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IL PROBLEMA DEI RIFIUTI
di Demetrio
Bellucci
La storia dei
rifiuti è la storia dell’uomo. Negli scavi archeologici dei villaggi
preistorici sono stati rinvenuti accumuli di materiali di scarto, in
pratica gli antenati delle nostre discariche. Chi ha “inventato” i
rifiuti industriali sono stati gli Etruschi con le loro discariche di
scorie derivanti dalla lavorazione del ferro proveniente dall’Isola
d’Elba. Con la nascita delle grandi città si presentò il problema di
come gestire gli scarichi delle abitazioni e i rifiuti (resti di cibo,
cocci e materiali di scarto).
Si costruirono reti
fognarie, latrine pubbliche, ma si crearono anche i primi gruppi di
spazzini. Ad Atene esistevano spazzini di professione che dovevano
portare i rifiuti a due chilometri dalle mura, ma era Tebe la città
greca più famosa per la pulizia (si racconta che Ercole, in una delle
sue fatiche, si occupò delle pulizie delle enormi stalle di Re Augia).
Roma all’apice del suo sviluppo era dotata di discariche esterne dove
finivano non solo i rifiuti, ma anche le carcasse degli animali e le
vittime dei giochi circensi. Con il Medioevo e lo sviluppo delle città,
il problema dei rifiuti
cominciò a farsi sentire a causa dell'afflusso di artigiani e
commercianti che abbandonavano le campagne per venire a vivere negli
agglomerati urbani dove si concentravano traffici e commerci.
Fu necessario realizzare impianti di
raccolta e di scarico dei rifiuti, e ciò portò un notevole miglioramento
delle condizioni igieniche dei centri urbani e una conseguente
diminuzione delle malattie infettive.
Questo equilibrio resse fino alla
cosiddetta rivoluzione industriale della seconda metà del '700 quando,
numerosi stabilimenti, diedero inizio alla degradazione dell'ambiente.
A differenza di
quanto si possa pensare, non tutti sanno cos'è l'ambiente. La risposta
più semplice ed immediata potrebbe essere "la natura" oppure "il verde
che ci circonda", ma in realtà l’ambiente
è un organismo, nel quale un singolo intervento locale ha
conseguenze sull'intero sistema, poiché i vari elementi sono collegati
tra loro da una stretta rete di relazioni; se si rompe questo equilibrio
il sistema viene distrutto oppure si crea un nuovo equilibrio. Anche
l'uomo svolge un ruolo in questa interazione; la qualità della vita è
infatti influenzata per buona parte dall'ambiente in cui l'uomo vive e
alle caratteristiche che questo ha, adatte o non alla sopravvivenza
della specie umana. Spesso gli uomini operano interventi locali che
rovinano in modo irreparabile gli ecosistemi.
In questi ultimi due secoli il "progresso"
ha influito pesantemente sull'ambiente, modificandolo o alterandolo con
conseguenze anche drammatiche per la stessa sopravvivenza della specie
umana; si è passati ad un mondo costituito più di cemento che di
"verde". Il degrado ambientale, infatti, è strettamente collegato al
degrado della vita di tutti gli esseri viventi, uomo compreso. Il
problema è complesso poiché fa capo a un duplice squilibrio: quello del
rapporto uomo-natura e quello tra popoli avanzati tecnologicamente e
popoli arretrati o in via di sviluppo. Allo scopo di creare condizioni
favorevoli alla propria sopravvivenza e al proprio benessere, l’uomo ha
segnato profondamente l’ambiente fin dalla sua comparsa sulla Terra.
Infatti, ha disboscato foreste, messo a coltura i terreni, spianato
alture, addomesticato e ucciso animali. Il "progresso", la scienza e la
"tecnologia" hanno fornito all’uomo strumenti sempre più potenti ed
efficaci per piegare la natura alle proprie esigenze.
Tutto questo ha avuto un prezzo: più
sofisticati si facevano gli strumenti del progresso, più alto diveniva
il prezzo da pagare, fino alle drammatiche conseguenze che vediamo ogni
giorno e che rischiano di trascinarci in una catastrofe irreversibile.
Ma non sempre è l'uomo a danneggiare l'ecosistema. Spesso, eventi
naturali come terremoti ed alluvioni alterano in modo irreversibile
l'ambiente e l'uomo non può che rimanere impotente di fronte a calamità
di questa portata e non può far nulla se non cercare di salvarsi
scappando. Ma prima o poi non potrà più scappare. Per fare in modo che
questo momento arrivi il più tardi possibile, è necessario che l'uomo
abbia rispetto dell'ambiente, tenti di salvaguardarlo e soprattutto
provi a ricostruire dei sistemi laddove l'ambiente è stato distrutto.
