SOS AMBIENTE SICILIA, ACQUE E RIFIUTI COME PRIORITA’ PER LA SVOLTA
di
Martino Modica
L’inquinamento ambientale è un tema abbastanza complesso
e di difficile soluzione, come difficile è approcciare una politica
ambientale che sappia risolvere la questione a livello quantomeno
regionale o provinciale, ma è chiaro che bisogna raggruppare in categorie per cercare di ridurre o quanto meno ottimizzare ciò che
potrebbe causare inquinamento .
Ipotizzare di eliminare tutte le fonti private e
pubbliche di inquinamento è secondo me una possibilità remota anche se i
vari governi la presentano come impegno principale nei loro programmi
elettorali, che rimangono solo sulla carta in quanto molto teorici e
lontani dalla realtà.
Le probabilità di attuazione di una corretta politica
ambientale aumenterebbero se la lente di ingrandimento si focalizzasse
solo su due temi principali di inquinamento : acqua e rifiuti in
particolare quelli gestiti dal settore pubblico che significa una
maggiore attenzione sui Depuratori e le Discariche o impianti di
trattamento dei rifiuti in genere, analizzati da una vera e propria
task force che si occupi a tappeto di questa problematica.
Trattare questi due temi in Sicilia ed in particolare
nella provincia di Ragusa ci conduce necessariamente in Europa in
quanto essendo questo territorio ex Obiettivo 1 oggi classificato
Obiettivo convergenza, sono tutt’ora previste una quantità notevole di
risorse attraverso cui si potrebbero realizzare sia strutture nuove che
potenziare ed ammodernare quelle esistenti, ed allora come mai non
siamo riusciti ad uscire dall’emergenza ed anzi siamo caduti addirittura
nella procedura europea di infrazione per quanto riguarda i Depuratori.
Ma per capire l’emergenza dobbiamo andare indietro nel
tempo e con esattezza al 1998 quando l’allora Presidente della Regione
Siciliana rappresentava al Governo centrale la grave crisi determinatasi
nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani che assumeva carattere
di emergenza igienico-sanitaria con risvolti anche di ordine pubblico.
Il piano regionale di smaltimento dei rifiuti, basato
sullo smaltimento in discarica, ed approvato con decreto presidenziale
n° 35 del 6/03/1989, risultava infatti solo in minima parte realizzato
mentre i pochi impianti tecnologici in esercizio risultavano obsoleti e
non più adeguati a garantire un corretto esercizio.
La gestione dei rifiuti della Regione Siciliana si
basava, quindi, essenzialmente su discariche attivate dai sindaci con
ordinanze contingibili ed urgenti (ex art. 12 D.P.R. 915/82 ed ex art.
13D.Lgv. 22/97).
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con proprio
Decreto del 22 gennaio 1999 dichiarava, lo stato d’emergenza nel settore
dello smaltimento dei rifiuti urbani nella Regione Siciliana sino al 31
dicembre 1999 e nominava con l’Ordinanza n°2983 del 31 Maggio 1999 il
Presidente della Regione Siciliana commissario dei rifiuti e dotava lo
stesso degli strumenti e dei poteri indispensabili a fronteggiare lo
stato di grave crisi socio-economico-ambientale in atto.
L’art 1 dell’Ordinanza 2983, specificava come il
Presidente della Regione Siciliana veniva nominato “Commissario Delegato
per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza nel
settore della gestione dei rifiuti e per la realizzazione degli
interventi necessari per far fronte alla situazione di emergenza”.
Il “Piano degli interventi di emergenza” citato nell’art
1 dell’Ordinanza n° 2983 veniva approvato con Decreto Commissariale del
25 luglio 2000 e pubblicato nella G.U.R.S. del 04/08/2000 e su di esso
vi sono state a seguire una innumerevole scia di pareri, rinvii e
modifiche nonché pure una sentenza della corte di Cassazione che su un
aspetto dello stesso e cioè sui Termovalorizzatori ha messo la parola
fine dando ragione al governo Lombardo.
Raffaele Lombardo,
successore di Totò Cuffaro che aveva approvato il piano nel 2000 alla
Presidenza della Regione Siciliana, durante la seduta dell’Assemblea
Regionale Siciliana del 13 aprile 2010
denunciò un patto tra l'ex governatore e alcuni ambienti mafiosi per la
costruzione di quattro termovalorizzatori in
Sicilia e per questo si oppose alla realizzazione chiedendo l’intervento
della magistratura che appunto come detto si è espressa a favore dello
stesso Lombardo e bocciando i termovalorizzatori.
Ma il piano di smaltimento e raccolta dei rifiuti del
governo Cuffaro, cancellato dall’autorità giudiziaria, a distanza di
dieci anni sopravvive, nonostante gli innumerevoli aggiustamenti e
l’introduzione di ambiti di raccolta, variamente denominati.
