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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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La risorsa acqua e i rischi per i paesi poveri

“L’acqua è una delle più importanti risorse naturali necessaria allo sviluppo e alla sopravvivenza del genere umano.”

 di Antonio Di Maggio        

         

Tutta l’acqua presente sulla Terra è ciclicamente intercomunicante, cioè le acque lasciano continuamente, evaporando, la superficie terrestre e vi ricadono come prodotto meteorico di vario tipo, dando, di seguito, origine ai corsi d’acqua.

La superficie terrestre è coperta per il 71% di acqua di cui il 97,5% è acqua salata. L’acqua dolce invece è presente per il 77% nei ghiacciai e nelle nevi perenni e per il 22% nel sottosuolo.

La stessa rende all’uomo, in maniera diretta o indiretta, molti servizi: biologici, igienici, produttivi e di trasporto (acqua per uso domestico, ricreativo ed industriale, per l’irrigazione, per il bestiame, per la navigazione, per la dispersione e l’eliminazione dei rifiuti) ed è pertanto una risorsa, ossia un bene fondamentale per la vita ed il benessere dell’uomo.

Rappresenta, infatti, un solvente universale nel quale si sciolgono le molecole organiche dell’atmosfera; le reazioni chimiche, infatti, in soluzione sono molto più veloci e complesse ed è proprio grazie a queste reazioni che 3,5 miliardi di anni fa si sono formati quei composti organici fondamentali per la vita sul nostro pianeta, quali gli amminoacidi, gli zuccheri, gli acidi grassi, il cosiddetto brodo primordiale.

Infatti non è casuale che abbia avuto, in passato, un ruolo decisivo nei processi che hanno portato la formazione della vita e che sia tuttora essenziale nei processi biologici che sono alla base della materia vivente.

La risorsa idrica, non solo, rappresenta l’elemento maggiormente diffuso sulla Terra, ma anche l’elemento costitutivo di tutti gli esseri viventi.

L’Onu parla di crisi dell’acqua come del problema più preoccupante tra quelli ambientali, in realtà l’acqua è una preoccupazione relativa nei Paesi ricchi.

Il fabbisogno minimo biologico pro-capite è di 5 litri al giorno, e per parlare di condizioni accettabili di vita occorrono 50 litri giornalieri pro-capite, ma per miliardi di persone ciò è impossibile.

Nel mondo si passa da una disponibilità media di 425 litri al giorno di un abitante degli Stati Uniti a 10 litri al giorno di un abitante del Madagascar.

Sono circa 29 i paesi in cui il 65% della popolazione è al di sotto del fabbisogno idrico vitale, cioè il 20% della popolazione mondiale.

L’acqua dolce per il consumo umano varia da 12.000 a 14.000 Km cubi annui, ma, a causa della rapida crescita della popolazione la sua disponibilità è diminuita e continuerà a diminuire. In realtà le risorse idriche rinnovabili sarebbero sufficienti a soddisfare i bisogni dell’intera popolazione mondiale, ma a causa dell’ineguale distribuzione delle risorse, sia a livello regionale che a livello temporale, la disponibilità varia da Paese a Paese.

La scarsità della risorsa idrica si è tradotta, in alcuni casi, in fenomeni di desertificazione dei suoli, cioè nella progressiva riduzione dello stato superficiale del suolo e nella relativa perdita della capacità produttiva, oltre che nell’espansione dei deserti sabbiosi. Particolarmente interessata al fenomeno è l’Africa.

Questi fenomeni risultano essere particolarmente preoccupanti se si considera il fatto che essi sono in progressivo aumento, e che si prevede aumenteranno ulteriormente se non si porranno dei freni a monte dei processi che hanno un certo impatto sull’ambiente.

I problemi di disparità tra Paesi non riguardano solo la distribuzione, ma anche i consumi e la destinazione d’uso dell’acqua.

