Trattamento dei rifiuti
di Daniela Orlandi
Lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU) rappresenta un problema
in continua crescita.
Lo stoccaggio del materiale in discariche più o meno controllate è una
falsa soluzione poiché non fa altro che spostare il problema e
concentrarlo in zone in cui il rischio di una irreparabile
compromissione dell’ambiente è reale e purtroppo rimarrà tale per molto
tempo.
Da anni si sta lavorando ad una soluzione alternativa del problema e i
vari studi si sono essenzialmente orientati verso due posizioni di tipo
generale: da una parte vi è la convinzione della necessità di riciclare
quanto più è possibile dai rifiuti per evitare sprechi di materia prima
(carta, plastica, vetro, metalli e produzione compost da utilizzare in
agricoltura); dall’altra si è pensato di risolvere in modo radicale il
problema utilizzando gli inceneritori.
Il primo caso, più rispettoso dell’ambiente, prevede una raccolta
differenziata dei rifiuti fatta dai cittadini ma presenta
l’inconveniente degli alti costi. Il secondo è sicuramente più
economico, ma presenta i maggiori rischi di inquinamento ambientale.
Vi
è una terza soluzione costituita dal trattamento dei RSU
Nei due impianti combinati di produzione di combustibile da rifiuti (CDR)
e dai termovalorizzatori in cui viene bruciato il CDR. A proposito dello
smaltimento dei rifiuti l'UE dà questa indicazione: "L'uso delle
discariche per il rifiuto indifferenziato deve essere assolutamente
evitato." L'Unione Europea ha tra l'altro stabilito, con la direttiva
99/31/CE, che in discarica debbano finire solo materiali a basso
contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili: in sostanza,
dando priorità al recupero, la direttiva prevede il compostaggio ed il
riciclo quali strategie primarie per lo smaltimento dei rifiuti.
Classificazione dei rifiuti
Per rifiuto si intende qualsiasi sostanza
o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di
disfarsi (CEE 751442), o qualsiasi sostanza o oggetto derivante da
attività umane o da cicli naturali, abbandonato o destinato
all’abbandono (DPR 915/82).
I
rifiuti sono classificati:
·
secondo l’origine, in:
- RIFIUTI URBANI
- RIFIUTI
SPECIALI
·
secondo le caratteristiche di
pericolosità, in:
- RIFIUTI NON PERICOLOSI
- RIFIUTI PERICOLOSI
Sono “urbani”:
a)
i rifiuti domestici, anche
ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso civile;
b)
i rifiuti non pericolosi
provenienti da locali e luoghi adibiti a usi diversi da quelli di cui
alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e
quantità, ai sensi dell’art.198, comma 2, lett. g)
c)
i rifiuti provenienti
dalla pulizia delle strade;
d)
i rifiuti di qualunque
natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle
strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge
marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;
e)
i rifiuti vegetali
provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
f)
i rifiuti provenienti da
esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da
attività cimiteriale, diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed
e).
Sono “speciali”:
a)
i rifiuti da attività
agricole e agro-industriali;
b)
i rifiuti derivanti dalle
attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano
dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’art.186;
c)
i rifiuti da lavorazioni
industriali;
d)
i rifiuti da lavorazioni
artigianali;
e)
i rifiuti da attività
commerciali;
f)
i rifiuti da attività di
servizio;
g)
i rifiuti derivanti dalle
attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi dalla
potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione
delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h)
i rifiuti derivanti da
attività sanitarie;
i)
i macchinari e le
apparecchiature deteriorati e obsoleti;
j)
i veicoli a motore,
rimorchi e simili fuori uso e loro parti;
k)
il combustibile derivato
da rifiuti;
l)
i rifiuti derivanti dalle
attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani.
Sono “pericolosi”:
i
rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito
asterisco, nell’elenco europeo dei rifiuti (CER)
Problema Campania
La crisi dei rifiuti in Campania
riguarda lo smaltimento ordinario dei rifiuti solidi urbani (RSU). È
iniziata nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza e la
nomina del primo Commissario di Governo con poteri straordinari. Lo
stato di emergenza è quindi cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni,
sulla base di un decreto legge, il n. 195 approvato dal Governo il 17
dicembre 2009, che ha fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine
finale dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario.
