TESINA FINALE MASTER ON-LINE: “Gestione e Sicurezza Ambientale”.
Situazione RIFIUTI in Italia
di
ing. Raffaele
Mesoraca
Introduzione
L’argomento prescelto per lo svolgimento della tesina finale è quello
dei rifiuti. In primo luogo in quanto la cattiva gestione da
parte delle amministrazioni di
tale
problematica porta e sta portando a notevoli impatti ambientali, forse
anche irreversibili. In secondo luogo in quanto l’aumento demografico
mondiale
in
corso impone lo studio di nuovi sistemi e tecnologie in grado di gestire
e “recuperare” quanto dall’uomo attualmente “seppellito”. Infine in
quanto
argomento di interesse prioritario da parte dello scrivente che sta
portando avanti un progetto di impianto innovativo per il trattamento
dei rifiuti nella
Provincia di Crotone che si pone, se non come la soluzione, come un buon
compromesso alla risoluzione di alcune problematiche sui rifiuti.
La
tesina seguirà il seguente iter logico:
1.
Panoramica generale sulla situazione dei rifiuti in
Italia (citazioni degli ultimi rapporti ISPRA in merito a differenziata
ed indifferenziata concentrandoci
sugli RSU);
2.
Possibili soluzioni a confronto (Pro e contro di ogni
soluzione);
3.
Soluzione prescelta per la Provincia di Crotone
(illustrazione e descrizione del sistema)
4.
Conclusioni.
Partiamo con la descrizione generale della situazione italiana.
1.0
La situazione italiana del trattamento dei rifiuti
solidi urbani (RSU)
Non
vi è dubbio che la situazione italiana in merito alla gestione dei
rifiuti sia una delle più catastrofiche a livello mondiale, se tale
viene ad essere paragonata
a
quella dei paesi in via di sviluppo (ma noi non siamo un paese in via di
sviluppo ma, forse in via di “involuzione”) e se paragonata a quella
innovativa di
molti
paese industrializzati. Ci si riferisce in particolar modo non solo alla
“terra dei fuochi” campana, che negli ultimi anni ha dominato la scena
dei media
ma,
anche alla situazione di tante altre regioni italiane di cui si parla
poco, tipo la Sicilia, la Calabria ed il Lazio. Non vi è dubbio che la
situazione della
gestione e smaltimento degli RSU sia complicata e governata (purtroppo)
da alcune organizzazioni malavitose che purtroppo non lasciano scampo
all’ambiente a discapito del tornaconto personale. Tuttavia, è da
sottolineare che tale malagestione e malaffare nasce soprattutto dalla
connivenza ormai
accettata e consolidata tra mafie (o ecomafie come definite dai media) e
amministrazioni di ogni ordine e grado consapevoli e, soprattutto,
intrecciate
all’interno dell’affare rifiuti. Tale situazione, ovviamente, non è
accettabile in un paese civile ed industrializzato come l’Italia.
Mentre i nostri nonni hanno lottato e sono morti per rendere tale paese
libero e democratico e per renderlo un paese avanzato e competitivo
sotto tutti
i
fronti, i nostri padri lo hanno portato durante gli ultimi 40 anni
sull’orlo di un baratro che tutti citano, tutti denunciano ma, che
nessuno vede! Già, proprio
i
nostri padri, che avrebbero dovuto avere cura dei figli e pensare al
loro futuro, negli ultimi 40 anni, soprattutto in materia ambientale,
hanno pensato al
solo
tornaconto economico senza comprendere che il luogo in cui si vive non è
nostro ma, delle generazioni future. E ci si trova pertanto a lottare,
ai
giorni nostri, con difficili recuperi ambientali che non recupereranno
mai il danno ambientale ormai attuato.
Tracciamo
adesso la situazione attuale, sia a livello nazionale, regionale che
provinciale nella produzione e gestione dei rifiuti solidi urbani e
della differenziata.
Partiamo dai
dati nazionali per poi passare a quelli regionali ed infine a quelli
provinciali, utilizzando quale fonte per gli stessi dati il Rapporto sui
Rifiuti
redatto
dall’ISPRA nel 2013.
L’andamento
della produzione dei rifiuti urbani appare, in generale, coerente con il
trend degli indicatori socio-economici, quali prodotto interno lordo e
consumi
delle famiglie, sebbene l’inclusione del dato 2011 nella serie storica
comporti una riduzione dei valori dei coefficienti di correlazione
lineare
ottenuti
confrontando i diversi indicatori, soprattutto per quanto riguarda la
relazione tra produzione dei rifiuti e consumi delle famiglie. Più in
particolare,
il grafico
2.1 sotto riportato (Fonte: Rapporto ISPRA rifiuti 2013), che prende in
considerazione i dati relativi al periodo 2000-2012, mostra, per quanto
riguarda la
produzione dei rifiuti urbani e i consumi delle famiglie a valori
concatenati (anno di riferimento 2005), una discreta correlazione con
una
regressione
di tipo lineare (valore di R2 pari a 0,8508). Nel caso del PIL, il
valore di R2, prendendo in considerazione i dati dell’indicatore socio
economico a
valori concatenati (anno 2005), risulta pari a 0,6425. Escludendo dalla
serie storica il dato relativo al 2011 (Grafico 2.2) si riscontra,
nel caso dei
consumi delle famiglie, un miglioramento nel valore di R2, che risulta
pari a 0,9015 (nel caso del PIL il valore è di 0,6432). Il dato 2011,
come
rilevabile dall’analisi di Grafico 2.4, sembrerebbe dunque rappresentare
un’eccezione, in quanto si assiste a una riduzione della produzione dei
rifiuti a
fronte di una leggera crescita sia del prodotto interno lordo (+0,4%)
che dei consumi delle famiglie (+0,2%).
