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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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Trattamento dei rifiuti

di Daniela Orlandi

 

Lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU) rappresenta un problema in continua crescita.

Lo stoccaggio del materiale in discariche più o meno controllate è una falsa soluzione poiché non fa altro che spostare il problema e concentrarlo in zone in cui il rischio di una irreparabile compromissione dell’ambiente è reale e purtroppo rimarrà tale per molto tempo.

Da anni si sta lavorando ad una soluzione alternativa del problema e i vari studi si sono essenzialmente orientati verso due posizioni di tipo generale: da una parte vi è la convinzione della necessità di riciclare quanto più è possibile dai rifiuti per evitare sprechi di materia prima (carta, plastica, vetro, metalli e produzione compost da utilizzare in agricoltura); dall’altra si è pensato di risolvere in modo radicale il problema utilizzando gli inceneritori.

Il primo caso, più rispettoso dell’ambiente, prevede una raccolta differenziata dei rifiuti fatta dai cittadini ma presenta l’inconveniente degli alti costi. Il secondo è sicuramente più economico, ma presenta i maggiori rischi di inquinamento ambientale.

Vi è una terza soluzione costituita dal trattamento dei RSU

Nei due impianti combinati di produzione di combustibile da rifiuti (CDR) e dai termovalorizzatori in cui viene bruciato il CDR. A proposito dello smaltimento dei rifiuti l'UE dà questa indicazione: "L'uso delle discariche per il rifiuto indifferenziato deve essere assolutamente evitato." L'Unione Europea ha tra l'altro stabilito, con la direttiva 99/31/CE, che in discarica debbano finire solo materiali a basso contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili: in sostanza, dando priorità al recupero, la direttiva prevede il compostaggio ed il riciclo quali strategie primarie per lo smaltimento dei rifiuti.

 

Classificazione dei rifiuti

Per rifiuto si intende qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi (CEE 751442), o qualsiasi sostanza o oggetto derivante da attività umane o da cicli naturali, abbandonato o destinato all’abbandono (DPR 915/82).

I rifiuti sono classificati:

·         secondo l’origine, in:

                 - RIFIUTI URBANI

     - RIFIUTI SPECIALI

·         secondo le caratteristiche di pericolosità, in:

      - RIFIUTI NON PERICOLOSI

      - RIFIUTI PERICOLOSI

Sono “urbani”:

a)      i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso civile;

b)      i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti a usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’art.198, comma 2, lett. g)

c)      i rifiuti provenienti dalla pulizia delle strade;

d)      i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;

e)      i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f)        i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale, diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).

 

Sono “speciali”:

a)      i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;

b)      i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’art.186;

c)      i rifiuti da lavorazioni industriali;

d)      i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e)      i rifiuti da attività commerciali;

f)        i rifiuti da attività di servizio;

g)      i rifiuti derivanti dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h)      i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

i)        i macchinari e le apparecchiature deteriorati e obsoleti;

j)        i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;

k)      il combustibile derivato da rifiuti;

l)        i rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani.

Sono “pericolosi”:

 

i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell’elenco europeo dei rifiuti (CER)

 

Problema Campania

La crisi dei rifiuti in Campania riguarda lo smaltimento ordinario dei rifiuti solidi urbani (RSU). È iniziata nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina del primo Commissario di Governo con poteri straordinari. Lo stato di emergenza è quindi cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, sulla base di un decreto legge, il n. 195 approvato dal Governo il 17 dicembre 2009, che ha fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine finale dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario. Le cause alla base dell'emergenza rifiuti in Campania sono complesse: vi è una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi.

Di fatto, esse possono essere in parte individuate nei ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee, avvenute solamente dal 2003; nell'inadeguato trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti (cdr), nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti anche a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere e finalizzate ad una maggiore tutela dell'ambiente e a contrastare la camorra; nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata, ed infine nei bassi livelli medi della stessa, che nel 2007 nella Provincia di Napoli si fermava ad un misero 8%.