Le cause alla base dell'emergenza
rifiuti in Campania sono complesse: vi è una commistione di errori
tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e
malavitosi.
Di fatto, esse possono essere in parte
individuate nei ritardi di pianificazione e di preparazione di
discariche idonee, avvenute solamente dal 2003; nell'inadeguato
trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di
combustibile derivato dai rifiuti (cdr), nei ritardi nella
pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti anche a
prescrizioni della magistratura sui progetti in essere e finalizzate ad
una maggiore tutela dell'ambiente e a contrastare la camorra; nei
ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di
compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta
differenziata, ed infine nei bassi livelli medi della stessa, che nel
2007 nella Provincia di Napoli si fermava ad un misero 8%.
È a partire dal 1994 che i rifiuti solidi
urbani in Campania non vengono raccolti regolarmente e si accumulano, in
mancanza di una politica di riduzione dei rifiuti e, in particolar modo,
per lo scientifico e continuo sabotaggio della raccolta differenziata e
degli impianti di cdr, peraltro in alcuni casi pure sequestrati dalla
magistratura perché non a norma, e quindi mai effettivamente utilizzati.
Il risultato è la presenza per le strade della regione, e soprattutto
delle province di Napoli e Caserta, di cumuli di rifiuti che creano
gravi rischi igienico-sanitari per le popolazioni locali, oltre a
diversi problemi di ordine pubblico.
Quando poi i rifiuti vengono dati alle
fiamme si verificano pericolose emissioni di diossina e casi di
intossicazione. Le discariche abusive e gli incendi di rifiuti,
soprattutto nelle campagne del casertano, hanno creato gravi problemi,
oltre che per la salute, anche per quel che concerne la salubrità delle
produzioni agroalimentari. Infatti, proprio per questo motivo, la
vendita di prodotti caseari della Campania è diminuita
significativamente, e non solo in Italia, ma anche all'estero, dove per
il timore che la produzione casearia italiana sia poco salubre, si
preferisce non importare questi alimenti.
La Protezione Civile nel 2004 ha
commissionato uno studio scientifico sulle conseguenze sanitarie della
mancata gestione dei rifiuti in Campania ad un'equipe di
specialisti provenienti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, dal
Centro Europeo Ambiente e Salute, dall'Istituto Superiore di Sanità, dal
Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall'Osservatorio Epidemiologico
della Regione Campania e dall'Agenzia Regionale per la Protezione
Ambiente.
L'analisi dei dati epidemiologici raccolti
tra il 1995 e il 2002 ha consentito ai ricercatori di mettere in
correlazione diretta i problemi osservati sulla salute pubblica con la
mancata gestione del ciclo dei rifiuti urbani e con la presenza di
discariche abusive, gestite dalla criminalità organizzata, dove sono
stati versati enormi quantitativi di rifiuti industriali, provenienti
prevalentemente dall'Italia settentrionale e talvolta dall'estero. In
particolare, è stato riscontrato un aumento del 9% della mortalità
maschile e del 12% di quella femminile, nonché l'84% in più dei tumori
del polmone e dello stomaco, linfomi e sarcomi, e malformazioni
congenite.
Possibili soluzioni al problema
rifiuti
La situazione dei
rifiuti in Campania pone l’attenzione su un’attenta gestione di questi
in modo di minimizzare l’impatto ambientale. Il vero problema non è il
tipo di rifiuto che si butta, ma la quantità. Infatti, viene buttato
all’incirca una tonnellata di spazzatura. L’uso congiunto dei vari
metodi di smaltimento dei rifiuti porterebbe ad un ottimizzazione della
gestione dei rifiuti fino all’abbandono delle discariche, vere e proprie
bombe ecologiche.
Raccolta
differenziata
La raccolta differenziata dei rifiuti è un sistema di raccolta dei
rifiuti solidi urbani che prevede, per ogni tipologia di rifiuto, una
prima selezione da parte dei cittadini. Scopo finale delle norme
nazionali e regionali in materia di rifiuti è di ridurre quanto più
possibile la quantità di residuo non riciclabile da portare in discarica
o da trattare con inceneritori o termovalorizzatori, e,
contemporaneamente, recuperare, mediante il riciclaggio dei rifiuti,
tutte le materie prime riutilizzabili, che divengono così fonte di
ricchezza e non più di inquinamento. I principali tipi di rifiuti da
dividere sono:
ü
CARTA: libri, riviste,
giornali, cartoncino, cartone ondulato, imballi di carta, fustini di
detersivo...
