I
RIFIUTI TRA LEGGI E NORMATIVE
di
Alessandro Del Vescovo
Quello dei rifiuti è un problema molto
antico. Già nell’antichità i rifiuti venivano accumulati in delle fosse
poste ai margini degli insediamenti umani. Successivamente, con la
nascita delle metropoli, venivano direttamente gettati nelle strade: in
Grecia si raccoglievano e si portavano fuori dalla città; a Roma Giulio
Cesare vietò che venissero gettati per le strade e ne impose lo
smaltimento durante la notte.
Soltanto nel rinascimento nasce una
struttura con il compito di garantire la pulizia delle strade e lo
smaltimento dei rifiuti. Con la rivoluzione industriale però, i rifiuti
crescono a dismisura e comincia a delinearsi un vero e proprio problema:
si verifica un aumento dei materiali residuali derivanti dai processi di
lavorazione industriale e nasce la prima differenziazione merceologica
dei rifiuti. Durante il boom economico degli anni ’50 e ’60 del
novecento il problema diventa ancora più consistente; con il “miracolo
economico” si ha un aumento vertiginoso dei rifiuti e un progressivo
abbandono delle abitudini di riuso. Durante gli anni ’80 la situazione
peggiora ancora a causa della diffusione dei prodotti “usa e getta”. Si
producono sempre più prodotti facilmente deperibili e non riparabili, in
modo da aumentare i consumi.
Le prime direttive europee in materia di
rifiuti risalgono alla seconda metà degli anni ’70: nel 1975 la
direttiva sui rifiuti; nel 1976 la direttiva sullo smaltimento dei
policlorobifenili e dei policlorotrifenili; nel 1978 la direttiva
relativa ai rifiuti tossici e nocivi. In Italia, la prima legge
nazionale sui rifiuti è il Decreto del Presidente della Repubblica 10
settembre 1982, n. 915. Con questo Decreto per rifiuto si intende
qualsiasi sostanza od oggetto derivante da attività umane o da cicli
naturali, abbandonato o destinato all'abbandono. Avviene anche la prima
classificazione dei rifiuti che vengono distinti in solidi urbani,
speciali, tossici e nocivi. Inoltre si afferma anche il principio
comunitario “chi inquina paga”, quindi chi produce il rifiuto è
responsabile anche del suo smaltimento e vengono stabilite le competenze
dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni.
Altra legge in materia di rifiuti è il
Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, meglio conosciuto come
Decreto “Ronchi” che recepisce tre direttive europee: la 91/156/CE sui
rifiuti, la 91/689/CE sui rifiuti pericolosi e la 94/62/CE sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. Questo Decreto individua delle
nuove strategie per la gestione dei rifiuti riconducibili alla
cosiddetta “strategia delle 4 R”. Le 4 R stanno per: riduzione,
riutilizzo, raccolta differenziata e recupero energetico.
Per “riduzione” si intende una riduzione
della produzione di rifiuti attraverso una migliore progettazione dei
prodotti sul mercato e attraverso l’abbattimento dei residui nel ciclo
di produzione.
Per “riutilizzo” si intende l’acquisizione
di alcune pratiche come il vuoto a rendere, l’utilizzo della sporta di
stoffa per la spesa con conseguente eliminazione dei sacchetti di
plastica, l’acquisto di prodotti sfusi e di pile ricaricabili.
Per “raccolta differenziata” si intende la
separazione dei rifiuti per poterli poi riutilizzare come materie prime.
Per “recupero energetico” si intende che la
combustione di questi rifiuti può essere utilizzata per produrre energia
attraverso gli inceneritori.
Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.
152, “Norme in materia ambientale”, conosciuto come Testo Unico
Ambiente, abroga il Decreto Ronchi. Esso equipara il recupero energetico
a quello di materia e dà una definizione di rifiuto (art. 183): “Il
rifiuto è qualsiasi sostanza od oggetto, di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.” La classificazione dei
rifiuti (art. 184) avviene in base a due parametri: l’origine e la
pericolosità. In base all’origine si distinguono rifiuti urbani e
rifiuti speciali, in base alla pericolosità si distinguono rifiuti
pericolosi e non pericolosi.
I rifiuti urbani sono quelli di origine
domestica e urbana; i rifiuti speciali sono quelli artigianali,
industriali, commerciali, sanitari, agricoli, ecc.; i rifiuti pericolosi
possono classificarsi come tali solo se le sostanze raggiungono
determinate concentrazioni.
Il Decreto rappresenta quindi, la normativa
di riferimento a livello nazionale in materia di rifiuti e persegue la
linea già definita dal Decreto “Ronchi”: la priorità è quella della
prevenzione e
della riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti,
soltanto successivamente avviene il
recupero di materia e
di energia e quindi, come fase residuale dell’intera gestione, lo
smaltimento
(messa in discarica ed incenerimento).
Al giorno d’oggi, esistono quindi diverse
pratiche per la gestione dei rifiuti e di conseguenza si distinguono
diversi tipi di impianti. Ci sono impianti per il recupero della materia
tra cui quelli di riciclaggio degli imballaggi e quelli di compostaggio
per i rifiuti organici; ci sono impianti per il recupero energetico cioè
gli inceneritori o termovalorizzatori e infine ci sono le discariche per
smaltire quello che resta. Per il resto sta a noi cercare di produrre
meno rifiuti possibile e cercare di cambiare le nostre abitudini.
(Set. 2010)
Alessandro Del Vescovo
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