NOME IN CODICE
La nascita e la commercializzazione della Fiat
X 1/9
di Roberto Maurelli
Nel
1972 Gianni Agnelli stava conducendo una visita di routine allo
stabilimento FIAT di Grugliasco. Quando vide nascosta in un angolo,
tutta ricoperta di polvere, una piccola sportiva a motore centrale con
carrozzeria tipo targa fu preso dall’entusiasmo di un bambino. La
tendenza dell’epoca, fedele alle recenti convinzioni in fatto di
sicurezza, era infatti quella di soppiantare le obsolete spider con
vetture con tetto rimovibile.
Si trattava di un prototipo disegnato da Marcello Gandini, allievo
celebre dello stilista Bertone che aveva proposto alla casa torinese,
senza convincere tecnici dirigenti, questo interessante progetto.
L’Avvocato, decisionista per definizione, si impose per l’immediato
ingresso in produzione del veicolo. Pochi mesi dopo la vettura veniva
presentata al pubblico, con pochissimi aggiustamenti estetici e ancora
con il nome in codice X 1/9.
La meccanica era stata prelevata direttamente in casa, dalla 128, anche
se era stata disposta “al contrario”. Mentre, infatti, la berlina aveva
motore e trazione anteriori, la piccola sportiva presentava una
configurazione tutta sbilanciata sul posteriore, come mai era accaduto
prima in casa FIAT.
Le sospensioni erano indipendenti sulle quattro ruote, l’impianto
frenante presentava quattro dischi in acciaio. La sicurezza e la
rigidità torsionale erano incrementate dalla presenza di un robusto roll
bar.
Inizialmente il motore era il collaudato quattro cilindri da 1290 cc per
75 cv, azionato da un cambio manuale a quattro rapporti.
La carrozzeria tipo targa, mantenuta rispetto al prototipo originale,
consentiva che, al di sopra dell’abitacolo a due posti, il tetto potesse
essere facilmente rimosso e riposto nel vano bagagli anteriore. Molte
delle componenti della carrozzeria erano in comune con la mitica Lancia
Stratos, pure disegnata da Marcello Gandini.
La meccanica semplice ed efficiente, le dimensioni compatte, il peso
ridotto ed il motore in posizione centrale erano tutte caratteristiche
che facevano ben sperare per un futuro impiego sportivo. Le speranze non
furono deluse perché la X 1/9 trovò largo impiego nelle gare in salita e
nelle competizioni di slalom, consentendo anche ai giovani piloti
privati di ottenere buoni successi con una spesa minima.
Molto meno successo riscosse, invece, nei rally dove vene ben presto
soppiantata dalla 131 Abarth. L’allestimento pensato per questo tipo di
gare era comunque molto interessante: il motore era quello della FIAT
124 Abarth da 1.840cc,
alimentato
da due
carburatori
doppio corpo e con
distribuzione
a 4 valvole per cilindro, per una
potenza
max di 200 cavalli a 7.600 giri al minuto e
trasmissione
con cambio a cinque marce ad innesti frontali e
differenziale
autobloccante; esteticamente la vettura, pesante solo 750 kg, era
caratterizzata da aerodinamica sofisticata, prese d'aria sul cofano
anteriore, e periscopio sul motore centrale, fari anteriori rettangolari
fissi, fanaleria supplementare circolare, cerchi in lega Cromodora.
Nel 1978, intervenne il primo ed ultimo restyling: i paraurti in
plastica sostituirono quelli in metallo, gli interni furono ridisegnati
e il propulsore impiegato fu un 1498 cc da 85 cv, azionato finalmente da
un cambio a cinque marce che migliorava lo spunto in accelerazione. Da
qui deriva il nomignolo “Five Speed”.
Con queste specifiche, l’auto raggiungeva i 185 km/h di velocità massima
ed era in grado di coprire lo 0-100 km/h in soli 10 secondi.
In totale sono stati costruiti 174.000 esemplari, alcuni appositamente
modificati per la vendita negli Stati Uniti dove i severi standard in
materia di emissioni, imposero l’adozione dell’iniezione elettronica e
di dispositivi antinquinamento; anche la strumentazione venne aggiornata
per rispondere, come è ovvio, alle esigenze delle misure anglosassoni.
Nel computo figurano anche numerose versioni speciali che si
susseguirono, soprattutto partire dal 1982, quando la produzione passò
da FIAT a Bertone. La produzione, con il marchio Bertone, cessò
definitivamente nel 1989.
Roberto Maurelli |