L’analisi
dei dati di produzione dei rifiuti urbani a livello di macroarea
geografica mostra, tra il 2010 e il 2011, un calo percentuale pari al
4,2% per il
Centro e al
3,1% sia per il Nord che per il Sud (Figura 2.6). In valore assoluto il
quantitativo di RU prodotti nel 2011 è pari a oltre 14,3 milioni di
tonnellate
al Nord, 7 milioni di tonnellate al Centro e 10 milioni di tonnellate al
Sud. Per il Nord, i dati preliminari 2012 fanno registrare un calo di
produzione
pari al 4,6% rispetto al 2011 e al 7,6% rispetto al 2010 (-1,1 milioni
di tonnellate). Nel sud Italia il calo percentuale, nell’ultimo anno, si
attesta al
4,8%, mentre la riduzione tra il 2010 e il 2012 è pari al 7,8% (-810
mila tonnellate). Anche le regioni centrali fanno registrare una
contrazione,
tra il 2011
e il 2012, del 3,9%; il calo percentuale rispetto al 2010 è, invece,
pari al 7,9% (-580 mila tonnellate).
In valore
assoluto, il dato 2012 di produzione dei rifiuti urbani si attesta a
13,7 milioni di tonnellate nel Nord, a 6,7 milioni di tonnellate nel
Centro e a
9,5 milioni
di tonnellate nel Mezzogiorno. Relativamente alla produzione pro capite
si osserva, tra il 2010 e il 2011, una riduzione a livello nazionale di
8 kg per
abitante per anno, corrispondente a un calo percentuale dell’1,5%. La
riduzione del quantitativo pro capite sembrerebbe decisamente più
contenuta
rispetto a quella fatta rilevare dal dato di produzione assoluta. In
realtà, sul valore pro capite incide in maniera rilevante l’andamento
del dato di
popolazione, che fa rilevare, tra il 2010 e il 2011, un calo della
popolazione residente di quasi 1,2 milioni di unità.
1.1Raccolta differenziata
dei rifiuti urbani
Il d.lgs. n.
152/2006 e la legge 27 dicembre 2006, n. 296 e ss.mm.ii., individuano i
seguenti obiettivi di raccolta differenziata:
-
almeno il 35% entro il 31 dicembre
2006;
-
almeno il 40% entro il 31 dicembre
2007;
-
almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008;
-
almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009;
-
almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011;
-
almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012.
Va, inoltre,
evidenziato che la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, recepita
nell’ordinamento nazionale dal d.lgs. n. 205/2010, affianca, agli
obiettivi di
raccolta previsti dalla normativa italiana, target di preparazione per
il riutilizzo e riciclaggio per specifici flussi di rifiuti quali i
rifiuti urbani e i
rifiuti da
attività di costruzione e demolizione. Nel caso dei primi, in
particolare, la direttiva quadro prevede (articolo 11, punto 2, lettera
a) che,
entro il
2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti
quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai
nuclei domestici,
e
possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di
rifiuti sono simili a quelli domestici, siano aumentatati
complessivamente almeno al 50 %
in termini
di peso. Per promuovere il riciclaggio di alta qualità (articolo 11,
punto 1) gli Stati membri “istituiscono la raccolta differenziata dei
rifiuti, ove
essa sia
fattibile sul piano tecnico, ambientale ed economico e al fine di
soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio
pertinenti.
Entro il
2015 la raccolta differenziata sarà istituita almeno per i seguenti
rifiuti: carta, metalli, plastica e vetro”. La direttiva 2008/98/CE,
pur non
prevedendo target di raccolta differenziata richiede, dunque, che si
proceda all’attivazione della stessa e che siano conseguiti
obiettivi
di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio almeno per le quattro
frazioni sopra indicate (carta, metalli, plastica e vetro).
Le modalità
ed i criteri di calcolo degli obiettivi sono individuati dalla decisione
2011/753/CE. Ciascuno Stato membro dovrà comunicare alla
Commissione
Europea la metodologia scelta e rendicontare il raggiungimento degli
obiettivi. Il quantitativo di rifiuti urbani raccolto in
maniera
differenziata raggiunge, nell’anno 2011, una percentuale pari al 37,7%
circa della produzione nazionale, attestandosi a oltre 11,8 milioni
di
tonnellate (Figura 2.8). Rispetto al 2010, anno in cui tale percentuale
si collocava al 35,3% circa, si osserva un’ulteriore crescita che non
consente,
tuttavia, di
conseguire gli obiettivi fissati dalla normativa per il 2009 (50%) e il
2011 (60%). In valore assoluto, la crescita (+395 mila tonnellate tra il
2010 e il
2011) appare, peraltro, più contenuta rispetto a quelle riscontrate
negli anni precedenti (+676 mila tonnellate tra il 2009 e il 2010, +844
mila
tra il 2008
e il 2009). Un considerevole contributo all’incremento della
percentuale di RD, osservato tra il 2010 e il 2011, è peraltro
dovuto al
forte calo del dato di produzione totale dei rifiuti urbani. Anche i
dati preliminari 2012 indicano un ulteriore rallentamento nella
crescita
della raccolta differenziata in termini di quantitativi complessivamente
intercettati (+117 mila tonnellate su scala nazionale, rispetto al
2011).
