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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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TESINA FINALE MASTER ON-LINE: “Gestione e Sicurezza Ambientale”.

Situazione RIFIUTI in Italia

di ing. Raffaele Mesoraca

Introduzione

L’argomento prescelto per lo svolgimento della tesina finale è quello dei rifiuti. In primo luogo in quanto la cattiva gestione da parte delle amministrazioni di

tale problematica porta e sta portando a notevoli impatti ambientali, forse anche irreversibili. In secondo luogo in quanto l’aumento demografico mondiale

in corso impone lo studio di nuovi sistemi e tecnologie in grado di gestire e “recuperare” quanto dall’uomo attualmente “seppellito”. Infine in quanto

argomento di interesse prioritario da parte dello scrivente che sta portando avanti un progetto di impianto innovativo per il trattamento dei rifiuti nella

Provincia di Crotone che si pone, se non come la soluzione, come un buon compromesso alla risoluzione di alcune problematiche sui rifiuti.

La tesina seguirà il seguente iter logico:

1.   Panoramica generale sulla situazione dei rifiuti in Italia (citazioni degli ultimi rapporti ISPRA in merito a differenziata ed indifferenziata concentrandoci

sugli RSU);

2.   Possibili soluzioni a confronto (Pro e contro di ogni soluzione);

3.   Soluzione prescelta per la Provincia di Crotone (illustrazione e descrizione del sistema)

4.   Conclusioni.

 

Partiamo con la descrizione generale della situazione italiana. 

1.0        La situazione italiana del trattamento dei rifiuti solidi urbani (RSU)

Non vi è dubbio che la situazione italiana in merito alla gestione dei rifiuti sia una delle più catastrofiche a livello mondiale, se tale viene ad essere paragonata

a quella dei paesi in via di sviluppo (ma noi non siamo un paese in via di sviluppo ma, forse in via di “involuzione”) e se paragonata a quella innovativa di

molti paese industrializzati. Ci si riferisce in particolar modo non solo alla “terra dei fuochi” campana, che negli ultimi anni ha dominato la scena dei media

ma, anche alla situazione di tante altre regioni italiane di cui si parla poco, tipo la Sicilia, la Calabria ed il Lazio. Non vi è dubbio che la situazione della

gestione e smaltimento degli RSU sia complicata e governata (purtroppo) da alcune organizzazioni malavitose che purtroppo non lasciano scampo

all’ambiente a discapito del tornaconto personale. Tuttavia, è da sottolineare che tale malagestione e malaffare nasce soprattutto dalla connivenza ormai

accettata e consolidata tra mafie (o ecomafie come definite dai media) e amministrazioni di ogni ordine e grado consapevoli e, soprattutto, intrecciate

all’interno dell’affare rifiuti. Tale situazione, ovviamente, non è accettabile in un paese civile ed industrializzato come l’Italia.

Mentre i nostri nonni hanno lottato e sono morti per rendere tale paese libero e democratico e per renderlo un paese avanzato e competitivo sotto tutti

i fronti, i nostri padri lo hanno portato durante gli ultimi 40 anni sull’orlo di un baratro che tutti citano, tutti denunciano ma, che nessuno vede! Già, proprio

i nostri padri, che avrebbero dovuto avere cura dei figli e pensare al loro futuro, negli ultimi 40 anni, soprattutto in materia ambientale, hanno pensato al

solo tornaconto economico senza comprendere che il luogo in cui si vive non è nostro ma, delle generazioni future. E ci si trova pertanto a lottare, ai

giorni nostri, con difficili recuperi ambientali che non recupereranno mai il danno ambientale ormai attuato.  

Tracciamo adesso la situazione attuale, sia a livello nazionale, regionale che provinciale nella produzione e gestione dei rifiuti solidi urbani e della differenziata.

Partiamo dai dati nazionali per poi passare a quelli regionali ed infine a quelli provinciali, utilizzando quale fonte per gli stessi dati il Rapporto sui Rifiuti

redatto dall’ISPRA nel 2013.

L’andamento della produzione dei rifiuti urbani appare, in generale, coerente con il trend degli indicatori socio-economici, quali prodotto interno lordo e

consumi delle famiglie, sebbene l’inclusione del dato 2011 nella serie storica comporti una riduzione dei valori dei coefficienti di correlazione lineare

ottenuti confrontando i diversi indicatori, soprattutto per quanto riguarda la relazione tra produzione dei rifiuti e consumi delle famiglie. Più in particolare,

il grafico 2.1 sotto riportato (Fonte: Rapporto ISPRA rifiuti 2013), che prende in considerazione i dati relativi al periodo 2000-2012, mostra, per quanto

riguarda la produzione dei rifiuti urbani e i consumi delle famiglie a valori concatenati (anno di riferimento 2005), una discreta correlazione con una

regressione di tipo lineare (valore di R2 pari a 0,8508). Nel caso del PIL, il valore di R2, prendendo in considerazione i dati dell’indicatore socio

economico a valori concatenati (anno 2005), risulta pari a 0,6425. Escludendo dalla serie storica il dato relativo al 2011 (Grafico 2.2) si riscontra,

nel caso dei consumi delle famiglie, un miglioramento nel valore di R2, che risulta pari a 0,9015 (nel caso del PIL il valore è di 0,6432). Il dato 2011,

come rilevabile dall’analisi di Grafico 2.4, sembrerebbe dunque rappresentare un’eccezione, in quanto si assiste a una riduzione della produzione dei

rifiuti a fronte di una leggera crescita sia del prodotto interno lordo (+0,4%) che dei consumi delle famiglie (+0,2%). 

