I Rifiuti da C&D:
definizioni ed ambiti
di provenienza
di
Marianna Morabito
1. Definizioni ed ambiti di provenienza dei rifiuti da C&D.
Sono “rifiuti inerti” quelli che non subiscono alcuna
trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti
inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre
reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di
contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da
provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.
La tendenza a dar luogo a colaticci e la percentuale
inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità dei colaticci
devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità
delle acque superficiali e/o freatiche.
I rifiuti da costruzione,
demolizione e scavo possono essere suddivisi in tre categorie
generali, di seguito elencate:
-
La frazione riutilizzabile,
costituita da quegli elementi che possono essere riportati alla loro
forma precedente e riconvertiti direttamente alla loro funzione
originale: finestre, inferriate di balconi, travi ecc.
-
La frazione riciclabile,
costituita dagli scarti riciclabili o dai rifiuti che, sottoposti a
termodistruzione, forniscono energia. Il riciclaggio del materiale
concerne soprattutto la frazione litoide, ma non sono esclusi legno non
trattato e metalli, mentre l'utilizzo dal punto di vista termico
riguarda i componenti organici, come pavimenti in P.V.C. o legno
trattato. A differenza della frazione riutilizzabile, questa frazione
non ha conservato né la forma né la funzione originarie.
-
La frazione inutilizzabile,
costituita dai componenti indesiderati presenti nel materiale da
riciclare o dalle frazioni che contengono inquinanti, da conferire in
discarica o trattare separatamente.
Per quanto riguarda la composizione, si può
differenziare tra la fase di costruzione che, al pari di quella di
manutenzione, genera scarti molto eterogenei, costituiti da legname per
impalcature e ponteggi, plastiche, cartoni, metalli, imballaggi vuoti,
sfridi di materiali da rivestimento (es. moquette), di isolanti e di
impermeabilizzazioni, materiali ceramici, sfridi di laterizi e
calcestruzzi, e la fase di demolizione che genera invece scarti più
omogenei, con una prevalenza di laterizio e calcestruzzo (85-90 %)
rispetto alla frazione metallica (<5 %) e leggera (<5 %).
I rifiuti edili prodotti nell’ambito di attività svolte
da imprese che, a titolo professionale, eseguono per conto terzi lavori
di costruzione, demolizione e ristrutturazione in ambiti di civili
abitazioni sono da ritenersi a tutti gli effetti rifiuti speciali.
Più complesso è invece definire la classificazione dei materiali inerti
derivanti da attività di rifacimento, ristrutturazione e/o piccoli
interventi edili effettuati in conto proprio dal proprietario
dell’immobile o da altro soggetto avente sull’immobile il godimento di
un diritto reale.
L’interpretazione prevalente va nel senso di considerare
anche questa particolare categoria di inerti come rifiuti speciali a
prescindere dalla provenienza, basandosi sul fatto che il sistema di
codificazione dei rifiuti (CER) non include nella classe di codici
associati alle diverse tipologie di rifiuti urbani (cod. 20.00.00)
nessun riferimento alle frazioni inerti potenzialmente prodotte in
ambito domestico.
Lo stesso sistema CER, invece, codifica i rifiuti
inerti, in genere provenienti dal settore delle demolizioni e
costruzioni con il codice 17.00.00 proprio dei rifiuti speciali.
In aggiunta il legislatore, all’art 7 del D. Lgs 22/97,
ha disposto una valutazione classificatoria esclusiva dei rifiuti
inerti, includendoli per genere e per specie tra i rifiuti speciali.
Infine più di un pronunciamento ha ritenuto opinabile
che i rifiuti inerti da microdemolizioni effettuate in ambito domestico
possano ritenersi assimilabili ai rifiuti che ordinariamente si
producono in locali e luoghi adibiti a civile abitazione ed in quanto
tali classificabili come rifiuti urbani.
L’interpretazione al fine prevalente, quindi, tende a
qualificare come rifiuto speciale qualunque tipologia di materiale che
residui da operazioni di demolizione, costruzione e ristrutturazione
effettuate in microattività domestiche sia in conto proprio ed a maggior
ragione qualora svolte da terzi.
