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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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I Rifiuti da C&D:

definizioni ed ambiti di provenienza

di Marianna Morabito

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.  Definizioni ed ambiti di provenienza dei rifiuti da C&D.

                Sono “rifiuti inerti” quelli che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.         

                La tendenza a dar luogo a colaticci e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità dei colaticci devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e/o freatiche.                    

                I rifiuti da costruzione, demolizione e scavo possono essere suddivisi in tre categorie generali, di seguito elencate:

- La frazione riutilizzabile, costituita da quegli elementi che possono essere riportati alla loro forma precedente e riconvertiti direttamente alla loro funzione originale: finestre, inferriate di balconi, travi ecc.

- La frazione riciclabile, costituita dagli scarti riciclabili o dai rifiuti che, sottoposti a termodistruzione, forniscono energia. Il riciclaggio del materiale concerne soprattutto la frazione litoide, ma non sono esclusi legno non trattato e metalli, mentre l'utilizzo dal punto di vista termico riguarda i componenti organici, come pavimenti in P.V.C. o legno trattato. A differenza della frazione riutilizzabile, questa frazione non ha conservato né la forma né la funzione originarie.

- La frazione inutilizzabile, costituita dai componenti indesiderati presenti nel materiale da riciclare o dalle frazioni che contengono inquinanti, da conferire in discarica o trattare separatamente.

                Per quanto riguarda la composizione, si può differenziare tra la fase di costruzione che, al pari di quella di manutenzione, genera scarti molto eterogenei, costituiti da legname per impalcature e ponteggi, plastiche, cartoni, metalli, imballaggi vuoti, sfridi di materiali da rivestimento (es. moquette), di isolanti e di impermeabilizzazioni, materiali ceramici, sfridi di laterizi e calcestruzzi, e la fase di demolizione che genera invece scarti più omogenei, con una prevalenza di laterizio e calcestruzzo (85-90 %) rispetto alla frazione metallica (<5 %) e leggera (<5 %).

                I rifiuti edili prodotti nell’ambito di attività svolte da imprese che, a titolo professionale, eseguono per conto terzi lavori di costruzione, demolizione e ristrutturazione in ambiti di civili abitazioni sono da ritenersi a tutti gli effetti rifiuti speciali.

Più complesso è invece definire la classificazione dei materiali inerti derivanti da attività di rifacimento, ristrutturazione e/o piccoli interventi edili effettuati in conto proprio dal proprietario dell’immobile o da altro soggetto avente sull’immobile il godimento di un diritto reale.

                L’interpretazione prevalente va nel senso di considerare anche questa particolare categoria di inerti come rifiuti speciali a prescindere dalla provenienza, basandosi sul fatto che il sistema di codificazione dei rifiuti (CER) non include nella classe di codici associati alle diverse tipologie di rifiuti urbani (cod. 20.00.00) nessun riferimento alle frazioni inerti potenzialmente prodotte in ambito domestico.

                Lo stesso sistema CER, invece, codifica i rifiuti inerti, in genere provenienti dal settore delle demolizioni e costruzioni con il codice 17.00.00 proprio dei rifiuti speciali.

                In aggiunta il legislatore, all’art 7 del D. Lgs 22/97, ha disposto una valutazione classificatoria esclusiva dei rifiuti inerti, includendoli per genere e per specie tra i rifiuti speciali.

                Infine più di un pronunciamento ha ritenuto opinabile che i rifiuti inerti da microdemolizioni effettuate in ambito domestico possano ritenersi assimilabili ai rifiuti che ordinariamente si producono in locali e luoghi adibiti a civile abitazione ed in quanto tali classificabili come rifiuti urbani.

                L’interpretazione al fine prevalente, quindi, tende a qualificare come rifiuto speciale qualunque tipologia di materiale che residui da operazioni di demolizione, costruzione e ristrutturazione effettuate in microattività domestiche sia in conto proprio ed a maggior ragione qualora svolte da terzi.

 

 

 

 

 

 

Fig. 1- Segmentazione dei rifiuti da C&D

 

La segmentazione della produzione di detriti provenienti dalla demolizione in Italia è così ripartita:

      -   circa il 53% in peso, proviene dal settore della microdemolizione residenziale.