 

 

L’analisi dei dati di produzione dei rifiuti urbani a livello di macroarea geografica mostra, tra il 2010 e il 2011, un calo percentuale pari al 4,2% per il

Centro e al 3,1% sia per il Nord che per il Sud (Figura 2.6). In valore assoluto il quantitativo di RU prodotti nel 2011 è pari a oltre 14,3 milioni di

tonnellate al Nord, 7 milioni di tonnellate al Centro e 10 milioni di tonnellate al Sud. Per il Nord, i dati preliminari 2012 fanno registrare un calo di

produzione pari al 4,6% rispetto al 2011 e al 7,6% rispetto al 2010 (-1,1 milioni di tonnellate). Nel sud Italia il calo percentuale, nell’ultimo anno, si

attesta al 4,8%, mentre la riduzione tra il 2010 e il 2012 è pari al 7,8% (-810 mila tonnellate). Anche le regioni centrali fanno registrare una contrazione,

tra il 2011 e il 2012, del 3,9%; il calo percentuale rispetto al 2010 è, invece, pari al 7,9% (-580 mila tonnellate).

 

In valore assoluto, il dato 2012 di produzione dei rifiuti urbani si attesta a 13,7 milioni di tonnellate nel Nord, a 6,7 milioni di tonnellate nel Centro e a

9,5 milioni di tonnellate nel Mezzogiorno.  Relativamente alla produzione pro capite si osserva, tra il 2010 e il 2011, una riduzione a livello nazionale di

8 kg per abitante per anno, corrispondente a un calo percentuale dell’1,5%. La riduzione del quantitativo pro capite sembrerebbe decisamente più

contenuta rispetto a quella fatta rilevare dal dato di produzione assoluta. In realtà, sul valore pro capite incide in maniera rilevante l’andamento

del dato di popolazione, che fa rilevare, tra il 2010 e il 2011, un calo della popolazione residente di quasi 1,2 milioni di unità.

 

1.1Raccolta differenziata dei rifiuti urbani

Il d.lgs. n. 152/2006 e la legge 27 dicembre 2006, n. 296 e ss.mm.ii., individuano i seguenti obiettivi di raccolta differenziata:

-      almeno il 35% entro il 31 dicembre 2006; 

-      almeno il 40% entro il 31 dicembre 2007; 

-      almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008;

-      almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009;

-      almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011;

-      almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012.

 

Va, inoltre, evidenziato che la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, recepita nell’ordinamento nazionale dal d.lgs. n. 205/2010, affianca, agli

obiettivi di raccolta previsti dalla normativa italiana, target di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio per specifici flussi di rifiuti quali i rifiuti urbani e i

rifiuti da attività di costruzione e demolizione.  Nel caso dei primi, in particolare, la direttiva quadro prevede (articolo 11, punto 2, lettera a) che,

entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici,

e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, siano aumentatati complessivamente almeno al 50 %

in termini di peso. Per promuovere il riciclaggio di alta qualità (articolo 11, punto 1) gli Stati membri “istituiscono la raccolta differenziata dei rifiuti, ove

essa sia fattibile sul piano tecnico, ambientale ed economico e al fine di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti.

Entro il 2015 la raccolta differenziata sarà istituita almeno per i seguenti rifiuti: carta, metalli, plastica e vetro”. La direttiva 2008/98/CE, pur non

prevedendo target di raccolta differenziata richiede, dunque, che si proceda all’attivazione della stessa e che siano conseguiti

obiettivi di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio almeno per le quattro frazioni sopra indicate (carta, metalli, plastica e vetro).

Le modalità ed i criteri di calcolo degli obiettivi sono individuati dalla decisione 2011/753/CE. Ciascuno Stato membro dovrà comunicare alla

Commissione Europea la metodologia scelta e rendicontare il raggiungimento degli obiettivi. Il quantitativo di rifiuti urbani raccolto in

maniera differenziata raggiunge, nell’anno 2011, una percentuale pari al 37,7% circa della produzione nazionale, attestandosi a oltre 11,8 milioni

di tonnellate (Figura 2.8). Rispetto al 2010, anno in cui tale percentuale si collocava al 35,3% circa, si osserva un’ulteriore crescita che non consente,

tuttavia, di conseguire gli obiettivi fissati dalla normativa per il 2009 (50%) e il 2011 (60%). In valore assoluto, la crescita (+395 mila tonnellate tra il

2010 e il 2011) appare, peraltro, più contenuta rispetto a quelle riscontrate negli anni precedenti (+676 mila tonnellate tra il 2009 e il 2010, +844 mila

tra il 2008 e il 2009). Un considerevole contributo all’incremento della percentuale di RD, osservato tra il 2010 e il 2011, è peraltro

dovuto al forte calo del dato di produzione totale dei rifiuti urbani. Anche i dati preliminari 2012 indicano un ulteriore rallentamento nella

crescita della raccolta differenziata in termini di quantitativi complessivamente intercettati (+117 mila tonnellate su scala nazionale, rispetto al 2011).

