|
I SITI CONTAMINATI ED I RISCHI AMBIENTALI
di Francesco
Bianchi
E’ stato accertato che i
siti contaminati pongono significativi rischi ambientali per
l’ecosistema in generale e per la salute dell’uomo, interferendo
profondamente nelle dinamiche degli ecosistemi, ad esempio modificando i
cicli biogeochimici, o causando la perdita di biodiversità.
Con il termine “sito
contaminato” ci si riferisce a tutte quelle aree nelle quali, in seguito
ad attività umane svolte o in corso, è stata accertata
un'alterazione delle caratteristiche qualitative dei
suoli, delle acque superficiali e sotterranee
e in
cui concentrazioni
in elementi potenzialmente tossici superano quelle
imposte dalla normativa. Per
inquinamento si intende la presenza nell’ambiente di sostanze capaci di
causare un rischio per la salute umana, per gli esseri viventi ed
ecosistemi, danni a strutture ed al paesaggio, che comportano una
perdita del valore d’uso della risorsa ambientale. Un inquinante è una
sostanza che anche a basse concentrazioni può esercitare un’azione
tossica sugli organismi viventi e l’ecosistema nel suo complesso. Le
aree soggette a inquinamento, necessitano di opere di bonifica:
l'insieme degli interventi atti ad eliminare o a ridurre le fonti e le
concentrazioni di tali sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel
sottosuolo, nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee ad un
livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione limite
accettabili.
Nel territorio italiano sono presenti circa 4400 aree
contaminate; sono aree industriali attive e dismesse, impianti di
distribuzione e depositi carburanti, zone destinate ad attività
artigianali e zone di deposito rifiuti. In particolare, nella categoria
dei siti di deposito rifiuti, rientrano tipologie molto eterogenee
accomunate dalla modalità di deposito dei rifiuti, realizzato, in
passato, spesso in modo incontrollato. Ciò comporta una notevole
complessità della contaminazione che riguarda sia il
suolo
che le falde acquifere, della quale bisogna tenere conto in fase di
bonifica. I metalli pesanti sono presenti in natura generalmente come
minerali e vengono rilasciati nell’ambiente per erosione. Tuttavia la
concentrazione di metalli pesanti, in particolare del piombo,negli
ultimi anni è notevolmente aumentata a causa dell’attività antropica
diventando una delle principali cause di inquinamento ambientale. A
differenza dei contaminanti organici che possono essere degradati dai
microrganismi
del suolo, i metalli non sono biodegradabili e possono essere
immobilizzati o rimossi fisicamente dal suolo di siti contaminati. Ad
alte concentrazioni, la tossicità dei metalli pesanti può dar luogo ad
una inibizione della crescita, a stress ossidativo (mediante la
formazione di radicali liberi) con danni nei tessuti vegetali e con
effetti anche sulla biodiversità.
L’inquinamento
ambientale da metalli pesanti è diventato uno dei principali problemi
ambientali. A causa dell’industrializzazione c’è stato un progressivo
aumento della mobilizzazione di metalli pesanti attraverso attività di
estrazione dei minerali e la successiva elaborazione per diverse
applicazioni che ha portato al rilascio di questi elementi
nell'ambiente. I metalli hanno una
distribuzione ubiquitaria e a differenza delle sostanze
organiche, sono essenzialmente non biodegradabili e di conseguenza si
accumulano nei suoli e nelle acque. Questi elementi
sono tra i maggiori responsabili dei
danni sugli organismi vegetali e animali
poiché tendono a accumularsi
nei tessuti degli organismi viventi (bioaccumulo) e le loro
concentrazioni aumentano quando passano dai livelli più bassi della
catena trofica a quelli superiori (fenomeno noto come biomagnificazione).
Tra gli effetti tossici da metalli pesanti ci sono le alterazioni sulla
comunità microbica del suolo.
Il termine "metalli
pesanti " viene comunemente utilizzato per raggruppare una serie di
elementi potenzialmente tossici. In natura si trovano come componenti
naturali della crosta terrestre e generalmente: si comportano come
cationi; le forme idrate presentano una bassa solubilità; hanno una
buona attitudine a formare complessi; hanno una grande affinità per i
solfuri, nei quali tendono a concentrarsi; cambiano stato di ossidazione
a seconda delle condizioni di pH ed Eh;
I metalli pesanti, con
l’eccezione del Fe e dell’Al, si trovano normalmente come elementi in
traccia nell’ambiente, in concentrazioni molto basse (0.1%) dell’ordine
delle parti per milione (ppm) e in alcuni casi parti per miliardo (ppb).
