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La salvaguardia dell’ambiente

di Antimo Maietta 

 

“Art. 9 – La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione”.

 

Per quanto riguarda l’aspetto giuridico, in realtà l’articolo 9 non contempla la difesa dell’ambiente in maniera diretta. Anche la legislazione ordinaria è stata tardiva e di difficile applicazione, tanto da consentire in maniera quasi indisturbata la speculazione privata, che ha provocato danni irreparabili agli elementi naturali.

 

A partire dal 1985 è stato imposto alle Regioni l’obbligo di adottare piani urbanistici che tengono conto dei valori paesaggistici e ambientali e nel 1986, per meglio coordinare gli interventi mirati a contenere il danno ambientale, è stato istituito il Ministero dell’Ambiente.

 

Solo con la legge istitutiva del Ministero, la salvaguardia dell’ambiente è stata finalmente riconosciuta come un diritto fondamentale dell’individuo.

 

La legislazione e gli impegni nazionali e internazionali a difesa dell’ambiente.

 

Il problema “ambiente” non è circoscritto a un Paese o a una zona limitata, perché più inquinata delle altre; in maniera più o meno diretta la protezione dei beni naturali riguarda l’intera umanità.

 

I vertici e i provvedimenti internazionali.

Stoccolma, 1972

A livello internazionale la presa di coscienza ufficiale dei problemi ambientali è avvenuta con la “Conferenza dell’Onu sull’ambiente umano”. In quell’occasione i delegati di 113 nazioni per la prima volta hanno messo a punto un piano d’azione per porre un freno al deterioramento delle condizioni di vita sul pianeta e hanno indicato una serie di princìpi guida relativi ai diritti e alle responsabilità nei confronti dell’ambiente di cui gli individui e i Governi devono tener conto nell’indirizzare i relativi comportamenti e le politiche di sviluppo.

Nel documento finale dell’incontro si afferma che l’uomo è “portatore di una solenne responsabilità per la protezione e il miglioramento dell’ambiente per le generazioni presenti e future”. In questa dichiarazione sono contenuti due concetti fondamentali che ritroviamo poi nelle innumerevoli definizioni di sviluppo sostenibile che sono date state nei successivi trenta anni: in primo luogo lo sviluppo umano deve essere rispettoso dell’ambiente e di conseguenza non deve limitarsi a guardare le esigenze del presente, ma deve garantire anche alle generazioni future la possibilità di godere di risorse naturali.

L’UNEP è stato istituito a seguito di questa Conferenza. La sua missione consiste nel fornire una guida e nell’incoraggiare la collaborazione nella cura per l’ambiente, mettendo in grado nazioni e popolazioni di migliorare la propria qualità della vita senza compromettere quella delle generazioni future. Le sue principali priorità comprendono:

·          Controllo ambientale, valutazione e allarme precoce sul danno ambientale;

·          Promozione di attività ambientaliste in tutto il sistema delle Nazioni Unite;

·          Stimolare la pubblica consapevolezza sulle questioni ambientali;

·          Agevolare lo scambio di informazioni sulle tecnologie ecologicamente compatibili;

·          Fornire ai Governi consulenza tecnica, legale e istituzionale.

 

Tokyo, 1987

A distanza di dieci anni l’Onu ha varato la Carta mondiale della natura e nel 1983 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituisce una commissione, la Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (WCED), indipendente con il compito tracciare le linee fondamentali di un'agenda globale per il cambiamento del modello di sviluppo.

La Commissione lavorerà fino al 1987 alla realizzazione del celebre Rapporto Brundtland. In questa data, a conclusione dei lavori, ha dichiarato il diritto dell’ambiente “un diritto umano fondamentale” e ha indicato regole da seguire per sostenere uno “sviluppo sostenibile”. Il documento, presentato alla Conferenza per l’ambiente e lo sviluppo organizzata dall’ONU a Tokyo, supera la visione dell’ambiente come elemento di contrasto e freno allo sviluppo economico e sociale, ma lo pone come un elemento da cui si deve partire per avere un progresso duraturo che non comprometta le possibilità di sopravvivenza del pianeta e delle generazioni future.

Inoltre, con il protocollo siglato a Montreal (1987) si è stabilito di ridurre la concentrazione di cloro presente nell’atmosfera limitando la produzione e l’impiego dei CFC (clorofluorocarburi) e degli HCFC (idroclorofluorocarburi) per contenere la rarefazione dell’ozono. Di seguito alla Convenzione di Montreal i singoli Stati hanno adottato normative nazionali che prevedono la messa al bando delle sostanze “mangiaozono” entro tempi abbastanza brevi.

 

Rio de Janeiro, 1992

Nel 1992, a Rio de Janeiro, i 183 Paesi che hanno partecipato alla “Conferenza dell’Onu

Sull’ambiente e lo sviluppo” si sono impegnati a raggiungere una serie di obbiettivi comuni (Dichiarazione di Rio) e hanno definito un piano di azione per il XXI secolo (Agenda XXI) al fine di perseguire uno sviluppo sostenibile a livello mondiale.

Durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo furono tracciate le principali linee programmatiche per avviare il risanamento ambientale della Terra. Al termine della Conferenza brasiliana furono adottati 5 documenti:

    La Dichiarazione di Rio: definisce in 27 punti i diritti e le responsabilità delle Nazioni nei riguardi dello sviluppo sostenibile e nei settori chiave della società civile.

    L’Agenda XXI: piano d’azione per il XXI secolo per l'applicazione dei principi dello sviluppo sostenibile.

    La Convenzione sulla Biodiversità: ha l’obiettivo di tutelare le specie animali e vegetali nei loro habitat e la riabilitazione di quelle in via di estinzione.

    La Convenzione sul Climache: pone obblighi di carattere generale per il contenimento della produzione di gas e la riduzione dell'effetto "serra".

    I Principi della Foresta: sancisce il diritto degli Stati di utilizzare le foreste secondo le proprie necessità, senza però lederne i principi di conservazione e di sviluppo.

Inoltre, in occasione di questa conferenza, è stato potenziato anche il Fondo mondiale per la protezione dell’ambiente, istituito nel 1990, allo scopo di finanziare gli interventi a favore dell’ambiente.

 

Lanzarote, 1995

La Carta per un turismo sostenibile è il documento finale prodotto dalla Conferenza Mondiale sul Turismo Sostenibile tenutasi a Lanzarote (Canarie, Spagna) nell'aprile del 1995. Essa rappresenta un riferimento nella definizione delle priorità, degli obiettivi e dei mezzi necessari a promuovere il turismo futuro. Il turismo è uno strumento di sviluppo economico per le regioni interessate e occasione di conoscenza e arricchimento personale per i turisti; ma, allo stesso tempo, esso è causa di degrado ambientale e d’appiattimento culturale delle località coinvolte. E' necessario quindi controllare il meccanismo per cui l’incremento turistico corrisponde a un aumento di effetti negativi sulle risorse naturali e culturali locali. I 14 punti della Carta sanciscono l’indiscutibile necessità di promuovere un turismo che sia occasione di sviluppo equo per le località e le popolazioni residenti, di qualità per i visitatori e di salvaguardia delle risorse culturali e naturali. A tal fine, gli strumenti consigliati sono un'attenta pianificazione, premessa di una gestione globale efficace, lo scambio d’esperienze e d’informazioni e la diffusione di nuovi modelli di comportamento. Rifacendosi quindi ai principi espressi alla Conferenza di Rio, la Carta si appella ai governi perché redigano Piani di sviluppo sostenibile nel turismo, ma anche agli operatori, alle associazioni e ai turisti stessi affinché adottino le misure indicate e si impegnino per un turismo rispettoso e realmente sostenibile. In appendice alla Carta viene proposto un Piano d’Azione del Turismo Sostenibile che stabilisce concrete linee di azione e raccomanda l'adozione di specifiche misure per promuovere l'integrazione del turismo nella strategia di sviluppo sostenibile.