L'ambiente, oltre ad essere influenzato,
influenza la vita dell'uomo. Il fatto che esso sia costituito di cicli
continui che in più di un caso non possono essere interrotti, costringe
l'uomo a cercare soluzioni alternative. Basti pensare all'alternarsi
delle stagioni e, di conseguenza, al variare della flora e della fauna
dei vari ecosistemi; questi cambiamenti influenzano notevolmente la
nostra vita e il nostro benessere. Per mantenere quest'ultimo l'uomo
però cerca sempre delle soluzioni che spesso mettono a repentaglio
l'equilibrio dell'ambiente. La degradazione dell'ambiente è, ormai, uno
degli aspetti caratteristici della nostra civiltà.
La continua crescita produttiva richiesta dalla società
industriale viene attuata con enorme spreco di risorse ed attraverso la
distruzione della natura.
Alcune delle principali cause
dell'inquinamento che minacciano la vita della terra sono l’elevata
attività industriale, l'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali,
il costante uso di agenti chimici in agricoltura, la motorizzazione
generalizzata e sono tutte fortemente correlate all'industrializzazione
dei paesi, che hanno seguito un modello di sviluppo capitalista. Il
modello di sviluppo industriale, che domina nella maggior parte dei
paesi ad economia avanzata, risulta cosi essere il maggior imputato
dell'attuale stato di degrado. Dalla rivoluzione industriale in poi la
produzione non tende più al soddisfacimento dei bisogni primari
dell'uomo, ma agli interessi del capitalismo. Crescita economica e
crescita della produzione di merci sono così diventati il fine primario
da perseguire nei paesi industrializzati. Questi ultimi, in nome dello
sviluppo economico e dell'accrescimento delle possibilità competitive e
di profitto, hanno sacrificato l'equilibrio ecologico. La certezza di
poter contare su quantità inesauribili di risorse naturali, e la
sicurezza che la loro disponibilità sarebbe stata in grado di
soddisfare le esigenze di tutte le popolazioni della terra, hanno
contribuito ad una forma di sviluppo orientata verso una crescita
illimitata, in cui i paesi ricchi ed industrializzati si sono
accaparrati la maggior parte delle risorse.
Risulta evidente, quindi, come sia
indispensabile un drastico cambiamento del “modus vivendi” della
popolazione mondiale, e soprattutto di quella dei paesi più
industrializzati. Azioni quotidiane, apparentemente innocue, sono in
realtà disastrose per l'ecosistema che ci circonda. Risorse che
riteniamo scontate sono in realtà agli sgoccioli, e, nonostante ciò,
continuiamo a crearci bisogni superflui per la cui soddisfazione è
necessaria la distruzione di ciò che ci circonda. Alla società dello
spreco deve perciò essere sostituita una società in cui produzione e
consumo siano parte di un processo rispettoso dei cicli naturali. La
quantità della produzione va sostituita con la qualità della vita.
Nella società odierna i rifiuti e le
problematiche derivanti dalla mancanza di un loro corretto smaltimento
rappresentano un serio pericolo per il futuro dell’ecosistema e della
salute umana.
Fino ad oggi il
nostro paese non è riuscito ad organizzare in modo concreto e razionale
lo smaltimento; motivo per cui le amministrazioni locali si trovano
costrette a dover adottare soluzioni provvisorie e non sempre adeguate.
Negli ultimi anni, nonostante si siano avvertiti dei lievi progressi a
livello nazionale, l’Italia rimane uno dei pochi Paesi industrializzati
in cui la gestione dei rifiuti dipende troppo dallo smaltimento in
discarica.
Una grande
differenza si nota quando si pone a confronto il Nord ed il Centro Sud.
Infatti, vediamo che al Nord già da tempo viene utilizzata la raccolta
differenziata dei rifiuti, mentre al Centro ed al Sud, non sussistendo
alcun sistema controllato sulla raccolta, tutti i rifiuti prodotti
vengono conferiti in discariche, tra l’altro provvisorie ed
insufficienti. Infatti, per
far fronte all’emergenza rifiuti, alcune regioni del centro-sud Italia,
si sono viste costrette ad inviare gran parte dei rifiuti all’estero,
sostenendo esorbitanti spese.
Il problema rifiuti è anche culturale poiché manca la corretta
informazione sui
pro e i contro delle soluzioni tecniche e gestionali finora proposte
(come la realizzazione di termodistruttori, il riciclaggio e il recupero
energetico) causa questa che finora ha provocato reazioni di disappunto
da parte di diversi cittadini e
organizzazioni ambientaliste.
