di Clara Tumminelli
Ho provato un’emozione intensa salendo per
la seconda volta su una 500 vecchio modello.
La prima volta non avevo neppure diciott’anni.
Il padre di una mia compagna per il compleanno le aveva regalato la sua
prima macchina. Una 500 Lusso del 1970 di colore giallo ocra. Mi ricordo
ancora quell’emozione intensa di euforia e gioia.
La 500 non è solo una vecchia auto, è la
storia dell’automobile del nostro paese. Milioni e milioni di esemplari
sono stati venduti. E’ stata la prima auto di intere generazioni.
Famiglie sono andati in vacanza con la loro 500.
La 500 L ebbe uno strepitoso successo grazie
ai suoi colori accesi e così diversi da quelli standard. La modifica
esterna più significativa fu l’inserimento di elementi tubolari in
metallo cromato aggiunti ai paraurti. Utili in caso di piccoli urti
aumentavano la protezione.
“500 coi tubi” la chiamavano. Altre
modifiche esterne interessarono le modanature lucide dei gocciolatoi, i
profili cromati inseriti nelle cornici dei parabrezza e del lunotto, le
borchie coprimozzo e la grafica delle targhette di identificazione.
Furono montati pneumatici radiali per
migliorare il comportamento stradale, ma anche per aumentare l’estetica
della vettura.
Il volante era a razze metalliche e corona
nera, dello stesso colore del cruscotto rivestito con materiale plastico
e con portacenere centrale.
Il comfort fu garantito da un vano
portaoggetti sul tunnel centrale e da diversi portacarte all’interno
delle portiere.
Mi ricordo molto bene questo particolare,
perché quando cercai di chiudere la porta non trovai la maniglia e
utilizzai questo oggetto in plastica.
Aveva la moquette per terra e sedili in
pelle. Il contachilometri arrivava fino a 130, ma noi non l’abbiamo mai
provato. Anche perché la casa dava come velocità massima 95 Km/h.
La meccanica rispetto al modello precedente
non fu toccata.
Il motore aveva due cilindri verticali in
linea posteriori, erogava una potenza di 18 CV a 4600 giri/min.
L’impianto elettrico era a 12 Volt con batteria da 32 Ah, accensione a
batteria e spinterogeno, raffreddamento ad aria a circolazione forzata.
Il cambio era a 4 marce più retro,
trasmissione a ruote motrici posteriori, freni idraulici a tamburo sulle
quattro ruote. Misurava in altezza 1325 mm, in lunghezza 2970 mm e in
larghezza 1320 mm.
Le stesse dimensioni della 500 Sport.
Caratteristica diversa era la potenza erogata di 21,5 CV sempre a 4600
giri/min. Diverso era il rapporto di compressione 8,6:1 per la S contro
7,1:1 per la L. Anche il rapporto della coppia conica divergeva: 8/39
per la S e 8/41 per la L.
La differenza è evidente nella carrozzeria e
nei colori. Caratteristica tipica della 500 Sport era il tetto
completamente in lamiera solcato da tre nervature. La carrozzeria era
bianca con una riga rossa, dello stesso colore dei sedili interni e
della fascia esterna delle coppe copriruote in lamiera.
Studiata per le corse automobilistiche. Fu
dotata di una cilindrata di 499,5 cm³ anziché di 479 cm³, rispetto alle
prime autovetture. La potenza fu aumentata grazie a un nuovo albero a
camme in acciaio con una differente fasatura e un carburatore Weber 26
IMB 2.
Questo modello del 1959 aveva, però, ancora
alcune caratteristiche tipiche delle prime 500 come le portiere
incernierate posteriormente e conseguente apertura anteriore, gli
indicatori di direzione laterali a goccia in metallo lucido e le tre
piccole feritoie poste sopra i fanali anteriore, simile a dei baffi.
Due modelli simili, ma anche così diversi.
Accomunati dai sentimenti, seppur così diversi, che provocano nell’animo
umano. Nostalgia e ricordi per le persone di una certa età, eccitazione
e gioia per i più giovani.
GUIDA E SICUREZZA
STRADALE
La Ss 36 è la strada che collega Milano allo
Spluga. E’ stata per secoli una delle vie di comunicazioni più
importanti che collegava l’Italia al Nord Europa.
