IL RICICLO DEI RIFIUTI URBANI CON IL
SISTEMA FULL CIRCLE
di Stefano Pennella
Ormai da anni la questione su come smaltire i rifiuti, di
qualsiasi genere, è un problema cardine sia per l’assetto politico che
per quello economico di un paese, oltre che, logicamente, per le varie
problematiche relative all’impatto ambientale.
Una risposta valida alla questione rifiuti può essere
data dal sistema denominato “Full Circle” ossia, dal rifiuto urbano al
quasi completo smaltimento, avendo per cui un sistema a 360°, tramite
processo industriale, ma ora vado a spiegare il funzionamento del Full
Circle, con un semplice schema:
Partiamo dal cuore del sistema, gli impianti di
trattamento biologico e meccanico dei rifiuti, vere e proprie industrie
aventi il compito di separare tutti i materiali che compongono il
rifiuto urbano. Questi impianti sono strutturati in quattro macrozone:
ricezione, selezione, bacini di ossidazione, raffinazione.
La ricezione è un grosso locale adibito per il
conferimento agli impianti del rifiuto, tramite le aziende di raccolta e
trasporto, questo locale (le cui dimensioni variano logicamente dalla
quantità di rifiuti giornaliera da trattare, come per il resto
dell’impianto) è provvisto di gru, che servono ad alimentare delle
macchine cosiddette “ROMPI SACCHI”, le quali appunto servono per rompere
i sacchi contenitori e, dare una prima riduzione volumetrica del
rifiuto. Tramite nastro trasportatore il rifiuto passa per gli
alimentatori, che servono a dare a tutto il resto dell’impianto una
quantità costante di rifiuto da trattare.
Da qui il nostro materiale entra nella zona selezione e
qui subisce una prima lavorazione meccanica, la vagliatura primaria:
questa, tramite un vaglio rotante consiste nel separare l’umido dal
secco, solo per effetto della grandezza stessa dei materiali (l’umido in
forte percentuale è composto da materiale più piccolo del secco).
Da qui la strada del materiale si divide in due: l’umido
va nei bacini di ossidazione, che prenderemo in esame più avanti, ed il
secco continua il suo ciclo.
Il prossimo passaggio che il materiale effettua è entrare
nella TARARA PRIMARIA, questa non è altro che un “grosso aspirapolvere”
infatti le tarare servono ad aspirare il materiale più leggero che, in
maggior parte, logicamente, si tratta di carta, cartoni e plastiche,
mentre quello più pesante non può essere altro che del materiale
ferroso, raccolto da un apposito magnete o, comunque sia, talmente
grande da avere un peso elevato, quindi possiamo classificare questi
come “rifiuti ingombranti”, quelli che per grandezza, non possono subire
ulteriori lavorazioni nell’impianto di trattamento, ma devono essere
portati in discarica direttamente, o a smaltimento specifico, per
fortuna stiamo parlando di una piccola percentuale del materiale che
entra, ma sarebbe praticamente quasi nulla se i cittadini mettessero nei
rifiuti urbani (nei cassonetti) solo il materiale consentito.
Ma torniamo al nostro impianto, come dicevo, il materiale
leggero viene aspirato dalle tarare aerauliche che, tramite l’ausilio
dell’aria prodotta da dei ventilatori industriali, mandano il materiale
nel CICLONE, grosso contenitore avente le sembianze di un silos per lo
stoccaggio del grano, questi non servono ad altro che far perdere
velocità all’aria prodotta dai ventilatori e distribuire il materiale
trasportato dall’aria omogeneamente su un nastro sottostante tramite
l’ausilio di una apposita valvola.
Da questo punto il materiale, passando sotto un ulteriore
magnete gli vengono depurate le eventuali rimanenze ferrose che,
trasportate alla PRESSA DEI FERROSI si mescola con il ferro
precedentemente scartato dalle tarare primarie.
Questa pressa produce delle balle di ferro di circa 70
kg. all’una, e vengono prelevate dalle fonderie, le quali lo rifondono,
come si può evincere un primo passaggio è stato chiuso.