 

Kyoto, 1997

Nella Conferenza di Kyoto nel 1997 il tema dominante sono state le emissioni dei gas serra, considerati i diretti responsabili del riscaldamento del globo.

Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale sull'ambiente. È stato negoziato nella città giapponese nel dicembre 1997 da oltre 160 paesi durante la Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale. È entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia.

L'accordo prevede, per i paesi industrializzati, una riduzione delle emissioni inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra) del 5,2% rispetto a quelle del 1990, nell'arco temporale 2008-2012.

Per entrare in vigore occorre la ratifica di almeno 55 nazioni, producenti almeno il 55% delle emissioni di gas serra.

Ad ottobre 2004 anche la Russia, responsabile del 17,4% delle emissioni, ha ratificato l'accordo, facendo raggiungere il quorum per rendere il protocollo legalmente vincolante.

Nell'agosto del 2005, 159 paesi avevano ratificato l'accordo, con le notevoli e riduttive eccezioni di USA e Australia.

Sono esclusi dal negoziato i paesi in via di sviluppo, per evitare di ostacolare la loro crescita economica.

Tra i paesi non aderenti figurano, purtroppo, gli Stati Uniti, responsabili del 36,1% del totale delle emissioni (annuncio fatto nel marzo 2001). Anche l'Australia ha annunciato che non intende aderire l'accordo, per non danneggiare il proprio sistema industriale. Non hanno aderito neanche Croazia, Kazakistan e Monaco.

 

Johannesburg, 2002

A settembre 2002 si è tenuto a Johannesburg il vertice internazionale come proseguimento del “Vertice della Terra” di Rio de Janeiro. L’obiettivo dell’incontro era quello di favorire uno sviluppo sostenibile tale da consentire a tutti gli abitanti del pianeta di soddisfare i propri bisogni senza provocare danni all’ambiente.

Per perseguire lo sviluppo sostenibile, l’approccio allo sviluppo dovrebbe essere diverso e dovrebbe crescere la consapevolezza che le decisioni e i comportamenti assunti in una qualunque parte del mondo si ripercuotono su tutti e, proprio per questo, dovrebbero essere tali da favorire benefici generalizzati.

A Johannesburg si è parlato di acqua, di energia, di agricoltura, di salute, ma il traguardo più importante è stata l’entrata in vigore del protocollo di Kyoto. Infatti, anche la Russia, la Cina e il Canada hanno aderito agli accordi presi, facendo così raggiungere un numero di Paesi che rappresentavano il 55% delle emissioni dei gas serra.

I 190 Paesi che hanno partecipato al vertice, nella Carta sullo sviluppo sostenibile si sono impegnati “ad agire insieme, uniti dalla comune determinazione a salvare il pianeta, a promuovere lo sviluppo umano e a conseguire la pace e la prosperità universali”. Nel Piano di Azione approvato al vertice sono stati individuati gli obbiettivi e i programmi che nei prossimi 15 anni dovranno guidare il pianeta verso lo sviluppo sostenibile.

 

Kyoto, 2003

Per discutere e arginare i danni provocati dalla carenza d’acqua, nel marzo 2003 si è tenuto a Kyoto il Vertice mondiale dell’acqua (World Water Council).

Attualmente il 30% della popolazione mondiale vive in condizioni di scarsità d’acqua e, mantenendo questo ritmo di consumi, a breve la carenza di questo prezioso elemento interesserà almeno la metà della popolazione mondiale.

Il World Water Council, istituito nel 1996, si pone l’obbiettivo di aiutare quei 2 miliardi e 700 milioni di individui che dovranno affrontare quest’emergenza, cercando di prevenire le malattie legate alla scarsità d’acqua potabile e di salvare laghi, fiumi e terre umide del pianeta.

 

Cuba, 2003

Un’altra emergenza ambientale è il deserto che avanza a ritmi sostenuti. Nella Conferenza dell’ONU per la lotta alla desertificazione, che si è tenuta a Cuba a settembre 2003, si è concluso che grzie alla cooperazione internazionale il deserto si può bloccare e con esso si possono fermare anche i cosiddetti “profughi dell’ambiente”, le popolazioni costrette ad abbandonare le terre aride che hanno raggiunto un quarto dei terreni coltivabili.

L’emergenza deserto interessa particolarmente l’Africa, alcuni Paesi dell’Asia, i Caraibi, ma anche l’Europa (Spagna, Portogallo, Grecia e Italia).

Nel nostro Paese esiste il Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione, istituito nel 1997, che è impegnato in particolare nella protezione del suolo, nella gestione sostenibile delle risorse idriche, nella riduzione dell’impatto per le attività produttive e nel riequilibrio del territorio.

I risultati raggiunti per la tutela dell’ambiente a livello internazionale sono sicuramente di rilievo e in gran parte sono il frutto dell’azione dell’Onu, di agenzie ad esso collegate, come la Food and Agricolture Organization (FAO) e l’Organizzazione mondial della sanità (OMS), e in particolare della Commissione delle Nazioni Unite per l’ambiente e lo sviluppo (WCED) che ha promosso accordi e convenzioni con l’obiettivo di perseguire uno sviluppo sostenibile.

 

I provvedimenti a livello comunitario

 

Strasburgo, 1972

CARTA EUROPEA DEL SUOLO

La concezione del suolo come risorsa ha suscitato da tempo la necessità di regolamentare la sua gestione attraverso interventi nazionali ed internazionali. La Carta Europea del suolo, varata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo nel 1972, rappresenta un esempio concreto di tali azioni internazionali di tutela. Molti paesi europei, come la Francia, la Germania e l’Inghilterra hanno realizzato da tempo interessanti progetti finalizzati alla salvaguardia del suolo, mentre in Italia si è cominciato ad affrontare queste problematiche solo da alcuni anni. Si evidenzia come il suolo, inteso come risorsa alla stregua dell’acqua, dell’aria, della fauna e della flora, possa essere sottoposto ad una serie di azioni negative responsabili dei fenomeni di degradazione più o meno rapida, causate da vari fattori come lo sviluppo urbanistico, l’erosione, l’inquinamento e l’eccessivo sfruttamento in agricoltura. Il suolo per le sue caratteristiche intrinseche costituisce il sistema di autodepurazione più completo a disposizione della natura, ma una volta contaminato rimane tale per tempi assai più lunghi rispetto all’acqua e all’atmosfera.

Ecco alcuni punti Carta Europea del suolo:

1.     Il suolo è uno dei beni più preziosi dell’umanità. Consente la vita dei vegetali, degli animali e dell’uomo sulla superficie della Terra.

2.    Il suolo è una risorsa limitata che si distrugge facilmente.

3.    La società industriale usa i suoli sia a fini agricoli che a fini industriali o d’altra natura. Qualsiasi politica di pianificazione territoriale deve essere concepita in funzione delle proprietà dei suoli e dei bisogni della società di oggi e domani.

4.    Gli agricoltori e i forestali devono applicare metodi che preservino la qualità dei suoli.

5.    I suoli devono essere protetti dall’erosione.

6.    I suoli devono essere protetti dall’inquinamento.

7.    Ogni agglomerato urbano deve essere organizzato in modo tale che siano ridotte al minimo le ripercussioni sfavorevoli sulle zone circostanti.