I consumi differiscono e sono proporzionali al reddito medio pro-capite: consuma in media maggiori quantità di acqua un abitante di un Paese Industrializzato rispetto ad un abitante di un Paese in via di sviluppo, anche se vi sono Paesi industrializzati che hanno consumi contenuti grazie ad un uso efficiente delle risorse e Paesi in Via di Sviluppo che consumano grandi quantità di acqua a causa dell’inefficienza dei sistemi di distribuzione. Anche la destinazione d’uso dell’acqua differisce tra regioni più sviluppate e regioni meno sviluppate: nel mondo l’agricoltura assorbe il 70% di acqua dolce; nei Paesi in Via di Sviluppo l’agricoltura assorbe l’86%; nei Paesi industrializzati è l’industria ad assorbire maggiori quantitativi di acqua dolce (46%) mentre l’agricoltura si sposta in secondo piano con il 39%; infine nei Paesi ad economia in transizione agricoltura ne assorbe circa il 52%.

In genere, può essere effettivamente usata solo una parte delle risorse rinnovabili (9.000 Km cubi su 40.000 Km cubi).

Nei paesi tropicali, infatti, parte dell’acqua piovana viene dispersa in seguito alle inondazioni. In altri paesi si consumano quantitativi di acqua superiori a quelli disponibili, e per tale motivo si ricorre a tecniche di trattamento, quali dissalazione delle acque di mare con costi, però, nettamente superiori.

 In linea di massima, il calo della disponibilità totale di acqua è dovuto a fattori come la crescita demografica; il depauperamento delle falde acquifere; ai cambiamenti climatici. Per questi motivi molti paesi sono alla soglia della scarsità cronica: cioè, quella situazione in cui, l’approvvigionamento idrico di un paese diventa difficoltoso e la disponibilità pro-capite scende a 1700 m cubi annui.

In aggiunta a queste problematiche si deve considerare lo spreco d’acqua dovuto all’inefficienza dei sistemi di irrigazione e delle reti idriche urbane.

Il consumo di acqua nel mondo negli ultimi anni è aumentato di sei volte, a un ritmo più del doppio del tasso di crescita della popolazione, tanto che la disponibilità pro capite dal 1950 al 1995 è passata da 17000 m cubi a 7500 m cubi e più di un terzo della popolazione vive in condizioni di emergenza idrica.

Questo accade perché il consumo supera di oltre il 10% il totale dell’offerta.

Se questo trend dovesse continuare, entro il 2025, due terzi della popolazione si potrebbero trovare in condizioni di emergenza (3,5 miliardi di persone).

Dunque l’acqua come risorsa,  soggetta a consumi incontrollati a livello planetario  rimane sempre una risorsa naturale rinnovabile, seppur anche una risorsa rara.

Per tale motivo, occorre cambiare mentalità nel senso di ridurre i consumi e soprattutto ridurne gli sprechi.

Le perdite d’acqua risultano, infatti, del 20-50% nei Paesi in Via di Sviluppo e di circa il 25% nei Paesi Industrializzati.

Tale divario, dipende principalmente dal fatto che i Paesi Industrializzati hanno la possibilità ed i mezzi per adottare nuove tecnologie in grado di ridurre gli sprechi ed in grado di riciclare le risorse utilizzate per altri scopi attraverso la depurazione.

I rimedi possibili per ridurre il consumo di acqua sono: l’adozione della microirrigazione in agricoltura; il riciclo di acqua nell’industria per ottimizzarne il consumo; inoltre la risorsa idrica non deve risultare un bene economico in modo che i consumatori, siano essi agricoltori, industriali o privati, siano costretti ad utilizzarla in maniera efficiente: anche un prezzo di mercato adeguato potrebbe essere incentivante.

Il problema della scarsità idrica dipenderà sempre più da diversi fattori quali: la crescita della popolazione; l’adozione di politiche inadeguate; il cambiamento degli stili di vita; le contaminazioni di origine antropica; i cambiamenti climatici.

