La salvaguardia
dell’ambiente
di Antimo Maietta
“Art. 9 –
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca
scientifica e tecnica.
Tutela il
paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione”.
Per quanto
riguarda l’aspetto giuridico, in realtà l’articolo 9 non contempla la
difesa dell’ambiente in maniera diretta. Anche la legislazione
ordinaria è stata tardiva e di difficile applicazione, tanto da
consentire in maniera quasi indisturbata la speculazione privata,
che ha provocato danni irreparabili agli elementi naturali.
A partire dal
1985 è stato imposto alle Regioni l’obbligo di adottare piani
urbanistici che tengono conto dei valori paesaggistici e
ambientali e nel 1986, per meglio coordinare gli interventi mirati a
contenere il danno ambientale, è stato istituito il
Ministero dell’Ambiente.
Solo con la
legge istitutiva del Ministero, la salvaguardia dell’ambiente è
stata finalmente riconosciuta come un diritto
fondamentale dell’individuo.
La
legislazione e gli impegni nazionali e internazionali a difesa
dell’ambiente.
Il problema
“ambiente” non è circoscritto a un Paese o a una zona limitata, perché
più inquinata delle altre; in maniera più o meno diretta la protezione
dei beni naturali riguarda l’intera umanità.
I vertici e i provvedimenti internazionali.
Stoccolma,
1972
A livello
internazionale la presa di coscienza ufficiale dei problemi ambientali è
avvenuta con la “Conferenza dell’Onu sull’ambiente umano”.
In quell’occasione i delegati di 113 nazioni per la prima volta hanno
messo a punto un piano d’azione per porre un freno al
deterioramento delle condizioni di vita sul pianeta e hanno indicato una
serie di princìpi guida relativi ai diritti e alle
responsabilità nei confronti dell’ambiente di cui gli individui e i
Governi devono tener conto nell’indirizzare i relativi comportamenti e
le politiche di sviluppo.
Nel documento
finale dell’incontro si afferma che l’uomo è “portatore di una solenne
responsabilità per la protezione e il miglioramento dell’ambiente per le
generazioni presenti e future”. In questa dichiarazione sono contenuti
due concetti fondamentali che ritroviamo poi nelle innumerevoli
definizioni di sviluppo sostenibile che sono date state nei successivi
trenta anni: in primo luogo lo sviluppo umano deve essere rispettoso
dell’ambiente e di conseguenza non deve limitarsi a guardare le esigenze
del presente, ma deve garantire anche alle generazioni future la
possibilità di godere di risorse naturali.
L’UNEP è stato
istituito a seguito di questa Conferenza. La sua missione consiste nel
fornire una guida e nell’incoraggiare la collaborazione nella cura per
l’ambiente, mettendo in grado nazioni e popolazioni di migliorare la
propria qualità della vita senza compromettere quella delle generazioni
future. Le sue principali priorità comprendono:
·
Controllo ambientale, valutazione e allarme precoce sul danno
ambientale;
·
Promozione di attività ambientaliste in tutto il sistema delle Nazioni
Unite;
·
Stimolare la pubblica consapevolezza sulle questioni ambientali;
·
Agevolare lo scambio di informazioni sulle tecnologie ecologicamente
compatibili;
·
Fornire ai Governi consulenza tecnica, legale e istituzionale.
Tokyo,
1987
A distanza di
dieci anni l’Onu ha varato la Carta mondiale della natura
e nel 1983 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituisce una
commissione, la Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo
(WCED), indipendente con il compito tracciare le linee
fondamentali di un'agenda globale per il cambiamento del modello di
sviluppo.
La Commissione
lavorerà fino al 1987 alla realizzazione del celebre Rapporto
Brundtland. In questa data, a conclusione dei lavori, ha
dichiarato il diritto dell’ambiente “un diritto umano fondamentale”
e ha indicato regole da seguire per sostenere uno “sviluppo
sostenibile”. Il documento, presentato alla Conferenza per l’ambiente e
lo sviluppo organizzata dall’ONU a Tokyo, supera la
visione dell’ambiente come elemento di contrasto e freno allo sviluppo
economico e sociale, ma lo pone come un elemento da cui si deve partire
per avere un progresso duraturo che non comprometta le possibilità di
sopravvivenza del pianeta e delle generazioni future.
Inoltre, con
il protocollo siglato a Montreal (1987) si è stabilito di
ridurre la concentrazione di cloro presente nell’atmosfera limitando la
produzione e l’impiego dei CFC (clorofluorocarburi)
e degli HCFC (idroclorofluorocarburi) per contenere
la rarefazione dell’ozono. Di seguito alla Convenzione di
Montreal i singoli Stati hanno adottato normative nazionali che
prevedono la messa al bando delle sostanze “mangiaozono” entro tempi
abbastanza brevi.
Rio de
Janeiro, 1992
Nel 1992, a
Rio de Janeiro, i 183 Paesi che hanno partecipato alla
“Conferenza dell’Onu
Sull’ambiente
e lo sviluppo” si sono impegnati a raggiungere una serie di obbiettivi
comuni (Dichiarazione di Rio) e hanno definito un piano di azione
per il XXI secolo (Agenda XXI) al fine di perseguire uno
sviluppo sostenibile a livello mondiale.
Durante la
Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo furono
tracciate le principali linee programmatiche per avviare il risanamento
ambientale della Terra. Al termine della Conferenza brasiliana furono
adottati 5 documenti:
・
La Dichiarazione di Rio: definisce in 27
punti i diritti e le responsabilità delle Nazioni nei riguardi dello
sviluppo sostenibile e nei settori chiave della società civile.
・
L’Agenda XXI: piano d’azione per il XXI
secolo per l'applicazione dei principi dello sviluppo sostenibile.
・
La Convenzione sulla Biodiversità: ha
l’obiettivo di tutelare le specie animali e vegetali nei loro habitat e
la riabilitazione di quelle in via di estinzione.
・
La Convenzione sul Climache: pone obblighi
di carattere generale per il contenimento della produzione di gas e la
riduzione dell'effetto "serra".
・
I Principi della Foresta: sancisce il
diritto degli Stati di utilizzare le foreste secondo le proprie
necessità, senza però lederne i principi di conservazione e di sviluppo.
Inoltre, in
occasione di questa conferenza, è stato potenziato anche il Fondo
mondiale per la protezione dell’ambiente, istituito nel 1990,
allo scopo di finanziare gli interventi a favore dell’ambiente.