Tornando al ciclo delle parti leggere, queste vengono
introdotte nell’OMOGENIZZATORE che è una macchina composta
essenzialmente da un rullo dentato ed un spintore, il quale spinge
appunto il materiale verso il rullo il quale sminuzza omogeneamente le
parti cartacee, da questo momento il nostro materiale assume la
denominazione di C.D.R. ossia Combustibile Derivato da Rifiuti.
Il nostro materiale ora prosegue verso il vaglio
secondario, responsabile della divisione del cdr in base alla grandezza,
quello che risulta troppo grande viene rimandato di nuovo all’omogenizzatore,
finchè non arriva alle dimensioni prestabilite tramite la grandezza dei
fori delle reti dei vagli, ma prima di questo, bisogna specificare che
nel cdr vi sono presenti ancora le bottiglie di plastica o plastiche in
genere e l’alluminio, questi, vengono divisi sempre da una tarara,
avente lo stesso funzionamento di quella già citata in precedenza.
Posta all’uscita del vaglio, l’aria aspira il cdr,
essendo più leggero, ma anche l’alluminio è leggero, quindi, mentre le
plastiche vanno verso i SEPARATORI DEL PET, i quali dividono il pet da
altri materiali non plastici.
Il pet una volta selezionato viene immesso nella PRESSA
DEL PET, la quale forma delle balle pronte all’acquisizione delle
fabbriche che producono materiali derivati dal pet, ossia pile (il
tessuto sintetico) ovatte per la cosmesi ed altro, ora abbiamo chiuso un
altro passaggio.
Mentre, il cdr, che raggiunge le dimensioni volute, viene
trasportato ai SEPARATORI DELL’ALLUMINIO, i quali, tramite appositi
magneti per alluminio, separano il cdr dall’alluminio mandando
quest’ultimo alla pressa dell’alluminio mentre il cdr è condotto
direttamente alle PRESSE DEL CDR, le quali formano delle balle di circa
13 q.li, pronto per il trasporto a termovalorizzatori esterni, oppure
tramite nastri trasportatori, in forma sfusa, viene inviato alla
CENTRALE DI GASSIFICAZIONE: questa, semplificando notevolmente il
processo di gassificazione, si occupa appunto di gassificare il cdr non
di bruciare, il ciò significa che ad altissime temperature ed in
presenza di poco ossigeno il cdr si gassifica, cioè passa dallo stato
solido allo stato aereo formando il SYNGAS o gas di sintesi e del
materiale vetrificato che è usato per le miscele bituminose (asfalto per
strade), mentre il Syngas è mandato direttamente a dei gruppi
elettrogeni, l’energia prodotta è pronta per la distribuzione in rete,
abbiamo chiuso un altro ciclo.
Tornando all’impianto di trattamento meccanico biologico,
ora ci soffermiamo appunto sulla parte biologica del processo, come
abbiamo visto, la parte organica del rifiuto viene separata nei vagli
primari, questa viene trasportata presso i BACINI DI OSSIDAZIONE, che
non sono altro che delle enormi compostiere.
Il materiale organico viene scaricato giornalmente nei
bacini, ma per poter completare il ciclo di decomposizione e
stabilizzazione ha bisogno di tre fondamentali fattori: aria, acqua,
tempo, l’aria è nell’ambiente e viene aspirata dai bacini tramite
tubazioni poste al di sotto del materiale in giacenza separate dallo
stesso tramite un letto di breccia che funge da filtro tra il materiale
e le tubazioni, l’aria aspirata viene poi purificata nel BIOFILTRO, che
è un letto di torba di circa 1,5 mt. di spessore e grandezza variabile a
seconda delle quantità di aria da trattare, che con l’ausilio di batteri
purifica l’aria in uscita.
L’acqua ed il tempo gli viene fornito dai carroponti BIO,
i quali sono dotati di tre coclee che hanno la funzione di mescolare
l’acqua con il materiale tramite irrigazione, nel contempo il materiale
viene spostato di 1 m. a lavorazione verso la zona di scarico, viene
effettuata una lavorazione al giorno, il bacino è largo 25 metri, quindi
il materiale permane nel bacino per 25 giorni, il tempo necessario per
la definizione del processo di stabilizzazione.