È a partire dal 1994 che i rifiuti solidi urbani in Campania non vengono raccolti regolarmente e si accumulano, in mancanza di una politica di riduzione dei rifiuti e, in particolar modo, per lo scientifico e continuo sabotaggio della raccolta differenziata e degli impianti di cdr, peraltro in alcuni casi pure sequestrati dalla magistratura perché non a norma, e quindi mai effettivamente utilizzati. Il risultato è la presenza per le strade della regione, e soprattutto delle province di Napoli e Caserta, di cumuli di rifiuti che creano gravi rischi igienico-sanitari per le popolazioni locali, oltre a diversi problemi di ordine pubblico.

Quando poi i rifiuti vengono dati alle fiamme si verificano pericolose emissioni di diossina e casi di intossicazione. Le discariche abusive e gli incendi di rifiuti, soprattutto nelle campagne del casertano, hanno creato gravi problemi, oltre che per la salute, anche per quel che concerne la salubrità delle produzioni agroalimentari. Infatti, proprio per questo motivo, la vendita di prodotti caseari della Campania è diminuita significativamente, e non solo in Italia, ma anche all'estero, dove per il timore che la produzione casearia italiana sia poco salubre, si preferisce non importare questi alimenti.

La Protezione Civile nel 2004 ha commissionato uno studio scientifico sulle conseguenze sanitarie della mancata gestione dei rifiuti in Campania ad un'equipe di specialisti provenienti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, dal Centro Europeo Ambiente e Salute, dall'Istituto Superiore di Sanità, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall'Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania e dall'Agenzia Regionale per la Protezione Ambiente.

L'analisi dei dati epidemiologici raccolti tra il 1995 e il 2002 ha consentito ai ricercatori di mettere in correlazione diretta i problemi osservati sulla salute pubblica con la mancata gestione del ciclo dei rifiuti urbani e con la presenza di discariche abusive, gestite dalla criminalità organizzata, dove sono stati versati enormi quantitativi di rifiuti industriali, provenienti prevalentemente dall'Italia settentrionale e talvolta dall'estero. In particolare, è stato riscontrato un aumento del 9% della mortalità maschile e del 12% di quella femminile, nonché l'84% in più dei tumori del polmone e dello stomaco, linfomi e sarcomi, e malformazioni congenite.

 

Possibili soluzioni al problema rifiuti

La situazione dei rifiuti in Campania pone l’attenzione su un’attenta gestione di questi in modo di minimizzare l’impatto ambientale. Il vero problema non è il tipo di rifiuto che si butta, ma la quantità. Infatti, viene buttato all’incirca una tonnellata di spazzatura. L’uso congiunto dei vari metodi di smaltimento dei rifiuti porterebbe ad un ottimizzazione della gestione dei rifiuti fino all’abbandono delle discariche, vere e proprie bombe ecologiche.

Raccolta differenziata

La raccolta differenziata dei rifiuti è un sistema di raccolta dei rifiuti solidi urbani che prevede, per ogni tipologia di rifiuto, una prima selezione da parte dei cittadini. Scopo finale delle norme nazionali e regionali in materia di rifiuti è di ridurre quanto più possibile la quantità di residuo non riciclabile da portare in discarica o da trattare con inceneritori o termovalorizzatori, e, contemporaneamente, recuperare, mediante il riciclaggio dei rifiuti, tutte le materie prime riutilizzabili, che divengono così fonte di ricchezza e non più di inquinamento. I principali tipi di rifiuti da dividere sono:

ü  CARTA: libri, riviste, giornali, cartoncino, cartone ondulato,  imballi di carta, fustini di detersivo...

ü  PLASTICA: bottiglie d’acqua o bibite, flaconi di cosmetici, prodotti per la casa o detersivi in genere

ü  VETRO: bottiglie, bicchieri, rottami di vetro, barattoli, specchi...

