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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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SMALTIMENTO RIFIUTI INDUSTRIALI

 

di Giacomo Chiaro 

 

Indice

 TOC \o "1-2" \h \z \u Introduzione_ PAGEREF _Toc202782371 \h 3

1. definizione di rifiuto_ PAGEREF _Toc202782372 \h 3.

2. smaltimento_ PAGEREF _Toc202782377 \h 5.

3. Le discariche_ PAGEREF _Toc202782379 \h 6.

4. Gli inceneritori PAGEREF _Toc202782380 \h 6.

4. il settore terziario_ PAGEREF _Toc202782380 \h 7.

5. conclusioni PAGEREF _Toc202782386 \h 8.

 

Introduzione

Un impatto ambientale rilevante è dato dall’attività industriale, in quanto i rifiuti (liquidi e solidi) contengono spesso sostanze ad alto rischio per la salute e per l’ambiente, causando diversi tipi di inquinamento:

-      dell’atmosfera, derivante dalla emissione di gas, vapori e   particellato, legate alle attività produttive;

-      delle acque, mediante la restituzione all’ambiente di acque  utilizzate nel ciclo produttivo o provenienti dallo smaltimento incontrollato di rifiuti solidi e liquidi;

-      del suolo, contaminato inoltre, dalle attività industriali agricole, industriali, dal traffico veicolare.

Il presente elaborato riporta l’aspetto riguardante lo smaltimento dei rifiuti industriali.

Ho scelto questo argomento perché ho avuto un’esperienza in un’azienda, che faceva da intermediazione nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti industriali.

Il presente lavoro non vuole essere un documento esaustivo sulla problematica dei rifiuti, ma una semplice descrizione di quanto da me appreso direttamente.

 

Definizione di rifiuto

Il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n° 22 riproduce la nozione comunitaria di rifiuto e lo definisce come “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso di disfarsi o abbia l’obbligo di disfarsi” (art.6, comma 1, lettera a).

Nella gazzetta ufficiale n. 158 è stato pubblicato il decreto legge 8 luglio 2002, n. 138 – Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell’economia anche nelle aree svantaggiate.

L’articolo 14 del decreto legge fornisce l’interpretazione della definizione di “rifiuto” di cui l’art. 6 del Decreto Ronchi: la parola “si disfi” intende qualsiasi comportamento, attraverso il quale, in modo diretto o indiretto, una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22; “abbia deciso” indica la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di recupero sostanze, materiali o beni, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22; ”abbia l’obbligo di disfarsi” indica l’obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell’elenco dei rifiuti pericolosi di cui all’allegato D del decreto legislativo n. 22.

Non ricorre la decisione di disfarsi per beni, o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo, precisa il decreto-legge, ove sussista una delle seguenti condizioni:

-      se gli stessi possono essere e sono, effettivamente e oggettivamente, riutilizzati nel medesimo o in uno stesso o diverso ciclo produttivo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente;

-      se gli stessi possono essere e sono, effettivamente e oggettivamente, riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria, alcuna operazione di recupero, tra quelle individuate nell’allegato C del decreto legislativo n. 22.

 

Smaltimento

Le moderne tecniche di raccolta differenziata e di riciclo di rifiuti, sono il frutto di una tendenza iniziata intorno agli anni ’50, in tutti i paesi industrializzati.

Le prime iniziative erano basate sul tentativo di recuperare alcune parti di merci usate, separando soprattutto ferro e carta, dai rifiuti misti.

I rifiuti solidi venivano fatti scorrere lungo dei nastri trasportatori, da cui mediante calamite, venivano recuperati tutti i materiali ferrosi.

L’immersione in acqua consentiva poi, grazie al diverso peso specifico, di recuperare carta, materie plastiche ecc. mentre il rimanente finiva incenerito.

Alcune aziende hanno anche tentato di recuperare le materie organiche presenti nei rifiuti servendosi di batteri decompositori per trasformarle in compost, usato come fertilizzante per le coltivazioni.

Tali tentativi diedero risultati assai insoddisfacenti, in quanto la presenza di altri materiali, conseguenza della raccolta di rifiuti misti, contaminava i diversi compost rendendoli spesso inutilizzabili.

In ogni caso l’esperienza fatta nei passati decenni non è stata del tutto inutile: si è infatti giunti a capire che, l’unico modo per riciclare i rifiuti è quello di raccoglierli separatamente e trattarli attraverso cicli produttivi specifici.

 

Le discariche

Le discariche sono dei veri e propri fossi, in cui vengono raccolti i rifiuti fino al riempimento delle stesse.

In Italia vengono ancora largamente usate.