8.    Nei progetti di ingegneria civile si deve tener conto di ogni loro ripercussione sui territori circostanti e, nel costo, devono essere previsti e valutati adeguati provvedimenti di protezione.

9.    E’ indispensabile l’inventario delle risorse del suolo.

10.  Per realizzare l’utilizzazione razionale e la conservazione dei suoli sono necessari l’incremento della ricerca scientifica e la collaborazione interdisciplinare.

11.   La conservazione dei suoli deve essere oggetto di insegnamento a tutti i livelli e di informazione pubblica sempre maggiore.

12.  I governi e le autorità amministrative devono pianificare e gestire razionalmente le risorse rappresentate dal suolo.

 

La legislazione interna

 

15 febbraio 2001

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

La Camera dei deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge sull'inquinamento elettromagnetico

Il decreto ha lo scopo di dettare i principi fondamentali per la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione.

Il decreto intende anche promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione.

Inoltre, vuole assicurare la tutela dell’ambiente e del paesaggio e promuovere l’innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare l’intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici secondo le migliori tecnologie disponibili.

Le disposizioni contenute nel testo si applicano agli impianti, ai sistemi e alle apparecchiature per usi civili, militari e delle forze di polizia, che possano comportare l’esposizione dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.

In particolare, le disposizioni si applicano agli elettrodotti ed agli impianti radioelettrici, compresi gli impianti per telefonia mobile, i radar e gli impianti per radiodiffusione.

Maggiore attenzione anche per quanto riguarda gli apparecchi e i dispositivi di uso domestico.

 

20 ottobre 2004

DECRETO SULL’AMIANTO

Il 20 ottobre 2004  entra in vigore il decreto del Ministero dell'ambiente e del territorio "Regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto."

Con tale decreto vengono adottati i disciplinari tecnici sulle modalità  per il trasporto ed il deposito dei rifiuti di amianto nonché sul trattamento, sull'imballaggio e sulla ricopertura dei rifiuti medesimi nelle discariche, approvati dalla Commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all'impiego dell'amianto.

 

26 aprile 2005

RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DEI GAS AD EFFETTO SERRA

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha emanato due decreti riguardanti l'attuazione dei programmi pilota, a livello nazionale e internazionale, per la riduzione delle emissione dei gas ad effetto serra.

I programmi pilota, previsti dalla legge di ratifica del Protocollo di Kyoto, hanno l'obiettivo di definire i modelli di intervento più efficaci dal punto di vista dei costi per la riduzione delle emissioni e l'impiego di piantagioni forestali per l'assorbimento del carbonio.

Con il decreto ministeriale 11 novembre 2004 è disposta l'assegnazione di Euro 30.000.000 per la promozione della realizzazione di progetti pilota a rapida cantierabilità.

Il decreto 11 febbraio 2005 dispone, invece, l'erogazione di Euro 25.000.000

 

24 gennaio 2006

AMBIENTE, ITALIA DAVANTI AGLI USA MA IN EUROPA SIAMO TRA I PEGGIORI

In Italia l'ambiente è tutelato meglio che in Germania, Olanda e Stati Uniti. Secondo i risultati di una ricerca che prende in esame il raggiungimento degli obiettivi che gli Stati si sono dati in materia di sostenibilità e salvaguardia ambientale, l'Italia nella classifica mondiale del rispetto delle politiche di sostenibilità ambientale è al 21esimo posto, dietro paesi che avremmo immaginato meno attenti alla sostenibilità ambientale (la Colombia è 17esima, la Malaysia è nona) e davanti a nazioni che solitamente vengono additate ad esempio (la Germania è 22esima, l'Olanda 27esima). Prima in assoluto è la Nuova Zelanda che precede Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca e Regno Unito. Solo 28esimi gli Stati Uniti, superati in graduatoria da quasi tutti i paesi dell'Unione Europea, oltre che da Giappone, Taiwan, Cile e Argentina.

 

1° gennaio 2007.  La  Finanziaria  2007  (articolo  1,  comma  1116,  legge  296/2006)  prevede  destina   una quota non inferiore a 5 milioni di euro l'anno 2007 alla realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti, per l'anno 2007.

 

13 febbraio 2008. Entra in vigore il nuovo comma 3-bis dell'articolo 189 del Dlgs 152/2006, Codice ambientale, inserito dal Dlgs 4/2008 "Correttivo", con il quale viene prevista l'istituzione di un "sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti".

 

 4 gennaio 2009. La legge 210/2008, di conversione del Dl 172/2008 relativo all'emergenza rifiuti campana, dà il via a un progetto pilota per garantire la piena tracciabilità dei rifiuti nella Regione Campania.

 

5  agosto  2009.  La  legge  102/2009,  di  conversione  del  Dl  78/2009  cd.  "anticrisi",  inserisce  un  nuovo articolo 14-bis intitolato "finanziamento del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti", con il quale il MiniAmbiente viene incaricato di definire i tempi, le modalità e i costi del nuovo sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, entro il 1° febbraio 2010.

 

14  gennaio  2010.  Entra  in  vigore  il  Dm  17  dicembre  2009,  recante  l'istituzione  del  nuovo  sistema  di controllo della tracciabilità dei rifiuti, denominato "Sistri".

 

28 febbraio 2010. Entra in vigore il Dm 15 febbraio 2010, recante la proroga dei termini per l'iscrizione al Sistri nonché le prime modifiche e integrazioni allo stesso Dm 17 dicembre 2009.

 

16 aprile 2010. Approvato  dal Consiglio  dei Ministri  lo  schema  di Dlgs  per  il  recepimento  della  direttiva 2008/98/Ce  sui  rifiuti.  Il  provvedimento  riformula  il  Dlgs  152/2006  introducendo  anche  nuove  norme   in materia di “Sistri” (il nuovo sistema di tracciamento telematico della gestione dei rifiuti).

 

 La Comunità Europea ha deciso di sfoderare il pugni di ferro contro i reati ambientali. La Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente istituisce un elenco minimo di reati ambientali gravi che dovranno essere considerati fatti penalmente rilevanti in tutta l Ue qualora siano commessi intenzionalmente o per grave negligenza.

Gli Stati Membri potranno stabilire norme penali più stringenti, ma comunque tipologia ed entità delle sanzioni, fissate a livello nazionale, dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive.

 

IL PROBLEMA AMBIENTALE :

 

RIFIUTI SOLIDI URBANI

 

SISTEMI DÌ CLASSIFICAZIONE E SMALTIMENTO.

 

 

Quando s’intende affrontare la questione dell’annoso problema dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, si deve  fare una necessaria premessa :qualunque soluzione venga presentata ,essa non può essere considerata universalmente valida , poiché ogni realtà è a se stante.

Il problema dello smaltimento dei rifiuti  è sostanzialmente nato con l’uomo stesso, ma solo con l’avvento della società moderna ha cominciato a farsi sempre più stringente fino ai nostri giorni ,in cui attualmente crea un emergenza continua.

 

Ma cosa è un rifiuto?

 

 

Secondo  le nazionali norme vigenti per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi ,o qualsiasi sostanza od oggetto da attività umane o da cicli naturali ,abbandonato o destinato all’abbandono.

I rifiuti sono classificati secondo la loro origine ,in rifiuti urbani e speciali e ,secondo le caratteristiche di pericolosità in rifiuti pericolosi e non pericolosi.