ü  INDIFFERENZIATO: tetrapack, carta stagnola, polistirolo, pannolini, contenitori yogurt, carta unta e sporca, scarti alimentari... senza scordare i rifiuti organici (rifiuti umidi) che costituiscono circa il 37% dei rifiuti solidi urbani che, raccolti separatamente, vengono trasformati in compost per l’agricoltura e la fioricoltura.

Entro il 2009 è obbligo di tutti i Comuni raccogliere in maniera differenziata almeno il 35% dei rifiuti (in origine tale percentuale era da raggiungere nel 2003); la nuova normativa prevede l'obbligo di raggiungere il 65% entro il 2012. In Italia esistono molti Comuni che ottengono ottimi risultati superiori all'80% di materiale differenziato; tra le grandi città con più di 500.000 abitanti il primato spetta a Torino, che nel 2010 ha raggiunto il 42,1% di raccolta differenziata. Nel 2009, invece, Salerno ha raggiunto il primato di capoluogo d'Italia con la più alta percentuale di raccolta differenziata (72%) raggiungendo, poi, a fine ottobre il 74,16%.

Cardine principale di tale sistema di raccolta rimane però la buona volontà del cittadino il quale ha il compito principale di dividere i vari tipi di rifiuti; sarebbe utile a tal fine promuovere campagne di sensibilizzazione soprattutto nelle scuole formando così una coscienza sociale. Un altro sistema è quello di applicare un incentivo diretto alla selezione (ciò che avviene già in alcuni comuni). In pratica viene applicato il principio "più inquini più paghi". Per contro più ricicli più risparmi. Per applicare una misura precisa di quanto il cittadino sia bravo, il comune vende (talvolta con distributori automatici) gli unici sacchetti abilitati allo smaltimento dei rifiuti non riciclabili al costo del sacchetto più il costo dei rifiuti che questo contiene. Quindi se un cittadino differenzia bene i suoi rifiuti dovrà acquistare meno sacchi.

Nel Comune di Terni in Umbria si utilizza la banda magnetica del tesserino del servizio sanitario nazionale per identificare il cittadino durante l'uso del distributore automatico di sacchi.

Per ottimizzare al massimo questo tipo di raccolta nei comuni più piccoli si può applicare la raccolta differenziata porta a porta che prevede il periodico ritiro presso il domicilio dell'utenza del rifiuto urbano prodotto dalla stessa. Vengono generalmente ritirati i diversi tipi di rifiuti (rifiuto umido organico destinato al compostaggio, vetro-alluminio, carta-cartone, plastica, secco non riciclabile) in giorni e contenitori diversi. I rifiuti urbani non differenziati vengono solitamente ritirati con frequenze diverse a seconda della tipologia. Tipicamente le frequenze variano da una volta al mese a due o tre volte a settimana a seconda della frazione di rifiuto raccolta.

Contestualmente all'avvio del sistema porta a porta vengono rimossi dalle strade di tutta l'area interessata i cassonetti per i rifiuti indifferenziati. Questo sistema è considerato il metodo più funzionale per incrementare la percentuale di rifiuti destinati al riciclaggio. Tuttavia, un aspetto problematico del sistema consiste nella possibile scarsa collaborazione da parte dei cittadini. Quanto più alta è la coscienza civica tanto più il metodo garantisce ottimi risultati. Inoltre nella maggior parte dei comuni che attuano questo tipo di raccolta differenziata si è applicato il principio del "Chi inquina paga”.  Moltissime le amministrazioni comunali italiane che hanno sperimentato la raccolta porta a porta, con risultati generalmente superiori al 60% di rifiuti differenziati, contro una media nazionale del 20% circa (19,2% nel 2002) con le strategie tradizionali.

 

Termovalorizzatori

Un termovalorizzatore è di fatto un inceneritore di rifiuti in grado di sfruttare il contenuto calorico dei rifiuti stessi per generare calore, riscaldare acqua ed infine produrre energia elettrica. Si distingue quindi dai vecchi inceneritori che si limitavano alla sola termodistruzione dei rifiuti senza produrre energia. L'impiego dei termovalorizzatori sembra essere una parziale via di uscita dal problema delle discariche ormai stracolme e una opzione per diversificare i processi di eliminazione dei rifiuti solidi urbani (RSU).

