PARLIAmo
di sovrappopolazione
di
Davide Miraglia
1. Quando William Shakespeare in Much Ado about
Nothing scrisse “the world must be peopled" era il 1599 e la
popolazione mondiale ammontava a circa 550 milioni. Oggi è arrivata a
circa 6,7 miliardi e si prevede che nel 2050 saremo più di 9 miliardi.
Le conseguenze che questi numeri avranno sul cibo, sull'acqua,
sull'energia, sul nostro clima e sul nostro ecosistema non vanno
sottovalutare. Infatti gli alimenti e le risorse non sono beni
inesauribili. La popolazione continua a crescere a dismisura mentre il
nostro pianeta non riesce più a rispondere a questa crescita.
Da alcuni studi effettuati su alcuni paesi e su scala
mondiale emerge che l'impronta mondiale è maggiore della capacità
bioproduttiva mondiale. Ciò significa che stiamo consumando le
risorse rinnovabili più velocemente di
quanto potremmo mentre gli incrementi della popolazione si susseguono a
distanza di pochi anni. Possiamo sperare che dalla metà del secolo
l’umanità si stabilizzi intorno ai nove miliardi e che si arrivi a
questa stabilizzazione senza troppi danni. Infatti il numero della
popolazione cresce di circa 78 milioni di persone ogni anno (circa 219
mila al giorno). Questa cifra è ovviamente al netto delle morti (circa
59 milioni l'anno).
Le Nazioni Unite hanno avvertito che se la crescita
rimane incontrollata la popolazione mondiale - 6,7 miliardi di persone -
nei prossimi 40 anni raddoppierà . L'avvertimento, nello specifico, si
rivolgeva all'India, dove il numero di persone - 1 miliardo e 17 milioni
- sta crescendo dell’1,6 all'anno, e questa esplosione demografica
potrebbe aggravare problemi come carestie, malattie, lotta per le
risorse.
Per far fronte al problema della sovrappopolazione il
governo indiano si sta muovendo in maniera diversa rispetto al controllo
autoriatrio delle nascite adottato dalla Cina. Visto che nella parte
rurale dell'India (dove la natalità è molto alta) molte persone vivono
in case senza l’elettricità, il Ministro della Salute e del Welfare
Ghulam Nabi Azad ha chiamato il Paese a raddoppiare i suoi sforzi per
portare l'elettricità alla popolazione rurale, in modo che le persone
possano sedersi davanti al televisore piuttosto che fare sesso. Secondo
il Ministro questa misura potrebbe ridurre la crescita della popolazione
dell'80%.
Tuttavia Andana Shiva, ambientalista ed economista tra le
più riconosciute in India, indica nel benessere lo strumento più
importante per contenere la crescita demografica.
Andana Shiva vede nello sfruttamento dei carburanti
fossili il principale problema sostenendo inoltre che
le preoccupazioni ambientali
riguardo alla crescita della popolazione nei paesi in via di sviluppo
non sono giustificate, poiché Il cambiamento
climatico - sempre secondo Shiva - è causato principalmente dai
carburanti fossili. I poveri nel terzo mondo - conclude Shiva - non
vivono di una economia basata su carburanti fossili, piuttosto essi
vivono in una economia che sfrutta le biomasse.
Sul fronte italiano, invece, una delle prime associazioni
ad occuparsi di sovrappopolazione è stata 'Rientro Dolce'. Il suo nome
deriva dall'idea del politico Marco Pannella
di un "rientro dolce" ad un mondo con 2 miliardi di esseri umani.
Il vero
problema è quello di avere l'obiettivo del rientro dolce dell'umanità
[...] in 2 miliardi di abitanti. [...] "È fatalità arrivare a 10
miliardi fra pochi anni, a 15 fra pochi decenni, e che mondo prefigura?"
[...] Il fatto che tutti quanti, di tutto parlino, tranne di queste cose
[...] è il problema che ci oppone.
Sul sito dell’associazione si legge:
L'associazione individua nella
sovrappopolazione
la causa prima della crisi umanitaria, ecologica, energetica e
alimentare attraversata dal pianeta e si propone di sensibilizzare la
società e di esercitare pressione sui responsabili delle scelte
politiche, ambientali e culturali mondiali, nazionali e locali affinché,
senza trascurare ogni altro intervento sull'ambiente, vengano adottate
misure dirette ad una consistente riduzione della popolazione totale del
pianeta secondo una modalità "dolce", nel rispetto dei
diritti umani
e delle libertà individuali.
Rispetto a queste previsioni sono quindi irresponsabili
quei genitori che decidono di avere più di due fligli? Sì, risponde
Jonatton Porrit, uno degli ex dirigenti del partito verde britannico che
adesso siede nella commissione per lo sviluppo sostenibile. La suddetta
commissione ha affermato che i governi dovrebbero sforzarsi di ridurre
la crescita della popolazione attraverso una più efficiente
pianificazione familiare.