-          il 39% in peso da attività di microdemolizione del patrimonio edilizio non residenziale:

-          l'8% in peso proviene dalle demolizione di interi edifici.

            Tra le attività di costruzione e demolizione in generale è la demolizione che origina il maggior flusso di rifiuti: quelli prodotti in fase di demolizione sono 1000-2000 kg/mq pari al 93% della produzione complessiva, 50-100 kg/m² sono quelli prodotti in fase di manutenzione pari al 4,6% e 25-50 kg/m² sono quelli prodotti in fase di costruzione pari al 2,3%.

 

Tipo di attività edilizia

Quantitativi di rifiuti prodotti

%

Demolizione

1000-2000 kg/mq

93%

Manutenzione

50-100 kg/mq

4,60%

Costruzione

25-50 kg/mq

2,30%

 

                Si stima che attualmente i rifiuti da costruzioni, demolizioni e scavo rappresentino circa il 25 % in peso di tutti i rifiuti prodotti in Europa.

                Le informazioni più recenti sul flusso di tali rifiuti sono derivabili da un rapporto della Commissione Europea DGXI del 1999, le cui statistiche si riferiscono ad un periodo compreso fra il 1990 ed il 1997,  e derivano da studi o indagini sviluppate all’interno dei singoli paesi da organismi istituzionali o da fonti diverse (istituti di ricerca o associazioni di categoria).

                Nel rapporto i rifiuti da costruzioni, demolizioni e scavo sono raggruppati in tre grandi categorie:

- rifiuti da costruzioni e demolizioni;

- terra e rocce (compresi i materiali derivati da escavazioni);

- materiali derivati da costruzioni di strade.

                Dall’elaborazione dei dati si stima che la produzione complessiva annua di inerti per le tre tipologie nei 15 paesi dell’Unione Europea sia superiore a 470 milioni di tonnellate, di cui circa 180 milioni di tonnellate derivanti da costruzione e demolizione di fabbricati, con i paesi maggiori produttori che sono, nell’ordine, Germania (32,8%), Regno Unito (16,7%), Francia (13,1%) ed Italia (11,4%).

 

 

 

 

 

 

                Fig. 2- Distribuzione rifiuti

1. 1.  Gli aspetti generali della fase Demolizione

                Il riciclaggio su vasta scala dei rifiuti di Costruzione e Demolizione (C&D) può essere visto come un obiettivo sul medio-lungo termine se si considerano una serie di condizioni che, nel presente contesto di mercato, appaiono come determinanti per il suo raggiungimento, legate in particolare al diffondersi del trattamento delle macerie in impianti fissi e della pratica della demolizione selettiva.

                Il processo di riciclo inizia dopo la demolizione, totale o parziale, del manufatto edilizio. I rifiuti che derivano da un processo di demolizione vengono chiamati con il termine generico di macerie. Alla fase di demolizione debbono seguire la raccolta dei materiali, il trattamento, il reimpiego ed infine lo smaltimento del residuo inutilizzabile. Ogni strategia di demolizione dovrebbe essere impostata sulle successive modalità di recupero e smaltimento che s'intendono adottare.

                Sono attualmente disponibili diverse tecniche di demolizione, alcune già consolidate, altre ancora in via di sviluppo.

                Quella finora utilizzata più diffusamente è la tecnica della demolizione tradizionale o bruta, che consente un’ottimizzazione delle rese e dei costi di demolizione.

 

1. 1.1. La demolizione tradizionale

                Il metodo di demolizione tradizionale più utilizzato è senza dubbio quello della percussione che si avvale dell'impiego di martelli demolitori ad aria compressa o elettropneumatici. Le imprese edili tendono a privilegiare queste tecniche per conseguire minori costi nelle attrezzature senza curarsi degli svantaggi che provocano. In primo luogo per ottenere l'apertura desiderata si è obbligati a praticarne una ben più larga con un aumento di costi legato alla dispendiosa ricostruzione dei contorni regolari; secondariamente l'azione dei martelli pneumatici contro i ferri dell'armatura trasmette forti vibrazioni alla struttura provocando su di essa microlesioni che si traducono in crepe e fessure a volte non visibili. La salubrità dell'ambiente di lavoro è fortemente compromessa dalla quantità di polvere che si produce, inoltre questa tecnica è molto faticosa.