Il principale problema delle discariche è il percolato: l’acqua piovana che passa attraverso i rifiuti trascina con sé sostanze organiche ed inorganiche.

Se le discariche non sono gestite in maniera corretta, questo percolato può raggiungere e inquinare le falde acquifere sotterranee o i corsi d’acqua.

Le nuove discariche sono realizzate predisponendo uno o più strati impermeabili sul fondo e un sistema di drenaggio del percolato, che viene raccolto ed inviato agli impianti di depurazione.

Le discariche producono anche biogas, che dovrebbe essere catturato, sia in fase di riempimento della discarica sia dopo la sua dismissione, e utilizzato per produrre energia elettrica tramite la sua combustione.

Le odierne discariche quindi sono dei veri e propri impianti per la degradazione e il confinamento definitivo dei rifiuti.

 

Gli inceneritori

Gli inceneritori oggi vengono definiti “termovalorizzatori”, perché i nuovi impianti sono progettati con l’obbiettivo di produrre energia dalla combustione dei rifiuti.

Va sottolineato che gli inceneritori non distruggono il rifiuto ma semplicemente ne cambiano la composizione chimica o, al limite, lo stato fisico.

I rendimenti energetici e le emissioni dipendono dall’impianto, dai rifiuti che vi si bruciano e dalla gestione dell’impianto.

 

La carta, la plastica e il legno bruciano meglio, la frazione umida brucia con più difficoltà, il materiale inerte (sabbia, pietre ecc.) non brucia e i metalli, fondendosi, possono causare dei problemi all’impianto stesso.

Per tale motivo all’inceneritore va solo il cosiddetto combustibile da rifiuto, cioè il rifiuto che è stato trattato in particolari impianti (impianto di produzione di “cdr”). Questi impianti non fanno altro che separare dal rifiuto, tutti i componenti che non sono adatti all’incenerimento (frazioni organiche, materiali inerti ecc.).

Dato che la carta, la plastica e il legno bruciano meglio, l’inceneritore è diventato il diretto concorrente del riciclaggio. Il riciclaggio risulta però più conveniente in quanto, ad esempio, producendo prodotti di plastica dalla plastica si risparmiano più della metà di calorie rispetto all’incenerimento del prodotto.

Gli inceneritori producono un fumo composto da numerose sostanze: ossidi di carbonio, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, composto organici volatili, particolato, ossidi di metallo ecc.

Inoltre producono ceneri e fanghi contenenti sostanze pericolose, che devono essere smaltiti in discariche speciali, oppure essere ulteriormente trattati per renderli meno pericolosi ed eventualmente utilizzabili.

 

Settore terziario

Compito di tale settore è quello di collegare industrie con impianti di raccolta e smaltimento di rifiuti.

Le competenze sono:

-      ricerca delle aziende produttrici di scarto;

-      informazione alle aziende sulla legislatura in merito;

-      descrizione ed eventuale fornitura di contenitori per

 

 separare i rifiuti in maniera corretta e funzionale;

-      scelta del tipo di trasporto più adatto e conveniente, per lo spostamento dei rifiuti dal produttore all’impianto ricevente;

-      scelta degli impianti di riciclo, smaltimento o deposito più vicini per diminuire le spese di trasporto a carico delle aziende stesse e l’inquinamento dovuto allo spostamento di autocarri;

-      consulenza riguardo problemi di bonifica di terreni contaminati con eventuali prospettive risolutive;

-      illustrazione della nuova normativa denominata SISTRI, riguardante un nuovo sistema operativo computerizzato di gestione e smaltimento rifiuti, atto ad impedire illegalità sia da parte di aziende  che di autotrasportatori e impianti riceventi.

 

Conclusione

La questione della massima valorizzazione e del corretto smaltimento dei rifiuti della produzione industriale, rappresenta una delle sfide che l’ambiente lancia alle capacità di governo in tutti i paesi avanzati.

L’Italia è ancora fortemente carente in questo campo.

La differenza tra rifiuti prodotti e trattamento è stato e può essere ulteriormente ridotto dalla stessa industria, attraverso l’adozione di materiali che possono essere riciclati e tecnologie più pulite; ma molto resta da fare nel campo del riciclaggio e dello smaltimento, con uno sforzo che richiede l’impegno di tutti, per superare notevoli difficoltà, tra cui quella dell’accettazione, da parte delle persone, di impianti a rilevante impatto ambientale.

 

Da questo secondo me dipende la possibilità di trasformare la difesa dell’ambiente, da ostacolo all’attività produttiva e terreno di conflitto, ad opportunità di sviluppo economico e luogo di solidarietà sociale.

 

Giacomo Chiaro

 


 

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