Il RECUPERO VIRTUOSO
CON GLI IMPIANTI MOBILI PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI INERTI DA
DEMOLIZIONE
ANALISI DI UN FENOMENO VISIBILE CON UN OCCHIO PARTICOLARE ALLA REGIONE
LOMBARDIA
di
Pietro Cucumile
Considerazioni di carattere
preliminare e generale.
Il riciclaggio
dei materiali da demolizione, allo stato dell’attuale tecnologia, può
avvenire con i mezzi più avanzati: frantoi e vagli trasformano macerie e
rifiuti non pericolosi da demolizione in materiale di differente
pezzatura destinato al riutilizzo nel campo stradale ed edile.
La frantumazione mediante gruppi semoventi mobili in grado di spostarsi
all’interno dei cantieri dà la possibilità di organizzare campagne di
frantumazione che permettono il recupero dei materiali inerti nel sito
dove questi vengono prodotti. Infatti, i rifiuti inerti da demolizione
per essere riutilizzati devono essere trattati con idonei impianti di
frantumazione, selezione e classificazione.
Gli impianti mobili consentono non solo la semplice riduzione
volumetrica dei singoli elementi immessi nell'impianto ma anche un
adeguato assortimento granulometrico dei materiali in uscita al
trattamento, oltre a favorire l’eliminazione delle frazioni non inerti.
Il risultato è economicamente conveniente, tenuto conto soprattutto dei
costi che la mancata separazione causerebbe.
Gli impianti mobili, quindi, innescano un processo virtuoso che è quello
del "recupero delocalizzato".
La temporanea dimora degli impianti mobili nei cantieri favorisce
l’attività di recupero di materiali inerti con i seguenti vantaggi:
abbattimento dei costi di trasporto dei rifiuti oltrechè di tempo,
riutilizzo nel sito del materiale macinato, riduzione della richiesta di
materia prima per riempimenti, sottofondi, rilevati et coeteribus.
Alla luce
dell'elevato numero di cantieri aperti in qualsiasi contesto locale,
proprio per la visibilità di questo fenomeno, è utile tentare di
comprenderne bene la normativa che ne circoscrive l’impiego. Inoltre, è
evidente la finalità del legislatore di voler incentivare l’impiego
delle materie prime secondarie, di ridurre quanto più possibile il
prelievo di risorse naturali e di rendere residuale il loro conferimento
in discarica, con un notevole abbattimento dei costi per il conferimento
in discariche inerti o in centri di recupero. Se ne deduce che lo
smaltimento dei rifiuti da demolizione abbia un costo significativo per
le imprese che li producono, mentre il recupero per ottenerne altre
materie prime (cosiddette materie prime secondarie, “M.P.S.”) sia una
possibilità economicamente interessante.
L’impianto mobile e il suo
funzionamento.
Per impianto mobile si intende di norma un impianto con caratteristiche
di mobilità e di facile trasportabilità finalizzato al trattamento di
rifiuti per mezzo di campagne di breve durata.
Un impianto
mobile completo, montato su ruote o cingolati o trasportato su un
rimorchio, è costituito da:
-
tramoggia
di carico (bocca di carico da 500 mm a 1.200 mm) con alimentatore e
prevagliatura;
-
mulino
(costituito da frantoio a mascelle o a martelli);
-
deferrizzatore con magnete;
-
nastro
trasportatore per lo scarico del materiale trattato;
-
impianto
di vagliatura;
-
apparato
motore;
-
impianto
di abbattimento polveri.
L’impianto
deve essere già stato costruito con caratteristiche tecniche tali da
garantire nel corso dell’attività una bassa rumorosità e una bassa
emissione di polveri e gas di scarico. A seconda delle varie
potenzialità, la produzione oraria può essere compresa tra 50 e 70
m.c./ora. Per l’alimentazione della tramoggia possono essere utilizzati
escavatori o pale meccaniche.