In
particolare, a fronte di un incremento dei quantitativi intercettati
nelle regioni del Centro e del Sud (+ 96 mila e + 146 mila tonnellate,
rispettivamente)
si osserva
una contrazione del totale raccolto nel Nord (-125 mila tonnellate). In
quest’ultima macroarea geografica, la percentuale di raccolta
differenziata
si attesta
al 52,6%, al Centro al 32,9%, mentre per il Sud il tasso si colloca al
26,7%. Su scala nazionale la percentuale è pari al 39,9%. In valore
assoluto la
raccolta differenziata delle regioni settentrionali si attesta, nel
2012, a circa 7,2 milioni di tonnellate, quella del Centro a 2,2 milioni
di
tonnellate e
quella del Sud a oltre 2,5 milioni di tonnellate, con un valore
complessivo, riferito all’intero territorio italiano, di poco inferiore
a 12 milioni
di
tonnellate.
In merito
alla raccolta pro capite si rileva una media nazionale pari, nell’anno
2011, a 199 kg per abitante per anno, con valori di circa 269
kg/abitante
per anno nel
Nord, 183 kg/abitante per anno nel Centro e 116 kg/abitante per anno nel
Sud. Analogamente a quanto osservato per la produzione,
l’andamento
del valore pro capite di raccolta differenziata è chiaramente
influenzato dal calo registrato, tra il 2010 e il 2011, del dato di
popolazione
residente.
Nel 2012 la raccolta differenziata pro capite si attesta, su scala
nazionale, a 201 kg per abitante per anno. Nelle regioni del Nord si
registra un
valore pari a 265 kg per abitante per anno (-4 kg per abitante per anno
rispetto al 2011), in quelle centrali a 191 kg per abitante per
anno (+8 kg
per abitante per anno) e in quelle del Mezzogiorno un valore di 123 kg
per abitante per anno (+7 kg per abitante per anno).
1.2Produzione e raccolta
differenziata dei rifiuti a livello regionale e provinciale
La
produzione dei rifiuti urbani coerentemente con il dato rilevato su
scala nazionale e per macroarea geografica, si osserva, tra il 2010 e il
2011
(Tabelle
2.9), una diminuzione generalizzata della produzione regionale dei
rifiuti urbani, fatta eccezione per il Trentino Alto Adige e il Molise
per
le quali si
riscontra una crescita pari, rispettivamente, al 2,5% e allo 0,5%. Il
calo di produzione risulta superiore al 5% in 4 regioni (Umbria, -6,3%,
Friuli
Venezia Giulia, -5,7%, Toscana, -5,6% e Campania,-5,3%). Per Calabria,
Veneto e Piemonte la contrazione percentuale supera il 4%,
per la
Sardegna, il Lazio e la Liguria il 3%, mentre per l’Emilia Romagna si
rileva un calo del 2,7%. Analizzando i dati 2012, si rileva, invece,
un calo di
produzione rispetto al 2011 per tutte le regioni, compreso tra il 2,6%
delle Marche e il 6,1% di Piemonte, Sicilia e Sardegna.
Mentre a
livello di produzione pro-capite dei rifiuti, riportiamo il grafico
suddiviso per Regioni, in cui si nota come in Calabria la produzione
pro-capite
di rifiuti si attesti tra i 400 ed i 500 kg/anno/ab.
Per quanto
riguarda l’informazione su scala provinciale sono stati presi in
considerazione i dati di produzione pro capite, al fine rendere
possibile
un confronto
tra contesti territoriali caratterizzati da differenti livelli di
popolazione residente. In particolare, si è proceduto alla ripartizione
delle
110 province
in classi di produzione pro capite, con lo scopo di valutare l’incidenza
percentuale di ciascuna classe. Tale analisi evidenzia che il
33,6% delle
province (per un numero pari a 37) si attesta, nel 2011, a valori di
produzione pro capite compresi tra 500 e 600 kg per abitante per anno,
mentre una
percentuale pari al 22,7% (25 province) si colloca tra 450 e 500 kg
abitante per anno. Nella fascia con la maggiore produzione pro capite
di rifiuti
urbani (>700 kg per abitante per anno) ricade il 7,3% delle province (8)
mentre nelle fasce più basse, tra 400 e 450 kg per abitante per anno,
e al di
sotto di 400 kg per abitante per anno, il 15,5% e il 6,4%
rispettivamente (complessivamente 24 province). I dati 2012 mostrano,
coerentemente
con gli
andamenti osservati per macroarea geografica e su scala nazionale, una
contrazione del numero di province con maggiori valori di produzione
pro capite e
un aumento di quelle rientranti nelle fasce più basse. Il numero di
province con produzione inferiore a 450 kg per abitante per anno è,
infatti,
pari a 33, di cui 12 al di sotto di 400 kg per abitante per anno.
Nel 2011, le
regioni Veneto e Trentino Alto Adige superano il 60% di raccolta
differenziata attestandosi, rispettivamente al 61,2% e 60,5%.
Rispetto al
2010, la percentuale di raccolta del Veneto cresce di 2,5 punti (valore
ottenuto come differenza tra le percentuali di raccolta riferite ai due
anni),
mentre per
il Trentino Alto Adige l’incremento è di 2,6 punti (Tabelle 2.10-2.11).