Questo per poter far lavorare i batteri che sono presenti
nel rifiuto stesso; batteri + acqua + aria + tempo = FOS, Frazione
organica stabilizzata.
Nella fos però è sicuramente presente ancora del cdr,
dell’alluminio e del ferro, oltre a materiali più pesanti, che possono
essere inerti o vetri.
Allora per ovviare a questo mandiamo il fos in
raffinazione, la quarta parte dell’impianto; la raffinazione si occupa
appunto di raffinare il fos, che subisce lo stesso trattamento che i
rifiuti urbani hanno subito in selezione.
Tramite tarara viene aspirato il cdr presente nel fos ed
inviato a raggiungere il cdr prodotto in selezione, tramite separatori e
magneti viene poi decurtato di materiale ferroso ed alluminio ed infine
tramite vagliatura, il fos restante viene separato in COMPOST, ottimo
ammendante per uso agricolo, ed inerti igienizzati pronti al riutilizzo
edile.
CONSIDERAZIONI:
Il processo descritto è stato semplificato per una
comprensione più superflua ma più concepibile concettualmente,
tralasciando tecnicismi vari e poco comprensibili, ma, da come si può
evincere, o spero che si evinca, questo procedimento di trattamento dei
rifiuti può alleviare notevolmente il carico di rifiuti da conferire in
discarica.
La tecnologia è ancora da perfezionare, presenta ancora
qualche pecca a livello ingegneristico, ma siamo ad un ottimo punto,
visto che è una tecnologia nata da poco, sta dando risultati eccellenti,
penso che al massimo in un paio di anni si raggiunga una soglia vicina
alla perfezione.
Inoltre, bisogna considerare che essendo vere e proprie
industrie può combattere la disoccupazione: calcolando che in 12 ore
lavorative un impianto con tre differenti linee di produzione smaltisce
circa 900 tonnellate al giorno di rifiuti necessita di almeno 15 addetti
a turno da 6 ore, più un terzo turno di manutentori, ed impiegati e
dirigenti (circa 45 persone) e solamente per l’impianto di trattamento!
Poi dobbiamo calcolare gli addetti alla centrale di
gassificazione ed ai gruppi elettrogeni, costi di gestione che sono
ampliamente ammortizzati dalla notevole quantità di rifiuti in grado di
trattare, quantità che vengono pagate direttamente dai comuni, almeno le
tasse che paghiamo per lo smaltimento rifiuti servono a dare nuovi posti
di lavoro, e gestendo in maniera ottimale il sistema, addirittura si
potrebbe arrivare anche all’abolizione o perlomeno diminuzione di questa
tassa, dato che il Full Circle produce energia da vendere in rete, e
tutto il resto del riciclato anch’esso da vendere ha introiti economici
diretti, sempre che queste strutture siano di proprietà comunale o
regionale ma credo che in Italia sia quasi un utopia pensare questo.
Dal punto di vista energetico e provato che il nucleare
ha il problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi e di sicurezza,
l’eolico ha deturpato intere zone, soprattutto del sud Italia, l’energia
solare se dovesse alimentare industrie o, comunque poli di qualsiasi
genere, ai quali serve un notevole apporto di energia dovremmo ricoprire
l’intero territorio nazionale di pannelli ! Perciò, considerato questo,
penso che, se questi impianti fossero messi in tutte le province
italiane, avremmo una produzione di energia elettrica che ci potrebbe
“slegare” dal cappio che il nostro paese ha nei confronti dei paesi che
ci vendono l’energia elettrica, oltre che se non risolvere ma almeno
notevolmente diminuire il problema dello smaltimento dei rifiuti.
Però, visto che siamo in Italia, come al solito noi
abbiamo le buone idee, poi gli altri le sfruttano.
Sipicciano 18/05/10
Stefano Pennella |
|