La scarsa
informazione e le poche competenze, unite a sicuri e perversi interessi
economici e politici che hanno fatto in modo che la gestione dello
smaltimento dei rifiuti finisse nelle mani delle organizzazioni
criminali, non fanno altro che peggiorare la situazione. Inoltre, il
problema delle discariche del nostro Paese rappresenta un campanello
d’allarme che non si deve ignorare ma che, sulla base delle esigenze
attuali e future, necessita di immediate soluzioni operative e
tecnologiche, altrimenti la situazione non può che continuare ad
aggravarsi provocando danni sociali ed ambientali che ricadranno
inesorabilmente anche sulle generazioni future.
Il più grave dei pericoli derivanti dalla presenza di discariche abusive
è in effetti quello dell'inquinamento del
suolo, delle falde acquifere e delle acque superficiali.
La maggior parte
dei cittadini sono ormai abituati a convivere con il problema dei
rifiuti solidi urbani. Quasi quotidianamente nei centri abitati ci si
trova a dover assistere a focolai di rifiuti che sprigionano nell’aria
enormi quantità di esalazioni tossiche. Inoltre, bisogna aggiungere
anche il problema generato dai rifiuti speciali e tossici prodotti dalle
fabbriche, dalle industrie e dagli enti ospedalieri, i cui rifiuti,
contenendo sostanze altamente inquinanti, per il loro smaltimento devono
subire processi molto più complessi e costosi. In questo contesto si
inserisce perfettamente la criminalità
organizzata che,
offrendo un servizio illegale ma efficiente, permette alle aziende di
disfarsi dei rifiuti prodotti a bassi costi. L’utilizzo di detti rifiuti
e le strade che percorrono per essere “smaltiti” sono svariati: a volte
finiscono in centri di stoccaggio con documenti falsi, facendoli passare
come residui riutilizzabili; altre volte utilizzati come compattamento
per le strutture fondiarie o nascoste sotto le fondamenta di altre
strutture edilizie, la maggior parte delle quali abusive.
Con questo
sistema il materiale si solidifica insieme al cemento o al di sotto
dell’asfalto, diventando quindi difficile se non impossibile, da parte
delle autorità preposte al controllo, di verificare che in loco vi sia
presenza di una discarica. In questo drammatico quadro, si assiste
giorno dopo giorno ad un aumento di mortalità causato da diverse forme
di cancro.
Non si può
restare inermi davanti a questo grave fenomeno e non si può sicuramente
accettare che, dopo l’emergenza rifiuti, arrivi anche l’emergenza
sanitaria. Il problema dei rifiuti
richiede uno sforzo collettivo, un'assunzione di responsabilità da parte
di tutti, perché tutti, a turno, siamo produttori e consumatori.
I governi di tutto il mondo dovrebbero
adottare soluzioni che risolvano in modo definitivo il problema rifiuti,
per esempio ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e
incrementare quello delle energie rinnovabili. Anche le persone comuni,
però possono fare molto per aiutare la Terra:
ogni singolo cittadino deve comportarsi
in modo responsabile; ciascuno deve fare il proprio dovere, perché il
benessere individuale e la qualità della vita coincidono sempre più con
il buon andamento della cosa pubblica e col raggiungimento
dell'interesse generale.
Tutti sogniamo,
infatti, di vivere in una realtà in cui poste, scuole, ospedali,
biblioteche funzionino e di comprare auto, telefoni, frigoriferi,
computer privi di difetti. Non si va molto lontano, a mio avviso, se
non si procede, più che a una bonifica dei rifiuti, ad una rifondazione
del senso civico e morale, una rivoluzione culturale che, certo,
richiede anni, se non secoli. Forse occorre ripensare al nostro modo di
vivere e di produrre. Il nostro consumismo compulsivo va moderato e
bisogna capire che i rifiuti non rappresentano soltanto un imbarazzante
ingombro, bensì una fonte importante di energia e di ricchezza. Non
servono più le discariche, ormai obsolete e inquinanti, ma occorre
implementare un sistema moderno di raccolta differenziata e riciclo dei
rifiuti.
Accompagnato
magari dalla costruzione dei necessari impianti di smaltimento, al passo
con i tempi, efficienti e poco inquinanti, per liberarci da strade piene
di rifiuti e dal pericolo immediato di malattie infettive e
degenerative.
Alle aziende
andrebbe imposta una riduzione degli imballaggi delle merci mentre nella
distribuzione si dovrebbe incentivare la vendita di prodotti sfusi.
Ma quello che conta, soprattutto, è, a mio avviso, lo sviluppo del senso
civico dei cittadini, una virtù sempre più rara nella vita
contemporanea, attraverso campagne di educazione ambientale condotte
anche nelle scuole. Il problema dei rifiuti ci riguarda tutti,
condiziona la qualità della convivenza nelle nostre città.
Il modo per migliorare la situazione c'è
in qualsiasi cosa ma finché ci sono persone al comando che non pensano
ad altro se non se stessi si può fare ben poco.
Demetrio Bellucci
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