Il 20% dell’incremento della scarsità d’acqua mondiale sarà dovuto ai cambiamenti climatici. Le zone umide saranno probabilmente interessate da maggiori precipitazioni, mentre è prevista una diminuzione e una maggior irregolarità nelle regioni propense alla siccità, nonché in alcune zone tropicali e sub-tropicali.

La qualità dell’acqua peggiorerà con l’aumento della sua temperatura e dei livelli d’inquinamento.

I Paesi con maggiori problemi resteranno Medio Oriente e Nord Africa, a seguire Asia e Caraibi. Inoltre, lo spreco di risorse idriche e la cattiva gestione delle acque di scarto sta inquinando in tutti i Paesi le riserve non rinnovabili.

Il ciclo idrico naturale deve, quindi, essere ripristinato per ridurre i costi di approvvigionamento del fabbisogno idrico e della sua necessaria depurazione, attraverso tecnologie in grado di portare a scarico delle acque controllate biologicamente e chimicamente con scarso tasso d’inquinamento.

Per sostenere l’aumento della popolazione, che ha già raggiunto i 6 miliardi di persone e che si prevede raggiungerà i 12 entro il 2025, l’Agenda 21 ha ribadito che la risorsa idrica sarà l’elemento chiave dello sviluppo sostenibile.

Infatti se non si dispone di almeno 1.700 metri cubi per persona, annui, è impossibile uno sviluppo economico capace di garantire salute e benessere.

A tal proposito, sono in atto, anche a livello europeo, progetti di ricerca che riguardino: la razionalizzazione delle risorse in campo agricolo, industriale e civile; il riutilizzo della risorsa idrica, previa depurazione (la legge Galli prevede incentivi economici per chi riutilizza); la produzione di acqua dolce mediante dissalazione. Gestire e razionalizzare le risorse in modo sostenibile significa: non utilizzare più acqua di quanta la natura ne ripristini; la qualità dell’acqua presente in natura deve essere garantita nel lungo periodo; le aziende idriche devono garantire l’approvvigionamento a lungo termine; il prezzo dell’acqua deve essere accessibile a tutti.

L’aumento della popolazione, lo sviluppo industriale e l’utilizzo sempre più indiscriminato di prodotti chimici, soprattutto nel campo dell’industria e dell’agricoltura, sono tra le principali cause dell’aumento dell’inquinamento delle acque.

L’inquinamento ha così comportato una sostanziale modifica della composizione iniziale della risorsa idrica che difficilmente è in grado di eliminare gli inquinanti attraverso il potere autodepurante proprio delle acque.

Le direttive UE indicano cosa significa inquinare le acque, così esprimendosi: “L’inquinamento idrico è l’effetto dello scarico in ambiente acquoso di sostanze o di energie tali da compromettere la salute umana, da nuocere alle risorse dei viventi e, più in generale, al sistema ecologico idrico e da costituire ostacolo a qualsiasi legittimo uso delle acque, comprese le attrattive ambientali”.

Per inquinamento idrico s’intende, pertanto la deviazione dello stato di normalità delle proprietà chimiche e fisiche dell’acqua.

Le acque naturali contengono sospesi, o in soluzione composti, sia assunti direttamente dal terreno (sodio, ferro, fosforo, silicio) sia prodotti da reazioni con anidride carbonica. Se la concentrazione di tali sostanze è bassa, ne conferisce proprietà pericolose.

Il Dlg 132/92,  infatti, definisce inquinamento,  lo scarico di sostanze o energia effettuato direttamente o indirettamente dall’uomo nelle acque sotterranee, le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo o la salute umana o l’approvvigionamento idrico, nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico, o ostacolare altri usi legittimi delle acque.

L’acqua è una risorsa, in quanto offre all’uomo servizi biologici, igienici, produttivi e di trasporto ma a causa dello sviluppo demografico ed economico è diventata però, ormai, scarsa ed inquinata.