Il piano regionale di gestione dei rifiuti del 2012 ,
proposto dall’assessore protempore, il prefetto Marino – sotto il
governo Lombardo – non ha ancora ottenuto la Via (la valutazione di
impatto ambientale), e quindi è come se non esistesse.
Di conseguenza la politica di smaltimento e raccolta
ancora oggi si ispira ai megaimpianti, pensati dal governo Cuffaro che
di fatto non sono stati realizzati .
In Sicilia il commissariamento va avanti da 18 anni, e
una svolta al problema ancora non c’è stata perché l’unica utilità è
stata solo quella di prorogare l’uso di discariche ormai quasi sature e
di autorizzare il conferimento dei rifiuti di alcuni comuni da una
discarica all’altra .
Intanto sul campo dei rifiuti le normative nazionali e
regionali si adeguano alle direttive europee e viene approvato il Testo
Unico rifiuti dlgs 152/2006 che punta soprattutto alla differenziata e
alla riduzione dell’uso delle discariche in maniera incontrollata ed
alla gestione integrata dei rifiuti secondo degli ambiti ottimali .
Dal punto di vista della raccolta differenziata, l’art.
205 del D. Lgs. 152/2006 dispone che in ogni ambito territoriale
ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti
urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:
- almeno il 35% entro il 31 dicembre 2006;
- almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008;
- almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012;
Ma adesso analizziamo la situazione vera e propria, la
produzione complessiva annua dei rifiuti in Sicilia (circa 5.051.000
abitanti) si attesta intorno alle 2.727.570 t/a.
La produzione procapite media (circa 520 kg/ab.anno) è
praticamente allineata col valore medio nazionale (circa 540kg/ab.anno).
Ovviamente nelle grandi città i valori risultano più
elevati toccando punte che raggiungono i 600 kg/ab.anno nella città di
Catania e i 570 kg/ab.anno nella città di Palermo.
Lo Smaltimento in discarica, a livello nazionale,
raggiunge il 45% dei rifiuti prodotti di poco superiore al valore medio
europeo (42%).
Nel 2008 i rifiuti urbani Nazionali smaltiti in discarica
sono stati circa 16 milioni di tonnellate.
Mentre la Lombardia smaltisce in discarica solo l’8%, la
Sicilia arriva all’89% (pari a 2,3 milioni di tonn) ed il Molise al 90%
al Nord vengono pretrattati il 36% dei rifiuti smaltiti in discarica, al
Centro il 32%, al sud solo il 24% , la percentuale di differenziata in
Sicilia si attesta come valore medio al 11,22% e spazia dal 14,83% di
Caltanissetta al misero 2,63% della provincia di Enna, mentre Ragusa si
attesta al 10,91% e bene(si fa per dire) fanno pure Catania 12,33%,
Agrigento 13,59% e Messina 10,76% mentre sotto la media Siciliana si
attesta Palermo che è capoluogo al 9,38%.
In Sicilia le ultime discariche autorizzate sono poco più
di dieci per un totale di 9 milioni di mc autorizzati, di queste molte
già oggi sono sature, quelle più grandi con una maggiore capacità
residua rimangono quelle di Siculiana (Ag) autorizzata per quasi 3
milioni di mc, quella di Motta Santa Anastasia(Ct) 2,5 milioni di mc e
Mazzarà Sant’andrea (Me) per 1,7 milioni di mc, per quasi tutte
essendosi esaurite le capacità residue si autorizza in via di emergenza
al conferimento con autorizzazioni del commissario dell’emergenza che
vanno di mese in mese e per alcuni comuni non essendo possibile
conferire in discariche territorialmente vicine i costi stanno già
lievitando, questo è il caso dei comuni della provincia di Ragusa dove
l’unica discarica rimasta con un minimo di capacità residua è quella di
Cava dei Modicani di proprietà del comune di Ragusa dove conferiscono
solo 4 dei 12 comuni della provincia mentre gli altri 8 conferiscono
nelle discariche di Motta Santa Anastasia o Mazzarà Sant’andrea a circa
150-250 km di distanza dai comuni e i 4 comuni rimasti a conferire
presso la discarica di Ragusa si troveranno presto lo stesso problema se
non aprirà il centro di compostaggio che dovrebbe trattare circa 14.000
tonnellate e che è stato costruito nel 2008 e mai entrato in funzione .
Altro tassello importante la regolamentazione della
gestione dei rifiuti Parte nel 2011 con la liquidazione dei 27 Ato
Rifiuti che, per effetto della riforma del settore, dovevano essere
soppressi e sostituiti soltanto da 10 nuovi soggetti.
