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I rally più avventurosi
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TURISMO ITINERANTE
di
Simone Pavarin
I rally più avventurosi
Quando si pensa ad una competizione di veicoli a livello
internazionale si immaginano potentissimi bolidi monoposto che viaggiano
ad oltre 300 chilometri orari su rettilinei ed impegnative curve. Il
famoso Gran Premio di Formula Uno è l’esempio più noto. Vi sono però
competizioni meno “asettiche” nelle quali ci si “sporca” molto di più e
che spesso regalano emozioni particolarmente forti. Competizioni che non
raccolgono gli enormi investimenti pubblicitari tipici delle gare da F1,
che non si risolvono in una domenica pomeriggio assolata, ma che
richiedono una forza di volontà non comune da parte di tutti i
componenti dei team che partecipano alla gara e che costringono a
vivere in condizioni disagiate per diversi giorni.
Mi riferisco a quell’insieme di gare che si svolgono con
i fuoristrada in ambienti naturali ostili come il deserto, la giungla o
la foresta. Esistono molte gare di questo tipo, in questa sede
ricorderemo le due forse più famose del globo, sicuramente le più
conosciute in Europa, il Camel Trophy e il rally Dakar.
Per chi come il sottoscritto era un ragazzino negli anni
’80 sicuramente ricorderà quegli adesivi giallo-neri che molti
“fuoristradisti” o aspiranti tali, applicavano sulle loro utilitarie e
che recavano la scritta Camel Trophy. Noto in tutto il mondo, il Camel
Trophy era una competizione durissima per fuoristrada, forse la più
famosa del suo genere, sponsorizzata dalla nota multinazionale del
tabacco la Camel.
La prima edizione, quella storica del 1980, si svolse in
Brasile per un totale di 1600 chilometri percorsi in 12 giorni.
Inizialmente i veicoli fuoristrada vennero messi a disposizione
dell’americana Jeep poi dalla britannica Land Rover con veicoli
rigorosamente “standard line” ovvero prodotti di serie in commercio. I
veicoli venivano verniciati di giallo con la classica scritta Camel
Trophy e dotati di tutta una serie di equipaggiamenti atti ad affrontare
l’impegnativa competizione. Nel 1997 la gara viene radicalmente
modificata ed arricchita di prove speciali, questo, secondo alcuni
decreterà l’uscita ufficiale della Land Rover dall’organizzazione della
competizione che si svolgerà fino all’ edizioni del 2000. Quest’ultima
edizione si svolgerà in Oceania, con la classica ambientazione marina e
le vetture saranno fornite dalla Honda. Nonostante la competizione non
si svolga più da diversi anni, lo spirito della gara è tenuto in vita
dal “Camel Trophy Owners Club” dedicato in particolare a tutti i veicoli
che sin dall’inizio hanno partecipato a questa incredibile avventura.
Una competizione, similare per spirito d’avventura, ma
più tradizionale nel percorso è il rally Dakar più nota come
Parigi-Dakar. La prima edizione si svolse nel ’79 ed il suo nome deriva
dal tragitto che vide la partenza nella capitale francese e l’arrivo in
quella senegalese. In realtà non tutti gli anni si seguì tale percorso
ma in generale la gara si è svolta nell’area desertica del continente
africano fino al 2009 anno in cui si è passati al Brasile.
La peculiarità di questa competizione è costituita dal
fatto che possono partecipare più tipi di veicoli in particolare auto
autocarri e moto.
A differenza del Camel Trophy, la Parigi Dakar accoglie
più costruttori tra cui Honda, Mitsubishi, Cagiva, Bmw. Il 2008 ha
decretato un forte cambiamento organizzativo, visto il clima
d’instabilità politica dell’area sahariana per cui per quell’anno la
gara venne annullata e per i successivi fu trasferita in Brasile.
Ironia del destino, o forse no, l’edizione del 2012 si terrà ancora in
sud America proprio nella zona di quel popolo, i Maya che predissero
proprio per quell’anno la fine del mondo.
Come già detto, queste competizioni non hanno mai
attratto grandi investimenti pubblicitari per cui parte del costo della
competizione è sempre stato a carico dei partecipanti.
Grandi emozioni, paesaggi suggestivi, fama e premi,
rappresentano la ricompensa per i partecipanti a queste avventure, ma
un pensiero va anche alle vittime di tali gare. Il Camel Trophy ma in
particolare il rally Dakar hanno pagato, negli anni un alto prezzo in
vite umane, sia tra i corridori, ma ancora più tragicamente tra le
popolazioni locali che avrebbero dovuto ricevere solo dei benefici
ospitando gare di tale livello professionale.