Superano la soglia del 50% il Friuli Venezia (53,1%),
il
Piemonte (51,4%) e l’Emilia Romagna (50,1%) e prossima a tale valore
risulta la Lombardia (49,9%). Al di sopra del 45% si attesta la
Sardegna
(47,1%) e a più del 40% le Marche (43,9%) e la Valle d’Aosta (41,9%). Al
sud Italia, oltre a quanto già rilevato per la regione Sardegna,
un’ulteriore
crescita si registra per la Campania, la cui percentuale di raccolta
differenziata è pari, nel 2011, al 37,8% circa (32,7% nel 2010),
con tassi
del 56,6% per la provincia di Salerno, del 54,3% per quella di Benevento
e del 49,4% per quella di Avellino. Anche Napoli e Caserta
fanno
comunque registrare ulteriori progressi, attestandosi entrambe ad una
percentuale prossima al 32%. Nel 2011, il Lazio raggiunge un
tasso pari
al 20,1%, mentre la Basilicata, la Puglia e il Molise fanno registrare,
rispettivamente, il 18%, il 16,5% e il 16,3%. Di poco superiori
al 10%
risultano, infine, i tassi di raccolta della regione Calabria (12,6%)
e Sicilia 11,2%. Quest’ultima supera per la prima volta la percentuale
del 10%.
Come si può
ben notare nella tabella sotto, la Calabria risulta essere una delle
ultime Regioni di Italia (superata tristemente solo dalla Sicilia)
in merito al
valore di raccolta differenziata. Nel 2012 il valore di raccolta si
attesta sul 13.8% (sul totale dei rifiuti) con un trend negli ultimi 5
anni
che è
cresciuto solo del 4.7%. Seppur i dati del 2012 sono solo dati
provvisori, anche se non confermati (lo scarto rispetto al dato
riportato
sarebbe
dell’ordine di decimali percentuali), metterebbero in evidenza il
ritardo della nostra Regione in merito agli obiettivi di raccolta
differenziata,
come
testimoniato nel grafico 2.18 in cui si evidenzia lo stato raggiunto ed
il target da raggiungere.
Nell’anno
2011 tutte le regioni del Nord, fatta eccezione per la Liguria, si
attestano al di sopra della media nazionale di raccolta pro capite
(199
kg/abitante per anno, Figura 2.21, Tabella 2.12). Superano la media
nazionale anche la Toscana (246 kg/abitante per anno circa),
le Marche
(234 kg/abitante per anno) la Sardegna (228 kg/abitante per anno) e
l’Umbria (211 kg/abitante per anno). Tale situazione è
confermata
dai dati 2012. In questo anno, le crescite più rilevanti si osservano
per le Marche (264 kg per abitante per anno di raccolta) e
l’Umbria
(232 kg per abitante per anno). Per alcune regioni si rilevano, invece,
leggeri cali del pro capite (Emilia Romagna, Veneto, Piemonte,
Lombardia,
Toscana e Sardegna).
Si nota come
in tutti i dati riportati dal Rapporto sui Rifiuti redatto dall’ISPRA,
la Calabria sia sempre tra la penultima ovvero ultima posizione in
merito alla
gestione della raccolta differenziata con dati che sono per certi versi
allarmanti se paragonati a quelli di alcune regioni del Nord Italia.
Passiamo ora
all’esame dei dati inerenti le Provincie.
Per
l’analisi dei dati provinciali si è proceduto all’individuazione di 6
classi di raccolta differenziata e alla determinazione del numero di
province
rientranti
in ciascuna classe. Tale analisi è stata condotta anche per i dati
preliminari 2012. Tra il 2010 e il 2011 si può rilevare una crescita del
numero di
province caratterizzate da un tasso di raccolta differenziata superiore
al 60% (da 8 a 14) e un calo di quelle con valori inferiori al 20%
(da 30 a
23). Nel complesso, circa un terzo delle province si colloca nel 2011 al
di sopra del 50% di raccolta, un terzo tra il 30% e il 50% e il
restante
terzo al di sotto del 30%. I dati 2012 mostrano un ulteriore aumento,
da 14 a 19, del numero di province con percentuali di raccolta
differenziata superiori al 60%, mentre il numero di province con tassi
inferiori al 20% diminuisce di un’unità.
Si evidenzia
subito come la percentuale di raccolta differenziata della provincia di
Crotone sia la più bassa dell’intera Regione, dato di sicuro
non
incoraggiante e confortante.
Riassumendo
i dati ricavati dal rapporto ISPRA 2013, partendo dal livello Regionale
e fino a quello provinciale e riferendoci ai soli dati certi e
consolidati
(anno 2011), lo scenario che se ne dipinge è il seguente:
Regione
Calabria:
1.
Popolazione totale ISTAT 2011: 1.959.050
abitanti;
2.
Produzione RU totale: 898.196,13
ton/anno;
3.
Rifiuti indifferenziati: 784.544,63
ton/anno (87.35%);
4.
Rifiuti differenziati: 113.195,68
ton/anno (12.60%);
5.
Produzione totale Pro-capite: 458,49 kg/ab/anno;
6.
Indifferenziato Pro-Capite: 400,47 kg/ab/anno;
7.
Differenziato Pro-Capite: 57,78 kg/ab/anno;
Per quanto
concerne invece i dati salienti della Provincia di Crotone:
1.
Popolazioni ISTAT al 2011: 170.803
abitanti;
2.
Produzione totale RU: 85.715,70 ton/anno
(235 ton/gg);
3.