Lanzarote,
1995
La Carta per
un turismo sostenibile è il documento finale prodotto dalla Conferenza
Mondiale sul Turismo Sostenibile tenutasi a Lanzarote
(Canarie, Spagna) nell'aprile del 1995. Essa rappresenta un riferimento
nella definizione delle priorità, degli obiettivi e dei mezzi necessari
a promuovere il turismo futuro. Il turismo è uno strumento di
sviluppo economico per le regioni interessate e occasione di conoscenza
e arricchimento personale per i turisti; ma, allo stesso tempo, esso è
causa di degrado ambientale e d’appiattimento
culturale delle località coinvolte. E' necessario quindi
controllare il meccanismo per cui l’incremento turistico corrisponde a
un aumento di effetti negativi sulle risorse naturali e culturali
locali. I 14 punti della Carta sanciscono l’indiscutibile necessità di
promuovere un turismo che sia occasione di sviluppo equo per le località
e le popolazioni residenti, di qualità per i visitatori e di
salvaguardia delle risorse
culturali e naturali. A tal fine, gli strumenti consigliati sono
un'attenta pianificazione, premessa di una gestione globale efficace, lo
scambio d’esperienze e d’informazioni e la diffusione di nuovi modelli
di comportamento. Rifacendosi quindi ai principi espressi alla
Conferenza di Rio, la Carta si appella ai governi perché redigano Piani
di sviluppo sostenibile nel turismo, ma anche agli operatori, alle
associazioni e ai turisti stessi affinché adottino le misure indicate e
si impegnino per un turismo rispettoso e realmente sostenibile. In
appendice alla Carta viene proposto un Piano d’Azione del Turismo
Sostenibile che stabilisce concrete linee di azione e raccomanda
l'adozione di specifiche misure per promuovere l'integrazione del
turismo nella strategia di sviluppo sostenibile.
Kyoto, 1997
Nella
Conferenza di Kyoto nel 1997 il tema dominante sono state le
emissioni dei gas serra, considerati i diretti responsabili del
riscaldamento del globo.
Il Protocollo
di Kyoto è un accordo internazionale sull'ambiente. È stato negoziato
nella città giapponese nel dicembre 1997 da oltre 160 paesi durante la
Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui
Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale. È entrato in
vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia.
L'accordo
prevede, per i paesi industrializzati, una riduzione delle emissioni
inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra) del 5,2%
rispetto a quelle del 1990, nell'arco temporale 2008-2012.
Per entrare in
vigore occorre la ratifica di almeno 55 nazioni, producenti almeno il
55% delle emissioni di gas serra.
Ad ottobre
2004 anche la Russia, responsabile del 17,4% delle emissioni, ha
ratificato l'accordo, facendo raggiungere il quorum per rendere il
protocollo legalmente vincolante.
Nell'agosto
del 2005, 159 paesi avevano ratificato l'accordo, con le notevoli e
riduttive eccezioni di USA e Australia.
Sono esclusi
dal negoziato i paesi in via di sviluppo, per evitare di ostacolare la
loro crescita economica.
Tra i paesi
non aderenti figurano, purtroppo, gli Stati Uniti, responsabili del
36,1% del totale delle emissioni (annuncio fatto nel marzo 2001). Anche
l'Australia ha annunciato che non intende aderire l'accordo, per non
danneggiare il proprio sistema industriale. Non hanno aderito neanche
Croazia, Kazakistan e Monaco.
Johannesburg,
2002
A settembre
2002 si è tenuto a Johannesburg il vertice internazionale come
proseguimento del “Vertice della Terra” di Rio de Janeiro. L’obiettivo
dell’incontro era quello di favorire uno sviluppo sostenibile
tale da consentire a tutti gli abitanti del pianeta di soddisfare i
propri bisogni senza provocare danni all’ambiente.
Per perseguire
lo sviluppo sostenibile, l’approccio allo sviluppo dovrebbe essere
diverso e dovrebbe crescere la consapevolezza che le decisioni e i
comportamenti assunti in una qualunque parte del mondo si ripercuotono
su tutti e, proprio per questo, dovrebbero essere tali da favorire
benefici generalizzati.
A Johannesburg
si è parlato di acqua, di energia, di agricoltura,
di salute, ma il traguardo più importante è stata l’entrata in
vigore del protocollo di Kyoto. Infatti, anche la Russia, la Cina e il
Canada hanno aderito agli accordi presi, facendo così raggiungere un
numero di Paesi che rappresentavano il 55% delle emissioni dei gas
serra.
I 190 Paesi
che hanno partecipato al vertice, nella Carta sullo sviluppo
sostenibile si sono impegnati “ad agire insieme, uniti dalla comune
determinazione a salvare il pianeta, a promuovere lo sviluppo umano e a
conseguire la pace e la prosperità universali”. Nel Piano di Azione
approvato al vertice sono stati individuati gli obbiettivi e i programmi
che nei prossimi 15 anni dovranno guidare il pianeta verso lo sviluppo
sostenibile.
Kyoto, 2003
Per discutere
e arginare i danni provocati dalla carenza d’acqua, nel marzo 2003 si è
tenuto a Kyoto il Vertice mondiale dell’acqua (World Water
Council).
Attualmente il
30% della popolazione mondiale vive in condizioni di scarsità d’acqua e,
mantenendo questo ritmo di consumi, a breve la carenza di questo
prezioso elemento interesserà almeno la metà della popolazione mondiale.
Il World Water
Council, istituito nel 1996, si pone l’obbiettivo di aiutare quei 2
miliardi e 700 milioni di individui che dovranno affrontare
quest’emergenza, cercando di prevenire le malattie legate alla scarsità
d’acqua potabile e di salvare laghi, fiumi e terre umide del pianeta.
Cuba, 2003
Un’altra
emergenza ambientale è il deserto che avanza a ritmi sostenuti. Nella
Conferenza dell’ONU per la lotta alla desertificazione, che si è
tenuta a Cuba a settembre 2003, si è concluso che grzie alla
cooperazione internazionale il deserto si può bloccare e con esso si
possono fermare anche i cosiddetti “profughi dell’ambiente”, le
popolazioni costrette ad abbandonare le terre aride che hanno raggiunto
un quarto dei terreni coltivabili.
L’emergenza
deserto interessa particolarmente l’Africa, alcuni Paesi dell’Asia, i
Caraibi, ma anche l’Europa (Spagna, Portogallo, Grecia e Italia).
Nel nostro
Paese esiste il Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione,
istituito nel 1997, che è impegnato in particolare nella protezione
del suolo, nella gestione sostenibile delle risorse idriche,
nella riduzione dell’impatto per le attività produttive e nel
riequilibrio del territorio.
I risultati
raggiunti per la tutela dell’ambiente a livello internazionale sono
sicuramente di rilievo e in gran parte sono il frutto dell’azione
dell’Onu, di agenzie ad esso collegate, come la Food and Agricolture
Organization (FAO) e l’Organizzazione mondial della sanità
(OMS), e in particolare della Commissione delle Nazioni Unite
per l’ambiente e lo sviluppo (WCED) che ha promosso accordi e
convenzioni con l’obiettivo di perseguire uno sviluppo
sostenibile.
I provvedimenti a livello
comunitario
Strasburgo, 1972
CARTA EUROPEA DEL SUOLO
La concezione del suolo come risorsa ha suscitato da tempo la necessità
di regolamentare la sua gestione attraverso interventi nazionali ed
internazionali. La Carta Europea del suolo, varata dal Consiglio
d’Europa a Strasburgo nel 1972, rappresenta un esempio concreto di tali
azioni internazionali di tutela. Molti paesi europei, come la Francia,
la Germania e l’Inghilterra hanno realizzato da tempo interessanti
progetti finalizzati alla salvaguardia del suolo, mentre in Italia si è
cominciato ad affrontare queste problematiche solo da alcuni anni. Si
evidenzia come il suolo, inteso come risorsa alla stregua dell’acqua,
dell’aria, della fauna e della flora, possa essere sottoposto ad una
serie di azioni negative responsabili dei fenomeni di degradazione più o
meno rapida, causate da vari fattori come lo sviluppo urbanistico,
l’erosione, l’inquinamento e l’eccessivo sfruttamento in agricoltura. Il
suolo per le sue caratteristiche intrinseche costituisce il sistema di
autodepurazione più completo a disposizione della natura, ma una volta
contaminato rimane tale per tempi assai più lunghi
rispetto
all’acqua e all’atmosfera.
