MORTI SULLE STRADE: UN
TRIBUTO AL DIO DEL PROFITTO E DELLA VELOCITA’
di Agostino Spataro
Ancora morti e feriti
sulle strade siciliane. Fra Natale e l’Epifania si sono contate sette
vittime.
Molte di più delle perdite subite
dall’esercito israeliano che durante i primi nove giorni della sua
sanguinosa aggressione alla striscia di Gaza ne ha dichiarato solo una.
Sette morti, in nove giorni, sono
tanti. La gran parte, per altro, erano giovani che non portavano la
morte a nessuno, ma si spostavano per divertimento.
Certo, l’accostamento fra i due
tragici eventi può risultare discutibile, tuttavia ci aiuta a capire
l’assurdità maggiore delle tante vite spezzate che si verificano con una
frequenza e un’incidenza davvero allarmanti. Anche se quasi nessuno si
allarma più di tanto.
Ma quanti ne devono morire perché
qualcuno intervenga sul serio?
Davvero strano il tempo presente!
Per mantenere una vita già spenta, come quella di Eluana Englaro, ci si
accanisce con ingiunzioni inutili e divieti dogmatici, mentre per
prevenire la morte di centinaia, migliaia di persone, in piena salute,
non si fa nulla o quasi.
Per altro, c’è da rilevare che il
dato siciliano sia un pò in controtendenza rispetto a quello nazionale
che, nel 2008, ha fatto registrare una riduzione del 5,8% dei decessi
per incidenti stradali.
Per averne un’idea della sua gravità
basta andare su un qualsiasi motore di ricerca.
Si scoprirà che, nel solo mese di
dicembre, sulle strade siciliane c’è stata un’ecatombe, soprattutto di
ventenni. Terribile quella in cui perirono 4 ragazzi di Gerratana.
Se a queste morti si sommano quelle
provocate dagli incidenti sul lavoro (dette “bianche” chissà poi perché)
si ottiene una straziante contabilità.
Morti inaccettabili, poiché non sta
scritto in nessun Libro che una persona lavora o che si sposta per
strada debba morire, quasi in ossequio ad una sorta di “maledizione
statistica”.
Dopo la strage lo spettacolo della
morte
La preoccupazione cresce non soltanto
per le tante vite spezzate o invalidate, ma anche per la quasi assenza
di reazioni corrispondenti, anche a livello dell’opinione pubblica,
della gente comune.
Sembra che a queste morti ci si stia
rassegnando, abituando quasi fossero ineluttabili o un tributo da pagare
al dio del profitto e della velocità.
Oltre lo strazio dei genitori, dei
parenti, degli amici, non c’è da parte dei pubblici poteri un’azione, un
programma mirati almeno ad una seria inversione di tendenza.
Ad ogni strage segue il solito
rituale: il sindaco che proclama il lutto cittadino, il prete che
s’appella al valore della vita, la gente che applaude le bare e la
televisione che tutto riprende e diffonde. Lo spettacolo della morte è
servito. Dopo non accade più nulla, fino alla prossima strage.
Così non si può continuare! Bisogna
fare qualcosa per porre fine alle stragi di giovani e no ed anche di
pedoni che rischiano la vita per attraversare fin’anco sulle strisce.
Il problema è complesso, ma
risolvibile. Non può essere relegato nell’ambito familiare, ma
affrontato, con nuovi strumenti, dalla società e dallo Stato che, almeno
i Sicilia, non vediamo adeguatamente impegnato su questo fronte. Per
altro, c’è da aggiungere che una riduzione degli incidenti farebbe
diminuire gli enormi costi sociali e finanziari a carico della
collettività.
Ben vengano, dunque, nuove leggi, ma
intanto s’applichino, e più severamente, quelle vigenti per educare e
prevenire e, se del caso, reprimere i comportamenti irresponsabili.
Soprattutto, bisognerebbe richiamare
i giovani alle loro responsabilità e non stendervi sopra un velo
pietoso, magari scaricandole sulle “strade della morte”, sull’asfalto
bagnato e perciò “killer”, ecc.
E’innegabile che diverse strade
siciliane siano inadatte (gli incidenti, però, capitano anche in
nuovissime autostrade), appunto per ciò non si può pretendere che siano
le strade ad adattarsi alla nostra guida, viceversa dovremmo essere noi
ad adattare la guida al tipo di strada e alla segnaletica.
Insomma, basterebbe applicare alla
guida un po’ di buon senso.
Nuovi ideali per curare il
malessere dei giovani
Certo, sulle strade si può morire
anche a causa di un banale incidente, di una svista, tuttavia la causa
principale dei disastri è la velocità eccessiva, soprattutto se
combinata con i micidiali effetti di alcool e droghe.
Eppure si ha una strana ritrosia ad
ammettere questa verità, anche sulla stampa, incoraggiando di fatto i
conducenti spericolati a non correggere lo stile di guida.
Vi sarebbero tante altre cose da fare
in famiglia, nella scuola, nelle istituzioni. Intanto, si potrebbe
aprire un confronto franco con questi giovani per scuoterli e farli
riflettere sui tanti pericoli che corrono sulla strada e nella vita.
Soprattutto noi genitori, che il
sabato notte non prendiamo sonno pensando ai figli che vanno in
discoteca, dobbiamo sforzarci di capire, insieme a loro, perché questa
sfida costante con la sorte, il ricorso alla velocità, alla musica
assordante, alle droghe.
Ma cos’è questa frenesia? Dove
stiamo correndo?
Nessuno vuol fare la predica a
nessuno, ma solo tentare un richiamo severo alla sacralità e al senso
della vita che- mi pare- si stiano smarrendo.
Spulciando tra i blog, colpiscono
certi commenti di giovani che quasi mai invitano a rallentare la corsa
folle, anzi si coglie in loro una certa stizza verso chi raccomanda
prudenza.
Arroganza, strafottenza o c’è
qualcosa di più inquietante? La risposta non è facile, tuttavia da tali
commenti traspare quantomeno uno scarso attaccamento alla vita, alla
loro vita.
L’accostamento è un po’ azzardato, ma
talvolta mi sembra di rivedere all’opera una strana razza di uccelli
suicidi che, durante l’inverno, vengono a sfracellarsi contro il
parabrezza.
Insomma, un atteggiamento
autodistruttivo, in gran parte da decifrare, nel quale influiscono
diversi fattori (l’alcool, lo sballo, i cattivi straricchi maestri della
velocità, le strade inadatte, ecc), ma anche la disperante condizione di
precarietà che vive la nuova generazione la quale, per sfuggirvi, cerca
rifugio in forme devastanti di alienazione.
Per curare questo tipo di
malessere, non servono nuovi divieti ma nuovi ideali per il cambiamento
nel progresso, nella solidarietà e nella legalità.
Agostino Spataro |