Rifiuti indifferenziati: 75.711,11
ton/anno (88,33%);
4.
Rifiuti differenziati: 10.004,59
ton/anno (11,67%);
5.
Produzione totale Pro-capite: 501,84 kg/ab/anno;
6.
Indifferenziato Pro-Capite: 443,27 kg/ab/anno;
7.
Differenziato Pro-Capite: 58,57 kg/ab/anno;
Come si può
ben notare lo scenario della differenziazione dei rifiuti è quanto mai
tragico considerando che la quasi totalità della produzione di rifiuti
provinciali
(88,33%) viene ad essere trattata e gestita come rifiuto indifferenziato
e come tale, trattato come “tal quale” e conferito in discarica.
In ultima
analisi si riporta la tabella riepilogativa di come sia la composizione
del rifiuto differenziato della Provincia di Crotone:
Alla
luce di quanto appena affermato e dello scenario “tragico” appena
tracciato, si riporta sotto il panorama legislativo che governa il tema
dei
rifiuti in Italia ed in particolar modo quello Calabrese che servirà per
inquadrare la successiva valutazione dell’impianto proposto.
Il
quadro legislativo di riferimento è essenzialmente:
1.
Direttiva 2008/98/CE, a livello comunitario;
2.
Legge 152/06 e ss.mm.ii ovvero Testo Unico Ambientale, a livello
nazionale;
3.
Piano Regionale Gestione Rifiuti (2007), Linee Guida Gestione Rifiuti
(2013);
4.
Piano Provinciale dei Gestione dei Rifiuti.
5.
Aggiornamento del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (2013);
2.0
Possibili soluzioni a confronto
Le
soluzioni oggi disponibili per la tematica della gestione dei Rifiuti
Solidi Urbani sono tante e tutte sicuramente valide dal punto di vista
ambientale.
Ovviamente ogni azione dell’uomo causa, volontariamente o
involontariamente, una ripercussione sull’ambiente e pertanto, a dire
dello scrivente,
è
importante capire quale soluzione si possa adottare al contesto di
riferimento che minimizzi tale impatto.
Le
soluzioni adottabili per la risoluzione della problematica dei rifiuti
solidi urbani sono quelle dettate dalla normativa comunitaria, cioè un
elenco di
priorità nel trattamento:
1. Prevenzione
2. Riutilizzo
3. Riciclaggio
4. Recupero
5. Smaltimento.
Come
si può notare dall’elenco delle priorità sopra riportate, le azioni
predominanti per la Comunità Europea e per la Normativa Italiana sono la
Prevenzione ed il Riutilizzo. Due dogmi che sono essenzialmente legati
però ad un carattere culturale. Di fatti la prevenzione risiede in un
cambiamento industriale dei sistemi di packaging dei prodotti, i quali
dovrebbero essere sempre più orientati verso materiale biodegradabile
ovvero verso materiale Riutilizzabile. La seconda, invece, è di
carattere prettamente culturale, in quanto si dovrebbe puntare ad una
modifica
delle
abitudini delle popolazioni, puntando verso il riutilizzo di molti
prodotti (per esempio il riutilizzo di un contenitore creato per un fine
e che
può
trovare vita utile anche dopo l’utilizzo per cui è stato creato).
Pertanto, come detto sopra, le prime due azioni sono essenzialmente
legate
ad un
carattere fortemente culturale e di abitudini. Su tali azioni, sempre e
comunque perseguibili, vale molto l’impegno delle Amministrazioni
Pubbliche che si dovrebbero fare carico della “promozione” di cambio
culturale.
L’azione successiva quale priorità prevista dalla normativa vigente è il
Riciclo. Questo, da non confondere assolutamente con il Recupero,
rappresenta forse la forma di trattamento dei rifiuti più utile e
vantaggiosa oltre che quella più contestata e meno applicata. Il riciclo
di un
prodotto è essenzialmente legato alla possibilità che lo stesso prodotto
a fine vita utile possa essere riutilizzato, mediante nuovo processo
industriale, per realizzare altri prodotti. Basti pensare alle lattine
di alluminio che possono facilmente essere fuse pressoché all’infinito
per
creare nuove lattine, con risparmio energetico in termini di lavorazione
del prodotto iniziale, veramente enormi (essendo il prodotto di riciclo
già
lavorato). Il riciclo dei prodotti tuttavia può essere attuato se e solo
se i prodotti vengono raggruppati per tipologia (cioè, carta, cartone,
alluminio,
ferro, plastica, etc.) in pratica se vengono resi omogenei per tipologia
di materiale con cui sono realizzati. Le strade da seguire sono
essenzialmente due:
1.
Differenziazione dei materiali a monte: il che equivale a dire
realizzazione di cambiamento culturale da parte della popolazione,
organizzativo e
gestionale delle amministrazioni, economico da parte di entrambi gli
attori;
2.
Differenziazione dei materiali a valle: nessun cambiamento rispetto allo
stato di fatto della mentalità dei cittadini, nessun cambiamento
organizzativo e gestionale delle amministrazioni, nessun impatto
economico per gli attori partecipanti.
La
differenziazione a valle dei rifiuti è già attuata in molte nazioni
extra europee, dove si impone la sola separazione del rifiuto umido da
quello
multi-materiale (asciutto). Tale tipologia di differenziata, garantisce
il trattamento dell’umido per la realizzazione di compost e Biogas ed il
trattamento del multimateriale (che viene gestito mediante impianti
meccanici di separazione) per la separazione dei vari tipi di materiale
per il riciclo.