(S.P.)
Turismo itinerante
Arriva l’estate e come tutti gli anni si pensa alle
vacanze. Orde di turisti si spostano dalle città alle più esotiche
località balneari e li trascorrono intere giornate tra camera d’albergo,
spiaggia e bar dell’hotel usufruendo del tanto agognato “all inclusive”,
locuzione inglese che si riferisce al “tutto incluso” anche le bevande
fuori pasto. Vi è però una categoria di turisti che interpretano la
vacanza come un momento, si di relax, ma anche e soprattutto come
avventura e aggregazione, sono i “turisti itineranti”. In origine, anni
’50 e ’60 erano i campeggiatori, che con le loro tende si insediavano
vicino al mare anche per solo una giornata felici di vedere sempre posti
diversi. Questi turisti non godevano delle comodità delle enormi aree
attrezzate moderne, ma si accontentavano di piccoli campi spartani dove
tutti potevano stringere amicizia. In qualche modo questa tradizione
oggi è raccolta dall’ “agricampeggio”, ovvero degli agriturismo
attrezzati per ospitare anche tende nel rispetto dei due imperativi
classici del turismo cioè: conoscenza di nuove culture e scoperta di
prodotti tipici. Canoni questi che attualmente sembrano essere
smarriti.
Il tipi di turismo itinerante oggi più diffuso è
certamente quello effettuato grazie al Camper. Il Camper, o autocaravan
per utilizzare la dicitura del codice della strada, è un vicolo a
motore con peculiarità uniche. Per prima cosa è necessario ricordare che
l’Italia è il terzo paese in Europa dopo Germania e Francia per numero
di “camperisti” esistenti e questo ha sviluppato una rete di aree
d’appoggio per camper piuttosto efficiente. Il camper, forse, è l’unico
mezzo che unisce alla scoperta di nuovi luoghi quelle minime comodità
tipiche di casa. Nel camper infatti vi sono tavoli, sedie, fornelli per
cucinare, letti, docce, servizi igienici. Un elemento che non tutti
conoscono è rappresentato dal fatto che nel camper vi è un riscaldatore
d’acqua potabile con relativo serbatoio, acqua per usi domestici e un
serbatoio per le così dette “acque grigie” ovvero quelle provenienti dai
servizi igienici e dai lavandini. Le “acque grigie” dopo essere state
trattate con appositi agenti disgreganti vengono riversate nelle aree
attrezzate. La tecnologia oggi ha sviluppato anche motori talmente
potenti e compatti da rendere il camper un fantastico mezzo di trasporto
efficiente ed ad alte prestazioni. Un aspetto non essenziale ma
certamente di rilevo è l’economicità di una vacanza in camper rispetto
ad una tradizionale in albergo. Tolto il costo del veicolo,
ammortizzabile in un decennio, una vacanza di qualche giorno può costare
anche poche centinaia di euro.
I camperisti rappresentano una casta che rifiuta le
vacanze convenzionali in hotel, ma vuol far rivivere il turismo come
realmente era concepito in passato, ovvero avventura e rafforzamento dei
legami. E’ infatti lapalissiano che vivere per diversi giorni nello
spazio ristretto di un camper, ma soprattutto condividere esperienze
nuove, può solo giovare alla coesione di una famiglia o di un gruppo di
amici.
In genere siamo abituati a pensare al camper come un
veicolo da rispolverare solo d’estate, in realtà negli ultimi anni,
anche in Italia, si sta diffondendo un tipo di turismo itinerante di
carattere invernale. Si parte non più ad agosto, ma a gennaio, non più
per le calde spiagge del sud, bensì per le cime innevate del nord.
Naturalmente il camper deve essere attrezzato per le nuove condizioni
climatiche che si incontreranno. In particolare deve essere potenziato
il sistema di riscaldamento interno, in genere a mezzo stufa a gas, a
volte anche a gasolio, e ci si deve munire di kit invernale di coperte e
piumoni. Da sottolineare la necessità di mantenere ad una temperatura
superiore allo zero i serbatoi dell’acqua per evitare il rischio di
pericolosi congelamenti. Presi questi piccoli accorgimenti il camperista
invernale è pronto per la sua avventure sulle piste da sci.
Un aspetto importante da sottolineare è che in genere gli
stessi camperisti si vantano di applicare il così detto turismo
sostenibile. Oggi è globalmente riconosciuto che visitare nuovi luoghi e
diverse culture deve necessariamente essere costruttivo e non
distruttivo. E’ imperativo da un lato, rispettare l’ecosistema esistente
e dell’altro in qualche modo “remunerare” la collettività che ci ospita.
Simone Pavarin
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