Merceologicamente, i rifiuti “trattati” sono costituiti da mattoni
forati e pieni, coppi e tegole, mattonelle per pavimenti e rivestimenti,
cemento, intonaci e cartongesso, traverse in legno o acciaio, tubi
corrugati passacavo, cavi elettrici, scatole elettriche, tubazioni di
scarico, sanitari, rubinetterie, legname di pavimentazione e
rivestimento, marmi, graniti, ciottoli et coeteribus. Al fine di
adempiere a quanto prescritto dal nuovo sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti “SISTRI” gli impianti mobili andranno
inseriti come unità locali (U.L.).
Inquadramento normativo.
I rifiuti da
demolizione e da costruzione prodotti da cantieri edili sono
classificabili come rifiuti speciali ex art. 184, comma 3, lett.
b) del D. l.gs. n° 152/06: “sono rifiuti speciali… i rifiuti
derivanti dalle attività di demolizione, costruzione….”
La produzione
quantitativa di questo tipo di rifiuti è notevole se si pensi che nel
solo anno 2006 ne sono stati prodotti più di 52 (cinquantadue) milioni
di tonnellate.
Alla luce di
quanto appena descritto, il recupero, che può essere condotto
direttamente sul cantiere dove sono stati prodotti i rifiuti, deve
avvenire attraverso l’uso di impianti di frantumazione idonei a separare
le varie frazioni e ad ottenere materie prime secondarie atte al
successivo utilizzo.
Secondo la
normativa sui rifiuti, l’attività de qua si configura come
un’attività di recupero di rifiuti e, secondo l’allegato C del D.lgs. n°
152/06, è classificata con il codice “R5”. I rifiuti che possono essere
sottoposti a lavorazione sono contrassegnati con i seguenti codici “C.E.R.”
(catalogo europeo rifiuti):
17 01 01 -
cemento;
17 01 02 -
mattoni;
17 01 03 -
mattonelle e ceramica;
17 01 07 -
miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, se
classificati non
pericolosi;
17 08 02 -
materiali da costruzione a base di gesso diversi da quelli di cui alla
voce 17 08 01;
17 09 04 -
rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, se
classificati non pericolosi.
L’indicazione
dei codici “C.E.R.” è tanto più importante dal momento che nella
richiesta di autorizzazione va indicata:
q
la classificazione dei rifiuti trattabili nell’impianto
(con riferimento all’art. 184 del D.Lgs. n° 152/2006);
q
la descrizione delle caratteristiche dei rifiuti
trattabili nell’impianto con relativa codifica (codice CER) e quantità
(in peso e volume);
q
per gli impianti di recupero, il relativo riferimento
all’allegato I del D.M. 05.02.1998;
q
la tipologia, quantità e destinazione dei rifiuti che si
originano dall’attività di recupero (scarti, sovvalli, etc.)
L'articolo
208, comma 15, del decreto legislativo n.152/2006 definisce la procedura
ordinaria per l'autorizzazione degli impianti mobili di smaltimento e di
recupero di rifiuti.
I soggetti che intendono utilizzare impianti mobili di smaltimento e di
recupero di rifiuti devono presentare domanda alla Regione (o altro ente
delegato) per ottenere l'autorizzazione all'uso dell'impianto.
Non ricadono
nella categoria di impianti mobili che effettuano operazioni di recupero
o smaltimento di rifiuti soggetti alla sopracitata procedura:
q
gli impianti di disidratazione dei fanghi generati da
impianti di depurazione che reimmettono l'acqua in testa al processo
depurativo presso il quale operano;
q
gli “impianti di riduzione volumetrica” (ad es. di
pressatura, a condizione che tali operazioni vengano eseguite su partite
omogenee di rifiuti, con ciò intendendo che tali attività non devono
modificare la natura del rifiuto, la sua composizione chimica,
merceologica e la sua codifica C.E.R.);
q
gli impianti per “separazione delle frazioni estranee”
(ad es. deferrizzazione, che non modifica la natura del rifiuto, la sua
composizione chimica, merceologica e la sua codifica);
q
gli “impianti mobili di incenerimento”.
Possono
pertanto essere esclusi dal presente procedimento, a titolo
esemplificativo e non necessariamente esaustivo, le macchine che operano
nei cantieri adibite alla cippatura del legno o del materiale legnoso in
genere o le macchine di pressatura della carta o della plastica.