In
Italia, purtroppo, nonostante le campagne che ormai da decenni si stanno
attuando sulla differenziata, sono veramente pochi i comuni che
sono
riusciti ad organizzarsi (con impegno economico tante volte anche molto
elevato) per la raccolta differenziata. Di fatti questa può attuarsi
mediante contenitori specifici dove il cittadino può conferire i rifiuti
differenziati poi raccolti dall’amministrazione, oppure mediante il
cosiddetto “porta a porta”.
Mentre la prima inesorabilmente tende a fallire per due motivazioni:
1.
L’amministrazione, o chi per essa, tante volte raccoglie i rifiuti
differenziati e poi le “mischia” in fase di raccolta, pertanto annulla
la volontà e
l’azione del cittadino di differenziare;
2.
Perché tanti cittadini scaricano rifiuti diversi rispetto a quelli che
il cassonetto apposito può accettare, annullando di fatti la
differenziata.
La
seconda invece presenta carattere economico non sempre affrontabile
dalle amministrazioni in quanto si tratta di un cambiamento radicale
sia
nella forma di raccolta da parte della stessa amministrazione, sia nella
forma di raccolta del rifiuto da parte del cittadino (che deve attuare
la
separazione fisica in diversi contenitori di piccola grandezza). Come al
solito uno dei due attori può venir meno al proprio dovere e pertanto
annullare
tutti
gli sforzi economici e fisici attuati per la differenziata.
Testimonianza ne è che se ne parla da decenni ma, non sì è ancora
raggiunti livelli tali da
poter
dire che il cambiamento è in atto.
L’altra priorità imposta dalla normativa (dopo le prime tre descritte
sopra) è il Recupero. Per recupero la normativa intende la possibilità
di utilizzare il
rifiuto concedendogli una seconda vita ma, non con lo stesso fine per
cui è stato creato. Pertanto una bottiglia di plastica ovvero una
lattina di alluminio,
non
saranno più (come nella differenziata) una futura bottiglia di plastica
ovvero un altro oggetto del medesimo materiale dopo un processo
industriale di
trasformazione ma, diventeranno prevalentemente combustibili da portare
a valorizzazione energetica. È il caso di quanto previsto dalla Regione
Calabria,
che
spinge sulla raccolta differenziata ma che, in realtà, punta solo alla
valorizzazione del rifiuto in termini energetici. Di fatti nelle Linee
Guida 2013,
la
stessa prevede un riammodernamento e la realizzazione di nuovi impianti
per far sì (prendendo come esame la provincia di Crotone):
1.
Che il rifiuto sia differenziato a monte dalle amministrazioni comunali,
almeno nella parte di umido e multimateriale.
2.
L’umido verrebbe utilizzato per la produzione di compost;
3. Il
multimateriale, previa separazione della parte ferrosa, servirebbe per
creare CDR (combustibile solido composto da plastiche, tessuti, e tutto
ciò
che
nei rifiuti non è metallo!!!).
4.
Il CDR così prodotto andrebbe termovalorizzato per la produzione di
energia elettrica.
Si
comprende facilmente come il piano imposto dalla Regione sia quanto meno
anacronistico per alcune motivazioni:
1.
Punta ad una differenziazione dei rifiuti “leggera” (umido-multimateriale);
2. Si
pone quale obiettivo il recupero (cioè nella scala delle priorità,
quello che sta al penultimo posto);
3.
Punta a termovalorizzare il multimateriale, che di per se costituisce
inquinamento e produce scorie (altamente inquinanti) che vanno comunque
portate in discariche appropriate.
Alla
luce di quanto esposto, il mondo industrializzato si muove sempre più
verso sistemi di trattamento meccanizzati dei rifiuti che da una parte
limitano l’intervento dei cittadini e dall’altro abbattono i costi di
differenziazione (rapportati a quelli di una raccolta porta a porta che
risulta essere
quella più “expensive” e più inquinante dato l’alto numero di mezzi in
circolazione per il ritiro dei materiali).
I
sistemi attualmente utilizzati si basano essenzialmente su una semplice
differenziazione a monte dell’umido dal multimateriale, basta prendere
come
esempio gli Stati Uniti che utilizzano dei trituratori dell’umido
installati sotto il lavandino, separando pertanto il solo umido dal
resto dei materiali.
L’umido viene utilizzato insieme agli sfalci di potatura e di taglio
dell’erba, per la produzione di compost e biogas mentre il
multimateriale è trasportato
presso appositi impianti per la separazione meccanica e, pertanto, per
la differenziazione.
A
dire dello scrivente tale tipologia di soluzione risulta essere la
migliore in quanto:
1.
Non obbliga i cittadini ad un grosso cambio culturale in
quanto si tratta della sola separazione della frazione umida dalla
fazione secca.
2.
Non obbliga i cittadini ad avere 5 o più contenitori dei
rifiuti in casa;
3.
Non obbliga l’amministrazione ad un grosso cambiamento
gestionale in termini di raccolta del rifiuto con il vantaggio che la
maggior frequenza da
destinare all’umido sarebbe giustificata da una minore frequenza di
ritiro del multimateriale (che non presentando umido all’interno non
causerebbe i
problemi di cattivi odori tipici di tale tipologia id rifiuti).
4.