Nel frattempo un gruppo internazionale di scienziati e
accademici ha avviato una campagna chiamata Global Population Speak
Out. Tutto quello che chiedono è di cominciare a parlare onestamente
ed apertamente del problema, poiché i programmi governativi di controllo
della popolazione hanno fatto dell'argomento un tabù.
Al Sunday Times Porritt è arrivato a dire:
I am
unapologetic about asking people to connect up their own responsibility
for their total environmental footprint and how they decide to procreate
and how many children they think are appropriate (...). I think we will
work our way towards a position that says that having more than two
children is irresponsible. It is the ghost at the table. We have all
these big issues that everybody is looking at and then you don’t really
hear anyone say the “p” word.
2. Accesso ai metodi contraccettivi
If all the world's women could determine for themeselves
when and when not to have children, population problems would resolve
themselves with no need for governmental "control".
Robert Engelman
Secondo l'agenzia della popolazione dell'ONU, l'UNFPA,
circa 200 milioni di donne , la maggior parte in paesi in via di
sviluppo, e anche in qualche paese ricco, vorrebbe usare dei metodi
contraccettivi ma non vi hanno accesso. Queste donne, quindi, non
possono tradurre in pratica il desiderio di non avere figli perché non
hanno alcun materiale contraccettivo a disposizione, preservativi,
pillole anticoncezionali e così via. Questi diritti non soddisfatti
dovrebbero essere diritti umani fondamentali per tutte le popolazioni.
Si stima che per realizzare quest’operazione, il costo sarebbe di circa
20 dollari all’anno per coppia. Nonostante ciò, in molti di questi paesi,
questi diritti fondamentali faticano ad arrivare anche a causa di
convinzioni religiose e decisioni politiche che tendono a sacralizzare
il momento della riproduzione.
Una ricerca della London
School of Economics, commissionata dall’Optimum
Population Trust
rileva che in situazioni in
cui la fecondità è elevata, una maggiore disponibilità di contraccettivi
contribuisce a diminuire le nascite e quindi inevitabilmente a moderare
anche l’impatto ambientale e può essere di ausilio allo sviluppo
economico. Quello che si deve sicuramente fare è partire da un approccio
di libera scelta e capire, quindi, che la contraccezione va fornita ma
non imposta. Ovviamente non si può imporre a una famiglia analfabeta e
rurale africana di non fare più figli perché effettivamente non ne
capirebbero nemmeno il perché. Contro la sacralizzazione della
riproduzione “naturale”, contro il controllo delle nascite autoritario e
violento “alla cinese”, un'alternativa potrebbe forse passare per la
libertà e responsabilità nel e del concepire.
3. Sviluppo e nascite
Sebbene si senta spesso ripetere che chi è molto povero
non dà valore alla libertà in generale e alla libertà riproduttiva in
particolare, i riscontri empirici, nella misura in cui ci sono, vanno
senza ombra di dubbio in direzione opposta.
Amartya Sen
Il tema della popolazione è un tema che si lega
indiscutibilmente a quello ambientale, e quindi a quello dei consumi.
Però la relazione è complessa poiché la sovrappopolazione è sempre
valutata in rapporto al numero di persone ed al loro stile di vita
collegato all'impronta ecologica, ovvero quell'indice statistico che
mette in relazione il consumo umano di risorse naturali con la capacità
del pianeta di rigenerarle. Grazie all'impronta ecologica è possibile
stimare quanti pianeti (Terra) servirebbero per sostenere l'umanità,
qualora tutti vivessero secondo un determinato stile di vita. Ma i
consumi e gli stili di vita, come ben sappiamo, variano da paese a paese.
Per fare un solo esempio, in Italia abbiamo circa 24 milioni di famiglie
e abbiamo circa 35 milioni di automobili. Allora da dove affrontiamo il
problema del rapporto tra popolazione e ambiente? Un altro aspetto non
lineare e complesso è quello del proliferare, in occidente, di famiglie
sempre più piccole. Infatti molti dei consumi che prima erano condivisi
in famiglie più numerose, iniziano a essere ora condivisi in famiglie
sempre più piccole. Quindi ci saranno per esempio più autovetture e più
elettrodomestici, e questo costituisce un potenziale rischio di impatto
ambientale. A parità di popolazione, infatti, famiglie più piccole vuol
dire più beni di consumo.
La relazione tra sviluppo e scelte demografiche ha
ulteriori fattori di complessità: sappiamo inaftti che nelle società
meno sviluppate, in seguito allo sviluppo, si iniziano a fare meno figli.