Principali fonti di inquinamento delle acque sono costituiti dagli effluenti urbani che contengono soprattutto sostanze organiche biodegradabili provenienti dal metabolismo umano e prodotti chimici provenienti dall’impiego domestico di prodotti quali detersivi. Vi sono poi gli effluenti industriali che possono contenere composti organici e inorganici provenienti da attività industriali quali: chimica, farmaceutica, petrolchimica, cartaria, tessile, conciaria, alimentare; i composti inorganici sono costituiti sostanzialmente da cromo, cadmio, mercurio, piombo etc.

Gli effluenti agricoli sono costituiti da deiezioni animali degli allevamenti, da fertilizzanti e antiparassitari che mediante la pioggia, possono penetrare nel terreno fino a raggiungere la falda acquifera, contaminando acqua potabile.

Abbiamo ancora fuoriuscite di petrolio ed inquinanti organici che riguardano quella sostanze che hanno origine dalla decomposizione di organismi animali e vegetali, o provengono dalla trasformazione di sostanze organiche di sintesi delle attività umane: scarichi domestici, industriali, dilavamento terreni (pesticidi), attività petrolifera.

Questi inquinanti determinano un consumo di ossigeno disciolto nell’acqua ed una produzione di anidride carbonica a causa della degradazione, provocando danni alla flora e alla fauna.

Gli inquinanti inorganici sono costituiti da mercurio, piombo, cromo, cadmio, provenienti da attività di industrie chimiche e metallurgiche.

Non mancano poi a i microrganismi patogeni, l’inquinamento termico e le sostanze ad azione nutritiva come carbonio, fosforo e azoto che portano alla eutrofizzazione.

Questa patologia delle acque necessita di un particolare cenno di approfondimento. L’eutrofizzazione è il termine che indica l’eccessivo accrescimento e moltiplicazione disordinata di vegetali acquatici, per effetto della presenza nelle acque di dosi elevate di sostanze nutritive.

 Principali responsabili sono i composti azotati e fosfatici provenienti da scarichi civili o industriali e dal dilavamento dei fertilizzanti in agricoltura.

Tali sostanze si definiscono nutrienti perché indispensabili alla crescita di molti organismi unicellulari e pluricellulari. Il riversarne grandi quantità in corpi d’acqua a debole ricambio può determinare un anormale sviluppo di piante acquatiche. All’aumentato consumo di ossigeno per attività respiratorie si contrappone una produzione fotosintetica da parte di alghe e piante.

Se mancano alcuni elementi limitanti, come l’irraggiamento solare, si hanno fenomeni di morte algale e accumuli di sostanze organiche che determinano una elevata richiesta biochimica di ossigeno non soddisfatta.

A seconda del grado di eutrofizzazione le acque si distinguono in: acque oligotrofiche; acque mesotrofiche; acque eutrofiche.

L’eutrofizzazione consiste in un insieme di cambiamenti tipici quali: incremento della produzione di alghe e piante acquatiche, l’impoverimento delle risorse ittiche, la generale degradazione della qualità dell’acqua ed altri effetti che ne riducono e ne precludono gli usi.ù

L’eutrofizzazione può essere causata da fattori naturali o può avere origine antropica. Mentre la prima è caratterizzata da tempi estremamente lunghi, l’altra differisce per la rapidità di manifestazione.

Gli effetti sono costituiti dalla produzione di materiale vegetale costituito da piante sommerse o da alghe microscopiche in sospensione.

Dall’aumento del contenuto in ossigeno dell’acqua a causa della fotosintesi innescata dalle alghe vive.

La biomassa algale forma una necromassa che tende a sedimentare verso il fondo.

La formazione di composti provenienti dalla degradazione anaerobica delle sostanze organiche.

Aumentano di concentrazione i nitriti, l’ammoniaca, l’idrogeno solforato, il metano.

In ogni caso la possibilità che tali effetti si manifestino dipende, a parità di input di nutrienti, dalle caratteristiche fisiografiche del corpo idrico.

 

Antonio Di Maggio

 


 

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|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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