Ecco alcuni
punti Carta Europea del suolo:
1.
Il suolo è uno dei beni più preziosi dell’umanità. Consente la vita dei
vegetali, degli animali e
dell’uomo sulla superficie della Terra.
2.
Il suolo è una risorsa limitata che si
distrugge facilmente.
3.
La società industriale usa i suoli sia a fini
agricoli che a fini industriali o d’altra natura. Qualsiasi politica di
pianificazione territoriale deve essere concepita in funzione delle
proprietà dei suoli e dei bisogni della società di oggi e domani.
4.
Gli agricoltori e i forestali devono
applicare metodi che preservino la qualità dei suoli.
5.
I suoli devono essere protetti dall’erosione.
6.
I suoli devono essere protetti
dall’inquinamento.
7.
Ogni agglomerato urbano deve essere
organizzato in modo tale che siano ridotte al minimo le ripercussioni
sfavorevoli sulle zone circostanti.
8.
Nei progetti di ingegneria civile si deve
tener conto di ogni loro ripercussione sui territori circostanti e, nel
costo, devono essere previsti e valutati adeguati provvedimenti di
protezione.
9.
E’ indispensabile l’inventario delle risorse
del suolo.
10.
Per realizzare l’utilizzazione razionale e la
conservazione dei suoli sono necessari l’incremento della ricerca
scientifica e la collaborazione interdisciplinare.
11.
La conservazione dei suoli deve essere
oggetto di insegnamento a tutti i livelli e di informazione pubblica
sempre maggiore.
12.
I governi e le autorità amministrative devono
pianificare e gestire razionalmente le risorse rappresentate dal suolo.
La legislazione interna
15
febbraio 2001
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
La Camera dei
deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge
sull'inquinamento elettromagnetico
Il decreto ha
lo scopo di dettare i principi fondamentali per la tutela della salute
dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti
dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell’articolo 32 della
Costituzione.
Il decreto
intende anche promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli
effetti a lungo termine e attivare misure di cautela da adottare in
applicazione del principio di precauzione.
Inoltre, vuole
assicurare la tutela dell’ambiente e del paesaggio e promuovere
l’innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare
l’intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici secondo le migliori tecnologie disponibili.
Le
disposizioni contenute nel testo si applicano agli impianti, ai sistemi
e alle apparecchiature per usi civili, militari e delle forze di
polizia, che possano comportare l’esposizione dei lavoratori, delle
lavoratrici e della popolazione a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici.
In
particolare, le disposizioni si applicano agli elettrodotti ed agli
impianti radioelettrici, compresi gli impianti per telefonia mobile, i
radar e gli impianti per radiodiffusione.
Maggiore
attenzione anche per quanto riguarda gli apparecchi e i dispositivi di
uso domestico.
20
ottobre 2004
DECRETO
SULL’AMIANTO
Il 20 ottobre
2004 entra in vigore il decreto del Ministero dell'ambiente e del
territorio "Regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle
attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti
amianto."
Con tale
decreto vengono adottati i disciplinari tecnici sulle modalità per il
trasporto ed il deposito dei rifiuti di amianto nonché sul trattamento,
sull'imballaggio e sulla ricopertura dei rifiuti medesimi nelle
discariche, approvati dalla Commissione per la valutazione dei problemi
ambientali e dei rischi sanitari connessi all'impiego dell'amianto.
26
aprile 2005
RIDUZIONE
DELLE EMISSIONI DEI GAS AD EFFETTO SERRA
Il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio ha emanato due decreti
riguardanti l'attuazione dei programmi pilota, a livello nazionale e
internazionale, per la riduzione delle emissione dei gas ad effetto
serra.
I programmi
pilota, previsti dalla legge di ratifica del Protocollo di Kyoto, hanno
l'obiettivo di definire i modelli di intervento più efficaci dal punto
di vista dei costi per la riduzione delle emissioni e l'impiego di
piantagioni forestali per l'assorbimento del carbonio.
Con il decreto
ministeriale 11 novembre 2004 è disposta l'assegnazione di Euro
30.000.000 per la promozione della realizzazione di progetti pilota a
rapida cantierabilità.
Il decreto 11
febbraio 2005 dispone, invece, l'erogazione di Euro 25.000.000
24
gennaio 2006
AMBIENTE,
ITALIA DAVANTI AGLI USA MA IN EUROPA SIAMO TRA I PEGGIORI
In Italia
l'ambiente è tutelato meglio che in Germania, Olanda e Stati Uniti.
Secondo i risultati di una ricerca che prende in esame il raggiungimento
degli obiettivi che gli Stati si sono dati in materia di sostenibilità e
salvaguardia ambientale, l'Italia nella classifica mondiale del rispetto
delle politiche di sostenibilità ambientale è al 21esimo posto,
dietro paesi che avremmo immaginato meno attenti alla sostenibilità
ambientale (la Colombia è 17esima, la Malaysia è nona) e davanti a
nazioni che solitamente vengono additate ad esempio (la Germania è
22esima, l'Olanda 27esima). Prima in assoluto è la Nuova Zelanda
che precede Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca e Regno Unito. Solo
28esimi gli Stati Uniti, superati in graduatoria da quasi tutti i paesi
dell'Unione Europea, oltre che da Giappone, Taiwan, Cile e Argentina.
1°
gennaio 2007.
La Finanziaria 2007 (articolo 1, comma 1116, legge 296/2006)
prevede destina una quota non inferiore a 5 milioni di euro l'anno
2007 alla realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la
tracciabilità dei rifiuti, per l'anno 2007.
13
febbraio 2008.
Entra in vigore il nuovo comma 3-bis dell'articolo 189 del Dlgs
152/2006, Codice ambientale, inserito dal Dlgs 4/2008 "Correttivo", con
il quale viene prevista l'istituzione di un "sistema informatico di
controllo della tracciabilità dei rifiuti".
4
gennaio 2009. La legge 210/2008, di conversione del Dl 172/2008
relativo all'emergenza rifiuti campana, dà il via a un progetto pilota
per garantire la piena tracciabilità dei rifiuti nella Regione Campania.
5
agosto 2009.
La legge 102/2009, di conversione del Dl 78/2009 cd.
"anticrisi", inserisce un nuovo articolo 14-bis intitolato
"finanziamento del sistema informatico di controllo della tracciabilità
dei rifiuti", con il quale il MiniAmbiente viene incaricato di definire
i tempi, le modalità e i costi del nuovo sistema informatico di
controllo della tracciabilità dei rifiuti, entro il 1° febbraio 2010.
14
gennaio 2010.
Entra in vigore il Dm 17 dicembre 2009, recante l'istituzione
del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti,
denominato "Sistri".
28
febbraio 2010.
Entra in vigore il Dm 15 febbraio 2010, recante la proroga dei termini
per l'iscrizione al Sistri nonché le prime modifiche e integrazioni allo
stesso Dm 17 dicembre 2009.