Sono, invece, assoggettati al presente procedimento, gli impianti mobili
adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali
inerti prodotti da cantieri edili (es. da demolizioni), in quanto non
possono essere considerati impianti che effettuano una semplice
riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazione estranee.
Ruolo di Comuni e Province.
Trattandosi di
attività di trattamento dei rifiuti, sono previste specifiche
autorizzazioni:
-
per
l’impianto, un’autorizzazione regionale (o provinciale se la
funzione sia stata delegata con normativa) rilasciata dalla Regione
ove l’interessato ha la sede legale (rif. art. 208, c. 15
T.U.A.) valevole su tutto il territorio nazionale;
-
per
l’attività di recupero, iscrizione all'Albo Nazionale Gestori
Ambientali (rif. art. 212 c. 5 T.U.A.)
Inoltre, ogni
campagna di attività sul sito deve essere comunicata, in Regione
Lombardia, almeno 60 (sessanta) giorni prima dell’installazione
dell’impianto presso il cantiere, all’Autorità amministrativa che ha
rilasciato l’autorizzazione (Regione o Provincia). La comunicazione
della campagna consiste in una relazione riportante il cronoprogramma di
lavoro con il quale l’impresa rende noto il luogo ed il cantiere ove
avverrà l’attività, la durata dell’intervento, il tipo di macchinario
che verrà utilizzato, gli estremi autorizzativi, l’entità
dell'intervento (orari di lavoro, quantità lavorate/prodotte, tipo di “M.P.S.”
prodotta) nonché la verifica di assoggettabilità dell’evento a procedura
di V.I.A. (valutazione di impatto ambientale). La comunicazione ha lo
scopo di rendere nota l’attività, permetterne i controlli, valutare la
necessità di impartire ulteriori prescrizioni rispetto a quelle generali
dell’autorizzazione o vietare l’attività stessa qualora quest’ultima non
sia ritenuta compatibile con la salubrità dell’ambiente (rif. art.
208 T.U.A.).
I materiali
prodotti dall’impianto di trattamento, per essere inquadrati come
materie prime secondarie, devono avere le caratteristiche indicate dal
D.M. 5.2.98, Allegato 1, sub 1, punto 7.1.4 (materie prime
secondarie per l'edilizia) che rinvia, per le specifiche merceologiche
(cioè per quanto riguarda la granulometria e la percentuale di elementi
estranei), a quanto indicato nell'allegato C della circolare del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 15 luglio 2005, n.
UL/2005/5205. Negli allegati alla citata circolare si ritrovano diverse
tabelle indicanti le specifiche tecniche che debbono avere le “M.P.S.”
in relazione al loro seguente utilizzo finale:
q
per la realizzazione del corpo dei rilevati di opere in
terra dell'ingegneria civile;
q
per la realizzazione di sottofondi stradali, ferroviari,
aeroportuali e di piazzali civili e industriali;
q
per la realizzazione di strati di fondazione delle
infrastrutture di trasporto e di piazzali civili e industriali;
q
per la realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti
e colmate;
q
per la realizzazione di strati accessori (aventi funzione
anticapillare, antigelo, drenante, etc)
Inoltre, al
fine di verificarne la compatibilità ambientale, deve essere condotto su
questi materiali il test di cessione previsto dall’All. 3 del
citato DM 5.2.98.
Cosa accade
in Lombardia.
La Regione
Lombardia con Deliberazione n. 8/10098 del 7 agosto 2009, pubblicata sul
B.U.R.L., Serie Ordinaria, n. 34 del 24 agosto 2009, ha approvato le
linee guida relative alle “procedure per il rilascio
dell’autorizzazione all’esercizio di impianti mobili in ordine allo
svolgimento delle singole campagne di attività” in sostituzione del
D.d.u.o. 25381/01. Per impianto mobile viene inteso una struttura
tecnologica unica o, in casi particolari, un assemblaggio di strutture
tecnologiche uniche, che possono essere trasportate e installate in un
sito per l’effettuazione di campagne di attività di durata limitata nel
tempo non superiore a 120 giorni. Inoltre, per campagna di attività
viene intesa l’effettuazione delle attività di trattamento rifiuti
subordinata alla presentazione, 60 gg. prima dell’installazione, di
apposita comunicazione.