Si ridurrebbero notevolmente i costi di conferimento in
quanto la separazione del mutlimateriale porta le imprese o le
amministrazioni che lo
gestiscono ad un guadagno dalla vendita dei materiali da riciclo (a
tutto vantaggio dei cittadini che potrebbero avere uno sgravio in
bolletta);
5.
Si produce compost di alta qualità derivante da frazione
organica dei rifiuti utilizzabile al posto degli attuali concimi
chimici, quindi con il doppio
beneficio di non aver nulla da conferire in discarica e soprattutto con
il beneficio di fertilizzare con materiale organico e non chimico che
comunque
vada
inquina le falde ed i terreni.
6.
Si abbatte del 100% il conferimento in discarica di tutti
i materiali riciclabili con beneficio dell’ambiente in termini di
inquinamento doppiamente
riconosciuti. Infatti da una parte non si seppelliscono materiali che la
natura impiega anche 100 a degradare, non si inquinano i terreni e le
falde, e dall’altra,
come
noto, produrre un oggetto da un materiale riciclato richiede meno
energia che produrlo da una materia prima grezza, quindi minor consumo
di
energia a tutto vantaggio dei cambiamenti climatici.
7.
La produzione di biogas derivante dal processo di
compostizzazione, è utile per alimentare parte della cittadinanza a
prezzi agevolati ovvero per
far
funzionare dei cogeneratori in grado di fornire contemporaneamente
energia elettrica e termica, con vantaggio sia per la popolazione che
per l’ambiente.
Alla
luce di quanto esposto sopra, si comprende facilmente come le soluzioni
di gestione e trattamento dei rifiuti presenti attualmente sul mercato,
siano
soluzioni a basso impatto ambientale (quella sopra discussa
presenterebbe il solo impatto di emissioni di gas da combustione di
biogas ma,
tali
ridurrebbero nel complesso le emissioni per produzione di energia
elettrica da fonte fossile ovvero la produzione locale di calore che
potrebbe
essere fornita dal sistema proposto) e che tali soluzioni sono già
collaudate da anni in alcune nazioni, pertanto non stiamo parlando di
nulla di
innovativo ovvero di “marziano”.
Si
tratta pertanto di una precisa volontà di cambiamento che deve essere
adottata dalle sole amministrazioni pubbliche le quali, dovrebbero
comprendere gli enormi vantaggi in termini ambientali ed economici che
ne possono derivare da una semplice decisione di cambiamento
(seppur minimo) nella gestione dei rifiuti.
3.0
Soluzione prescelta per la Provincia di Crotone
Allo
stato attuale delle cose, basandoci su quanto sopra riportato, lo
scrivente, in qualità di progettista incaricato da una società privata,
ha
redatto un progetto, attualmente in via di autorizzazione, di
trattamento degli RSU per la Provincia di Crotone. Dopo una lunga
ricerca in
termini di brevetti la soluzione ottimale, a parere dello scrivente, è
quella fornita dalla tecnologia Arrow Bio, società israeliana attiva nel
campo
del
trattamento delle acque e dei rifiuti. Tale tecnologia la si ritiene la
migliore per le seguenti motivazioni:
1.
Il sistema presenta un brevetto di trattamento degli RSU
indifferenziati (pertanto è in grado di trattare gli RSU completamente
indifferenziati,
senza
necessità di separazione a monte);
2.
Tale soluzione garantisce un immediato insediamento
dell’impianto nei territori, senza necessità di organizzazione a monte
delle amministrazioni
che
continuerebbero a conferire indifferenziato, per poi procedere negli
anni successivi ad affrontare il cambiamento culturale di separazione
della frazione
umida
dalla frazione secca;
3.
Pertanto in prima battuta le amministrazioni avrebbero
garantita una differenziazione meccanica a valle pari al 75-80% fino al
conseguimento della
separazione di umido da frazione secca che porterebbe la
differenziazione a livelli intorno al 90-95%.
4.
Ciò si traduce in un immediato raggiungimento degli
obiettivi imposti dalla legge comunitaria, (65% differenziata) e
soprattutto la riduzione del 93%
dei
rifiuti da conferire in discarica (notevole beneficio per l’ambiente).
L’impianto progettato ricade in una zona agricola del Comune di Isola di
Capo Rizzuto, alle porte della Città di Crotone, e lo stesso si
caratterizza
per
l’utilizzo della tecnologia brevettata Arrow Bio. Il processo ArrowBio è
una soluzione integrata di gestione e smaltimento degli RSU che riceve
in
ingresso i rifiuti solidi urbani (sia pre-differenziati che non),
eliminando la dipendenza da una raccolta differenziata a monte ovvero da
una classificazione
a
monte del “misto” (tal quale), e concentrandosi soprattutto sul flusso
organico umido, che è il problema più grande che presentano i rifiuti.
La fase
preliminare di preparazione e separazione del rifiuto secco si basa sul
principio che la maggior parte dei materiali organici biodegradabili
sono di
piccole dimensioni, quindi possono essere separati con i liquidi
presenti nel rifiuto da un vaglio rotante. Gli elementi di dimensioni
maggiori
ovviamente
passeranno attraverso il vaglio, e tali elementi sono essenzialmente
cartone, carta e plastica e oggetti di metallo (di grosse dimensioni,
quelle di
piccole dimensioni vengono separati in una seconda fase), che possono
essere separati sia meccanicamente che manualmente, essendo
in questa
fase il processo legato più alle dimensioni che al peso dei materiali.