Fig. 1- Segmentazione dei rifiuti da C&D
La segmentazione della produzione di detriti provenienti dalla
demolizione in Italia è così ripartita:
- circa il 53% in peso, proviene dal settore della
microdemolizione residenziale.
-
il 39% in peso da attività di microdemolizione del patrimonio edilizio
non residenziale:
-
l'8% in peso proviene dalle demolizione di interi edifici.
Tra le attività di costruzione e demolizione in generale è la
demolizione che origina il maggior flusso di rifiuti: quelli prodotti in
fase di demolizione sono 1000-2000 kg/mq pari al 93% della produzione
complessiva, 50-100 kg/m² sono quelli prodotti in fase di manutenzione
pari al 4,6% e 25-50 kg/m² sono quelli prodotti in fase di costruzione
pari al 2,3%.
Tipo di attività edilizia |
Quantitativi di rifiuti prodotti |
% |
Demolizione |
1000-2000 kg/mq |
93% |
Manutenzione |
50-100 kg/mq |
4,60% |
Costruzione |
25-50 kg/mq |
2,30% |
Si stima che attualmente i rifiuti da costruzioni,
demolizioni e scavo rappresentino circa il 25 % in peso di tutti i
rifiuti prodotti in Europa.
Le informazioni più recenti sul flusso di tali rifiuti
sono derivabili da un rapporto della Commissione Europea DGXI del 1999,
le cui statistiche si riferiscono ad un periodo compreso fra il 1990 ed
il 1997, e derivano da studi o indagini sviluppate all’interno dei
singoli paesi da organismi istituzionali o da fonti diverse (istituti di
ricerca o associazioni di categoria).
Nel rapporto i rifiuti da costruzioni, demolizioni e
scavo sono raggruppati in tre grandi categorie:
- rifiuti da costruzioni e demolizioni;
- terra e rocce (compresi i materiali derivati da escavazioni);
- materiali derivati da costruzioni di strade.
Dall’elaborazione dei dati si stima che la produzione complessiva annua
di inerti per le tre tipologie nei 15 paesi dell’Unione Europea sia
superiore a 470 milioni di tonnellate, di cui circa 180 milioni di
tonnellate derivanti da costruzione e demolizione di fabbricati, con i
paesi maggiori produttori che sono, nell’ordine, Germania (32,8%), Regno
Unito (16,7%), Francia (13,1%) ed Italia (11,4%).
Fig. 2- Distribuzione rifiuti
1. 1. Gli aspetti generali della fase Demolizione
Il riciclaggio su vasta scala dei rifiuti di Costruzione
e Demolizione (C&D) può essere visto come un obiettivo sul medio-lungo
termine se si considerano una serie di condizioni che, nel presente
contesto di mercato, appaiono come determinanti per il suo
raggiungimento, legate in particolare al diffondersi del trattamento
delle macerie in impianti fissi e della pratica della demolizione
selettiva.
Il processo di riciclo inizia dopo la demolizione,
totale o parziale, del manufatto edilizio. I rifiuti che derivano da un
processo di demolizione vengono chiamati con il termine generico di
macerie. Alla fase di demolizione debbono seguire la raccolta dei
materiali, il trattamento, il reimpiego ed infine lo smaltimento del
residuo inutilizzabile. Ogni strategia di demolizione dovrebbe essere
impostata sulle successive modalità di recupero e smaltimento che
s'intendono adottare.
Sono attualmente disponibili diverse tecniche di
demolizione, alcune già consolidate, altre ancora in via di sviluppo.
Quella finora utilizzata più diffusamente è la tecnica
della demolizione tradizionale o bruta, che consente un’ottimizzazione
delle rese e dei costi di demolizione.
1. 1.1. La demolizione tradizionale
Il metodo di demolizione tradizionale più utilizzato è
senza dubbio quello della percussione che si avvale dell'impiego di
martelli demolitori ad aria compressa o elettropneumatici. Le imprese
edili tendono a privilegiare queste tecniche per conseguire minori costi
nelle attrezzature senza curarsi degli svantaggi che provocano. In primo
luogo per ottenere l'apertura desiderata si è obbligati a praticarne una
ben più larga con un aumento di costi legato alla dispendiosa
ricostruzione dei contorni regolari; secondariamente l'azione dei
martelli pneumatici contro i ferri dell'armatura trasmette forti
vibrazioni alla struttura provocando su di essa microlesioni che si
traducono in crepe e fessure a volte non visibili. La salubrità
dell'ambiente di lavoro è fortemente compromessa dalla quantità di
polvere che si produce, inoltre questa tecnica è molto faticosa.