L’articolo 6, della legge regionale 9 dell'8 aprile 2010
prevedeva infatti che in attuazione di quanto disposto da una legge
regionale per l’esercizio delle funzioni di gestione integrata dei
rifiuti, la provincia ed i comuni ricompresi in ciascun ambito
territoriale ottimale costituiscano, per ogni ATO, una società
consortile di capitali per l’esercizio delle funzioni affidate alla
società stessa dalla presente legge.
Le società sono denominate “Società per la
regolamentazione del servizio di gestione rifiuti”, con acronimo S.R.R.
L’approccio legislativo Siciliano si differenzia quindi
da quanto fatto nella regione Campania dove si è preferito delegare la
gestione alle Province.
Con la messa in atto della Legge Regionale 9 dell'8
aprile 2010, la Sicilia chiude quindi la stagione degli ATO, gli ambiti
territoriali ottimali che hanno accumulato debiti per oltre 1,5
miliardo di euro, ne doveva aprire una che doveva risollevare e
gestire meglio i rifiuti , ma come si fa gestire meglio se gli impianti
sono sempre gli stessi ed anzi hanno quasi esaurito la capacità residua
.
In definitiva si è tentato di costruire una macchina che
di fatto non è partita (ancora oggi gli ato esistono seppure sono in
liquidazione per la maggior parte ) e per di più si è pensato alla
gestione e non alla programmazione e progettazione degli impianti per il
trattamento dei rifiuti che di fatto operano in regime di emergenza.
E se
Sparta piange Atene non ride si potrebbe dire se passiamo al campo della
depurazione in Sicilia ,
Su
oltre cinque milioni di abitanti dell’Isola di cui , quasi il 60% dei
residenti è concentrato nelle tre province di Palermo, Catania e
Messina, poco più di tre milioni (il 61% del totale) sono serviti da
impianti di depurazione, adesso una maxisanzione da 185 milioni i euro a
completamento della procedura di infrazione avviata nel 2012 è in arrivo
per 27 comuni multati dall’Unione Europea perché non hanno una rete
fognaria ed altri 175 agglomerati urbani siciliani per depuratori non
a norma, o completamente inesistenti.
Una
spada di Damocle pronta ad abbattersi sulla Regione Siciliana, incapace
di dotarsi di depuratori a norma. È questo il rischio concreto che ha
portato il governo centrale a commissariare l’Isola sulla gestione del
trattamento delle acque reflue un commissariamento annunciato da tempo,
ma che è stato formalizzato nel mese di maggio quando il premier Matteo
Renzi, però, non ha nominato commissario il governatore della Regione,
come prevede la prassi, preferendo invece l’assessore siciliano
all’Energia .
E
dire che da quasi tre anni, Bruxelles ha erogato un miliardo e seicento
milioni di euro per finanziare 94 progetti di depurazione in Sicilia:
oggi, però, soltanto in 14 casi quei progetti sono diventati
cantierabili e di questi solo 1 è in fase di realizzazione mentre il
Cipe già dal 2012 ha stanziato circa 54 milioni di euro .
Il
paradosso è che la Sicilia e i suoi 390 comuni hanno già la bellezza di
431 impianti di depurazione, anche se 73 sono ufficialmente «inattivi».
C’è
stata la tendenza a fare un depuratore per ogni comune, ma i costi di
gestione sono proibitivi, soprattutto per i piccoli centri, e il
risultato in termini di efficienza è minimo».
La
teoria di un esperto del settore, il prof. Angelini dell’Università di
Palermo, è che basterebbero venti depuratori di grandi dimensioni per
essere in regola con le direttive europee, e soprattutto un sistema
idrico integrato che consenta di utilizzare l’acqua depurata per
l’agricoltura e l’industria, risparmiando le risorse dei bacini, ma ciò
si scontra con la realtà sia per il coordinamento sulla gestione
(basti vedere quanti anni sono passati per attivare gli ato idrico
laddove è stato possibile attivarli ) sia per le competenze sulla
gestione dei mega impianti che non esistono in Sicilia sia in termini
di personale della gestione che di direttori tecnici per il controllo
ed il monitoraggio degli stessi
.
Realizzare i nuovi impianti sarebbe stato compito degli Ato Idrici che
dovevano partire con l’avvento del testo unico del 2006, poi previsti
dalla riforma di privatizzazione del servizio, che in Sicilia si è
rivelata un gigantesco flop, da qui le analogie con il sistema dei
rifiuti dove gli Ambiti territoriali sostituiti dalle SRR sono ancora in
alto mare e soprattutto entrambi i settori sono commissariati in via
emergenziale .
Non sappiamo se le multe
arriveranno dalla comunità europea , ma se ciò dovesse accadere chissà
forse sarebbe un meritato premio per due settori che non funzionano da
anni e che rischiano di far cadere nel baratro questa terra?
Allora forse si
capirebbe il perché Acqua e Rifiuti sono i due temi principali per la
svolta Siciliana !!! (Ago.2015)
Martino Modica
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