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CICCIO” ASCARI

La vita di un grande campione italiano

 

di Roberto Maurelli 

 

Il 13 luglio 1918 Antonio Ascari, il più grande pilota italiano dell’epoca, diventava padre. Il suo bambino, Alberto, sarebbe diventato uno dei più grandi piloti di Formula 1 di tutti i tempi. La passione di Alberto per le corse nacque, ovviamente, sui campi di gara dove il padre  aveva l'abitudine di portarlo. Almeno fino al 1925, anno in cui lo sfortunato campione rimase ucciso mentre era in testa al Gran Premio di Francia.

Non bastò questo ad arrestare una passione che cresceva prepotentemente nel ragazzo: osservando le sue foto da ragazzo viene facile immaginarlo, tutto preso dai motori, in sella alla motocicletta che riuscì ad acquistare con i primi risparmi.

La sua prima gara ufficiale fu la Mille Miglia del 1940 e la macchina che guidò una Ferrari. Dopo un’interruzione dovuta, fra l’altro, alla guerra, Alberto riprese a gareggiare nel 1947: comprò una Maserati 4CLT e racimolò i soldi, necessari a correre con successo sui circuiti del Nord Italia.

Dopo un altro anno di successi, nel 1949, Enzo Ferrari, che era stato un grande amico e compagno di squadra del padre Antonio, colpito dai successi di Alberto, mise sotto contratto sia Ascari che l’amico Villoresi: quell'anno Ascari ripagò la fiducia accordatagli vincendo sei volte!

Nel 1950, anno del primo campionato mondiale di Formula 1, ottenne come miglior risultato due secondi posti con la Ferrari e nel 1951 conquistò alcune vittorie, nonostante la Ferrari fosse inferiore rispetto alle più rodate Alfa Romeo 158/159.

Il 1952 fu la sua stagione più ricca, con addirittura 12 vittorie e la conquista del titolo mondiale, relativamente facilitata anche dal fatto che Fangio, era stato messo fuori gioco per gran parte della stagione in seguito ad un incidente accaduto a giugno nel Gran Premio dell'Autodromo di Monza. L'anno dopo, come accade solo ai migliori talenti, seppe ripetersi, vincendo le prime 3 gare e stabilendo il record ancora imbattuto di 9 vittorie consecutive!

Ascari apparteneva certamente a quel genere di piloti che dà il meglio di sé quando corre in testa alla gara, quando può integralmente concentrarsi sulla prestazione e sulla sfida solitaria con se stesso, con i suoi tempi sul giro. Nonostante ciò, anche quando era costretto a stare nelle retrovie, mostrava un notevole talento e un indomabile coraggio, che si traducevano in una guida nervosa, costantemente impegnata nella ricerca del sorpasso ad ogni costo.

 

Dopo un 1954 avaro di successi, il 22 maggio del 1955 Ascari compì una delle sue imprese più memorabili. Al Gran Premio di Monaco fu autore di una rimonta incredibile, per raggiungere in testa alla corsa la Mercedes Benz di Stirling Moss. Recuperando due o tre secondi per giro sembrava pronto a compiere il balzo finale, quando il suo rivale fu costretto al ritiro per una rottura del motore.

Ormai la vittoria sembrava solo una formalità ma, mentre conduceva la sua Lancia nel dedalo di curve del Principato, proprio mentre affrontava la svolta del Casinò, distratto dalla folla che cercava di richiamare la sua attenzione, Alberto smarrì la sua ferma concentrazione e perse il controllo della vettura, rischiando peraltro tantissimo nell’uscita di pista.

Quattro giorni dopo l’incidente Ascari era nuovamente in piedi ad assistere a delle prove sul circuito di Monza.

Appena prima di tornare a casa con sua moglie per il pranzo decide di fare qualche giro con la Ferrari del suo amico Eugenio Castellotti. Ascari, dopo la morte del padre, era diventato estremamente superstizioso: non correva mai senza il suo casco azzurro e senza la sua maglietta portafortuna. Ma, stranamente, in quell'occasione decise diversamente: in camicia e pantaloni e indossando il casco di Castellotti si avvia.

Al terzo giro l'auto imprevedibilmente sbanda, capovolgendosi due volte dopo un testacoda. Sbalzato fuori dal mezzo Ascari si ferisce gravemente e muore dopo pochi minuti. Il destino beffardo ha voluto che questo triste epilogo si consumasse nello stesso giorno in cui morì il padre: il 26.

La morte di Ascari venne accolta come un lutto in tutto il paese. Con lui moriva davvero un eroe nazionale, uno dei pochissimi piloti a rivaleggiare alla pari con Juan Manuel Fangio.

Tre giorni dopo le esequie la Lancia sospese ogni attività agonistica e a luglio consegnò sei modelli D50, con motori, progetti e ricambi, alla Ferrari.

 

 

Roberto Maurelli

 

 


 

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