I rifiuti urbani rappresentano un terzo dell’intero ammontare di rifiuti prodotti ,possono essere  oggetto di raccolta differenziata o indifferenziata .

 

In Europa ogni anno si producono oltre 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti, escludendo quelli agricoli. Non si devono comunque confondere i rifiuti in generale con quelli urbani. E' quindi necessario approfondire la loro composizione. 

 

Complessivamente i rifiuti si distinguono in:

29% rifiuti dell'attività estrattiva 

26% rifiuti dell'attività manifatturiera

22% rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione

14% rifiuti urbani

5% rifiuti da varie fonti

4% rifiuti dall'attività di produzione dell'energia

 

La produzione di rifiuti urbani in Europa è pertanto pari a 198 milioni di tonnellate.

Considerando la popolazione UE di 375 milioni di abitanti, ogni abitante in Europa produce ogni

anno 527 kg di rifiuti. 

 

Come sono smaltiti i rifiuti in Europa?

Nonostante gli sforzi nel recupero e nel riciclaggio, la discarica resta la soluzione ancora più

praticata per il 54% dei casi. Il 27% dei rifiuti urbani entra nella filiera del riciclaggio o del

compostaggio. Il 19% restante dei rifiuti è avviato all'incenerimento con o senza recupero di

energia (termovalorizzatori).

 

La situazione italiana 

L'Italia produce ogni anno oltre 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani. 

La politica della gestioni rifiuti è ancora fortemente orientata alle discariche dove viene stoccato il

67,1%. Il 24,2% dei rifiuti segue altre strade (compostaggio, riciclaggio) mentre solo il restante

8,7% dei rifiuti viene incenerito tramite gli inceneritori o termovalorizzatori.

 

La classificazione dei Rifiuti

 

Il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n ° 22 ,costituisce la norma quadro di riferimento in materia di rifiuti ,introduce un nuovo sistema di classificazione dei rifiuti che si basa sulla loro origine .

 

Sono definiti Rifiuti urbani:

a)    I rifiuti domestici ,anche ingombranti ,provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b)   I rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a),assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità.

c)    I rifiuti provenienti dallo spezzamento delle strade ;

d)   I rifiuti di qualunque natura o provenienza ,giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacunali e sulle rive dei corsi d’acqua;

e)    I rifiuti vegetali provenienti da aree verdi ,quali giardini,parchi e aree cimiteriali ;

f)    I rifiuti provenienti da esumazioni nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui lettere  b),c),ed e).

Vengono classificati come rifiuti speciali:

 

a)    I rifiuti da attività agricole e agro-industriali;

b)   I rifiuti derivati dalle attività di demolizione ,costruzione,nonché i rifiuti pericolosi che derivano da attività di scavo;

c)    I rifiuti da lavorazione industriale ;

d)   I rifiuti da lavorazione artigianali :

e)    I rifiuti da attività commerciali ;

f)    I rifiuti da attività di servizio ;

g)    I rifiuti  derivati dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti ,fanghi,prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fiumi ;

h)    I rifiuti derivati da attività sanitarie;

i)     I macchinari e le apparecchiature deteriorate ed obsoleti;

j)    I veicoli a motore ,rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

 

La classificazione dei rifiuti ,in particolare ,si basa per alcune tipologie sulla provenienza e per altre tipologie sulla funzione che rivestiva il prodotto originario. Diverse tipologie di rifiuto sono classificate ,già dall’origine ,come pericolose o non pericolose mentre per altre è prevista una voce speculare (un codice di 6 cifre per un rifiuto non pericoloso e un codice di 6 cifre contrassegnato con un asterisco se pericoloso ), In funzione della concentrazione di sostanza pericolosa da determinarsi mediante opportuna verifica analitica.

 

Alcuni esempi    

 

                                                       

 

Al fine di non dover modificare ripetutamente l’elenco dei rifiuti pericolosi ,si è previsto un meccanismo automatico :pertanto ogni volta che verrà classificata una nuova sostanza pericolosa (ai sensi della direttiva 67/548/CE) il rifiuto contenente la suddetta sostanza ,qualora caratterizzato da una voce “speculare”sarà classificato come pericoloso nel caso in cui la concentrazione della sostanza stessa raggiunga i valori limite previsti dall’articolo 2 della decisione 2000/532/CE  e successive modificazioni.

La produzione di rifiuti speciali

 

In Italia ,come in molti altri Paesi dell’unione Europea , la quantità di rifiuti speciali prodotti è aumentata di oltre il 50 % tra il 1997 è il 2001(dati ISTAT).

Le cause di questo aumento si possono ricercare nelle migliorate condizioni economiche e nel ritmo dello sviluppo industriale descritto dai macroindicatori economici. L’industria manifatturiera ,il settore delle costruzioni e delle demolizioni ,estrazione mineraria ,da cava e l’agricoltura ,sono le attività economiche che contribuiscono maggiormente alla produzione dei rifiuti speciali ;in generale circa il 75 % dei rifiuti prodotti può essere ricondotto ad attività di tipo industriale,mentre il restante 25 % deriva dalle attività domestiche .

 

 

In merito ai presupposti per giungere a una quantificazione realistica della produzione di rifiuti va rilevato che fondamentale importanza assume il controllo dei flussi dei rifiuti e quindi ,della catena che collega il produttore del rifiuto (primo anello) all’impianto di trattamento e infine all’impianto di smaltimento finale (discarica ultimo anello ).Infatti nel passaggio da un soggetto all’altro i rifiuti  possono subire variazioni nella classificazione,non solo per quando riguarda la pericolosità  o meno del rifiuto ,ma anche per ciò che riguarda il diverso stato fisico/chimico   e ,quindi ,del codice di identificazione. Un importante contributo all’analisi dei flussi dei rifiuti può venire dagli studi di settore che consentono di definire coefficienti specifici di produzione dei rifiuti legati ai singoli  processi produttivi .Per ciascun settore produttivo d’interesse sono valutati i flussi principali di materie prime e di energia in ingresso ed i flussi di materia in uscita al fine di prevenire attraverso un bilancio di massa, alla quantificazione delle emissioni dei rifiuti.

 

La produzione dei rifiuti ospedalieri

 

Quantificare la produzione dei rifiuti ospedalieri in Italia non è assolutamente facile .I dati sulla produzione media giornaliera per degente dei rifiuti ospedalieri sono abbastanza discordanti soprattutto sulla quota dei rifiuti speciali ospedalieri che fa parte dell’intera produzione giornaliera .

Una stima abbastanza attendibile è di circa 1,5 kg al giorno per letto occupato ,con oscillazioni che vanno da 0,5 kg /letto occupato delle piccole case di cura a 2,5 kg/letto dei grandi ospedali.

La discordanza dei dati ,soprattutto per i rifiuti che devono essere necessariamente inceneriti ,deriva anche dalle diverse dimensioni delle A. S. L e da come sono strutturate.

Inoltre tale discordanza deriva anche dalle diverse tipologie di raccolta e trasporto dei rifiuti a seconda

delle scelte fatte nella quantità e qualità dei rifiuti da incenerire.

 

La classificazione dei rifiuti ospedalieri

 

Alla luce della normativa esistente ,i rifiuti ospedalieri possono essere classificati in 4 categorie distinte.