Il tratto che da Lecco giunge a Colico è la
parte più recente. Sono state realizzate delle gallerie nelle montagne,
per rendere la strada più scorrevole. Il tragitto della vecchia 36, ora
Sp 72, seguiva la conformità del terreno lacustre, fatto di rientranze e
sporgenze.
Il 25 gennaio di quest’anno è scesa una
frana sulla strada. Ha interessato la carreggiata che sale a Colico, in
località Pino, nel comune di Varenna. Hanno chiuso il tratto per
permettere lo sgombro del materiale e la messa in sicurezza del tratto.
Chiusura durata circa una settimana, con conseguente deviazione del
traffico sulla strada costiera e sulla strada Sp 62 che congiunge Lecco
a Bellano, attraverso la Valsassina.
Per ovviare ai problemi viabilistici hanno
aperto un by pass sulla carreggiata opposta. Le due corsie a senso unico
sono state trasformate in corsie a doppio senso di marcia.
Ho percorso la strada in febbraio, non
ricordo bene il giorno. Era la prima volta, dopo la caduta della frana,
che transitavo su questa strada. Mi sono accorta dei cartelli che
indicavano il restringimento di carreggiata, da due ad una corsia, i
cartelli che indicavano una velocità ridotta rispetto a quella di norma
e le righe gialle. Non ho visto il cartello che indicasse il doppio
senso di marcia. Ho pensato a dei lavori in corso, come capita spesso
sulle strade. Non mi sono ricordata della frana, anche perché non
percorro questa strada spesso.
Nella mia stessa situazione si possono
trovare tutti i turisti che si dirigono al lago e nella Provincia di
Sondrio e viceversa.
Ho notato che sull’unica riga gialla
continua erano stati collocati i birilli: i deflego.
Molti erano, però, già stati strapparti,
molto probabilmente dalle ruote dei camion.
E’ stato particolare vedere un birillo in
piedi e dopo decine di metri nulla, altri due birilli e poi nulla. Così
per tutto il tratto del doppio senso.
Dopo due mesi dalla frana in quel tratto è
successo un incidente. Uno scontro frontale. Questo ha naturalmente
creato problemi alla circolazione. Le auto sopraggiunte sono rimaste per
lungo tempo ferme in coda, aspettando che la strada fosse nuovamente
percorribile.
Il comportamento di questa persona è
condannabile. Non ci sono attenuanti.
Devo dire, però, che ho percorso la strada
circa una settimana dopo l’incidente. I cartelli di doppio senso di
marcia li hanno messi, ma non era rimasto in piedi nemmeno un birillo.
L’incidente non sarebbe successo se
l’autista non avesse superato. Poniamo il caso che non ci fossero i
cartelli del doppio senso e quindi non pensasse che sopraggiungesse una
macchina. Accettiamo anche che non rispettasse i limiti di velocità,
perché la strada era libera. La linea gialla continua avrebbe dovuto
fargli sorgere un dubbio. Certamente se ci fossero state due linee
continue gialle e in mezzo una serie di birilli. Non quei birilli
utilizzati, piccoli e alquanto invisibili.
L’autista forse non avrebbe superato,
impossibilitato dal farlo e l’incidente non sarebbe successo.
Un progresso è stato fatto prima che
iniziassero le vacanze di Pasqua. Hanno collocato dei separatori di
corsia. Sono oggetti fissati all’asfalto, con base lunga circa un metro,
larga quindici - venti centimetri e di color giallo. Al centro si eleva
il birillo. Impossibile non vederlo, si notano per l’altezza e la
larghezza, ma anche per le strisce bianche e rosse. Collocati tra uno e
l’altro circa dieci, dodici metri. Sono di plastica dura e se qualcuno
decidesse di superare oltre a farsi male, procurerebbe un danno ingente
alla sua macchina con conseguente esborso di soldi per sistemarla.
L’incoscienza, l’irresponsabilità delle
persone è tante volte un dato di fatto. Ad alcuni autisti non si può
cambiare modo di pensare o chiedere di essere più prudenti. Non riescono
a cambiare il loro stile di guida.
Credo si possa ovviare al problema, almeno
in parte, utilizzando tutti i mezzi esistenti come i cartelli, la
segnaletica, i birilli, le cascate luminose. Oggetti indispensabili e
sostituirli in caso di rottura, malfunzionamento o altro.
Clara Tumminelli |