Una delle tecnologie più
riconosciute e indagate per la bonifica dei siti interessati da
inquinamento da metallo pesante è la fitodepurazione. Tale
processo impiega specie vegetali
e microrganismi
del suolo ad esse associate per rimuovere inquinanti sia di natura
organica che inorganica presenti nell’ambiente. Il fitorimedio è una
tecnica applicabile in situ, ha bassi costi e non comporta
rilevanti effetti collaterali sulla componente biotica del suolo. Le
piante più utilizzate in questa tecnica sono
tra
quelle
note con il nome di iperaccumulatrici. Una pianta si definisce
iperaccumulatrice quando è in grado di accumulare metalli in quantità
circa 100 volte superiore alle non-accumulatrici. Si ipotizza che le
piante utilizzino tale meccanismo come strategia di difesa contro gli
erbivori e patogeni.
Studi sono stati
condotti su circa 450 specie vegetali e una recente ricerca dimostra il
potenziale di una leguminosa da foraggio, Canavalia gladiata nel
processo di fitorimedio di un suolo contaminato da piombo (Pb), in
associazione con micorrize. Il disegno sperimentale prevedeva 4 dosi Pb
(0, 250, 500 e 1000 mg kg-1 di suolo) e le piante sono state
inoculate o non-inoculate con funghi micorrizici arbuscolari della
specie Glomus etunicatum. Questo studio si è rivelato di estrema
importanza in quanto evidenzia le potenzialità di questa associazione
pianta di leguminosa-funghi nel processo di fitostabilizzazione nei
terreni inquinati da piombo
La Ricerca dimostra che
questa specie è in grado di svilupparsi in terreni contenenti
concentrazioni estremamente elevate di piombo, fino a 1000 mg kg-1
di suolo.
Nonostante in questa
ricerca le associazioni con funghi micorrizici arbuscolari non hanno
promosso la crescita delle piante di Canavalia gladiata, le
piante micorrizate hanno mostrato un aumento nell’accumulo di Pb nelle
parti aeree e specialmente nelle radici, a concentrazioni moderate da
250 a 500 mg kg-1 Pb, che evidenzia le potenzialità per la
fitostabilizzazione in terreni inquinati da piombo. L’associazione delle
leguminose con i funghi arbuscolari micorrizici risulta un vantaggio
nel processo di fitorimedio in terreni contaminati da metalli pesanti.
Il fosforo (P) è un nutriente richiesto al elevate quantità dalle
cellule vegetali, essenziale per la crescita e sviluppo delle piante, e
la sua scarsa disponibilità in terreni ricchi di metalli pesanti è di
solito è un fattore limitante per la crescita. L'associazione di funghi
micorrizici arbuscolari con le piante migliora l'assorbimento di P,
poiché i funghi arbuscolari micorrizici hanno percorsi specifici
nell’assorbimento e nel trasporto di questo elemento all’interno di
strutture fungine specializzate chiamate arbuscoli attraverso degli
specifici trasportatori di P. Come previsto, l'associazione micorrizia
ha promosso assorbimento di P nelle piante di C. gladiata,
anche se ciò non è stato accompagnato da una maggiore produzione di
biomassa. Inoltre in questo studio la micorrizazione delle radici ha
incrementato del 30% l’accumulo di Pb nella parte aerea della pianta,
rispetto a quello osservato nelle piante non micorrizate, nonostante i
contenuti maggiori di questo elemento, le piante micorrizate non
presentavano alcuna influenza negativa sulla crescita suggerendo
maggiore tolleranza al Pb. La relazione tra le associazioni micorriziche
e l'assorbimento dei metalli è un fattore che dipende dalle specie di
funghi micorrizici, le piante ospite interessate, la concentrazione dei
metalli pesanti così come la loro disponibilità nel suolo. Quando si
considera il risultato della fitoestrazione con piante con associazioni
di tipo funghi micorrizici arbuscolari le concentrazioni più elevate di
metalli si accumulano maggiormente nelle parti aeree rispetto alle
radici. L’aggiunta di Pb nel suolo, ha sottolineato ancora una volta che
l'interazione tra specie diverse può portare a risultati diversi. La
nostra conoscenza per quanto riguarda l'interazione
microorganismi-pianta-suolo in situazioni di stress da metalli pesanti è
ancora limitata e per questo motivo la ricerca futura dovrà
concentrarsi sulle risposte di diverse specie di funghi micorrizici
arbuscolari o diversi ecotipi di funghi micorrizici arbuscolari e sulla
loro capacità di assorbimento di metalli pesanti attraverso l’uso di
leguminose, specialmente, del genere Canavalia.
Francesco Bianchi
|
|