 

1.Rifiuti assimilabili agli urbani a tutti gli effetti

a)Si tratta di rifiuti provenienti dalle cucine per la preparazione dei pasti ,da attività di ristorazione e da residui di pasti provenienti dai reparti di degenza “non infettive”; da tutte le strutture amministrative e di servizio.

b)Da medicazioni da attività diagnostiche ,terapeutiche e di ricerca ,da attività che ospitano o curano pazienti affetti da malattie infette ,rifiuti di natura biologica e relativi contenitori, purché sottoposti a idoneo trattamento di sterilizzazione.

c)Da contenitori in vetro di farmaci o di soluzioni per infusione,materiali ingombranti ,materiale metallico,non ingombrante,materiale proveniente da attività di giardinaggio ,purché  sottoposti a idoneo trattamento di sterilizzazione;

 

2.Rifiuti assimilabili agli urbani ai soli fini dell’incenerimento

Comprende i rifiuti ospedalieri propriamente detti ,ovvero quelli infetti o potenzialmente infetti o comunque pericolosi dal punto di vista igienico-sanitario,che non siano assimilabili agli urbani a tutti gli effetti. Si tratta di rifiuti derivati da medicazioni ,rifiuti di natura biologica e rispettivi contenitori ,rifiuti derivanti da attività diagnostica e di ricerca nonché quelli provenienti da reparti per malati infetti o da strutture comunque destinati alla loro cura ,non sottoposti a trattamento di sterilizzazione.

 

3.Rifiuti speciali non assimilabili agli urbani

Comprende tutti i rifiuti prodotti in ambiente sanitario  non compresi nella tipologie precedenti ,purché non tossici e nocivi. Tra questi sono compresi i farmaci scaduti , i materiali inerti provenienti da edilizia (inclusi gessi ortopedici ) ed i liquidi radiologici di sviluppo e fissaggio esausto.

 

4.Rifiuti speciali tossico-nocivi

I rifiuti che contengono una o più  sostanze indicati dalla deliberazione. Comitato interministeriale 27/7/1984 (tab. A ) , in concentrazione superiore alla concentrazione limite indicata dal decreto.

Che risultano tossici ad esempio farmaci e soluzioni scadute e biodegradabili .

 

Rifiuti ospedalieri trattati

Costituiscono il 25 – 30% del totale dei rifiuti ospedalieri ,provengono dalle sale operatorie,medicazioni,laboratori biologici,reparti di malattie infettive ,servizi di anatomia e istologia ,dialisi,sale parto ,farmacia ecc.

 

Sono composti da materiali taglienti quali :Vetri,Aghi infetti,Siringhe ,Lame da bisturi ,Punti di sutura ,ecc. Sangue e prodotti del sangue :Plasma ,Siero (prelievi ,ferite ,trasfusioni ), Liquidi biologici e da farmaci scaduti .

 

I rifiuti ospedalieri trattati devono essere raccolti in contenitori di cartone resistente il cui involucro interno è costituito da un film di polietilene ad alta densità. I contenitori prima dell'allontanamento dal reparto vengono condizionati mediante trattamento con agente sterilizzante. Lo smaltimento finale viene effettuato da aziende specializzate che provvedono al loro ritiro ed incenerimento.

Il rischio biologico è determinato dalla presenza, nei rifiuti, di microrganismi in grado di infettare i lavoratori addetti a qualsiasi fase della catena di raccolta e smaltimento.
Il rischio infettivo è legato solo ad alcuni tipi di rifiuti speciali ospedalieri quali i rifiuti microbiologici, i rifiuti patologici (tessuti, organi, ecc.), il sangue e derivati, i taglienti, le carcasse di animali e parti anatomiche, prodotti che vengono in gran parte sterilizzati prima dello smaltimento. Non è poi sufficiente che un rifiuto sia contaminato da microrganismi patogeni per indurre infezione in quanto è necessaria la concomitanza di altre condizioni, quali la dose infettante, la virulenza del germe, la via di penetrazione, ecc.

I rischi di natura infettiva sono essenzialmente conseguenti a ferite da taglio o da punta che interessano prevalentemente le mani, gli avambracci e gli arti inferiori. Questi infortuni possono avere diverse cause:
· manipolazione poco attenta del rifiuto, effettuata senza l'ausilio di dispositivi di protezione individuali,
· utilizzo di contenitori non adeguati per dimensioni, resistenza, impermeabilizzazione, chiusura,
· applicazione di tecniche scorrette di condizionamento.
Il rischio chimico è dovuto alla presenza nei rifiuti di sostanze chimiche derivanti dall'attività ospedaliera.
Fra i composti più frequentemente presenti nei rifiuti ospedalieri si possono ricordare i disinfettanti (aldeidi, alcoli, fenoli, ammonio quaternario, ecc.) e i farmaci, con particolare attenzione per quelli antitumorali.
Nella movimentazione dei contenitori per i rifiuti è anche presente un rischio di origine traumatica.

 

Gestione reflui e rifiuti

 

                                 

 

L'ospedale, così come ogni altra realtà aziendale produttiva, dà origine ad una notevole quantità di rifiuti. Il problema relativo al loro smaltimento è piuttosto complesso e riguarda solo marginalmente gli operatori sanitari. Tuttavia soprattutto la fase di raccolta dei rifiuti può comportare un rischio per la salute degli operatori sanitari.

 

Presidi sanitari acuminati e taglienti

Sono costituiti da materiali taglienti infetti (aghi, siringhe, vetri, ecc.) che devono essere raccolti in contenitori di plastica rigida  speciale con apertura a scatto e coperchio ribaltabile con chiusura irreversibile e successivamente immessi nei contenitori per i rifiuti ospedalieri trattati.

 

Smaltimento dei rifiuti sanitari

Lo smaltimento dei rifiuti speciali derivanti da attività sanitarie (RSS) pone numerosi problemi per i rischi potenziali per la salute e la sicurezza dei cittadini. L’intera filiera della gestione dei RSS (raccolta, stoccaggio, trasporto, smaltimento finale) merita un’attenzione particolare a causa delle caratteristiche infettive e tossiche e della natura fortemente variabile e spesso inconsistente di tali rifiuti.

Si fa presente che per i rifiuti sanitari pericolosi vige l’obbligo di "smaltimento mediante termodistruzione presso impianti autorizzati". E’ opinione diffusa, infatti, che le varie tecniche alternative disponibili per il trattamento, quali la disinfezione chimica, la sterilizzazione in autoclave, l’impiego di microonde o di irraggiamento con cobalto-60 ,raramente garantiscono una disinfezione completa del rifiuto. Per esse inoltre non sono stati ancora sufficientemente studiati e valutati l’impatto sull’ambiente, quello sulla salute e la sicurezza degli operatori, le implicazioni energetiche (che poi sono riconducibili a ulteriore impatto ambientale).

Un sistema di incenerimento per RSS ben progettato prevede sistemi automatici di alimentazione in continuo con possibilità di controllo delle portate in ingresso, è dotato di regolazione automatica dell’aria di combustione, opera il processo a temperature sufficientemente elevate, realizzando una buona miscelazione dei gas di combustione e garantendo un tempo di permanenza in camera di combustione sufficiente a distruggere i rifiuti. Per taglie superiori a circa 200 kg/h, sarà dotato di adeguato sistema di controllo dell’inquinamento atmosferico, in grado di garantire la neutralizzazione dei gas acidi e la cattura del particolato, dei metalli pesanti e delle sostanze organiche volatili. Nelle versioni più recenti, tale sistema di controllo è spesso del tipo "a secco" (che evita scarichi liquidi dall’impianto), realizzato con una, o talvolta due, coppie di scrubber a secco e un filtro a maniche. Quando la taglia del forno è sufficientemente elevata sarà prevedibile anche una sezione di recupero energia.