L’incremento del benessere e del livello medio di istruzione, grazie ai
miglioramenti sociali che si portano appresso, danno luogo a scelte
riproduttive più consapevoli. Molti sostengono infatti che se c’è uno
sviluppo economico adeguato le famiglie si autolimitano nelle nascite.
Infatti è dimostrato che il successo dei tentativi di introdurre
programmi di pianificazione familiare nei paesi in via di sviluppo e più
poveri, è favorito dalla condizione dell’istruzione delle donne. Dove lo
sviluppo economico porta anche le donne a studiare, il costo di avere
figli in età giovane diviene elevato. Anche nei paesi che più
recentemente hanno raggiunto determinate condizioni di benessere
economico, un adeguato livello di alfabetizzazione e una qualità
accettabile di democrazia, le nascite diminuiscono. Tuttavia quando si
arriva, di contro, a livelli di sviluppo molto elevato, grazie a
meccanismi compensativi politici o sociali, si torna a fare figli,
grazie anche a nuove tecnologie come per esempio le procedure e le
tecniche di assistenza procreativa. È il caso degli Stati Uniti che - a
differenza dell'Europa dove la natalità diminuisce - cresce di 2 milioni
di persone l'anno attraverso le nascite, e di 1 milione l'anno
attraverso l'immigrazione (già al netto degli emigrati). In tutto,
quindi, la popolazione statunitense cresce di 3 milioni di persone ogni
anno, ovvero il 4% della crescita di popolazione mondiale.
Nel terzo mondo e nei paesi a bassisima alfabetizzazione,
invece, la situazione è completamente diversa: i bambini sono tutto ciò
che hanno le famiglie povere. Quindi se si è deprivati di tutto, dalla
terra alle abilità economiche, il numero aumenta perché è una necessità
economica. In questa ottica la crescita della popolazione dovrebbe
essere vista in un contesto e in una conformazione sociale ben definita.
La crescita della popolazione in questi paesi è un sintomo di
insicurezza economica.
Da questi fattori si evince, quindi, che la
sovrappopolazione è solo uno dei fattori ad essere incisivo per
l'impatto ambientale. A concorrere all'impatto ambientale, insieme al
fattore demografico, è anche il consumo delle risorse e la distribuzione
di persone tra paesi ricchi e poveri. Si stima che da qui al 2050
proprio la popolazione africana aumenti di un miliardo. Di contro, la
popolazione europea dovrebbe diminuire di 70 milioni, quindi si tratta
più che altro di capire se sapremo gestire le differenze territoriali ma
anche la grande crescita urbana lì dove i consumi ambientali sono enormi.
4. Conclusioni
Quello di gestire la popolazione e il suo impatto
ambientale è sicuramente la grande sfida del presente e del futuro. Nel
mondo oggi abbiamo 900 milioni di persone che soffrono la fame e questa
cifra non ha fatto che crescere negli ultimi 10 anni, nonostante
l’avvento degli OGM. Tuttavia a novembre del 2009 la FAO ha concluso i
suoi lavori di Roma con un solenne documento che neppure nomina la
questione della sovrappopolazione. E sebbene il dato demografico sia una
variabile che ha un impatto fondamentale sul consumo delle risorse, il
tema è rimasto fuori dalla porta anche a Copenhagen.
È indiscutibile che le decisioni che riguardano la
procreazione sono strettamente personali, tuttavia è bene domandarsi se
in un mondo globalizzato ed interconesso, come quello dove viviamo oggi,
sia sostenibile l'idea di tenere in considerazione solo i nostri propri
diritti ignorando le responsabilità collettive. È chiaro che non si può
avere nel lungo periodo una popolazione che cresca indefinitamente,
altrimenti esploderebbe, né si può avere una popolazione che decresca
indefinitamente, altrimenti scompariremmo. Ovviamente non si tratta di
punire le grandi famiglie, ma forse di trovare un punto di equilibrio
che tenga presente, oltre al fatto numerico, anche i dati di sviluppo e
impronta ambientale nei e dei diversi paesi. Inoltre se vogliamo nutrire
più di 7 miliardi di persone, è bene che il tema della sovrappopolazione
venga almeno fuori senza troppi timori e senza troppi tabù. Solo in
questo modo è possibile avviare un onesto e aperto dibattito.
(Gen.
2010)
BIBLIOGRAFIA:
Antonio Golini (a cura di), Il futuro della
popolazione nel mondo, Il Mulino, 2009
Robert Engelman, More. Population, nature, and what
women want, Island Press, 2009
www.rientrodolce.org
http://demo.istat.it/
http://it.wikipedia.org/wiki/
http://faostat.fao.org
http://women.timesonline.co.uk
http://www.aspoitalia.net
http://women.timesonline.co.uk/tol/life_and_style/women/families/article5627634.ece
Davide Miraglia |