16
aprile 2010.
Approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di Dlgs per il
recepimento della direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti. Il
provvedimento riformula il Dlgs 152/2006 introducendo anche
nuove norme in materia di “Sistri” (il nuovo sistema di tracciamento
telematico della gestione dei rifiuti).
La Comunità
Europea ha deciso di sfoderare il pugni di ferro contro i reati
ambientali. La Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente
istituisce un elenco minimo di reati ambientali gravi che dovranno
essere considerati fatti penalmente rilevanti in tutta l Ue qualora
siano commessi intenzionalmente o per grave negligenza.
Gli Stati
Membri potranno stabilire norme penali più stringenti, ma comunque
tipologia ed entità delle sanzioni, fissate a livello nazionale,
dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive.
IL
PROBLEMA AMBIENTALE :
RIFIUTI
SOLIDI URBANI
SISTEMI DÌ
CLASSIFICAZIONE E SMALTIMENTO.
Quando
s’intende affrontare la questione dell’annoso problema dello smaltimento
dei rifiuti solidi urbani, si deve fare una necessaria premessa
:qualunque soluzione venga presentata ,essa non può essere considerata
universalmente valida , poiché ogni realtà è a se stante.
Il problema
dello smaltimento dei rifiuti è sostanzialmente nato con l’uomo stesso,
ma solo con l’avvento della società moderna ha cominciato a farsi sempre
più stringente fino ai nostri giorni ,in cui attualmente crea un
emergenza continua.
Ma cosa è un
rifiuto?
Secondo le
nazionali norme vigenti per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od
oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi ,o
qualsiasi sostanza od oggetto da attività umane o da cicli naturali
,abbandonato o destinato all’abbandono.
I rifiuti sono
classificati secondo la loro origine ,in rifiuti urbani e speciali e
,secondo le caratteristiche di pericolosità in rifiuti pericolosi e non
pericolosi.
I rifiuti
urbani rappresentano un terzo dell’intero ammontare di rifiuti prodotti
,possono essere oggetto di raccolta differenziata o indifferenziata .
In Europa ogni
anno si producono oltre 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti,
escludendo quelli agricoli. Non si devono comunque confondere i rifiuti
in generale con quelli urbani. E' quindi necessario approfondire la loro
composizione.
Complessivamente i rifiuti si distinguono in:
29% rifiuti
dell'attività estrattiva
26% rifiuti
dell'attività manifatturiera
22% rifiuti
dell'attività di costruzione e demolizione
14% rifiuti
urbani
5% rifiuti da
varie fonti
4% rifiuti
dall'attività di produzione dell'energia
La produzione
di rifiuti urbani in Europa è pertanto pari a 198 milioni di tonnellate.
Considerando
la popolazione UE di 375 milioni di abitanti, ogni abitante in Europa
produce ogni
anno 527 kg di
rifiuti.
Come sono
smaltiti i rifiuti in Europa?
Nonostante gli
sforzi nel recupero e nel riciclaggio, la discarica resta la soluzione
ancora più
praticata per
il 54% dei casi. Il 27% dei rifiuti urbani entra nella filiera del
riciclaggio o del
compostaggio.
Il 19% restante dei rifiuti è avviato all'incenerimento con o senza
recupero di
energia
(termovalorizzatori).
La situazione
italiana
L'Italia
produce ogni anno oltre 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi
urbani.
La politica
della gestioni rifiuti è ancora fortemente orientata alle discariche
dove viene stoccato il
67,1%. Il
24,2% dei rifiuti segue altre strade (compostaggio, riciclaggio) mentre
solo il restante
8,7% dei
rifiuti viene incenerito tramite gli inceneritori o termovalorizzatori.
La
classificazione dei Rifiuti
Il decreto
legislativo 5 febbraio 1997 n ° 22 ,costituisce la norma quadro di
riferimento in materia di rifiuti ,introduce un nuovo sistema di
classificazione dei rifiuti che si basa sulla loro origine .
Sono
definiti Rifiuti urbani:
a)
I rifiuti domestici ,anche ingombranti ,provenienti da locali e luoghi
adibiti ad uso di civile abitazione;
b)
I rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi
diversi da quelli di cui alla lettera a),assimilati ai rifiuti urbani
per qualità e quantità.
c)
I rifiuti provenienti dallo spezzamento delle strade ;
d)
I rifiuti di qualunque natura o provenienza ,giacenti sulle strade ed
aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso
pubblico o sulle spiagge marittime e lacunali e sulle rive dei corsi
d’acqua;
e)
I rifiuti vegetali provenienti da aree verdi ,quali giardini,parchi e
aree cimiteriali ;
f)
I rifiuti provenienti da esumazioni nonché gli altri rifiuti provenienti
da attività cimiteriale diversi da quelli di cui lettere b),c),ed e).
Vengono
classificati come rifiuti speciali:
a)
I rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b)
I rifiuti derivati dalle attività di demolizione ,costruzione,nonché i
rifiuti pericolosi che derivano da attività di scavo;
c)
I rifiuti da lavorazione industriale ;
d)
I rifiuti da lavorazione artigianali :
e)
I rifiuti da attività commerciali ;
f)
I rifiuti da attività di servizio ;
g)
I rifiuti derivati dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti
,fanghi,prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle
acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fiumi
;
h)
I rifiuti derivati da attività sanitarie;
i)
I macchinari e le apparecchiature deteriorate ed obsoleti;
j)
I veicoli a motore ,rimorchi e simili fuori uso e loro parti.
La
classificazione dei rifiuti
,in particolare ,si basa per alcune tipologie sulla provenienza e per
altre tipologie sulla funzione che rivestiva il prodotto originario.
Diverse tipologie di rifiuto sono classificate ,già dall’origine ,come
pericolose o non pericolose mentre per altre è prevista una voce
speculare (un codice di 6 cifre per un rifiuto non pericoloso e un
codice di 6 cifre contrassegnato con un asterisco se pericoloso ), In
funzione della concentrazione di sostanza pericolosa da determinarsi
mediante opportuna verifica analitica.
Alcuni
esempi
Al fine di non
dover modificare ripetutamente l’elenco dei rifiuti pericolosi ,si è
previsto un meccanismo automatico :pertanto ogni volta che verrà
classificata una nuova sostanza pericolosa (ai sensi della direttiva
67/548/CE) il rifiuto contenente la suddetta sostanza ,qualora
caratterizzato da una voce “speculare”sarà classificato come pericoloso
nel caso in cui la concentrazione della sostanza stessa raggiunga i
valori limite previsti dall’articolo 2 della decisione 2000/532/CE e
successive modificazioni.
La produzione
di rifiuti speciali
In Italia
,come in molti altri Paesi dell’unione Europea , la quantità di rifiuti
speciali prodotti è aumentata di oltre il 50 % tra il 1997 è il
2001(dati ISTAT).
Le cause di
questo aumento si possono ricercare nelle migliorate condizioni
economiche e nel ritmo dello sviluppo industriale descritto dai
macroindicatori economici. L’industria manifatturiera ,il settore delle
costruzioni e delle demolizioni ,estrazione mineraria ,da cava e
l’agricoltura ,sono le attività economiche che contribuiscono
maggiormente alla produzione dei rifiuti speciali ;in generale circa il
75 % dei rifiuti prodotti può essere ricondotto ad attività di tipo
industriale,mentre il restante 25 % deriva dalle attività domestiche .