                In definitiva questo tipo di interventi sono molto imprecisi, aumentano i tempi di esecuzione e di conseguenza i costi finali.

                Per quanto concerne invece il riciclo dei materiali e la produzione di materie prime secondarie, i risultati di questa procedura sono deludenti, poiché si producono materiali troppo eterogenei, per i quali i trattamenti di selezione non sono soddisfacenti e convenienti economicamente.

                Plastica, legno, metallo e carta possono essere separati abbastanza agevolmente, mentre la selezione di calcestruzzo, laterizio, materiali litoidi, vetro e bitume non può essere realizzata se non a costi relativamente elevati, data anche la massa elevata che generalmente si presenta.

                La presenza di componenti non separabili, in quantità superiore ai limiti previsti dalle normative tecniche del settore, influenza negativamente le prestazioni dei materiali riciclati.

                Il loro impiego può essere di conseguenza previsto solo in applicazioni che implicano un decremento di prestazione rispetto alla funzione originaria.

                Ad esempio, i materiali provenienti dalla demolizione bruta di un edificio, realizzato con struttura portante in calcestruzzo armato e elementi di tamponamento in laterizio, possono solo essere conferiti in discarica (rinunciando al loro valore economico) oppure, dopo selezione, essere frantumati e utilizzati per operazioni di riempimento, sistemazioni ambientali o nella realizzazione di sottofondi stradali.

                Non possono essere sicuramente adottati per la produzione di calcestruzzo strutturale.

                Risulta chiaro che la strategia di demolizione bruta comporta un notevole spreco di materiale ed in certe condizioni è fortemente antieconomica, come ad esempio quando non è possibile trovare un utilizzo di minor pregio e quando il ricorso allo smaltimento comporta costi elevati.

                Una buona ed economica applicazione della demolizione bruta, si ha quando le macerie possono essere immediatamente e convenientemente utilizzate per riempimenti e sottofondi da realizzare in loco.

 

1. 1. 2. La demolizione selettiva

                La separazione all'origine richiede di contro, l'ausilio di tecniche di decostruzione che sono indicate con il termine generale di demolizione selettiva: si tratta di un processo di dissasemblaggio che, in genere, avviene in fase inversa alle operazioni di costruzione.                

                Lo scopo della decostruzione è quello di aumentare il livello di riciclabilità degli scarti generati sul cantiere di demolizione secondo un approccio che privilegia l'aspetto della qualità del materiale ottenibile dal riciclaggio.

                Alla demolizione tradizionale con il conferimento delle macerie in discarica si sostituisce la demolizione selettiva che consente un recupero in percentuali elevate dei materiali attraverso tecniche in grado di separare le diverse frazioni omogenee per poterle, successivamente, inviare a idonei trattamenti di valorizzazione.

                Lo smontaggio selettivo degli edifici è finalizzato a mettere a disposizione frazioni monomateriali adatte al trattamento in appositi impianti di riciclaggio che consentono la valorizzazione degli scarti come materie prime secondarie.

                La regola generale infatti è, anche nel caso degli scarti di C&D, che quanto più omogeneo è il materiale, tanto più elevate sono le possibilità di un riciclo di alta qualità rispetto a un riciclo che veda il materiale sottoutilizzato da un punto di vista prestazionale.

                Frazioni omogenee di materiale sono attualmente ottenibili però soltanto al termine della vita utile dell'edificio, data la scarsa disponibilità nell'ambito del patrimonio edilizio esistente di realizzazioni che siano state in qualche modo concepite fin dall'inizio per consentire un'agevole disassemblaggio finale.

                I due diversi momenti del processo di smantellamento dell'edificio in cui è possibile intervenire per giungere a una ripartizione degli scarti in frazioni il più possibile omogenee sono la separazione all'origine con stoccaggio in contenitori separati, prima della demolizione vera e propria, oppure la cernita all'interno dei cumuli dei materiali ancora separabili, a demolizione conclusa.