In particolare, a fronte di un incremento dei quantitativi intercettati nelle regioni del Centro e del Sud (+ 96 mila e + 146 mila tonnellate, rispettivamente)

si osserva una contrazione del totale raccolto nel Nord (-125 mila tonnellate). In quest’ultima macroarea geografica, la percentuale di raccolta differenziata

si attesta al 52,6%, al Centro al 32,9%, mentre per il Sud il tasso si colloca al 26,7%. Su scala nazionale la percentuale è pari al 39,9%. In valore

assoluto la raccolta differenziata delle regioni settentrionali si attesta, nel 2012, a circa 7,2 milioni di tonnellate, quella del Centro a 2,2 milioni di

tonnellate e quella del Sud a oltre 2,5 milioni di tonnellate, con un valore complessivo, riferito all’intero territorio italiano, di poco inferiore a 12 milioni

di tonnellate. 

In merito alla raccolta pro capite si rileva una media nazionale pari, nell’anno 2011, a 199 kg per abitante per anno, con valori di circa 269 kg/abitante

per anno nel Nord, 183 kg/abitante per anno nel Centro e 116 kg/abitante per anno nel Sud. Analogamente a quanto osservato per la produzione,

l’andamento del valore pro capite di raccolta differenziata è chiaramente influenzato dal calo registrato, tra il 2010 e il 2011, del dato di popolazione

residente. Nel 2012 la raccolta differenziata pro capite si attesta, su scala nazionale, a 201 kg per abitante per anno. Nelle regioni del Nord si

registra un valore pari a 265 kg per abitante per anno (-4 kg per abitante per anno rispetto al 2011), in quelle centrali a 191 kg per abitante per

anno (+8 kg per abitante per anno) e in quelle del Mezzogiorno un valore di 123 kg per abitante per anno (+7 kg per abitante per anno).

 

1.2Produzione e raccolta differenziata dei rifiuti a livello regionale e provinciale

La produzione dei rifiuti urbani coerentemente con il dato rilevato su scala nazionale e per macroarea geografica, si osserva, tra il 2010 e il 2011

(Tabelle 2.9), una diminuzione generalizzata della produzione regionale dei rifiuti urbani, fatta eccezione per il Trentino Alto Adige e il Molise per

le quali si riscontra una crescita pari, rispettivamente, al 2,5% e allo 0,5%. Il calo di produzione risulta superiore al 5% in 4 regioni (Umbria, -6,3%,

Friuli Venezia Giulia, -5,7%, Toscana, -5,6% e Campania,-5,3%). Per Calabria, Veneto e Piemonte la contrazione percentuale supera il 4%,

per la Sardegna, il Lazio e la Liguria il 3%, mentre per l’Emilia Romagna si rileva un calo del 2,7%. Analizzando i dati 2012, si rileva, invece,

un calo di produzione rispetto al 2011 per tutte le regioni, compreso tra il 2,6% delle Marche e il 6,1% di Piemonte, Sicilia e Sardegna.

Mentre a livello di produzione pro-capite dei rifiuti, riportiamo il grafico suddiviso per Regioni, in cui si nota come in Calabria la produzione

pro-capite di rifiuti si attesti tra i 400 ed i 500 kg/anno/ab.

Per quanto riguarda l’informazione su scala provinciale sono stati presi in considerazione i dati di produzione pro capite, al fine rendere possibile

un confronto tra contesti territoriali caratterizzati da differenti livelli di popolazione residente.  In particolare, si è proceduto alla ripartizione delle

110 province in classi di produzione pro capite, con lo scopo di valutare l’incidenza percentuale di ciascuna classe.  Tale analisi evidenzia che il

33,6% delle province (per un numero pari a 37) si attesta, nel 2011, a valori di produzione pro capite compresi tra 500 e 600 kg per abitante per anno,

mentre una percentuale pari al 22,7% (25 province) si colloca tra 450 e 500 kg abitante per anno. Nella fascia con la maggiore produzione pro capite

di rifiuti urbani (>700 kg per abitante per anno) ricade il 7,3% delle province (8) mentre nelle fasce più basse, tra 400 e 450 kg per abitante per anno,

e al di sotto di 400 kg per abitante per anno, il 15,5% e il 6,4% rispettivamente (complessivamente 24 province).  I dati 2012 mostrano, coerentemente

con gli andamenti osservati per macroarea geografica e su scala nazionale, una contrazione del numero di province con maggiori valori di produzione

pro capite e un aumento di quelle rientranti nelle fasce più basse. Il numero di province con produzione inferiore a 450 kg per abitante per anno è,

infatti, pari a 33, di cui 12 al di sotto di 400 kg per abitante per anno.

 

Nel 2011, le regioni Veneto e Trentino Alto Adige superano il 60% di raccolta differenziata attestandosi, rispettivamente al 61,2% e 60,5%.