In definitiva questo tipo di interventi sono molto
imprecisi, aumentano i tempi di esecuzione e di conseguenza i costi
finali.
Per quanto concerne invece il riciclo dei materiali e la
produzione di materie prime secondarie, i risultati di questa procedura
sono deludenti, poiché si producono materiali troppo eterogenei, per i
quali i trattamenti di selezione non sono soddisfacenti e convenienti
economicamente.
Plastica, legno, metallo e carta possono essere separati
abbastanza agevolmente, mentre la selezione di calcestruzzo, laterizio,
materiali litoidi, vetro e bitume non può essere realizzata se non a
costi relativamente elevati, data anche la massa elevata che
generalmente si presenta.
La presenza di componenti non separabili, in quantità
superiore ai limiti previsti dalle normative tecniche del settore,
influenza negativamente le prestazioni dei materiali riciclati.
Il loro impiego può essere di conseguenza previsto solo
in applicazioni che implicano un decremento di prestazione rispetto alla
funzione originaria.
Ad esempio, i materiali provenienti dalla demolizione
bruta di un edificio, realizzato con struttura portante in calcestruzzo
armato e elementi di tamponamento in laterizio, possono solo essere
conferiti in discarica (rinunciando al loro valore economico) oppure,
dopo selezione, essere frantumati e utilizzati per operazioni di
riempimento, sistemazioni ambientali o nella realizzazione di sottofondi
stradali.
Non possono essere sicuramente adottati per la
produzione di calcestruzzo strutturale.
Risulta chiaro che la strategia di demolizione bruta
comporta un notevole spreco di materiale ed in certe condizioni è
fortemente antieconomica, come ad esempio quando non è possibile trovare
un utilizzo di minor pregio e quando il ricorso allo smaltimento
comporta costi elevati.
Una buona ed economica applicazione della demolizione
bruta, si ha quando le macerie possono essere immediatamente e
convenientemente utilizzate per riempimenti e sottofondi da realizzare
in loco.
1. 1. 2. La demolizione selettiva
La separazione all'origine richiede di contro, l'ausilio
di tecniche di decostruzione che sono indicate con il termine generale
di demolizione selettiva: si tratta di un processo di dissasemblaggio
che, in genere, avviene in fase inversa alle operazioni di costruzione.
Lo scopo della decostruzione è quello di aumentare il
livello di riciclabilità degli scarti generati sul cantiere di
demolizione secondo un approccio che privilegia l'aspetto della qualità
del materiale ottenibile dal riciclaggio.
Alla demolizione tradizionale con il conferimento delle
macerie in discarica si sostituisce la demolizione selettiva che
consente un recupero in percentuali elevate dei materiali attraverso
tecniche in grado di separare le diverse frazioni omogenee per poterle,
successivamente, inviare a idonei trattamenti di valorizzazione.
Lo smontaggio selettivo degli edifici è finalizzato a mettere a
disposizione frazioni monomateriali adatte al trattamento in appositi
impianti di riciclaggio che consentono la valorizzazione degli scarti
come materie prime secondarie.
La regola generale infatti è, anche nel caso degli
scarti di C&D, che quanto più omogeneo è il materiale, tanto più elevate
sono le possibilità di un riciclo di alta qualità rispetto a un riciclo
che veda il materiale sottoutilizzato da un punto di vista
prestazionale.
Frazioni omogenee di materiale sono attualmente
ottenibili però soltanto al termine della vita utile dell'edificio, data
la scarsa disponibilità nell'ambito del patrimonio edilizio esistente di
realizzazioni che siano state in qualche modo concepite fin dall'inizio
per consentire un'agevole disassemblaggio finale.
I due diversi momenti del processo di smantellamento
dell'edificio in cui è possibile intervenire per giungere a una
ripartizione degli scarti in frazioni il più possibile omogenee sono la
separazione all'origine con stoccaggio in contenitori separati, prima
della demolizione vera e propria, oppure la cernita all'interno dei
cumuli dei materiali ancora separabili, a demolizione conclusa.