Se il funzionamento dei termovalorizzatori è gestito in modo corretto l'impatto ambientale potrebbe essere minimizzato dalla presenza di filtri, dal corretto incenerimento dei rifiuti consentiti e dai controlli dello Stato.

Molte capitali europee (es. Parigi) hanno i propri termovalorizzatori nelle immediate vicinanze delle grandi città.

La termovalorizzazione per assolvere al suo compito in maniera ottimale dovrebbe non precedere bensì seguire un processo accurato di raccolta differenziata che preveda ci si informi dalle industrie sulle caratteristiche che deve avere la materia recuperata per poter essere utilizzata come materia prima nei cicli produttivi (separando accuratamente il vetro dalla plastica, dalla carta, dall'alluminio, etc).

Anche la materia destinata ai termovalorizzatori (le cosiddette ecoballe) dovrebbe avere precipue caratteristiche tali da scongiurare quanto più possibile un eventuale rilascio di sostanze nocive nell'ambiente, ma questo passaggio purtroppo in alcuni casi non avviene ancora con la necessaria trasparenza e accortezza. La raccolta differenziata consente di recuperare materiale da inviare al riciclaggio e agevolare la selezione e la lavorazione dei rifiuti. Il termovalorizzatore non brucia qualsiasi rifiuto bensì soltanto CDR (combustibile da rifiuto) composto dalla parte secca del classico RSU (rifiuto solido urbano, ossia il nostro sacchetto dell'immondizia). Questa parte secca è ovviamente composta da legno, carta, cartone, panni, stracci e tutto ciò che ha un potere calorifico abbastanza alto da poter garantire il corretto funzionamento dell'impianto di termovalorizzazione.

 

Cementificazione dei rifiuti

Di particolare interesse è un nuovo sistema di smaltimento, recentemente brevettato, che consentirà di incorporare i rifiuti e materiale inerte in blocchi di cemento e calcestruzzo. Il vantaggio del sistema brevettato dal signor Cannavò è quello di non inquinare l’ambiente, di costare molto meno delle discariche e degli inceneritori, “di essere di facile implementazione”, oltre di consentire di impiegare “i blocchi ricavati in diverse soluzioni”.

Una soluzione che il signor Cannavò ritiene importante è “la messa in sicurezza di molti siti a rischio idrogeologico, in assoluta economia”, se si considera il risparmio conseguibile dallo “smaltimento dei rifiuti”. Si tratta di un metodo per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani comprendente le fasi di formazione di un impasto cementizio costituito per il circa dal 20 % al 40 % del peso da rifiuti solidi urbani, e, per la restante percentuale in peso, da una miscela di cemento, calce, pietrisco, sabbia ed acqua.

L’impastamento di detta miscela viene posta in una macchina impastatrice. Questi blocchi o manufatti vengono vantaggiosamente armati in fase di colata nelle dette casseformi con opportune armature metalliche e, i rifiuti, eventualmente, vengono opportunamente sminuzzati prima della produzione nelle impastatrici per cemento. E’ un metodo economico e non produce residui tossici e percolato, in più costituisce un’alternativa allo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani in discarica, soprattutto per quanto concerne i cosiddetti rifiuti non riciclabili, rispetto all’incenerimento. Il cemento così formato può essere utilizzato per costituire, come suggerisce Cannavò, “massicciate di contenimento per terreni franosi e argini di fiumi, fondi stradali, fondi stradali, rampe di cavalcavia, plinti di tralicci, riempimenti terrestri e portuali, parti sommerse di moli e banchine, isole marine ad uso turistico o industriale, per l’attacco provvisorio di navi, per impianti eolici e solari, blocchi dissuasori contro reti a strascico”.

Daniela Orlandi

 


 

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