L’area
interessata dalla movimentazione, dallo stoccaggio e dalle soste
operative dei mezzi che intervengono a qualsiasi titolo sul rifiuto,
deve essere conforme ai sensi del r.r. n° 4/06 e realizzata in
modo tale da garantire la salvaguardia delle acque di falda e da
facilitare la ripresa dei possibili sversamenti. Fanno eccezione alcune
casistiche previste nella Circolare della Regione Lombardia n.
Q1.2010.00.1680 del 27 gennaio 2010 (PDF - 150KB), la quale individua
due fattispecie per cui non ricorrono le condizioni per l’applicazione
del r.r. n° 4/06:
-
rifiuti non pericolosi abbandonati ovvero depositati
in maniera incontrollata ai sensi di cui all’art. 192 del D.lgs.
152/06;
-
rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione
(famiglie CER non pericolosi 170100, 170200, 170600, 170800, 170900,
nonché rifiuti di cui ai CER 170504 e 170508), per un quantitativo
massimo pari a 30.000 m.c. per campagne di trattamento di rifiuti
aventi durata massima di 120 giorni.
Inquadramento di un caso
particolare.
Nel caso in
cui l’impianto mobile effettui la sola riduzione volumetrica e la
separazione delle frazioni estranee dei rifiuti il legislatore non ha
previsto l’obbligo autorizzativo. Tale attività non perfeziona il ciclo
di recupero dei rifiuti ma ne effettua una fase preliminare e/o
preparatoria (rif. Direttiva UE 2008/98/CE – All. II Operazioni di
recupero). Infatti, il materiale così prodotto rimane un rifiuto e
deve essere gestito secondo la normativa sui rifiuti: trasporto
accompagnato da formulario, vettore iscritto all’Albo Nazionale Gestori
Ambientali, successivo conferimento a recuperatore/smaltitore
autorizzato. Tanto a meno che non si riesca a soddisfare, già attraverso
tale lavorazione, le caratteristiche previste per la corrispondente “M.P.S.”,
come nel caso di un rifiuto già fortemente selezionato a monte della
frantumazione.
I controlli degli organi di
polizia ambientale.
In caso di
controllo, gli organi di polizia devono innanzitutto verificare se agli
atti del Comune interessato risulti l’esistenza di un cantiere
autorizzato (ovvero lavori coperti con D.I.A. o Permesso di costruire),
operando il cantiere in regime amministrativo controllato.
Nel medesimo
cantiere, si potrebbero rinvenire:
1) un impianto
mobile soggetto ad autorizzazione che effettua il trattamento del
rifiuto e quindi produce materiale destinato al riutilizzo, ovvero “M.P.S.”
conformi alle specifiche sopra citate. Dello stesso dovranno essere
rilevati gli estremi (marca, modello, matricola…), la scheda tecnica
descrittiva, il soggetto proprietario, l’esistenza di autorizzazione
regionale, le caratteristiche visive del materiale prodotto.
2) un impianto
mobile non assoggettato ad autorizzazione che effettua la sola riduzione
di volume e la separazione di frazioni estranee. In tal caso, oltre a
rilevare le caratteristiche dell’impianto, occorre accertare, anche
de visu, le caratteristiche del materiale prodotto, ovvero
dimensioni e composizione merceologica.
Occorre
rilevare se l’impianto sia provvisto di un sistema di abbattimento delle
polveri e verificare, con l’ausilio di personale tecnico idoneo (es.
A.R.P.A.) se le caratteristiche del materiale prodotto dall’impianto
rientrino o meno in una o più di quelle indicate nella circolare del
Ministro dell’ambiente 15 luglio 2005, cioè siano effettivamente
riconducibili ad “M.P.S.” A tal fine, l’azienda dovrà produrre, al
momento dell’accertamento o al termine delle lavorazioni, una
certificazione tecnica nella quale siano stati valutati i parametri
richiesti per l’uso.