La tipologia di impianti di termodistruzione per rifiuti sanitari pericolosi è varia, ma nei più recenti ("forni ad aria-controllata" o starved air incinerators) prevede un processo di combustione a due stadi. Nella camera primaria, il rifiuto alimentato viene portato a temperatura tramite un bruciatore a gas e posto in presenza di una quantità d’aria inferiore a quella stechiometrica (di solito tra il 50 e il 90% dell’aria teorica di combustione). In tali condizioni di "difetto d’aria" si ha la degradazione termica dei composti volatili organici in altri meno complessi. Il calore necessario a questo processo endotermico di scissione è fornito dall’ossidazione della frazione di carbonio fisso del rifiuto. La scelta di lavorare in difetto d’aria consente temperature relativamente basse (inferiori al punto di fusione della maggior parte dei metalli, vetri e altri inerti non combustibili), ridotte portate di effluenti gassosi e bassi livelli di turbolenza che garantiscono bassi trascinamenti di particolato e una minore produzione di ossidi di azoto. Le temperature della camera primaria crescono all’aumentare della portata d’aria di combustione, raggiungono il massimo in corrispondenza di quella stechiometrica e diminuiscono nuovamente qualora si lavori in eccesso d’aria. Nella camera secondaria, i gas e vapori prodotti nella prima camera sono ulteriormente riscaldati e posti a contatto con aria addizionale che li ossida rapidamente ad anidride carbonica e vapor d’acqua. L’eccesso d’aria utilizzato deve garantire un tenore di ossigeno nei fumi sempre superiore al 6% mentre il dimensionamento della camera deve assicurare un tempo di permanenza dei fumi maggiore di 2 secondi. Anche in questa camera di post-combustione è presente un bruciatore a gas per garantire sempre una temperatura minima di almeno 1000 °C. Le ceneri dal fondo e quelle scaricate del sistema di abbattimento inquinanti (tipicamente la tramoggia di scarico del filtro a manica) sono in genere al di sotto dei limiti di tossicità: qualora il tenore di sostanze nocive fosse eccessivo, le ceneri possono essere stabilizzate in conglomerati cementizi che le rendono conferibili alle discariche di tipo 2B .L’eventuale fusione (e risolidificazione) di inerti o ceneri dei rifiuti sanitari può creare, oltre che problemi di intasamenti di condotti o valvole, anche danni ai refrattari, che vanno quindi scelti con particolare attenzione.

Questi forni possono essere del tipo statico o rotativo. I secondi si differenziano per la possibilità che ha la camera primaria di ruotare, di solito con una velocità di rotazione fra 1 e 3 giri/minuto. La rotazione migliora il mescolamento e quindi il contatto comburente-combustibile, anche se presenta in genere l’inconveniente di maggiori trascinamenti di polveri.

Anche l’impiego di forni rotanti del tutto simili a quelli descritti precedentemente anche se di taglia più piccola, dotati di un sistema automatico "ad hoc" per l’alimentazione dei contenitori per RSS e completati di un opportuno sistema di abbattimento di inquinanti, può garantire alte efficienze di distruzione e rimozione. Tali sistemi, come visto, adottano anche essi un processo di termodistruzione a due stadi.

Il Problema dei rifiuti in Campania

La regione Campania conta attualmente circa 6 milioni di abitanti. La produzione annuale di rifiuti solidi urbani nella regione è di 2,4 milioni di tonnellate, pari a circa 6600 tonnellate al giorno. A questa quantità occorre aggiungere quelle dei rifiuti speciali, pari a 1 milione di tonnellate all'anno e dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione della regione, pari a 146000 tonnellate all'anno. Per quanto riguarda lo smaltimento, allo stato attuale esso è effettuato principalmente mediante l'interramento in discariche. Il territorio regionale è stato suddiviso in una serie di bacini che raggruppano più comuni appartenenti ad una stessa provincia o a provincie diverse e all'interno dei quali sono insediate le discariche.

                                                             

   CICLO DEI RIFIUTI

La Raccolta

La raccolta dei rifiuti in Campania è effettuata attualmente per larga misura in modo indifferenziato: tutte le tipologie di rifiuti solidi urbani vengono raccolte insieme e avviate alle discariche. La raccolta differenziata invece è una delle iniziative strategiche per una soluzione alternativa e razionale del problema dei rifiuti solidi urbani in varie forme di smaltimento e di recupero. Lo sviluppo della raccolta differenziata pertanto risponde ad una duplice esigenza: facilitare da una parte il recupero dei materiali da reinserire nel ciclo produttivo come materie prime (le materie prime seconde) e dell’altra destinare minori quantitativi allo smaltimento. Il tema del recupero dei materiali diventa ancora più importante se si considera che tra i costituenti principali dei RSU vi sono carta e cartoni, plastica e vetro. Questi, insieme a metalli, materiali tessili e legno costituiscono più del 50% della composizione dei RSU. La parte restante è costituita da scarti di cibo, pannolini, rifiuti organici vari, polveri, residui di sigarette, ecc.

Raccolta differenziata

Per raccolta differenziata si intende un sistema mediante il quale i rifiuti vengono classificati in base all’origine e capacità di riutilizzo.

Carta e cartone

Fanno parte di questa categoria : Giornali,riviste,libri,quaderni,fotocopie e fogli vari,cartoni ,imballi vari per uso alimentare o imballaggio.

Vetro

Vetro,bottiglie, Vasi di vetro,Bicchieri,vetri anche se rotti.

Lattine

Lattine in alluminio ,contenitori in banda stagnata ,contenitori in metallo per pelati e scatolami vari.

Bottiglie di Plastica e altri imballaggi in plastica

Bottiglie di acqua , bibite e shampoo, flaconi per detergenti,prodotti cosmetici,contenitori per liquidi,piccole taniche ,borsette ,polistirolo e altri contenitori per uso alimentare.

Rifiuto da discarica

In questa categoria trovano posizione ,tutti quei rifiuti che non hanno la capacità di essere riutilizzati ovvero riciclati.

Ad esempio : Gomma,plastica varia,cd,audio e video supporti,piatte e posate in plastica,secchi e bacinelle,lampadine  etc …

Umido organico

Tutti gli scarti da cucina,avanzi di cibo,alimenti avariati,scarti di verdura e frutta,gusci d’uovo,posa di caffè ,filtri di the,escrementi animali,fiori secchi,pane vecchio,salviette unificanti utilizzate,piccole ossa e gusci di molluschi.

Sfalci e Ramaglie

Ramaglie ,potature di piante e alberi,foglie ,residui vegetali da pulizia dell’orto,legno e segatura non trattata.

Rifiuti Pericolosi

Pile stilo,torce e a bottone utilizzate,sostanze chimiche e materiali contaminanti vari.

Farmaci

Tutti i farmaci scaduti e non più utilizzabili, quali : sciroppi,pastiglie,flaconi,pomate ,fiale per iniezione e disinfettanti.

Etichettati "T" e/o "F"

Sostanze chimiche quali colle ,cera per legno,acetone per unghie ,tintura   per scarpe,isolanti,acidi ecc

Ingombranti

Tutti quei rifiuti voluminosi e ingombranti  quali : poltrone e divani,materassi,imballaggi per elettrodomestici non in cartone,lastre di vetro intere e specchi,damigiane,reti per letti,armadi e mobili vari.