Rispetto al 2010, la percentuale di raccolta del Veneto cresce di 2,5 punti (valore ottenuto come differenza tra le percentuali di raccolta riferite ai due anni),

mentre per il Trentino Alto Adige l’incremento è di 2,6 punti (Tabelle 2.10-2.11). Superano la soglia del 50% il Friuli Venezia (53,1%),

 il Piemonte (51,4%) e l’Emilia Romagna (50,1%) e prossima a tale valore risulta la Lombardia (49,9%).  Al di sopra del 45% si attesta la

Sardegna (47,1%) e a più del 40% le Marche (43,9%) e la Valle d’Aosta (41,9%). Al sud Italia, oltre a quanto già rilevato per la regione Sardegna,

un’ulteriore crescita si registra per la Campania, la cui percentuale di raccolta differenziata è pari, nel 2011, al 37,8% circa (32,7% nel 2010),

con tassi del 56,6% per la provincia di Salerno, del 54,3% per quella di Benevento e del 49,4% per quella di Avellino. Anche Napoli e Caserta

fanno comunque registrare ulteriori progressi, attestandosi entrambe ad una percentuale prossima al 32%. Nel 2011, il Lazio raggiunge un

tasso pari al 20,1%, mentre la Basilicata, la Puglia e il Molise fanno registrare, rispettivamente, il 18%, il 16,5% e il 16,3%. Di poco superiori

al 10% risultano, infine, i tassi di raccolta della regione Calabria (12,6%) e Sicilia 11,2%. Quest’ultima supera per la prima volta la percentuale

del 10%. 

Come si può ben notare nella tabella sotto, la Calabria risulta essere una delle ultime Regioni di Italia (superata tristemente solo dalla Sicilia)

in merito al valore di raccolta differenziata. Nel 2012 il valore di raccolta si attesta sul 13.8% (sul totale dei rifiuti) con un trend negli ultimi 5 anni

che è cresciuto solo del 4.7%. Seppur i dati del 2012 sono solo dati provvisori, anche se non confermati (lo scarto rispetto al dato riportato

sarebbe dell’ordine di decimali percentuali), metterebbero in evidenza il ritardo della nostra Regione in merito agli obiettivi di raccolta differenziata,

come testimoniato nel grafico 2.18 in cui si evidenzia lo stato raggiunto ed il target da raggiungere.

Nell’anno 2011 tutte le regioni del Nord, fatta eccezione per la Liguria, si attestano al di sopra della media nazionale di raccolta pro capite

(199 kg/abitante per anno, Figura 2.21, Tabella 2.12). Superano la media nazionale anche la Toscana (246 kg/abitante per anno circa),

le Marche (234 kg/abitante per anno) la Sardegna (228 kg/abitante per anno) e l’Umbria (211 kg/abitante per anno).  Tale situazione è

confermata dai dati 2012. In questo anno, le crescite più rilevanti si osservano per le Marche (264 kg per abitante per anno di raccolta) e

l’Umbria (232 kg per abitante per anno). Per alcune regioni si rilevano, invece, leggeri cali del pro capite (Emilia Romagna, Veneto, Piemonte,

Lombardia, Toscana e Sardegna).

 

Si nota come in tutti i dati riportati dal Rapporto sui Rifiuti redatto dall’ISPRA, la Calabria sia sempre tra la penultima ovvero ultima posizione in

merito alla gestione della raccolta differenziata con dati che sono per certi versi allarmanti se paragonati a quelli di alcune regioni del Nord Italia.

Passiamo ora all’esame dei dati inerenti le Provincie.

Per l’analisi dei dati provinciali si è proceduto all’individuazione di 6 classi di raccolta differenziata e alla determinazione del numero di province

rientranti in ciascuna classe. Tale analisi è stata condotta anche per i dati preliminari 2012. Tra il 2010 e il 2011 si può rilevare una crescita del

numero di province caratterizzate da un tasso di raccolta differenziata superiore al 60% (da 8 a 14) e un calo di quelle con valori inferiori al 20%

(da 30 a 23). Nel complesso, circa un terzo delle province si colloca nel 2011 al di sopra del 50% di raccolta, un terzo tra il 30% e il 50% e il

restante terzo al di sotto del 30%.  I dati 2012 mostrano un ulteriore aumento, da 14 a 19, del numero di province con percentuali di raccolta

differenziata superiori al 60%, mentre il numero di province con tassi inferiori al 20% diminuisce di un’unità.

 

Si evidenzia subito come la percentuale di raccolta differenziata della provincia di Crotone sia la più bassa dell’intera Regione, dato di sicuro

non incoraggiante e confortante.

Riassumendo i dati ricavati dal rapporto ISPRA 2013, partendo dal livello Regionale e fino a quello provinciale e riferendoci ai soli dati certi e

 consolidati (anno 2011), lo scenario che se ne dipinge è il seguente:

Regione Calabria:

1.   Popolazione totale ISTAT 2011: 1.959.050 abitanti;

2.   Produzione RU totale: 898.196,13 ton/anno;

3.   Rifiuti indifferenziati: 784.544,63 ton/anno (87.35%);

4.   Rifiuti differenziati: 113.195,68 ton/anno (12.60%);

5.   Produzione totale Pro-capite: 458,49 kg/ab/anno;

6.   Indifferenziato Pro-Capite: 400,47 kg/ab/anno;

7.   Differenziato Pro-Capite: 57,78 kg/ab/anno;

 

Per quanto concerne invece i dati salienti della Provincia di Crotone:

1.   Popolazioni ISTAT al 2011: 170.803 abitanti;

2.   Produzione totale RU: 85.715,70 ton/anno (235 ton/gg);

3.   Rifiuti indifferenziati: 75.711,11 ton/anno (88,33%);

4.   Rifiuti differenziati: 10.004,59 ton/anno (11,67%);

5.   Produzione totale Pro-capite: 501,84 kg/ab/anno;

6.   Indifferenziato Pro-Capite: 443,27 kg/ab/anno;

7.   Differenziato Pro-Capite: 58,57 kg/ab/anno;

 

Come si può ben notare lo scenario della differenziazione dei rifiuti è quanto mai tragico considerando che la quasi totalità della produzione di rifiuti

provinciali (88,33%) viene ad essere trattata e gestita come rifiuto indifferenziato e come tale, trattato come “tal quale” e conferito in discarica.