                La separazione delle due frazioni "solo calcestruzzo" o "laterizio più calcestruzzo" nei cumuli stoccati all'ingresso degli impianti di trattamento afferisce al secondo gruppo di operazioni ma, rispetto a una separazione all'origine, può a questo punto essere portata avanti solo in percentuale limitata La separazione all'origine richiede l'ausilio di tecniche di decostruzione che vengono indicate con il termine generale di demolizione selettiva.

                Lo scopo della decostruzione è quindi quello di aumentare concretamente il livello di riciclabilità degli scarti generati sul cantiere di demolizione qualunque sia la configurazione di partenza dell'edificio, ma secondo un approccio che privilegi l’aspetto della qualità del materiale ottenibile dal riciclaggio.

                Il procedimento tipo per i lavori di demolizione si svolge con una sequenza ben precisa:

                1) rimozione delle parti mobili esterne come le impermeabilizzazioni e le coperture e di tutti i materiali classificabili come pericolosi, a partire dall'alto;         

                2) rimozione degli impianti elettrici, di riscaldamento e delle installazioni sanitarie;
                3) rimozione di finestre, porte e ante;

                4) rimozione dei pavimenti interni e tramezzature in legno, cartongesso ecc.;
                5) demolizione delle parti strutturali e relativo stoccaggio in container separati.
                 

                I vantaggi ottenibili dalla demolizione selettiva contrapposta alla demolizione tradizionale riguardano contemporaneamente più fronti:

  • l'incremento netto della quantità e della qualità dei materiali da avviare ai rispettivi processi di riciclaggio, con risparmio di materie prime vergini che, nel caso della frazione litoide, sono anche risorse limitate;

  • la riduzione delle emissioni nocive nel suolo derivanti dal deposito di materiale non completamente inerte sul territorio secondo la prassi del riutilizzo delle macerie per riempimenti.

 

1.1.3. La demolizione controllata

Preserva le strutture da pericolose vibrazioni e limita inquinamenti ambientali come rumore e polveri.

Risolve gli svantaggi dei metodi di demolizione tradizionali, come la percussione.
Consente lavori di demolizione di strutture in cemento armato e calcestruzzo in genere, ovunque sia necessario l'intervento.

Non si devono sospendere le attività produttive, con interruzioni o interferenze dei cicli di lavorazione (ad esempio é una soluzione eccellente per lavori in reparti produttivi o in complessi residenziali già abitati).

Ha ritmi veloci, procedimenti flessibili e richiede un minor numero di operatori sul cantiere.
La qualità delle finiture dei tagli non rende necessari rattoppi e riparazioni.
L'azione di demolizione delle strutture (c.a., calcestruzzo e murature in genere) é graduabile e localizzata.
E' economica: minor costi.

 

1.1.4 Ambiti specifici di provenienza

                Per determinare, da una parte, la quantità di materiale di risulta inerte prodotto e per definire, e dall’altra le relative caratteristiche specifiche si ritiene indispensabile individuare le attività economiche responsabili della produzione di tale materiale.

                Secondo la classificazione ISTAT-ATECO ‘91 si individuano, tra le attività estrattive che  generano rifiuti inerti, quelle di cui all’elenco sottostante.

1.1 Estrazione di pietra

1.1.1 Estrazione di pietre per l’edilizia

1.1.2 Estrazione di pietre ornamentali

1.1.3 Estrazione di altre pietre da costruzione

1.1.4 Estrazione di pietre per calce, pietra da gesso e creta

1.1.5 Estrazione di pietra da gesso e anidrite

1.1.6 Estrazione di pietra per calce e cementi e di dolomite

1.1.7 Estrazione di ardesia

1.2 Estrazione di ghiaia, sabbia e argilla

1.2.1 Estrazione di ghiaia e sabbia

1.2.2 Estrazione di argilla e caolino

1.3 Estrazione di minerali per le industrie chimiche e la fabbricazione di concimi

1.3.1 Estrazione di sali di potassio

1.3.2 Estrazione di baritina, fluorite, acido borico, terre coloranti e altri minerali per le industrie chimiche

1.4 Produzione di sale

1.5 Estrazione di altri minerali e prodotti di cava n.c.a.

1.5.1 Estrazione di pietra pomice e altri materiali abrasivi

1.5.2 Estrazione di asfalto e bitume naturali

1.5.3 Estrazione di altri minerali e prodotti di cava (quarzo, quarzite, sabbie silicee, ecc.).

 

Il materiale di risulta inerte può essere prodotto anche dalle seguenti altre attività.