Unitamente
alle verifiche sopracitate, occorrerà attivare i locali Dipartimenti
A.R.P.A. per gli accertamenti tecnici relativi alla sussistenza di
inquinanti fisici quali rumori e vibrazioni, indicando orari delle
lavorazioni (e quindi di produzione del rumore), ubicazione degli
esponenti (per condurre i rilievi fonometrici), durata del cantiere e
soggetti responsabili dello stesso.
Per lo svolgimento dell'attività di recupero di rifiuti
mediante impianto mobile è quindi necessario il
possesso, da parte del soggetto che effettua le relative
operazioni, dell'apposita autorizzazione
prevista dall'ari 208, comma 15, del d.lgs. n° 152/06
(già art. 28, comma 7, del d.lgs. n° 22/97) per
l'esercizio dell'impianto mobile da utilizzarsi,
nonché l'inoltro, da parte dell'interessato, della
specifica comunicazione preventiva (prevista dalla
predetta disposizione) riferita alla singola
campagna di
attività, facendosi presente che, sul territorio della
Regione Lombardia, tale
comunicazione deve essere presentata alla Provincia competente, con le
modalità definite dal
d.d.u.o. della stessa Regione Lombardia n. 25381 del
23.10.2001.
In difetto, potrebbe ipotizzarsi l'applicazione delle
sanzioni penali previste
dall'art. 256, comma 1, lett. a) del d.lgs.
152/06, a titolo di concorso ai sensi dell'art. 110 c.p., a carico
dei seguenti soggetti:
q
della ditta committente i lavori, per
non aver verificato
il possesso dei necessari titoli autorizzativi da parte del/i soggetto/i
cui ha affidato la
gestione dei rifiuti costituiti da materiali misti da
costruzione e demolizione (ed. inerti) e depositati
sull'area;
q
della ditta del cantiere per avere gestito, mediante
l'impiego di macchinario mobile
preso a noleggio da terzi, l'attività di recupero dei suddetti rifiuti,
senza aver attivate le necessarie procedure
autorizzatorie stabilite dall'art. 208, comma
15, del d.lgs. n° 152/06;
q
del legale rappresentante dell'impresa di nolo, per
aver ceduto a noleggio l'impianto mobile impiegato per il
trattamento dei
rifiuti, essendo non pertinente la documentazione
riguardante un titolo autorizzativo
riferito all'attività di recupero di rifiuti che la
stessa impresa può svolgere, ad esempio,
all'interno del proprio insediamento cui si riferisce
l’iscrizione al registro delle imprese, a seguito di
comunicazione presentata ai sensi
dell'art. 216, comma 3, del
d.lgs. n° 152/06 (già art. 33, comma 3, del d.lgs. n°
22/97).
Si fa presente che, per effetto dell'art. 188, comma 3,
lett. b) del citato d.lgs. n° 152/06, la responsabilità del
detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa
in caso di
conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle
attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore
abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e
datato in arrivo dal
destinatario
entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore,
ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare
comunicazione alla Provincia della mancata ricezione
dei formulari.
q
Decreto legislativo n.152/2006 art.208 comma 15;
q
Legge regione Lombardia n.5/2006 (delega regionale
alle province per le competenze autorizzatorie);
q
Deliberazione della Giunta Regione Lombardia
n.1991/2003;
q
Circolare Ministeriale Ambiente n.5205 del 15 luglio
2005 (specifiche tecniche sulle caratteristiche e gli usi possibili
per le materie prime secondarie per l'edilizia prodotte dal recupero
di rifiuti inerti non pericolosi prodotti da cantieri edili);
q
Regione Lombardia DGR 7 agosto 2009 n. 8/10098
indicanti linee guida relative alle “Procedure per il rilascio
dell’autorizzazione all’esercizio di impianti mobili in ordine allo
svolgimento delle singole campagne di attività”;
q
Regione Veneto DGR n. 499 del 4 marzo 2008 che indica
i criteri e le modalità per l'effettuazione delle campagne di
attività;
q
Regione Piemonte DGR n. 25 del 15 giugno 1998
recante “Procedure per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio
di impianti mobili di smaltimento o recupero dei rifiuti e criteri
per lo svolgimento delle singole campagne di attività”.
q
DPCM 27/12/88.