Il materiale biodegradabile entra nei sistemi di filtraggio. Qui, gli
elementi
contaminanti
residui vengono filtrati, e la ghiaia, sabbia, vetri rotti e piccoli
elementi metallici, vengono separati utilizzando una vasca di
decantazione a
griglie. La
restante parte umida, ricca di energia, viene inviata alla sezione
biologica.
Il processo
utilizza l'acqua come mezzo di trasporto per convogliare la frazione
organica degli RSU nella digestione anaerobica. I reattori producono
biogas e
fanghi, mentre gli effluenti sono riciclati nel sistema.
Il riciclo
dell'acqua migliora la conservazione della stessa acqua ed elimina la
necessità di scarico delle acque ad alta velocità. Tuttavia, alcuni
effluenti
vanno
scaricati dal sistema a causa del contenuto di acqua degli RSU ( ~ 70 %
) e per la conservazione delle condizioni di regime in acqua e
l'eliminazione di elevate concentrazioni di solidi disciolti. Gli
effluenti scaricati vengono trattati mediante un’unità di trattamento
delle acque reflue
separata che
provvede ad aumentare la qualità degli effluenti per conformarsi alla
normativa ambientale.
L’aspetto
principale che caratterizza, pertanto, il “PROCESSO ARROW-BIO” è che si
tratta di un processo integrato di gestione degli RSU in grado
di trattare
sia il rifiuto indifferenziato che quello differenziato. L’aspetto
peculiare risiede nella tipologia di trattamento dello stesso:
idromeccanico.
Viene
definito idromeccanico, e non semplicemente meccanico (TBM) in quanto il
rifiuto indifferenziato subisce una prima fase di trattamento in
maniera
classica (meccanico) ed una seconda fase di trattamento in maniera
innovativo (in acqua). Ciò garantisce una altissima percentuale di
separazione
che non è garantita dagli impianti classici. Di fatti gli impianti TBM
classici lavorano il rifiuto a freddo per la separazione della frazione
organica
dalla frazione riciclabile ma, con l’obiettivo di produrre CDR. Tale
decisione deriva essenzialmente dall’impossibilità di separare
completamente il rifiuto organico da quello riciclabile. Il processo
Arrow Bio invece, aggiunge un trattamento in acqua in grado di
procedere, dopo
il
trattamento meccanico ad una seconda separazione del rifiuto, ragionando
solo ed esclusivamente sui pesi specifici dei materiali. Pertanto,
il risultato
che se ne ottiene, è una elevata percentuale di materiale riciclabile
separato per tipologia (carta, cartone, vetro, plastiche, film sottile,
metalli
ferrosi, metalli non ferrosi) ed una frazione umida che viene
indirizzata verso la digestione anaerobica. Alla fine della digestione
il materiale
è
ulteriormente filtrato per dare alla fine del processo un ammendante di
elevate qualità e prodotti di risulta che vengono classificati come
inerti.
Il risultato
complessivo è che alla fine del processo da conferire in discarica si ha
solo un 6% di inerti (utili per siti da bonificare e per copertura di
discariche
per la normativa italiana ma che, a livello internazionale, è utilizzato
come inerte da aggiungere agli stabilizzati stradali), come
desumibile
dal bilancio di massa dell’impianto che verrà riportato di seguito.
Da
sottolineare inoltre che l’impianto non è solo in grado di accettare
rifiuti indifferenziati ma, mediante linea apposita di ingresso esso è
in
grado di
accettare anche rifiuti parzialmente differenziati (tipo solo organico,
che viene inviato direttamente alla sezione in vasca ovvero solo
multimateriale che viene inviato alla sola fase di selezione). Se
ipoteticamente si ragionasse sul solo conferimento di rifiuti
differenziati
Organico +
Multimateriale) allora l’impianto sarebbe in grado di offrire
prestazioni nettamente superiori in quanto si raggiungerebbe il 100% di
differenziazione.
Dalla
descrizione del processo sopra riportata si comprende bene come il
processo proposto risulta presentare un alto valore aggiunto
in quanto in
grado di differenziare una molteplicità di materiale, di produrre
prodotti di scarto che sono del tutto inerti e di abbattere quindi
il
conferimento in peso in discarica degli RSU non differenziati.
4.0
Conclusioni
Non vi è dubbio che quanto discusso nelle pagine
precedenti rappresenta uno dei problemi principali inerenti le tematiche
ambientali in
quanto direttamente proporzionale all’intera popolazione
mondiale. Come visto esistono varie soluzioni che potrebbero essere e
che
attualmente sono adottate (pertanto collaudate) da
diverse nazioni le quali, forse con più coscienza rispetto a tante
altre, hanno affrontato il
problema e la tematica dei rifiuti. La materia ovviamente
è talmente vasta che non bastano poche pagine per affrontare l’argomento
ovvero per
cercare una soluzione. L’intenzione di tale documento è
solo quello di fornire una panoramica generale della situazione italiana
(e calabrese in particolare) sicuramente poco precisa e
poco esaustiva ma, con il sicuro intento di svegliare un po’ gli animi
dei cittadini
in merito alla tematica rifiuti. Altresì si è proposto
una soluzione, forse non la migliore ma, di sicuro una possibile
soluzione a più basso
impatto ambientale rispetto all’attuale gestione. Si
resta tuttavia in attesa delle decisioni della pubblica amministrazione
che, come
al solito nel nostro paese governato dalla burocrazia e
dalla corruzione legata alla burocrazia, arrivano solo quando vi sono
eventi irreparabili.
ing. Raffaele Mesoraca |