1.6 Fabbricazione di prodotti in ceramica non refrattari, non destinati all’edilizia; fabbricazione di prodotti ceramici refrattari

1.6.1 Fabbricazione di prodotti in ceramica per usi domestici ornamentali

1.6.2 Fabbricazione di articoli sanitari in ceramica

1.6.3 Fabbricazione di isolatori e di pezzi isolanti in ceramica

1.6.4 Fabbricazione di altri prodotti ceramici per uso tecnico industriale

1.6.5 Fabbricazione di altri prodotti in ceramica

1.6.6 Fabbricazione di prodotti ceramici refrattari

1.7 Fabbricazione di piastrelle e lastre in ceramica per pavimenti e rivestimenti

1.8 Fabbricazione di mattoni, tegole ed altri prodotti dell’edilizia in terracotta

1.9 Produzione di cemento, calce e gesso

1.9.1 Produzione di cemento

1.9.2 Produzione di calce

1.9.3 Produzione di gesso

1.10 Fabbricazione di prodotti in calcestruzzo, cemento e gesso

1.10.1 Fabbricazione di prodotti in calcestruzzo per l’edilizia

1.10.2 Fabbricazione di prodotti in gesso per l’edilizia

1.10.3 Fabbricazione di calcestruzzo pronto per l’uso

1.10.4 Produzione di malta

1.10.5 Fabbricazione di prodotti in fibrocemento

1.10.6 Fabbricazione di altri prodotti in calcestruzzo, gesso e cemento

1.11 Taglio, modellatura e finitura della pietra

1.11.1 Segagione e lavorazione delle pietre e del marmo

1.11.2 Lavorazione artistica del marmo e di altre pietre, lavori in mosaico ed affini

1.11.3 Frantumazione di pietre e minerali vari fuori della cava

1.12 Fabbricazione di altri prodotti in minerali vari fuori della cava

1.12.1 Fabbricazione di prodotti abrasivi

1.12.2 Fabbricazione di altri prodotti in minerali non metalliferi n.c.a.

 

                Nell’ambito infine delle costruzioni, sempre secondo la classificazione dell’ISTAT, possono essere generati rifiuti inerti nell’esecuzione delle opere di cui all’elenco seguente.

1.13 Preparazione del cantiere edile

1.13.1 Demolizione di edifici e sistemazione del terreno

1.13.2 Trivellazioni e perforazioni

1.14 Costruzione completa o parziale di edifici; genio civile

1.14.1 Lavori generali di costruzione di edifici e lavori in ingegneria civile

1.14.2 Posa in opera di coperture e costruzione di ossature di tetti di edifici

1.14.3 Costruzione di autostrade, strade, campi di aviazione e impianti sportivi

1.14.4 Costruzione di opere idrauliche

1.14.5 Altri lavori speciali di costruzione

1.15 Installazione dei servizi in un fabbricato

1.15.1 Installazione di impianti elettrici

1.15.2 Lavori di isolamento

1.15.3 Installazione di impianti idraulico-sanitari

1.15.4 Altri lavori di installazione

1.16 Lavori di completamento degli edifici

1.16.1 Intonacatura

1.16.2 Posa in opera di infissi in legno e metallo

1.16.3 Rivestimento di pavimenti e di muri

1.16.4 Tinteggiatura e posa in opera di vetrate

1.17 Altri lavori di completamento degli edifici

1.17.1 Attività non specializzate di lavori edili

1.17.2 Altri lavori di completamente degli edifici

1.18 Noleggio di macchine e attrezzature per la costruzione o la demolizione, con manovratore.

(Dic. 2010)

Marianna Morabito

 

 

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|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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