Due casi giurisprudenziali.
RIFIUTI
- D. lgs. n. 22/97 - Impianti mobili - Regime autorizzatorio
semplificato ex art. 28, c. 7 - Generali canoni di disciplina
della gestione di rifiuti ex art. 2 - Prescrizioni relative
all’attività del gestore dell’impianto - Legittimità.
Gli impianti
mobili di smaltimento o di recupero beneficiano del regime
autorizzatorio semplificato di cui all’art. 28, c. 7 del d.lgs. n.
22/97, in ragione del tenue e transitorio impatto con l’ambiente,
essendo essi “mobili” in senso funzionale, e cioè non solo agevolmente
amovibili ma anche connotati da un rapporto di precarietà, quindi
delimitato temporalmente, con l’area su cui vengono installati, in
corrispondenza delle c.d. “campagne di attività”, che consistono
sostanzialmente in programmi di lavoro con cui l’impresa che gestisce
l’impianto comunica alla competente Amministrazione l’entità e la durata
dell’utilizzazione del sito da parte dei macchinari impiegati per
l’attività di trattamento dei rifiuti. Peraltro, l’autorizzazione
all’uso dell’impianto mobile, costituendo una species del
genus dell’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di
smaltimento e di recupero dei rifiuti prevista dall’art. 28, comma 1,
deve tenere conto dei generali canoni di disciplina della gestione dei
rifiuti indicati dall’art. 2 del d.lgs. n. 22 del 1997 ed informarvi il
proprio contenuto, anche a mezzo di prescrizioni utili a fissare limiti
e condizioni all’attività di trattamento dei rifiuti oggetto del titolo
abilitativo; il che implica che l’autorizzazione all’esercizio
dell’impianto mobile non riguarda solo le attrezzature tecniche in sé,
ma si estende ad ogni aspetto dell’attività di trattamento dei rifiuti
suscettibile di incidere sui beni rimessi alla cura dell’Amministrazione
pubblica, quali regolati dalla disciplina della materia. Pertanto,
l’autorizzazione di cui all’art. 28, comma 7, del d.lgs. n. 22 del 1997
ben può contenere prescrizioni che regolino l’attività del gestore
dell’impianto mobile, in coerenza con i principi di cui al precedente
art. 2 e nel rispetto della normativa tecnica di settore.
Pres. Papiano, Est.
Caso -
M.s.r.l. (avv.ti Capra, Cappellini, Capra e Ferrari) c. Provincia di
Piacenza (avv. Silva) e A.R.P.A. Emilia Romagna (avv. Fantini). T.A.R.
EMILIA ROMAGNA, Parma- 1 aprile 2008, n. 206
RIFIUTI
- D. lgs. n. 22/97 - Impianti mobili - Autorizzazione ex art.
28, c. 7 - Stadi intermedi dell’attività di smaltimento o recupero -
Necessità di separata autorizzazione - Esclusione.
L’autorizzazione di cui all’art. 28, comma 7, del d.lgs. n. 22 del 1997
include l’intero ciclo di trattamento dei rifiuti di pertinenza
dell’impianto mobile, sicché l’eventualità che gli stadi intermedi
dell’attività si risolvano in operazioni soggette, in via ordinaria, ad
un’autorizzazione ex art. 28, comma 1, non sdoppia l’iter in più
separati procedimenti né dà luogo a distinti titoli abilitativi né
ancora si determina per ciò solo la preclusione al rilascio
dell’autorizzazione relativamente all’impianto mobile, per essere quello
di cui al comma 7 assorbente dei titoli abilitativi di cui al comma 1,
previa naturalmente l’adozione di tutte le prescrizioni allo scopo
necessarie.
Pres. Papiano, Est.
Caso -
M.s.r.l. (avv.ti Capra, Cappellini, Capra e Ferrari) c. Provincia di
Piacenza (avv. Silva) e A.R.P.A. Emilia Romagna (avv. Fantini). T.A.R.
EMILIA ROMAGNA, Parma - 01/04/2008, n. 206
(Feb.2010)
Pietro Cucumile |