La separazione delle due frazioni "solo calcestruzzo" o
"laterizio più calcestruzzo" nei cumuli stoccati all'ingresso degli
impianti di trattamento afferisce al secondo gruppo di operazioni ma,
rispetto a una separazione all'origine, può a questo punto essere
portata avanti solo in percentuale limitata La separazione all'origine
richiede l'ausilio di tecniche di decostruzione che vengono indicate con
il termine generale di demolizione selettiva.
Lo scopo della decostruzione è quindi quello di
aumentare concretamente il livello di riciclabilità degli scarti
generati sul cantiere di demolizione qualunque sia la configurazione di
partenza dell'edificio, ma secondo un approccio che privilegi l’aspetto
della qualità del materiale ottenibile dal riciclaggio.
Il procedimento tipo per i lavori di demolizione si
svolge con una sequenza ben precisa:
1) rimozione delle parti mobili esterne come le
impermeabilizzazioni e le coperture e di tutti i materiali
classificabili come pericolosi, a partire dall'alto;
2) rimozione degli impianti elettrici, di riscaldamento
e delle installazioni sanitarie;
3) rimozione di finestre, porte e ante;
4) rimozione dei pavimenti interni e tramezzature in
legno, cartongesso ecc.;
5) demolizione delle parti strutturali e relativo
stoccaggio in container separati.
I vantaggi ottenibili dalla demolizione selettiva
contrapposta alla demolizione tradizionale riguardano contemporaneamente
più fronti:
-
l'incremento netto della quantità e della qualità dei materiali da
avviare ai rispettivi processi di riciclaggio, con risparmio di
materie prime vergini che, nel caso della frazione litoide, sono
anche risorse limitate;
-
la riduzione delle emissioni nocive nel suolo derivanti dal deposito
di materiale non completamente inerte sul territorio secondo la
prassi del riutilizzo delle macerie per riempimenti.
1.1.3. La demolizione controllata
Preserva le strutture da pericolose vibrazioni e limita inquinamenti
ambientali come rumore e polveri.
Risolve gli svantaggi dei metodi di demolizione tradizionali, come la
percussione.
Consente lavori di demolizione di strutture in cemento armato e
calcestruzzo in genere, ovunque sia necessario l'intervento.
Non si devono sospendere le attività produttive, con interruzioni o
interferenze dei cicli di lavorazione (ad esempio é una soluzione
eccellente per lavori in reparti produttivi o in complessi residenziali
già abitati).
Ha ritmi veloci, procedimenti flessibili e richiede un minor numero di
operatori sul cantiere.
La qualità delle finiture dei tagli non rende necessari rattoppi e
riparazioni.
L'azione di demolizione delle strutture (c.a., calcestruzzo e murature
in genere) é graduabile e localizzata.
E' economica: minor costi.
1.1.4 Ambiti specifici di provenienza
Per determinare, da una parte, la quantità di materiale
di risulta inerte prodotto e per definire, e dall’altra le relative
caratteristiche specifiche si ritiene indispensabile individuare le
attività economiche responsabili della produzione di tale materiale.
Secondo la classificazione ISTAT-ATECO ‘91 si
individuano, tra le attività estrattive che generano rifiuti inerti,
quelle di cui all’elenco sottostante.
1.1 Estrazione di pietra
1.1.1 Estrazione di pietre per l’edilizia
1.1.2 Estrazione di pietre ornamentali
1.1.3 Estrazione di altre pietre da costruzione
1.1.4 Estrazione di pietre per calce, pietra da gesso e creta
1.1.5 Estrazione di pietra da gesso e anidrite
1.1.6 Estrazione di pietra per calce e cementi e di dolomite
1.1.7 Estrazione di ardesia
1.2 Estrazione di ghiaia, sabbia e argilla
1.2.1 Estrazione di ghiaia e sabbia
1.2.2 Estrazione di argilla e caolino
1.3 Estrazione di minerali per le industrie chimiche e la fabbricazione
di concimi
1.3.1 Estrazione di sali di potassio
1.3.2 Estrazione di baritina, fluorite, acido borico, terre coloranti e
altri minerali per le industrie chimiche
1.4 Produzione di sale
1.5 Estrazione di altri minerali e prodotti di cava n.c.a.
1.5.1 Estrazione di pietra pomice e altri materiali abrasivi
1.5.2 Estrazione di asfalto e bitume naturali
1.5.3 Estrazione di altri minerali e prodotti di cava (quarzo, quarzite,
sabbie silicee, ecc.).