In ultima analisi si riporta la tabella riepilogativa di come sia la composizione del rifiuto differenziato della Provincia di Crotone:

 

Alla luce di quanto appena affermato e dello scenario “tragico” appena tracciato, si riporta sotto il panorama legislativo che governa il tema dei

rifiuti in Italia ed in particolar modo quello Calabrese che servirà per inquadrare la successiva valutazione dell’impianto proposto.

Il quadro legislativo di riferimento è essenzialmente:

1. Direttiva 2008/98/CE, a livello comunitario;

2. Legge 152/06 e ss.mm.ii ovvero Testo Unico Ambientale, a livello nazionale;

3. Piano Regionale Gestione Rifiuti (2007), Linee Guida Gestione Rifiuti (2013);

4. Piano Provinciale dei Gestione dei Rifiuti.

5. Aggiornamento del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (2013);

 

2.0       Possibili soluzioni a confronto

Le soluzioni oggi disponibili per la tematica della gestione dei Rifiuti Solidi Urbani sono tante e tutte sicuramente valide dal punto di vista ambientale.

Ovviamente ogni azione dell’uomo causa, volontariamente o involontariamente, una ripercussione sull’ambiente e pertanto, a dire dello scrivente,

è importante capire quale soluzione si possa adottare al contesto di riferimento che minimizzi tale impatto.

Le soluzioni adottabili per la risoluzione della problematica dei rifiuti solidi urbani sono quelle dettate dalla normativa comunitaria, cioè un elenco di

priorità nel trattamento:

1. Prevenzione

2. Riutilizzo

3. Riciclaggio

4. Recupero

5. Smaltimento.

Come si può notare dall’elenco delle priorità sopra riportate, le azioni predominanti per la Comunità Europea e per la Normativa Italiana sono la

Prevenzione ed il Riutilizzo. Due dogmi che sono essenzialmente legati però ad un carattere culturale. Di fatti la prevenzione risiede in un

cambiamento industriale dei sistemi di packaging dei prodotti, i quali dovrebbero essere sempre più orientati verso materiale biodegradabile

ovvero verso materiale Riutilizzabile. La seconda, invece, è di carattere prettamente culturale, in quanto si dovrebbe puntare ad una modifica

delle abitudini delle popolazioni, puntando verso il riutilizzo di molti prodotti (per esempio il riutilizzo di un contenitore creato per un fine e che

può trovare vita utile anche dopo l’utilizzo per cui è stato creato). Pertanto, come detto sopra, le prime due azioni sono essenzialmente legate

ad un carattere fortemente culturale e di abitudini. Su tali azioni, sempre e comunque perseguibili, vale molto l’impegno delle Amministrazioni

Pubbliche che si dovrebbero fare carico della “promozione” di cambio culturale.

L’azione successiva quale priorità prevista dalla normativa vigente è il Riciclo. Questo, da non confondere assolutamente con il Recupero,

rappresenta forse la forma di trattamento dei rifiuti più utile e vantaggiosa oltre che quella più contestata e meno applicata. Il riciclo di un

prodotto è essenzialmente legato alla possibilità che lo stesso prodotto a fine vita utile possa essere riutilizzato, mediante nuovo processo

industriale, per realizzare altri prodotti. Basti pensare alle lattine di alluminio che possono facilmente essere fuse pressoché all’infinito per

creare nuove lattine, con risparmio energetico in termini di lavorazione del prodotto iniziale, veramente enormi (essendo il prodotto di riciclo già

lavorato). Il riciclo dei prodotti tuttavia può essere attuato se e solo se i prodotti vengono raggruppati per tipologia (cioè, carta, cartone, alluminio,

ferro, plastica, etc.) in pratica se vengono resi omogenei per tipologia di materiale con cui sono realizzati. Le strade da seguire sono essenzialmente due:

1. Differenziazione dei materiali a monte: il che equivale a dire realizzazione di cambiamento culturale da parte della popolazione, organizzativo e

gestionale delle amministrazioni, economico da parte di entrambi gli attori;

2. Differenziazione dei materiali a valle: nessun cambiamento rispetto allo stato di fatto della mentalità dei cittadini, nessun cambiamento

organizzativo e gestionale delle amministrazioni, nessun impatto economico per gli attori partecipanti.

La differenziazione a valle dei rifiuti è già attuata in molte nazioni extra europee, dove si impone la sola separazione del rifiuto umido da quello

multi-materiale (asciutto). Tale tipologia di differenziata, garantisce il trattamento dell’umido per la realizzazione di compost e Biogas ed il

trattamento del multimateriale (che viene gestito mediante impianti meccanici di separazione) per la separazione dei vari tipi di materiale per il riciclo.