In merito ai
presupposti per giungere a una quantificazione realistica della
produzione di rifiuti va rilevato che fondamentale importanza assume il
controllo dei flussi dei rifiuti e quindi ,della catena che collega il
produttore del rifiuto (primo anello) all’impianto di trattamento e
infine all’impianto di smaltimento finale (discarica ultimo anello
).Infatti nel passaggio da un soggetto all’altro i rifiuti possono
subire variazioni nella classificazione,non solo per quando riguarda la
pericolosità o meno del rifiuto ,ma anche per ciò che riguarda il
diverso stato fisico/chimico e ,quindi ,del codice di identificazione.
Un importante contributo all’analisi dei flussi dei rifiuti può venire
dagli studi di settore che consentono di definire coefficienti specifici
di produzione dei rifiuti legati ai singoli processi produttivi .Per
ciascun settore produttivo d’interesse sono valutati i flussi principali
di materie prime e di energia in ingresso ed i flussi di materia in
uscita al fine di prevenire attraverso un bilancio di massa, alla
quantificazione delle emissioni dei rifiuti.
La produzione
dei rifiuti ospedalieri
Quantificare
la produzione dei rifiuti ospedalieri in Italia non è assolutamente
facile .I dati sulla produzione media giornaliera per degente dei
rifiuti ospedalieri sono abbastanza discordanti soprattutto sulla quota
dei rifiuti speciali ospedalieri che fa parte dell’intera produzione
giornaliera .
Una stima
abbastanza attendibile è di circa 1,5 kg al giorno per letto occupato
,con oscillazioni che vanno da 0,5 kg /letto occupato delle piccole case
di cura a 2,5 kg/letto dei grandi ospedali.
La discordanza
dei dati ,soprattutto per i rifiuti che devono essere necessariamente
inceneriti ,deriva anche dalle diverse dimensioni delle A. S. L e da
come sono strutturate.
Inoltre tale
discordanza deriva anche dalle diverse tipologie di raccolta e trasporto
dei rifiuti a seconda
delle scelte
fatte nella quantità e qualità dei rifiuti da incenerire.
La
classificazione dei rifiuti ospedalieri
Alla luce
della normativa esistente ,i rifiuti ospedalieri possono essere
classificati in 4 categorie distinte.
1.Rifiuti
assimilabili agli urbani a tutti gli effetti
a)Si tratta di
rifiuti provenienti dalle cucine per la preparazione dei pasti ,da
attività di ristorazione e da residui di pasti provenienti dai reparti
di degenza “non infettive”; da tutte le strutture amministrative e di
servizio.
b)Da
medicazioni da attività diagnostiche ,terapeutiche e di ricerca ,da
attività che ospitano o curano pazienti affetti da malattie infette
,rifiuti di natura biologica e relativi contenitori, purché sottoposti a
idoneo trattamento di sterilizzazione.
c)Da
contenitori in vetro di farmaci o di soluzioni per infusione,materiali
ingombranti ,materiale metallico,non ingombrante,materiale proveniente
da attività di giardinaggio ,purché sottoposti a idoneo trattamento di
sterilizzazione;
2.Rifiuti
assimilabili agli urbani ai soli fini dell’incenerimento
Comprende i
rifiuti ospedalieri propriamente detti ,ovvero quelli infetti o
potenzialmente infetti o comunque pericolosi dal punto di vista
igienico-sanitario,che non siano assimilabili agli urbani a tutti gli
effetti. Si tratta di rifiuti derivati da medicazioni ,rifiuti di natura
biologica e rispettivi contenitori ,rifiuti derivanti da attività
diagnostica e di ricerca nonché quelli provenienti da reparti per malati
infetti o da strutture comunque destinati alla loro cura ,non sottoposti
a trattamento di sterilizzazione.
3.Rifiuti
speciali non assimilabili agli urbani
Smaltimento dei rifiuti sanitari
Si fa presente
che per i rifiuti sanitari pericolosi vige l’obbligo di "smaltimento
mediante termodistruzione presso impianti autorizzati". E’ opinione
diffusa, infatti, che le varie tecniche alternative disponibili per il
trattamento, quali la disinfezione chimica, la sterilizzazione in
autoclave, l’impiego di microonde o di irraggiamento con cobalto-60
,raramente garantiscono una disinfezione completa del rifiuto. Per esse
inoltre non sono stati ancora sufficientemente studiati e valutati
l’impatto sull’ambiente, quello sulla salute e la sicurezza degli
operatori, le implicazioni energetiche (che poi sono riconducibili a
ulteriore impatto ambientale).
Un sistema di
incenerimento per RSS ben progettato prevede sistemi automatici di
alimentazione in continuo con possibilità di controllo delle portate in
ingresso, è dotato di regolazione automatica dell’aria di combustione,
opera il processo a temperature sufficientemente elevate, realizzando
una buona miscelazione dei gas di combustione e garantendo un tempo di
permanenza in camera di combustione sufficiente a distruggere i rifiuti.
Per taglie superiori a circa 200 kg/h, sarà dotato di adeguato sistema
di controllo dell’inquinamento atmosferico, in grado di garantire la
neutralizzazione dei gas acidi e la cattura del particolato, dei metalli
pesanti e delle sostanze organiche volatili. Nelle versioni più recenti,
tale sistema di controllo è spesso del tipo "a secco" (che evita
scarichi liquidi dall’impianto), realizzato con una, o talvolta due,
coppie di scrubber a secco e un filtro a maniche. Quando la taglia del
forno è sufficientemente elevata sarà prevedibile anche una sezione di
recupero energia.
La tipologia
di impianti di termodistruzione per rifiuti sanitari pericolosi è varia,
ma nei più recenti ("forni ad aria-controllata" o starved air
incinerators) prevede un processo di combustione a due stadi. Nella
camera primaria, il rifiuto alimentato viene portato a
temperatura tramite un bruciatore a gas e posto in presenza di una
quantità d’aria inferiore a quella stechiometrica (di solito tra il 50 e
il 90% dell’aria teorica di combustione). In tali condizioni di "difetto
d’aria" si ha la degradazione termica dei composti volatili organici in
altri meno complessi. Il calore necessario a questo processo endotermico
di scissione è fornito dall’ossidazione della frazione di carbonio fisso
del rifiuto. La scelta di lavorare in difetto d’aria consente
temperature relativamente basse (inferiori al punto di fusione della
maggior parte dei metalli, vetri e altri inerti non combustibili),
ridotte portate di effluenti gassosi e bassi livelli di turbolenza che
garantiscono bassi trascinamenti di particolato e una minore produzione
di ossidi di azoto. Le temperature della camera primaria crescono
all’aumentare della portata d’aria di combustione, raggiungono il
massimo in corrispondenza di quella stechiometrica e diminuiscono
nuovamente qualora si lavori in eccesso d’aria. Nella camera
secondaria, i gas e vapori prodotti nella prima camera sono
ulteriormente riscaldati e posti a contatto con aria addizionale che li
ossida rapidamente ad anidride carbonica e vapor d’acqua. L’eccesso
d’aria utilizzato deve garantire un tenore di ossigeno nei fumi sempre
superiore al 6% mentre il dimensionamento della camera deve assicurare
un tempo di permanenza dei fumi maggiore di 2 secondi. Anche in questa
camera di post-combustione è presente un bruciatore a gas per garantire
sempre una temperatura minima di almeno 1000 °C. Le ceneri dal fondo e
quelle scaricate del sistema di abbattimento inquinanti (tipicamente la
tramoggia di scarico del filtro a manica) sono in genere al di sotto dei
limiti di tossicità: qualora il tenore di sostanze nocive fosse
eccessivo, le ceneri possono essere stabilizzate in conglomerati
cementizi che le rendono conferibili alle discariche di tipo 2B
.L’eventuale fusione (e risolidificazione) di inerti o ceneri dei
rifiuti sanitari può creare, oltre che problemi di intasamenti di
condotti o valvole, anche danni ai refrattari, che vanno quindi scelti
con particolare attenzione.