Beni durevoli

Frigoriferi,lavastoviglie,televisori,computer,videoregistratori,forni elettrici ecc.

 

Ferrosi

Rifiuti di composizione metallica quali: biciclette,porte e finestre,giocattoli,lampadari ,rubinetti,pezzi meccanici  ecc.

Indumenti usati e Pellami

 Abiti usati ,maglieria,pantaloni,coperte ,cappelli ecc

Altri rifiuti riciclabili

Tutti quei rifiuti non classificabili nelle precedenti categorie,che presentano però la  capacità di essere riutilizzati e riciclati.

                           

Batterie per auto ,toner per stampanti e fotocopiatrici,cartucce varie ,contenitori per bevande ecc.

 

 

 

 

 

 

 

Lo Smaltimento

La discarica rappresenta il sistema di trattamento finale dei rifiuti più antico e concettualmente più semplice. Fino al 1984 quasi tutte le discariche in Italia erano di tipo "incontrollato" cioè costituite da cumuli di rifiuti abbandonati sul suolo o, nella migliore delle ipotesi, interrati progressivamente in profonde buche o in vecchie cave abbandonate. Con la normativa tecnica emanata nel 1984 la costruzione di una discarica è diventata un'operazione più complessa, dato che sono previsti tutta una serie di accorgimenti tecnici per la tutela ambientale (impermeabilizzazione del bacino di contenimento, captazione del percolato e del biogas, copertura giornaliera con terra, ecc.). Quindi l'adozione della discarica come sistema di trattamento finale dei rifiuti comporta oggi costi di impianto e di esercizio non più trascurabili o nulli, come era invece per le vecchie discariche incontrollate. Questi costi risultano essere comunque inferiori rispetto ad altri sistemi di trattamento finale, sebbene sia difficile prevedere per quante decine di anni dopo la chiusura della discarica sia necessario intervenire anche con non trascurabili investimenti, per il controllo "post-mortem" della discarica stessa e per il recupero ambientale. La discarica costituisce un anello indispensabile del sistema di trattamento finale dei rifiuti cioè, qualunque sia il sistema prescelto (combustione, compostaggio, riciclaggio o recupero), esiste sempre il "rifiuto da rifiuto" non più utilizzabile e quindi da mandare in discarica. Il rovescio della medaglia è che le discariche consumano territorio e che pertanto è indispensabile recapitarvi la minore quantità possibile di rifiuti. Inoltre è da considerare che i siti idonei sono in numero limitato e quindi vanno utilizzati con parsimonia per poter smaltire solo ciò che non è possibile smaltire diversamente. Infine è da ricordare che il biogas prodotto nelle discariche dalla degradazione anaerobica delle sostanze putrescibili presenti nei RSU è composto per circa il 60% da metano e per il restante 40% da anidride carbonica, che contribuiscono all'incremento dell'effetto serra. Oggi circa l'82% dei rifiuti viene smaltito in discarica .

 

Una volta effettuata la Raccolta Differenziata ci troviamo dinanzi a tante tipologie di rifiuti differenti tra di loro. La parte di rifiuti definita indifferenziata perchè non differenziabile, viene trasferita nei centri di produzione CDR (combustibile derivato dai rifiuti) il rifiuto viene bruciato attraverso la fase di combustione e la cenere viene trasformata in combustibile nella fase di produzione. Oltre agli impianti di CDR da cui si ricava il combustibile, il sistema dello smaltimento dei rifiuti in Campania si completa con i Termovalorizzatori da cui si ricava l'energia. Questa forma di energia risulta essere alternativa e và ad aggiungersi a quella prodotta dalle centrali più tradizionali risultando essere più rispettosa del Ambiente circostante. Tutto questo si quantifica in maggiore risparmio economico e benefici per la comunità.

Termovalorizzatore

Il termovalorizzatore è un impianto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani finalizzato alla produzione di energia elettrica. Lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani rappresenta oggi un problema di dimensioni assai rilevanti, soprattutto in Italia, dove circa il 75% dei rifiuti prodotti finisce ancora in discarica: ciò comporta inquinamenti diffusi del territorio e costi elevati di smaltimento e di risanamento. Sviluppare modelli alternativi di gestione dei rifiuti è quindi una necessità imposta dall'insostenibilità della situazione attuale: in tale direzione va, senza dubbio, la termovalorizzazione, mediante la quale il rifiuto, inteso come fonte rinnovabile, diventa risorsa energetica.

 

:: INGRANDISCI ::

 

I rifiuti, provenienti da raccolta differenziata, sono trasportati all'impianto per la loro termodistruzione e qui vengono scaricati nel grande vano di ingresso dell'edificio dal quale sono aspirati i cattivi odori. Secondo le diverse esigenze del forno, un carro ponte sposta i rifiuti su una griglia, in movimento, dove inizia la combustione. Sono gli stessi rifiuti incandescenti ad alimentare la fiamma.
Comincia la trasformazione dei rifiuti in energia elettrica: in questa fase i fumi incandescenti viaggiano in un sistema chiuso, sigillato, controllato da computer. I rifiuti rivoltati continuamente sono esposti ad una corrente d'aria forzata che mantiene viva la combustione. Un sistema computerizzato controlla il livello della temperatura che è molto importante affinché non si generino sostanze nocive. Nei rifiuti, anche se frutto della raccolta differenziata, rimangono sostanze (ad esempio i metalli come il ferro, l'acciaio, ecc.) che resistono alla combustione: queste cadono in una vasca piena d'acqua, posta al di sotto della griglia, per raffreddarsi.,periodicamente sono estratte ed inviate in discariche normali. I fumi caldi generati dalla combustione portano in ebollizione una caldaia che produce vapore. Una turbina trasforma in energia elettrica il vapore prodotto nella caldaia e l'energia viene immessa nella rete elettrica nazionale. L'impianto non ha emissioni liquide di processo. Le principali emissioni gassose sono costantemente controllate e regolate automaticamente. Eventuali scostamenti dai valori consentiti sono immediatamente segnalati da allarmi che portano alla fermata parziale o totale dell'impianto.

cassonetto

 

 

 

 

 

 

La riduzione delle sostanze inquinanti

Le sostanze inquinanti vengono ridotte, già in fase di combustione, con l'ausilio di un sistema computerizzato che, controllando temperatura e aria di combustione, riduce la formazione di ossidi di carbonio e altri incombusti ed immettendo una sostanza chimica (urea) riduce gli ossidi di azoto.

La riduzione finale avviene nel sistema di trattamento dei fumi che, riducendo ulteriormente le sostanze pericolose ancora presenti, permette di immettere nell'atmosfera, attraverso il camino, fumi nei quali gli inquinanti sono ridotti al minimo, con valori ampiamente al di sotto dei limiti di legge.

Il processo d'inertizzazione

L' inertizzatore evita che materiali tossico-nocivi debbano essere trasferiti in discariche speciali, rendendo così non pericolose le polveri residue del processo di termovalorizzazione. L'unità di inertizzazione è composta da macchinari che non consentono la fuoriuscita di materiale.