In Italia, purtroppo, nonostante le campagne che ormai da decenni si stanno attuando sulla differenziata, sono veramente pochi i comuni che

sono riusciti ad organizzarsi (con impegno economico tante volte anche molto elevato) per la raccolta differenziata. Di fatti questa può attuarsi

mediante contenitori specifici dove il cittadino può conferire i rifiuti differenziati poi raccolti dall’amministrazione, oppure mediante il cosiddetto “porta a porta”.

Mentre la prima inesorabilmente tende a fallire per due motivazioni:

1. L’amministrazione, o chi per essa, tante volte raccoglie i rifiuti differenziati e poi le “mischia” in fase di raccolta, pertanto annulla la volontà e

l’azione del cittadino di differenziare;

2. Perché tanti cittadini scaricano rifiuti diversi rispetto a quelli che il cassonetto apposito può accettare, annullando di fatti la differenziata.

La seconda invece presenta carattere economico non sempre affrontabile dalle amministrazioni in quanto si tratta di un cambiamento radicale

sia nella forma di raccolta da parte della stessa amministrazione, sia nella forma di raccolta del rifiuto da parte del cittadino (che deve attuare la

separazione fisica in diversi contenitori di piccola grandezza). Come al solito uno dei due attori può venir meno al proprio dovere e pertanto annullare

tutti gli sforzi economici e fisici attuati per la differenziata. Testimonianza ne è che se ne parla da decenni ma, non sì è ancora raggiunti livelli tali da

poter dire che il cambiamento è in atto.

L’altra priorità imposta dalla normativa (dopo le prime tre descritte sopra) è il Recupero. Per recupero la normativa intende la possibilità di utilizzare il

rifiuto concedendogli una seconda vita ma, non con lo stesso fine per cui è stato creato. Pertanto una bottiglia di plastica ovvero una lattina di alluminio,

non saranno più (come nella differenziata) una futura bottiglia di plastica ovvero un altro oggetto del medesimo materiale dopo un processo industriale di

trasformazione ma, diventeranno prevalentemente combustibili da portare a valorizzazione energetica. È il caso di quanto previsto dalla Regione Calabria,

che spinge sulla raccolta differenziata ma che, in realtà, punta solo alla valorizzazione del rifiuto in termini energetici. Di fatti nelle Linee Guida 2013,

la stessa prevede un riammodernamento e la realizzazione di nuovi impianti per far sì (prendendo come esame la provincia di Crotone):

1. Che il rifiuto sia differenziato a monte dalle amministrazioni comunali, almeno nella parte di umido e multimateriale.

2. L’umido verrebbe utilizzato per la produzione di compost;

3. Il multimateriale, previa separazione della parte ferrosa, servirebbe per creare CDR (combustibile solido composto da plastiche, tessuti, e tutto ciò

che nei rifiuti non è metallo!!!).

4.  Il CDR così prodotto andrebbe termovalorizzato per la produzione di energia elettrica.

Si comprende facilmente come il piano imposto dalla Regione sia quanto meno anacronistico per alcune motivazioni:

1. Punta ad una differenziazione dei rifiuti “leggera” (umido-multimateriale);

2. Si pone quale obiettivo il recupero (cioè nella scala delle priorità, quello che sta al penultimo posto);

3. Punta a termovalorizzare il multimateriale, che di per se costituisce inquinamento e produce scorie (altamente inquinanti) che vanno comunque

portate in discariche appropriate.

 

Alla luce di quanto esposto, il mondo industrializzato si muove sempre più verso sistemi di trattamento meccanizzati dei rifiuti che da una parte

limitano l’intervento dei cittadini e dall’altro abbattono i costi di differenziazione (rapportati a quelli di una raccolta porta a porta che risulta essere

quella più “expensive” e più inquinante dato l’alto numero di mezzi in circolazione per il ritiro dei materiali).

I sistemi attualmente utilizzati si basano essenzialmente su una semplice differenziazione a monte dell’umido dal multimateriale, basta prendere

come esempio gli Stati Uniti che utilizzano dei trituratori dell’umido installati sotto il lavandino, separando pertanto il solo umido dal resto dei materiali.

L’umido viene utilizzato insieme agli sfalci di potatura e di taglio dell’erba, per la produzione di compost e biogas mentre il multimateriale è trasportato

presso appositi impianti per la separazione meccanica e, pertanto, per la differenziazione.

A dire dello scrivente tale tipologia di soluzione risulta essere la migliore in quanto:

1.   Non obbliga i cittadini ad un grosso cambio culturale in quanto si tratta della sola separazione della frazione umida dalla fazione secca.

2.   Non obbliga i cittadini ad avere 5 o più contenitori dei rifiuti in casa;

3.   Non obbliga l’amministrazione ad un grosso cambiamento gestionale in termini di raccolta del rifiuto con il vantaggio che la maggior frequenza da

destinare all’umido sarebbe giustificata da una minore frequenza di ritiro del multimateriale (che non presentando umido all’interno non causerebbe i

problemi di cattivi odori tipici di tale tipologia id rifiuti).