Questi forni
possono essere del tipo statico o rotativo. I secondi si differenziano
per la possibilità che ha la camera primaria di ruotare, di solito con
una velocità di rotazione fra 1 e 3 giri/minuto. La rotazione migliora
il mescolamento e quindi il contatto comburente-combustibile, anche se
presenta in genere l’inconveniente di maggiori trascinamenti di polveri.
Anche
l’impiego di forni rotanti del tutto simili a quelli descritti
precedentemente anche se di taglia più piccola, dotati di un sistema
automatico "ad hoc" per l’alimentazione dei contenitori per RSS e
completati di un opportuno sistema di abbattimento di inquinanti, può
garantire alte efficienze di distruzione e rimozione. Tali sistemi, come
visto, adottano anche essi un processo di termodistruzione a due stadi.
Il Problema dei rifiuti in Campania
La regione
Campania conta attualmente circa 6 milioni di abitanti. La produzione
annuale di rifiuti solidi urbani nella regione è di 2,4 milioni di
tonnellate, pari a circa 6600 tonnellate al giorno. A questa quantità
occorre aggiungere quelle dei rifiuti speciali, pari a 1 milione di
tonnellate all'anno e dei fanghi provenienti dagli impianti di
depurazione della regione, pari a 146000 tonnellate all'anno. Per quanto
riguarda lo smaltimento, allo stato attuale esso è effettuato
principalmente mediante l'interramento in discariche. Il territorio
regionale è stato suddiviso in una serie di bacini che raggruppano più
comuni appartenenti ad una stessa provincia o a provincie diverse e
all'interno dei quali sono insediate le discariche.
CICLO DEI RIFIUTI
La Raccolta
La raccolta
dei rifiuti in Campania è effettuata attualmente per larga misura in
modo indifferenziato: tutte le tipologie di rifiuti solidi urbani
vengono raccolte insieme e avviate alle discariche. La raccolta
differenziata invece è una delle iniziative strategiche per una
soluzione alternativa e razionale del problema dei rifiuti solidi urbani
in varie forme di smaltimento e di recupero. Lo sviluppo della raccolta
differenziata pertanto risponde ad una duplice esigenza: facilitare da
una parte il recupero dei materiali da reinserire nel ciclo produttivo
come materie prime (le materie prime seconde) e dell’altra destinare
minori quantitativi allo smaltimento. Il tema del recupero dei materiali
diventa ancora più importante se si considera che tra i costituenti
principali dei RSU vi sono carta e cartoni, plastica e vetro. Questi,
insieme a metalli, materiali tessili e legno costituiscono più del 50%
della composizione dei RSU. La parte restante è costituita da scarti di
cibo, pannolini, rifiuti organici vari, polveri, residui di sigarette,
ecc.
Raccolta
differenziata
Per raccolta
differenziata si intende un sistema mediante il quale i rifiuti vengono
classificati in base all’origine e capacità di riutilizzo.
Carta e
cartone
Fanno parte di
questa categoria :
Giornali,riviste,libri,quaderni,fotocopie e fogli vari,cartoni ,imballi
vari per uso alimentare o imballaggio.
Vetro
Vetro,bottiglie, Vasi di vetro,Bicchieri,vetri anche se rotti.
Lattine
Lattine in
alluminio ,contenitori in banda stagnata ,contenitori in metallo per
pelati e scatolami vari.
Bottiglie
di Plastica e altri imballaggi in plastica
Bottiglie di
acqua , bibite e shampoo, flaconi per detergenti,prodotti
cosmetici,contenitori per liquidi,piccole taniche ,borsette ,polistirolo
e altri contenitori per uso alimentare.
Rifiuto da
discarica
In questa
categoria trovano posizione ,tutti quei rifiuti che non hanno la
capacità di essere riutilizzati ovvero riciclati.
Ad esempio :
Gomma,plastica varia,cd,audio e video supporti,piatte e posate in
plastica,secchi e bacinelle,lampadine etc …
Umido
organico
Tutti gli
scarti da cucina,avanzi di cibo,alimenti avariati,scarti di verdura e
frutta,gusci d’uovo,posa di caffè ,filtri di the,escrementi
animali,fiori secchi,pane vecchio,salviette unificanti
utilizzate,piccole ossa e gusci di molluschi.
Sfalci e
Ramaglie
Ramaglie
,potature di piante e alberi,foglie ,residui vegetali da pulizia
dell’orto,legno e segatura non trattata.
Rifiuti
Pericolosi
Pile
stilo,torce e a bottone utilizzate,sostanze chimiche e materiali
contaminanti vari.
Farmaci
Tutti i
farmaci scaduti e non più utilizzabili, quali :
sciroppi,pastiglie,flaconi,pomate ,fiale per iniezione e disinfettanti.
Etichettati
"T" e/o "F"
Sostanze
chimiche quali colle ,cera per legno,acetone per unghie ,tintura per
scarpe,isolanti,acidi ecc
Ingombranti
Tutti quei
rifiuti voluminosi e ingombranti quali : poltrone e
divani,materassi,imballaggi per elettrodomestici non in cartone,lastre
di vetro intere e specchi,damigiane,reti per letti,armadi e mobili vari.
Beni
durevoli
Frigoriferi,lavastoviglie,televisori,computer,videoregistratori,forni
elettrici ecc.
Ferrosi
Rifiuti
di composizione metallica quali: biciclette,porte e
finestre,giocattoli,lampadari ,rubinetti,pezzi meccanici ecc.
Indumenti
usati e Pellami
Abiti
usati ,maglieria,pantaloni,coperte ,cappelli ecc
Altri
rifiuti riciclabili
Tutti quei
rifiuti non classificabili nelle precedenti categorie,che presentano
però la capacità di essere riutilizzati e riciclati.
Batterie per
auto ,toner per stampanti e fotocopiatrici,cartucce varie ,contenitori
per bevande ecc.
