il CIC (Consorzio Italiano Compostatori) negli ultimi 10 anni ha visto aumentare gli impianti di compostaggio da 10 a 200; la produzione nazionale annua di compost si aggira intorno al 1.200.000 tonnellate.

·         il COMIECO (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica) nel 2010, a fronte di un immissione nel mercato di 4,3 milioni di tonnellate di carta e cartone, ha gestito la raccolta differenziata per un quantitativo di 3,1 milioni di tonnellate;

·         il COREPLA (Consorzio Recupero Plastica) ha gestito la raccolta differenziata di 614.000 tonnellate di plastica di cui quasi il 58% è stato avviato al riciclo e il 40% circa (non avviabili al riciclo) sono stati utilizzati come combustibili alternativi in sostituzione di quelli fossili, riducendo il ricorso alla discarica; i risultati del 2010 hanno permesso il risparmio di circa 3.165.000 tonnellate di CO2. Inoltre se già nel 2010 il Contributo Ambientale era sceso a 160€ per tonnellata, dal 1° luglio 2011 si è ulteriormente abbassato a 140€ per tonnellata;

·         il CIAL (Consorzio Nazionale per il recupero e il riciclo degli imballaggi in alluminio) nel 2010 ha superato il 72% di riciclo di imballaggi di alluminio immessi nel mercato; considerata l’elevata energia per produrre l’alluminio e la conseguente elevata emissione di CO2 (vedi tabella sopra riportata), è considerevole la quantità di CO2 risparmiata (371.000 tonnellate). L’Italia è leader in ambito europeo per il riciclaggio di alluminio;

·         il CNA (Consorzio Nazionale Acciaio) ha raggiunto il 71% di imballaggi in acciaio riciclati rispetto a quelli immessi nel mercato;

·         il CoReVe (Consorzio Recupero Vetro) gestisce il ritiro e l’avvio al riciclo dei rifiuti di imballaggi in vetro. Nel 2010 gli imballaggi in vetro riciclati sono stati il 68,3% del quantitativo immesso nel mercato. In merito al riciclo degli imballaggi in vetro, il prossimo passo è quello di implementare un sistema di raccolta differenziata per colore consentendo una maggiore qualità del materiale da avviare al riciclo.

 

E’ diffusa l’opinione che investire nella gestione dei rifiuti non porti ad un reale percorso che incida sostanzialmente nella loro riduzione; ma questa presa di posizione non tiene conto del fatto che i beni non riciclati sono uno spreco di denaro. Progettare beni, strumenti, prodotti che non si possono riciclare è un errore non solo dal punto di vista della tutela dell’ambiente, ma anche dal punto di vista economico in quanto è uno spreco di materie prime, energia, lavoro. Questa è una considerazione che dovrebbe stare alla base della progettazione di qualsiasi bene, ma la realtà dimostra che in generale vi è una notevole difficoltà ad attuare questo approccio, non sempre per scelta ma anche per la mancanza di tecnologia che permetta di farlo. Questo non esclude che comunque si possano elaborare tecniche per massimizzare il riciclo dei materiali usati. Esiste  da tempo un’economia del riciclo, un “settore” che “produce”, non solo tutela dell’ambiente,  ma anche denaro e posti di lavoro. Alcuni dati (fonte Cerani 2011) indicano che il settore del recupero in Italia nel periodo dal 2000 al 2006 è cresciuto del 17,2% a fronte di una riduzione nello stesso periodo del settore industriale del 4%. Questo spiega perchè alcune regioni abbiano deciso di investire in questo settore, non solo per una questione di sicurezza ambientale, ma anche perché hanno intravisto una reale possibilità di sviluppo economico per la loro gente.

Sicuramente la partita e ancora aperta e ci aspetta una grande sfida sul piano dell’educazione, della sensibilizzazione, con efficaci iniziative di informazione e formazione, puntando in modo particolare ai giovani, alle scuole, perchè siamo chiamati a modificare il nostro comportamento sia nella modalità e nella quantità dei nostri consumi, sia nelle abitudini che abbiamo consolidato nel gestire quotidianamente i nostri rifiuti domestici.

E’ proprio una questione di abitudine: praticare la raccolta differenziata non ci toglie nulla in fatto di benessere, di godimento di ciò che abbiamo, anzi ci permette di partecipare concretamente alla possibilità di consegnare ai nostri figli un ambiente più vivibile e una prassi di vita più sostenibile. Volendo lanciare una provocazione, già questo potrebbe bastare, senza dover escogitare chissà quali forme di incentivazione, per “invogliare” le persone a effettuare determinate pratiche.

Contestualmente la sfida si gioca sul piano della tecnologia per implementare sistemi che permettano di raggiungere livelli sempre più alti in fatto di quantità e qualità del materiale riciclato/rigenerato; le strade sono diverse e gli esempi dimostrano che si stanno provando soluzioni anche integrate tra loro. Interessanti sono alcuni studi (es. fonte Cerani 2011) che indicano come la tecnologia del riciclo/rigenerazione, che permette di ottenere del materiale (granulato)  utile da immettere in nuovi cicli produttivi (es. in edilizia), determini anche un forte incremento occupazionale strutturato in realtà aziendali di minor impatto rispetto a stabilimenti destinati allo smaltimento come gli inceneritori e che quindi, anche da un punto di vista della distribuzione della ricchezza, hanno una ricaduta più diffusa ed omogenea nel territorio.

Ci si augura, che in questo ambito, persone appassionate e competenti non si fermino ai risultati ottenuti, ma possano continuare ad elaborare nuove strategie che siano replicabili e non solamente realtà isolate; queste persone avranno comunque bisogno della nostra collaborazione…quotidiana.

 

Andrea Cavedon

 


 

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