Sanzioni alle aziende
edili per la violazione delle norme sul trasporto dei rifiuti speciali
di Andrea Maria Moro
Importanti novità sono state recentemente
introdotte con l’attuazione della direttiva comunitaria 2008/99/CE sulla
tutela penale dell’ambiente con il provvedimento emanato dal Consiglio
dei Ministri il 7 luglio 2011 in cui vengono apportate importanti
modifiche al Decreto Legislativo 231/2001, che disciplina la
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e
delle associazioni. Nel nostro ordinamento giuridico, che solo da
qualche anno aveva recepito il principio secondo cui “societas
delinquere potest”, sono state doverosamente inserite forme di
responsabilità punitiva delle aziende in materia di illeciti ambientali.
Con l’introduzione dell’art. 25-bis (Reati
Ambientali) al D.lgs. 231/2001, viene in pratica estesa una forma di
responsabilità a carico delle aziende per illeciti al codice
dell’ambiente messi in essere dai propri amministratori e dipendenti.
Sanzioni che in relazione alla commissione
dei reati previsti dal Decreto Legislativo 152/2006, riguardano anche il
sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), nato nel
2009 per iniziativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare per gestire, attraverso un sistema informatizzato,
la movimentazione dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti
urbani per la Regione Campania con l’obbiettivo di “semplificare le
procedure e gli adempimenti riducendo i costi sostenuti dalle imprese e
gestire in modo innovativo ed efficiente un processo complesso e
variegato con garanzie di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione
dell’illegalità”. Che direttamente coinvolgono la produzione di rifiuti
dell’attività di costruzione e di demolizione delle aziende edili, che
movimentano e smaltiscono un volume, non trascurabile, che rappresenta
circa il 22% della quantità complessiva di rifiuti.
In particolare, per la violazione del nuovo
articolo 260-bis, comma 6, 7 e 8, del Decreto Legislativo 152/2006 viene
applicata agli enti la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote (ogni
quota può andare da un minimo di 258 euro a un massimo di 1.549 euro):
·
a chi nella predisposizione di
un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema
di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni
sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche
chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei
dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti;
·
al trasportatore che omette di
accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda
SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della
normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica
le caratteristiche dei rifiuti in caso di trasporto di rifiuti
pericolosi e anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un
certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla
natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei
rifiuti trasportati;
·
al trasportatore che
accompagna il trasporto di rifiuti con copia cartacea della scheda
SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE fraudolentemente alterata.
Sanzioni all’ente che vengono maggiorate da
200 a 300 quote nel caso di rifiuti pericolosi.
Le aziende, per quanto disposto dal
legislatore, sono pecuniariamente responsabili per i reati commessi nel
loro interesse e a loro vantaggio da persone che rivestono funzioni di
rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua
unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e da persone
sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra
indicati. Ovviamente, l’azienda non risponde se le persone
precedentemente indicate, hanno agito nell’interesse esclusivo o di
terzi.
L’azienda, inoltre, non risponde per il
reato, commesso da tali soggetti, se prova che l’organo dirigente ha
adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto,
modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della
specie di quello che si è verificato. L’intento del legislatore, a tutti
gli effetti, con l’emanazione delle disposizioni del Decreto legislativo
231/2001 è di incentivare un sistema organizzato aziendale di
prevenzione del reato. Regole di comportamento, che devono essere
contenute in un modello organizzativo aziendale, al fine di prevenire
eventuali comportamenti illeciti o quantomeno irresponsabili, da parte
di chi opera per conto dell’azienda.
Al quale deve essere aggiunto un organismo
di controllo, dotato di autonomi poteri di iniziativa, che ha il compito
di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello e di curarne
l’aggiornamento. In ogni caso, segnaliamo che la sanzione pecuniaria
prevista è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione
di apertura del dibattimento di primo grado, l’ente ha risarcito
integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o
pericolose del reato ed è stato adottato e reso operativo un modello
organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello
verificatosi.
Non dimentichiamo inoltre che possono essere
applicate anche sanzioni interdittive, della durata non inferiore a tre
mesi e non superiore a due anni, in relazione a reati per i quali
ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
a) l’ente ha tratto dal reato un profitto di
rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione
apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione quando, in
questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da
gravi carenze organizzative;
b) in caso di reiterazione degli illeciti.
I dispositivi per persuadere le aziende ad
operare nella legalità ed eventualmente per rimediare ad errori o
(speriamo sempre più ridotti) a fatti delittuosi, nel settore edile e
dell’ingegneria civile, in uno degli ambienti produttivi a più ad alto
rischio di inquinamento ambientale, a questo punto non mancano. Resta,
comunque, la necessità di mantenere un elevato indice di controllo da
parte dell’autorità di polizia giudiziaria sull’applicazione delle norme
in materia.
Andrea Maria Moro |