4.   Si ridurrebbero notevolmente i costi di conferimento in quanto la separazione del mutlimateriale porta le imprese o le amministrazioni che lo

gestiscono ad un guadagno dalla vendita dei materiali da riciclo (a tutto vantaggio dei cittadini che potrebbero avere uno sgravio in bolletta);

5.   Si produce compost di alta qualità derivante da frazione organica dei rifiuti utilizzabile al posto degli attuali concimi chimici, quindi con il doppio

beneficio di non aver nulla da conferire in discarica e soprattutto con il beneficio di fertilizzare con materiale organico e non chimico che comunque

vada inquina le falde ed i terreni.

6.   Si abbatte del 100% il conferimento in discarica di tutti i materiali riciclabili con beneficio dell’ambiente in termini di inquinamento doppiamente

riconosciuti. Infatti da una parte non si seppelliscono materiali che la natura impiega anche 100 a degradare, non si inquinano i terreni e le falde, e dall’altra,

come noto, produrre un oggetto da un materiale riciclato richiede meno energia che produrlo da una materia prima grezza, quindi minor consumo di

energia a tutto vantaggio dei cambiamenti climatici.

7.   La produzione di biogas derivante dal processo di compostizzazione, è utile per alimentare parte della cittadinanza a prezzi agevolati ovvero per

far funzionare dei cogeneratori in grado di fornire contemporaneamente energia elettrica e termica, con vantaggio sia per la popolazione che per l’ambiente.

Alla luce di quanto esposto sopra, si comprende facilmente come le soluzioni di gestione e trattamento dei rifiuti presenti attualmente sul mercato,

siano soluzioni a basso impatto ambientale (quella sopra discussa presenterebbe il solo impatto di emissioni di gas da combustione di biogas ma,

 tali ridurrebbero nel complesso le emissioni per produzione di energia elettrica da fonte fossile ovvero la produzione locale di calore che potrebbe

essere fornita dal sistema proposto) e che tali soluzioni sono già collaudate da anni in alcune nazioni, pertanto non stiamo parlando di nulla di

innovativo ovvero di “marziano”.

Si tratta pertanto di una precisa volontà di cambiamento che deve essere adottata dalle sole amministrazioni pubbliche le quali, dovrebbero

comprendere gli enormi vantaggi in termini ambientali ed economici che ne possono derivare da una semplice decisione di cambiamento

(seppur minimo) nella gestione dei rifiuti.        

3.0       Soluzione prescelta per la Provincia di Crotone

Allo stato attuale delle cose, basandoci su quanto sopra riportato, lo scrivente, in qualità di progettista incaricato da una società privata,

ha redatto un progetto, attualmente in via di autorizzazione, di trattamento degli RSU per la Provincia di Crotone. Dopo una lunga ricerca in

termini di brevetti la soluzione ottimale, a parere dello scrivente, è quella fornita dalla tecnologia Arrow Bio, società israeliana attiva nel campo

del trattamento delle acque e dei rifiuti. Tale tecnologia la si ritiene la migliore per le seguenti motivazioni:

1.   Il sistema presenta un brevetto di trattamento degli RSU indifferenziati (pertanto è in grado di trattare gli RSU completamente indifferenziati,

senza necessità di separazione a monte);

2.   Tale soluzione garantisce un immediato insediamento dell’impianto nei territori, senza necessità di organizzazione a monte delle amministrazioni

che continuerebbero a conferire indifferenziato, per poi procedere negli anni successivi ad affrontare il cambiamento culturale di separazione della frazione

umida dalla frazione secca;

3.   Pertanto in prima battuta le amministrazioni avrebbero garantita una differenziazione meccanica a valle pari al 75-80% fino al conseguimento della

separazione di umido da frazione secca che porterebbe la differenziazione a livelli intorno al 90-95%.

4.   Ciò si traduce in un immediato raggiungimento degli obiettivi imposti dalla legge comunitaria, (65% differenziata) e soprattutto la riduzione del 93%

dei rifiuti da conferire in discarica (notevole beneficio per l’ambiente).

L’impianto progettato ricade in una zona agricola del Comune di Isola di Capo Rizzuto, alle porte della Città di Crotone, e lo stesso si caratterizza

per l’utilizzo della tecnologia brevettata Arrow Bio. Il processo ArrowBio è una soluzione integrata di gestione e smaltimento degli RSU che riceve in

ingresso i rifiuti solidi urbani (sia pre-differenziati che non), eliminando la dipendenza da una raccolta differenziata a monte ovvero da una classificazione

a monte del “misto” (tal quale), e concentrandosi soprattutto sul flusso organico umido, che è il problema più grande che presentano i rifiuti.

La fase preliminare di preparazione e separazione del rifiuto secco si basa sul principio che la maggior parte dei materiali organici biodegradabili

sono di piccole dimensioni, quindi possono essere separati con i liquidi presenti nel rifiuto da un vaglio rotante. Gli elementi di dimensioni maggiori

ovviamente passeranno attraverso il vaglio, e tali elementi sono essenzialmente cartone, carta e plastica e oggetti di metallo (di grosse dimensioni,

quelle di piccole dimensioni vengono separati in una seconda fase), che possono essere separati sia meccanicamente che manualmente, essendo

in questa fase il processo legato più alle dimensioni che al peso dei materiali. Il materiale biodegradabile entra nei sistemi di filtraggio. Qui, gli elementi

contaminanti residui vengono filtrati, e la ghiaia, sabbia, vetri rotti e piccoli elementi metallici, vengono separati utilizzando una vasca di decantazione a

griglie. La restante parte umida, ricca di energia, viene inviata alla sezione biologica.