Lo
Smaltimento
La
discarica rappresenta il sistema di trattamento finale dei rifiuti più
antico e concettualmente più semplice. Fino al 1984 quasi tutte le
discariche in Italia erano di tipo "incontrollato" cioè costituite da
cumuli di rifiuti abbandonati sul suolo o, nella migliore delle ipotesi,
interrati progressivamente in profonde buche o in vecchie cave
abbandonate. Con la normativa tecnica emanata nel 1984 la costruzione di
una discarica è diventata un'operazione più complessa, dato che sono
previsti tutta una serie di accorgimenti tecnici per la tutela
ambientale (impermeabilizzazione del bacino di contenimento, captazione
del percolato e del biogas, copertura giornaliera con terra, ecc.).
Quindi l'adozione della discarica come sistema di trattamento finale dei
rifiuti comporta oggi costi di impianto e di esercizio non più
trascurabili o nulli, come era invece per le vecchie discariche
incontrollate. Questi costi risultano essere comunque inferiori rispetto
ad altri sistemi di trattamento finale, sebbene sia difficile prevedere
per quante decine di anni dopo la chiusura della discarica sia
necessario intervenire anche con non trascurabili investimenti, per il
controllo "post-mortem" della discarica stessa e per il recupero
ambientale. La discarica costituisce un anello indispensabile del
sistema di trattamento finale dei rifiuti cioè, qualunque sia il sistema
prescelto (combustione, compostaggio, riciclaggio o recupero), esiste
sempre il "rifiuto da rifiuto" non più utilizzabile e quindi da mandare
in discarica. Il rovescio della medaglia è che le discariche consumano
territorio e che pertanto è indispensabile recapitarvi la minore
quantità possibile di rifiuti. Inoltre è da considerare che i siti
idonei sono in numero limitato e quindi vanno utilizzati con parsimonia
per poter smaltire solo ciò che non è possibile smaltire diversamente.
Infine è da ricordare che il biogas prodotto nelle discariche dalla
degradazione anaerobica delle sostanze putrescibili presenti nei RSU è
composto per circa il 60% da metano e per il restante 40% da anidride
carbonica, che contribuiscono all'incremento dell'effetto serra. Oggi
circa l'82% dei rifiuti viene smaltito in discarica .
Una volta effettuata la Raccolta Differenziata ci troviamo dinanzi a
tante tipologie di rifiuti differenti tra di loro.
La parte di rifiuti definita indifferenziata perchè non differenziabile,
viene trasferita nei centri di produzione CDR
(combustibile derivato dai rifiuti)
il rifiuto viene bruciato attraverso la fase di combustione e la cenere
viene trasformata in combustibile nella fase di produzione. Oltre agli
impianti di CDR da cui si ricava il combustibile, il sistema dello
smaltimento dei rifiuti in Campania si completa con i Termovalorizzatori
da cui si ricava l'energia. Questa forma di energia risulta essere
alternativa e và ad aggiungersi a quella prodotta dalle centrali più
tradizionali risultando essere più rispettosa del Ambiente circostante.
Tutto questo si quantifica in maggiore risparmio economico e benefici
per la comunità.
Termovalorizzatore
Il
termovalorizzatore è un impianto per lo smaltimento dei rifiuti solidi
urbani finalizzato alla produzione di energia elettrica. Lo smaltimento
dei rifiuti solidi urbani rappresenta oggi un problema di dimensioni
assai rilevanti, soprattutto in Italia, dove circa il 75% dei rifiuti
prodotti finisce ancora in discarica: ciò comporta inquinamenti diffusi
del territorio e costi elevati di smaltimento e di risanamento.
Sviluppare modelli alternativi di gestione dei rifiuti è quindi una
necessità imposta dall'insostenibilità della situazione attuale: in tale
direzione va, senza dubbio, la termovalorizzazione, mediante la quale il
rifiuto, inteso come fonte rinnovabile, diventa risorsa energetica.
I rifiuti,
provenienti da raccolta differenziata, sono trasportati all'impianto per
la loro termodistruzione e qui vengono scaricati nel grande vano di
ingresso dell'edificio dal quale sono aspirati i cattivi odori. Secondo
le diverse esigenze del forno, un carro ponte sposta i rifiuti su una
griglia, in movimento, dove inizia la combustione. Sono gli stessi
rifiuti incandescenti ad alimentare la fiamma.
Comincia la trasformazione dei rifiuti in energia elettrica: in questa
fase i fumi incandescenti viaggiano in un sistema chiuso, sigillato,
controllato da computer. I rifiuti rivoltati continuamente sono esposti
ad una corrente d'aria forzata che mantiene viva la combustione. Un
sistema computerizzato controlla il livello della temperatura che è
molto importante affinché non si generino sostanze nocive. Nei rifiuti,
anche se frutto della raccolta differenziata, rimangono sostanze (ad
esempio i metalli come il ferro, l'acciaio, ecc.) che resistono alla
combustione: queste cadono in una vasca piena d'acqua, posta al di sotto
della griglia, per raffreddarsi.,periodicamente sono estratte ed inviate
in discariche normali. I fumi caldi generati dalla combustione portano
in ebollizione una caldaia che produce vapore. Una turbina trasforma in
energia elettrica il vapore prodotto nella caldaia e l'energia viene
immessa nella rete elettrica nazionale. L'impianto non ha emissioni
liquide di processo. Le principali emissioni gassose sono costantemente
controllate e regolate automaticamente. Eventuali scostamenti dai valori
consentiti sono immediatamente segnalati da allarmi che portano alla
fermata parziale o totale dell'impianto.
La
riduzione delle sostanze inquinanti
Le sostanze
inquinanti vengono ridotte, già in fase di combustione, con l'ausilio di
un sistema computerizzato che, controllando temperatura e aria di
combustione, riduce la formazione di ossidi di carbonio e altri
incombusti ed immettendo una sostanza chimica (urea) riduce gli ossidi
di azoto.
La riduzione
finale avviene nel sistema di trattamento dei fumi che, riducendo
ulteriormente le sostanze pericolose ancora presenti, permette di
immettere nell'atmosfera, attraverso il camino, fumi nei quali gli
inquinanti sono ridotti al minimo, con valori ampiamente al di sotto dei
limiti di legge.
Il
processo d'inertizzazione
L'
inertizzatore evita che materiali tossico-nocivi debbano essere
trasferiti in discariche speciali, rendendo così non pericolose le
polveri residue del processo di termovalorizzazione. L'unità di
inertizzazione è composta da macchinari che non consentono la
fuoriuscita di materiale.
Impianto di
Termovalorizzazione di Acerra
L'impianto di
Acerra è realizzato per trattare il Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR)
prodotto dagli impianti di trattamento primari della provincia di Napoli
(Caivano, Giugliano e Tufino); ai quali infatti viene conferito il
rifiuto indifferenziato (che resta dopo la raccolta differenziata)
proveniente dalla raccolta in città.
Il CDR è quindi il risultato di un trattamento meccanico che separa la
parte combustibile e a più elevato potere calorico (carta, plastica,
legno) dal resto, costituito dal materiale putrescibile umido, che viene
poi stabilizzato a parte. Con ulteriori selezioni si separano i metalli
(che vengono in parte recuperati) e gli inerti, che vengono mandati a
scarto. In definitiva il CDR rappresenta il 35/40% del totale del
rifiuto raccolto dopo la raccolta differenziata.