ü
PLASTICA:
bottiglie d’acqua o bibite, flaconi di cosmetici, prodotti per
la casa o detersivi in genere
ü
VETRO: bottiglie,
bicchieri, rottami di vetro, barattoli, specchi...
ü
INDIFFERENZIATO: tetrapack,
carta stagnola, polistirolo, pannolini, contenitori yogurt, carta unta e
sporca, scarti alimentari... senza scordare i rifiuti organici
(rifiuti umidi) che costituiscono circa il 37% dei rifiuti solidi urbani
che, raccolti separatamente, vengono trasformati in compost per
l’agricoltura e la fioricoltura.
Entro il 2009 è obbligo di tutti i Comuni raccogliere in maniera
differenziata almeno il 35% dei rifiuti (in origine tale percentuale era
da raggiungere nel 2003); la nuova normativa prevede l'obbligo di
raggiungere il 65% entro il 2012. In Italia esistono molti Comuni che
ottengono ottimi risultati superiori all'80% di materiale differenziato;
tra le grandi città con più di 500.000 abitanti il primato spetta a
Torino, che nel 2010 ha raggiunto il 42,1% di raccolta differenziata.
Nel 2009, invece, Salerno ha raggiunto il primato di capoluogo d'Italia
con la più alta percentuale di raccolta differenziata (72%)
raggiungendo, poi, a fine ottobre il 74,16%.
Cardine principale di tale sistema di raccolta rimane però la buona
volontà del cittadino il quale ha il compito principale di dividere i
vari tipi di rifiuti; sarebbe utile a tal fine promuovere campagne di
sensibilizzazione soprattutto nelle scuole formando così una coscienza
sociale. Un altro sistema è quello di applicare un incentivo diretto
alla selezione (ciò che avviene già in alcuni comuni). In pratica viene
applicato il principio "più inquini più paghi". Per contro più ricicli
più risparmi. Per applicare una misura precisa di quanto il cittadino
sia bravo, il comune vende (talvolta con distributori automatici) gli
unici sacchetti abilitati allo smaltimento dei rifiuti non riciclabili
al costo del sacchetto più il costo dei rifiuti che questo contiene.
Quindi se un cittadino differenzia bene i suoi rifiuti dovrà acquistare
meno sacchi.
Nel Comune di Terni in Umbria si utilizza la banda magnetica del
tesserino del servizio sanitario nazionale per identificare il cittadino
durante l'uso del distributore automatico di sacchi.
Per ottimizzare al massimo questo tipo di
raccolta nei comuni più piccoli si può applicare la
raccolta differenziata porta a
porta che prevede il periodico ritiro presso il domicilio
dell'utenza del rifiuto urbano prodotto dalla stessa. Vengono
generalmente ritirati i diversi tipi di rifiuti (rifiuto umido organico
destinato al compostaggio, vetro-alluminio, carta-cartone, plastica,
secco non riciclabile) in giorni e contenitori diversi. I rifiuti urbani
non differenziati vengono solitamente ritirati con frequenze diverse a
seconda della tipologia. Tipicamente le frequenze variano da una volta
al mese a due o tre volte a settimana a seconda della frazione di
rifiuto raccolta.
Contestualmente all'avvio del sistema porta
a porta vengono rimossi dalle strade di tutta l'area interessata i
cassonetti per i rifiuti indifferenziati. Questo sistema è considerato
il metodo più funzionale per incrementare la percentuale di rifiuti
destinati al riciclaggio. Tuttavia, un aspetto problematico del sistema
consiste nella possibile scarsa collaborazione da parte dei cittadini.
Quanto più alta è la coscienza civica tanto più il metodo garantisce
ottimi risultati. Inoltre nella maggior parte dei comuni che attuano
questo tipo di raccolta differenziata si è applicato il principio del
"Chi inquina paga”. Moltissime le amministrazioni comunali italiane che
hanno sperimentato la raccolta porta a porta, con risultati generalmente
superiori al 60% di rifiuti differenziati, contro una media nazionale
del 20% circa (19,2% nel 2002) con le strategie tradizionali.