Il materiale di risulta inerte può essere prodotto anche dalle seguenti
altre attività.
1.6 Fabbricazione di prodotti in ceramica non refrattari, non destinati
all’edilizia; fabbricazione di prodotti ceramici refrattari
1.6.1 Fabbricazione di prodotti in ceramica per usi domestici
ornamentali
1.6.2 Fabbricazione di articoli sanitari in ceramica
1.6.3 Fabbricazione di isolatori e di pezzi isolanti in ceramica
1.6.4 Fabbricazione di altri prodotti ceramici per uso tecnico
industriale
1.6.5 Fabbricazione di altri prodotti in ceramica
1.6.6 Fabbricazione di prodotti ceramici refrattari
1.7 Fabbricazione di piastrelle e lastre in ceramica per pavimenti e
rivestimenti
1.8 Fabbricazione di mattoni, tegole ed altri prodotti dell’edilizia in
terracotta
1.9 Produzione di cemento, calce e gesso
1.9.1 Produzione di cemento
1.9.2 Produzione di calce
1.9.3 Produzione di gesso
1.10 Fabbricazione di prodotti in calcestruzzo, cemento e gesso
1.10.1 Fabbricazione di prodotti in calcestruzzo per l’edilizia
1.10.2 Fabbricazione di prodotti in gesso per l’edilizia
1.10.3 Fabbricazione di calcestruzzo pronto per l’uso
1.10.4 Produzione di malta
1.10.5 Fabbricazione di prodotti in fibrocemento
1.10.6 Fabbricazione di altri prodotti in calcestruzzo, gesso e cemento
1.11 Taglio, modellatura e finitura della pietra
1.11.1 Segagione e lavorazione delle pietre e del marmo
1.11.2 Lavorazione artistica del marmo e di altre pietre, lavori in
mosaico ed affini
1.11.3 Frantumazione di pietre e minerali vari fuori della cava
1.12 Fabbricazione di altri prodotti in minerali vari fuori della cava
1.12.1 Fabbricazione di prodotti abrasivi
1.12.2 Fabbricazione di altri prodotti in minerali non metalliferi
n.c.a.
Nell’ambito infine delle costruzioni, sempre secondo la
classificazione dell’ISTAT, possono essere generati rifiuti inerti
nell’esecuzione delle opere di cui all’elenco seguente.
1.13 Preparazione del cantiere edile
1.13.1 Demolizione di edifici e sistemazione del terreno
1.13.2 Trivellazioni e perforazioni
1.14 Costruzione completa o parziale di edifici; genio civile
1.14.1 Lavori generali di costruzione di edifici e lavori in ingegneria
civile
1.14.2 Posa in opera di coperture e costruzione di ossature di tetti di
edifici
1.14.3 Costruzione di autostrade, strade, campi di aviazione e impianti
sportivi
1.14.4 Costruzione di opere idrauliche
1.14.5 Altri lavori speciali di costruzione
1.15 Installazione dei servizi in un fabbricato
1.15.1 Installazione di impianti elettrici
1.15.2 Lavori di isolamento
1.15.3 Installazione di impianti idraulico-sanitari
1.15.4 Altri lavori di installazione
1.16 Lavori di completamento degli edifici
1.16.1 Intonacatura
1.16.2 Posa in opera di infissi in legno e metallo
1.16.3 Rivestimento di pavimenti e di muri
1.16.4 Tinteggiatura e posa in opera di vetrate
1.17 Altri lavori di completamento degli edifici
1.17.1 Attività non specializzate di lavori edili
1.17.2 Altri lavori di completamente degli edifici
1.18 Noleggio di macchine e attrezzature per la costruzione o la
demolizione, con manovratore.
(Dic.
2010)
Marianna Morabito |