L'impianto di termovalorizzazione riceve il CDR ed esegue una
combustione controllata secondo le norme della Direttiva europea 76/2000
e secondo le normative italiane. L'energia termica sviluppata viene
utilizzata per produrre vapore ad alta temperatura e pressione (500 °C e
90 atmosfere) che a sua volta viene inviato in una turbina per la
produzione di energia elettrica. Da notare che il rendimento di
trasformazione da energia termica a energia elettrica è altissimo 31%
lordo e 27% netto), a dimostrazione che l'impianto impiega tecnologie di
altissimo livello. L'energia elettrica prodotta viene in parte
utilizzata per il funzionamento dell'impianto e il resto viene ceduto
alla rete elettrica nazionale a un prezzo molto elevato fissato
contrattualmente nel 1999 in base a una legge che incentiva la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Dalla combustione si producono:
-
600.000 metri cubi per ora di fumi che vengono depurati prima di essere
immessi in atmosfera; si utilizzano per questo scopo dispositivi che
impiegano le migliori tecnologie disponibili in modo che i parametri di
inquinamento stanno ben al di sotto dei limiti fissati dalla normativa
europea e italiana. Le tre ciminiere attraverso cui i fumi sono immessi
in atmosfera hanno un'altezza di 110 m. stabilita a seguito di calcoli
diffusionali in base a modelli matematici usati dall'Enivironment
Protenction Agency degli U.S.A. Le scorie ( rifiuto speciale) e polveri
(rifiuto pericoloso) che vengono
adeguatamente
raccolti e trattati in modo da essere resi innocui e poi smaltiti in
appositi impianti di discarica. L'impianto produce anche acque di
processo che vengono raccolte e depurate e quindi immesse nella rete di
fognature locale.
Caratteristiche Tecniche Principali dell'Impianto.
A) Processo di combustione
Il
termovalorizzatore di Acerra (CE) è progettato per trattare circa 2000
tonnellate al giorno (ovvero circa 600.000 t all'anno) di CDR a 15.000
Kj/kg (pari a circa 3.600 Kcal/kg). Di queste 600.000 i realtà solo
450.000 tonnellate sono prodotte nel corso dell'anno, mentre le altre
150,000 sono quelle già prodotte prima che l'impianto entri in funzione
(cioè sono disponibili per l'eliminazione del combustibile stoccato in
questi anni).
La combustione è eseguita su tre linee costituite da forni a griglia
mobile della potenzialità ciascuna di 27 tonnellate all'ora, per un
totale di circa 81 tonnellate all'ora.
La combustione avviene in atmosfera controllata a temperatura elevata
(minimo 850 °C) e con tutti gli accorgimenti che la comunità
scientifica internazionale ha studiato per da evitare la formazione di
microinquinanti organici (fra i quali la diossina).
Le griglie sono raffreddate ad acqua, in modo da evitare il
surriscaldamento dovuto al combustibile ad elevato potere calorifico.
L'energia termica prodotta dalla combustione è trasmessa attraverso le
pareti del forno (che costituiscono esse stesse la caldaia) all'acqua;
questa si trasforma in vapore e viene inviata alla turbina.
L'energia termica contenuta nel vapore viene quindi trasformata in
energia meccanica dalla turbina a vapore che ruota ad alta velocità e
poi trasformata, tramite un generatore collegato all'asse della turbina
stessa, in energia elettrica. Il vapore a bassa temperatura viene quindi
condensato e cioè si trasforma nuovamente in acqua che viene immessa di
nuovo nel ciclo termico. Una piccola quantità di acqua viene comunque
evaporata e quindi il consumo di acqua è di circa 800 mc al giorno.
Il generatore di energia elettrica ha una potenza di circa 106 Megawatt
equivalente alla potenza necessaria per alimentare una popolazione di
circa 200.000 abitanti. L'energia elettrica prodotta in un anno è di
800.000.000 di Kilowattora all'anno (considerando un funzionamento
dell'impianto per circa 7.500 ore all'anno su 8760).
Tutto il processo della combustione è controllato da un sofisticato
sistema di controllo elettronico che agisce sulla immissione del
combustibile in camera di combustione, sulla portata dell'aria primaria
e secondaria, sui movimenti della griglia e sulla produzione di vapore
in modo da mantenere sempre nel campo di funzionamento ottimale i
parametri che governano la combustione (in particolare temperatura,
ossigeno, eccesso d'aria, umidità, assenza di ossido di carbonio etc).
B) Trattamento dei fumi
I fumi
prodotti dalla combustione contengono sostanze inquinanti che debbono
essere trattati prima dell'immissione in atmosfera. Gli impianti di
depurazione dei fumi si rivolgono a diverse famiglie di inquinanti:
-
macroinquinanti inorganici come acido cloridrico (HC)l, acido
fluoridrico (HF), anidridi solforiche (Sox), ossidi di azoto (NOx)
- microinquinanti organici (diossine e furani)
- microinquinanti inorganici (metalli pesanti)
- polveri.
Gli impianti
di abbattimento sono i migliori esistenti e comprendono:
- abbattimento
delle polveri con doppia filtrazione su filtri a maniche
- abbattimento dei microinquinanti con immissione di carbone attivo in
polvere
- abbattimento dei macroinquinanti con abbattimento in reattori a calce
- abbattimento degli ossidi azoto con sistemi a reattore catalitico (S-C-R.)
I livelli di
inquinanti contenuti nei fumi presenti all'ingresso degli impianti sono
più bassi di quelli prescritti dalle attuali leggi italiane e dalla
direttiva europea 2000/76, in particolare:
Inquinanti |
Normativa Europea |
Valori Garantiti |
Polveri mg/Nmc |
10 |
3 |
Ossidi di Azotomg/Nmc |
200 |
85 |
Acido Cloridricomg/nmc |
10 |
7 |
Acido Fluoridricomg/Nmc |
1 |
0,3 |
SOxmg/Nmc |
50 |
25 |
COmg/Nmc |
50 |
50 |
TOC Total Organic Carbon) mg/Nmc |
10 |
5 |
Cadmio+Tallio (Cd+Tl)mg/Nmc |
0,05 |
0,02 |
Hg
(mercurio) |
0,05 |
0,01 |
Metalli Pesantimg/Nmc |
0,5 |
0,2 |
Diossine e Furani In Teqng/Nmc |
0,1 |
0,025 |
I valori sono
espressi in mg/Nmc (milligrammi per Normal metrocubo)
O in ng/Nmc (nanogrammi per normal metrocubo). 1nanogrammo equivale a un
miliardesimo di grammo.
In conclusione
L'impianto di Termovalorizzazione di Acerra (CE) costituisce l'elemento
essenziale di chiusura del sistema di gestione dei rifiuti della
provincia di Napoli ed è un impianto che impiega le migliori tecnologie
disponibili secondo le più recenti indicazioni della Comunità Europea.
La dimensione dell'impianto e l'accuratezza della progettazione
permettono infatti di ottenere:
- un controllo della combustione ottimizzato, con la minima produzione
di emissioni gassose
- una elevata produzione di energia elettrica con un rendimento di
trasformazione al massimo livello per questo tipo di impianti.
- un trattamento di depurazione dei fumi che garantisce concentrazione
degli inquinanti molto al disotto delle normative europee e nazionali.
In particolare i livelli di concentrazione della diossina sono
estremamente bassi e tali da non costituire in nessun modo un pericolo
per l'ambiente e la salute.
Antimo Maietta
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