Impianto di Termovalorizzazione di Acerra

L'impianto di Acerra è realizzato per trattare il Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR) prodotto dagli impianti di trattamento primari della provincia di Napoli (Caivano, Giugliano e Tufino); ai quali infatti viene conferito il rifiuto indifferenziato (che resta dopo la raccolta differenziata) proveniente dalla raccolta in città.
Il CDR è quindi il risultato di un trattamento meccanico che separa la parte combustibile e a più elevato potere calorico (carta, plastica, legno) dal resto, costituito dal materiale putrescibile umido, che viene poi stabilizzato a parte. Con ulteriori selezioni si separano i metalli (che vengono in parte recuperati) e gli inerti, che vengono mandati a scarto. In definitiva il CDR rappresenta il 35/40% del totale del rifiuto raccolto dopo la raccolta differenziata.
L'impianto di termovalorizzazione riceve il CDR ed esegue una combustione controllata secondo le norme della Direttiva europea 76/2000 e secondo le normative italiane. L'energia termica sviluppata viene utilizzata per produrre vapore ad alta temperatura e pressione (500 °C e 90 atmosfere) che a sua volta viene inviato in una turbina per la produzione di energia elettrica. Da notare che il rendimento di trasformazione da energia termica a energia elettrica è altissimo 31% lordo e 27% netto), a dimostrazione che l'impianto impiega tecnologie di altissimo livello. L'energia elettrica prodotta viene in parte utilizzata per il funzionamento dell'impianto e il resto viene ceduto alla rete elettrica nazionale a un prezzo molto elevato fissato contrattualmente nel 1999 in base a una legge che incentiva la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Dalla combustione si producono:

-          600.000 metri cubi per ora di fumi che vengono depurati prima di essere immessi  in atmosfera; si utilizzano per questo scopo dispositivi che impiegano le migliori tecnologie disponibili in modo che i parametri di inquinamento stanno ben al di sotto dei limiti fissati dalla normativa europea e italiana. Le tre ciminiere attraverso cui i fumi sono immessi in atmosfera hanno un'altezza di 110 m. stabilita a seguito di calcoli diffusionali   in base a modelli matematici usati dall'Enivironment Protenction Agency degli U.S.A. Le scorie ( rifiuto speciale) e polveri (rifiuto pericoloso) che vengono fustiadeguatamente raccolti e trattati in modo da essere resi innocui e poi smaltiti in appositi impianti di discarica. L'impianto produce anche acque di processo che vengono raccolte e depurate e quindi immesse nella rete di fognature locale.

 

 

 

 

 

Caratteristiche Tecniche Principali dell'Impianto.

A) Processo di combustione

Il termovalorizzatore di Acerra (CE)  è progettato per trattare circa 2000 tonnellate al giorno (ovvero circa 600.000 t all'anno) di CDR a 15.000 Kj/kg (pari a circa 3.600 Kcal/kg). Di queste 600.000 i realtà solo 450.000 tonnellate sono prodotte nel corso dell'anno, mentre le altre 150,000 sono quelle già prodotte prima che l'impianto entri in funzione (cioè sono disponibili per l'eliminazione del combustibile stoccato in questi anni).
La combustione è eseguita su tre linee costituite da forni a griglia mobile della potenzialità ciascuna di 27 tonnellate all'ora, per un totale di circa 81 tonnellate all'ora.
La combustione avviene in atmosfera controllata a temperatura elevata (minimo  850 °C) e con tutti gli accorgimenti che la comunità scientifica internazionale ha studiato per da evitare la formazione di microinquinanti organici (fra i quali la diossina).
Le griglie sono raffreddate ad acqua, in modo da evitare il surriscaldamento dovuto al combustibile ad elevato potere calorifico. L'energia termica prodotta dalla combustione è trasmessa attraverso le pareti del forno (che costituiscono esse stesse la caldaia) all'acqua; questa si trasforma in vapore e viene inviata alla turbina.
L'energia termica contenuta nel vapore viene quindi trasformata in energia meccanica dalla turbina a vapore che ruota ad alta velocità e poi trasformata, tramite un generatore collegato all'asse della turbina stessa, in energia elettrica. Il vapore a bassa temperatura viene quindi condensato e cioè si trasforma nuovamente in acqua che viene immessa di nuovo nel ciclo termico. Una piccola quantità di acqua viene comunque evaporata e quindi il consumo di acqua è di circa 800 mc al giorno.
Il generatore di energia elettrica ha una potenza di circa 106 Megawatt equivalente alla potenza necessaria per alimentare una popolazione di circa 200.000 abitanti. L'energia elettrica prodotta in un anno è di 800.000.000 di Kilowattora all'anno (considerando un funzionamento dell'impianto per circa 7.500 ore all'anno su 8760).
Tutto il processo della combustione è controllato da un sofisticato sistema di controllo elettronico che agisce sulla immissione del combustibile in camera di combustione, sulla portata dell'aria primaria e secondaria, sui movimenti della griglia e sulla produzione di vapore in modo da mantenere sempre nel campo di funzionamento ottimale i parametri che governano la combustione (in particolare temperatura, ossigeno, eccesso d'aria, umidità, assenza di ossido di carbonio etc).

B) Trattamento dei fumi                   

I fumi prodotti dalla combustione contengono sostanze inquinanti che debbono essere trattati prima dell'immissione in atmosfera. Gli impianti di depurazione dei fumi si rivolgono a diverse famiglie di inquinanti:

 -  macroinquinanti inorganici come acido cloridrico (HC)l, acido fluoridrico (HF), anidridi    solforiche (Sox), ossidi di azoto (NOx)
- microinquinanti organici (diossine e furani)
- microinquinanti inorganici (metalli pesanti)
- polveri.

Gli impianti di abbattimento sono i migliori esistenti e comprendono:

- abbattimento delle polveri con doppia filtrazione su filtri a maniche
- abbattimento dei microinquinanti con immissione di carbone attivo in polvere
- abbattimento dei macroinquinanti con abbattimento in reattori a calce
- abbattimento degli ossidi azoto con sistemi a reattore catalitico (S-C-R.)

I livelli di inquinanti contenuti nei fumi presenti all'ingresso degli impianti sono più bassi di quelli prescritti dalle attuali leggi italiane e dalla direttiva europea 2000/76, in particolare:

Inquinanti

Normativa Europea

Valori Garantiti

Polveri mg/Nmc

10

3

Ossidi di Azotomg/Nmc

200

85

Acido Cloridricomg/nmc

10

7

Acido Fluoridricomg/Nmc

1

0,3

SOxmg/Nmc

50

25

COmg/Nmc

50

50

TOC Total Organic Carbon) mg/Nmc

10

5

Cadmio+Tallio (Cd+Tl)mg/Nmc

0,05

0,02

Hg (mercurio)

0,05

0,01

Metalli Pesantimg/Nmc

0,5

0,2

Diossine e Furani In Teqng/Nmc

0,1

0,025

I valori sono espressi in mg/Nmc (milligrammi per Normal metrocubo)
O in ng/Nmc (nanogrammi per normal metrocubo). 1nanogrammo equivale a un miliardesimo di grammo.

 

In conclusione
L'impianto di Termovalorizzazione di Acerra (CE) costituisce l'elemento essenziale di chiusura del sistema di gestione dei rifiuti della provincia di Napoli ed è un impianto che impiega le migliori tecnologie disponibili secondo le più recenti indicazioni della Comunità Europea.
La dimensione dell'impianto e l'accuratezza della progettazione permettono infatti di ottenere:
- un controllo della combustione ottimizzato, con la minima produzione di emissioni gassose
- una elevata produzione di energia elettrica con un rendimento di trasformazione al massimo livello per questo tipo di impianti.
- un trattamento di depurazione dei fumi che garantisce concentrazione degli inquinanti molto al disotto delle normative europee e nazionali. In particolare i livelli di concentrazione della diossina sono estremamente bassi e tali da non costituire in nessun modo un pericolo per l'ambiente e la salute.

 

Antimo Maietta

 

 


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|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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