Termovalorizzatori
Un termovalorizzatore è di fatto un inceneritore di rifiuti in grado di
sfruttare il contenuto calorico dei rifiuti stessi per generare calore,
riscaldare acqua ed infine produrre energia elettrica. Si distingue
quindi dai vecchi inceneritori che si limitavano alla sola
termodistruzione dei rifiuti senza produrre energia. L'impiego dei
termovalorizzatori sembra essere una parziale via di uscita dal problema
delle discariche ormai stracolme e una opzione per diversificare i
processi di eliminazione dei rifiuti solidi urbani (RSU).
Se il
funzionamento dei termovalorizzatori è gestito in modo corretto
l'impatto ambientale potrebbe essere minimizzato dalla presenza di
filtri, dal corretto incenerimento dei rifiuti consentiti e dai
controlli dello Stato.
Molte capitali europee (es. Parigi) hanno i
propri termovalorizzatori nelle immediate vicinanze delle grandi città.
La termovalorizzazione per assolvere al suo compito in maniera ottimale
dovrebbe non precedere bensì seguire un processo accurato di raccolta
differenziata che preveda ci si informi dalle industrie sulle
caratteristiche che deve avere la materia recuperata per poter essere
utilizzata come materia prima nei cicli produttivi (separando
accuratamente il vetro dalla plastica, dalla carta, dall'alluminio, etc).
Anche la materia destinata ai termovalorizzatori (le cosiddette ecoballe)
dovrebbe avere precipue caratteristiche tali da scongiurare quanto più
possibile un eventuale rilascio di sostanze nocive nell'ambiente, ma
questo passaggio purtroppo in alcuni casi non avviene ancora con la
necessaria trasparenza e accortezza. La raccolta differenziata consente
di recuperare materiale da inviare al riciclaggio e agevolare la
selezione e la lavorazione dei rifiuti. Il termovalorizzatore non brucia
qualsiasi rifiuto bensì soltanto CDR (combustibile da rifiuto) composto
dalla parte secca del classico RSU (rifiuto solido urbano, ossia il
nostro sacchetto dell'immondizia). Questa parte secca è ovviamente
composta da legno, carta, cartone, panni, stracci e tutto ciò che ha un
potere calorifico abbastanza alto da poter garantire il corretto
funzionamento dell'impianto di termovalorizzazione.
Cementificazione dei rifiuti
Di particolare interesse è un nuovo sistema
di smaltimento, recentemente brevettato, che consentirà di incorporare i
rifiuti e materiale inerte in blocchi di cemento e calcestruzzo. Il
vantaggio del sistema brevettato dal signor Cannavò è quello di non
inquinare l’ambiente, di costare molto meno delle discariche e degli
inceneritori, “di essere di facile implementazione”, oltre di consentire
di impiegare “i blocchi ricavati in diverse soluzioni”.
Una soluzione
che il signor Cannavò ritiene importante è “la messa in sicurezza di
molti siti a rischio idrogeologico, in assoluta economia”, se si
considera il risparmio conseguibile dallo “smaltimento dei rifiuti”. Si
tratta di un metodo per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani
comprendente le fasi di formazione di un impasto cementizio costituito
per il circa dal 20 % al 40 % del peso da rifiuti solidi urbani, e, per
la restante percentuale in peso, da una miscela di cemento, calce,
pietrisco, sabbia ed acqua.
L’impastamento di detta miscela viene posta
in una macchina impastatrice. Questi blocchi o
manufatti vengono vantaggiosamente armati in fase di colata nelle dette
casseformi con opportune armature metalliche e, i rifiuti,
eventualmente, vengono opportunamente sminuzzati prima della
produzione nelle impastatrici per cemento. E’ un metodo
economico e non produce residui tossici e percolato, in più
costituisce un’alternativa allo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani in
discarica, soprattutto per quanto concerne i cosiddetti
rifiuti non riciclabili, rispetto all’incenerimento. Il cemento così
formato può essere utilizzato per costituire, come suggerisce Cannavò, “massicciate
di contenimento per terreni franosi e argini di fiumi, fondi
stradali, fondi stradali, rampe di cavalcavia, plinti di tralicci,
riempimenti terrestri e portuali, parti sommerse di moli e banchine,
isole marine ad uso turistico o industriale, per l’attacco provvisorio
di navi, per impianti eolici e solari, blocchi dissuasori contro reti a
strascico”.
Daniela Orlandi
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