Il processo utilizza l'acqua come mezzo di trasporto per convogliare la frazione organica degli RSU nella digestione anaerobica. I reattori producono

biogas e fanghi, mentre gli effluenti sono riciclati nel sistema.

Il riciclo dell'acqua migliora la conservazione della stessa acqua ed elimina la necessità di scarico delle acque ad alta velocità. Tuttavia, alcuni effluenti

vanno scaricati dal sistema a causa del contenuto di acqua degli RSU ( ~ 70 % ) e per la conservazione delle condizioni di regime in acqua e

l'eliminazione di elevate concentrazioni di solidi disciolti. Gli effluenti scaricati vengono trattati mediante un’unità di trattamento delle acque reflue

separata che provvede  ad aumentare la qualità degli effluenti per conformarsi alla normativa ambientale.

L’aspetto principale che caratterizza, pertanto, il “PROCESSO ARROW-BIO” è che si tratta di un processo integrato di gestione degli RSU in grado

di trattare sia il rifiuto indifferenziato che quello differenziato. L’aspetto peculiare risiede nella tipologia di trattamento dello stesso: idromeccanico.

Viene definito idromeccanico, e non semplicemente meccanico (TBM) in quanto il rifiuto indifferenziato subisce una prima fase di trattamento in

maniera classica (meccanico) ed una seconda fase di trattamento in maniera innovativo (in acqua). Ciò garantisce una altissima percentuale di

separazione che non è garantita dagli impianti classici. Di fatti gli impianti TBM classici lavorano il rifiuto a freddo per la separazione della frazione

organica dalla frazione riciclabile ma, con l’obiettivo di produrre CDR. Tale decisione deriva essenzialmente dall’impossibilità di separare

completamente il rifiuto organico da quello riciclabile. Il processo Arrow Bio invece, aggiunge un trattamento in acqua in grado di procedere, dopo

il trattamento meccanico ad una seconda separazione del rifiuto, ragionando solo ed esclusivamente sui pesi specifici dei materiali. Pertanto,

il risultato che se ne ottiene, è una elevata percentuale di materiale riciclabile separato per tipologia (carta, cartone, vetro, plastiche, film sottile,

metalli ferrosi, metalli non ferrosi) ed una frazione umida che viene indirizzata verso la digestione anaerobica. Alla fine della digestione il materiale

è ulteriormente filtrato per dare alla fine del processo un ammendante di elevate qualità e prodotti di risulta che vengono classificati come inerti.

Il risultato complessivo è che alla fine del processo da conferire in discarica si ha solo un 6% di inerti (utili per siti da bonificare e per copertura di

discariche per la normativa italiana ma che, a livello internazionale, è utilizzato come inerte da aggiungere agli stabilizzati stradali), come

desumibile dal bilancio di massa dell’impianto che verrà riportato di seguito.

Da sottolineare inoltre che l’impianto non è solo in grado di accettare rifiuti indifferenziati ma, mediante linea apposita di ingresso esso è in

grado di accettare anche rifiuti parzialmente differenziati (tipo solo organico, che viene inviato direttamente alla sezione in vasca ovvero solo

multimateriale che viene inviato alla sola fase di selezione). Se ipoteticamente si ragionasse sul solo conferimento di rifiuti differenziati

Organico + Multimateriale) allora l’impianto sarebbe in grado di offrire prestazioni nettamente superiori in quanto si raggiungerebbe il 100% di differenziazione.

Dalla descrizione del processo sopra riportata si comprende bene come il processo proposto risulta presentare un alto valore aggiunto

in quanto in grado di differenziare una molteplicità di materiale, di produrre prodotti di scarto che sono del tutto inerti e di abbattere quindi

il conferimento in peso in discarica degli RSU non differenziati.

4.0         Conclusioni

Non vi è dubbio che quanto discusso nelle pagine precedenti rappresenta uno dei problemi principali inerenti le tematiche ambientali in

quanto direttamente proporzionale all’intera popolazione mondiale. Come visto esistono varie soluzioni che potrebbero essere e che

attualmente sono adottate (pertanto collaudate) da diverse nazioni le quali, forse con più coscienza rispetto a tante altre, hanno affrontato il

problema e la tematica dei rifiuti. La materia ovviamente è talmente vasta che non bastano poche pagine per affrontare l’argomento ovvero per

cercare una soluzione. L’intenzione di tale documento è solo quello di fornire una panoramica generale della situazione italiana

(e calabrese in particolare) sicuramente poco precisa e poco esaustiva ma, con il sicuro intento di svegliare un po’ gli animi dei cittadini

in merito alla tematica rifiuti. Altresì si è proposto una soluzione, forse non la migliore ma, di sicuro una possibile soluzione a più basso

impatto ambientale rispetto all’attuale gestione. Si resta tuttavia in attesa delle decisioni della pubblica amministrazione che, come

al solito nel nostro paese governato dalla burocrazia e dalla corruzione legata alla burocrazia, arrivano solo quando vi sono eventi irreparabili.

                                                                                                                                                                         ing. Raffaele Mesoraca


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|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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