|
di Clara Tumminelli
Dicembre è un mese ricco di ricorrenze:
Immacolata, Natale, Santo Stefano, ultimo dell’anno. Nello stesso mese
un’altra data importante è il 7, in cui ricorre Sant’Ambrogio. Questo
santo è festeggiato in molte località della penisola, tra cui Milano.
Sant’Ambrogio, infatti, è il patrono della
città meneghina.
Ambrogio nacque a
Treviri, nella Gallia, verso il 339. Era figlio di un funzionario romano
in servizio al di là delle Alpi. Dopo la morte del padre la famiglia
rientrò a Roma. Studiò diritto e retorica e intraprese la carriera
giuridica.
Caso volle che alla morte del Vescovo di Milano, lui si trovasse in
città. In qualità di funzionario imperiale cercò di evitare quei
disordini spesso provocati dalle elezioni ecclesiastiche. Nelle adunanze
dei fedeli fece discorsi saggi e toccanti. A seguito delle sue parole
dall'assemblea si alzò un grido: " Ambrogio Vescovo! ".
Ambrogio affermò la sua impossibilità nel ricoprire la suddetta carica,
in quanto non era battezzato. Inoltre si sentiva indegno, in quanto
peccatore. All’insistenza della folla rispose con la fuga. Alla fine
ricevette il battesimo. A seguito della consacrazione episcopale iniziò
la lettura dei libri sacri, poi studiò i Padri della Chiesa e i Dottori.
L'opera di
Ambrogio fu importante, incisiva e ampia. Sostenne dinanzi
all'Imperatore, non solo i diritti della Chiesa, ma l'autorità dei suoi
pastori.
Quando Teodosio, in seguito all'uccisione del comandante del presidio di
Tessalonica, fece massacrare un numero impressionante di abitanti
innocenti. Ambrogio gli rimproverò il massacro e gl'impose una pubblica
penitenza. Teodosio cercò di resistere, infine cedette. Una delle
iconografie ambrosiane rappresenta Sant'Ambrogio che scaccia dalla
soglia della cattedrale l'Imperatore.
Ricevette la nomina a vescovo il 7 dicembre
374 a Milano.
Ambrogio è considerato una guida
fondamentale della Chiesa occidentale, in cui inserisce anche la
ricchezza della tradizione orientale. Autore di celebri testi liturgici
è considerato il padre
della liturgia ambrosiana.
Per ricorrenza del Santo Patrono si
organizza la fiera degli Oh bej. Oh bej.
Le origini della festa risalgono al 1510
con l’arrivo in città di Giannetto Castiglione, primo Gran
Maestro dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Egli era stato incaricato dal Papa
di recarsi a Milano,
per ravvivare la devozione e la fede verso i Santi da parte dei
cittadini ambrosiani.
Giannetto ebbe paura di non essere accolto
benevolmente dalla popolazione milanese. Decise allora di portare un
gran numero di pacchi, riempiti con dolciumi e giocattoli. Giunse a
Milano nel giorno dedicato a Sant’Ambrogio. Iniziò
subito a distribuire il contenuto dei pacchi ai bambini milanesi, i
quali si erano radunati intorno al corteo, insieme ad una gran folla di
cittadini.
Il nome deriva dalle esclamazioni di gioia
dei bambini per i doni ricevuti. L'espressione dialettale
Oh bej! Oh bej! si traduce in italiano
nella manifestazione di stupore "Oh (che) belli!, oh (che)
belli!".
Da allora si cominciò ad organizzare, nel
periodo della festa dedicata al Patrono, la fiera degli Oh
bej! Oh bej!. Sono allestite bancarelle di vestiti, giocattoli,
dolciumi e prodotti gastronomici.
La fiera, in passato, era ubicata nelle vie attorno alla
basilica di Sant’Ambrogio.
La basilica è una delle più antiche chiese
di Milano. Fu fondata dallo stesso Vescovo Ambrogio tra il 379 ed il
386. E’ considerata il più importante esempio di architettura romanica
lombarda. La sua struttura attuale è il risultato di una serie di
interventi strutturali realizzati nel tempo.
Nelle più recenti edizioni la fiera è
collocata vicino al Castello Sforzesco.
(C.T.)
SANTA LUCIA
A dicembre non solo Babbo Natale porta i
regali, ma in alcune comunità anche Santa Lucia il giorno 13.
In alcune regioni dell'Italia
settentrionale, particolarmente nel Trentino occidentale
e nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio
Emilia, Verona e Udine esiste
una tradizione legata ai "doni di Santa Lucia”.
Secondo la moderna usanza, nata negli anni
trenta e consolidatasi nei
decenni successivi, i bimbi scrivono una lettera alla Santa, elencando i
regali che vorrebbero ricevere, essendo stati bravi ed obbedienti
durante l'anno.
Nella tradizione è uso che i ragazzi più
grandi, nelle sere precedenti, percorrano le strade suonando un campanello da
messa e richiamando i piccoli ad andare subito a letto, per evitare che
la Santa li veda e li accechi, gettando cenere nei loro occhi. La sera
precedente i bambini assieme ai genitori preparano del cibo, di solito
delle arance, dei biscotti, mezzo bicchiere di vino rosso
per ringraziare la Santa e del fieno per
l'asino che trasporta i doni.
Il mattino del 13 dicembre, al loro
risveglio, i bambini troveranno un piatto con le arance e i biscotti
consumati, arricchito di caramelle e monete di cioccolato e nascosti
nella casa i doni che avevano richiesti.
Per festeggiare la ricorrenza in alcune
località è organizzata una fiera nel centro cittadino. In queste fiere
gli articoli maggiormente presenti sono torroni, croccanti, altri
dolciumi e giocattoli. Secondo la tradizione dei doni di Santa Lucia il
torrone è, soprattutto, regalato alle ragazze.
Nella religione cristiana la vergine e
martire Lucia è una delle figure più care alla devozione. Visse a
Siracusa. Morì martire, secondo la tradizione, sotto la persecuzione di
Diocleziano intorno all'anno 304. Gli atti del suo martirio raccontano
di torture atroci subite per volontà del prefetto Pascasio, che non
accettava i segni divini della sua persona.
Il martirio
incomincia con la visita di Lucia assieme alla madre Eutichia, al
sepolcro di Agata a Catania, per chiedere la guarigione dalla malattia
da cui era affetta la madre.
Mentre la madre è
intenta a toccare il sepolcro. Lucia cade in un sonno profondo in cui le
appare Agata che la informa dell’avvenuta guarigione della madre e le
predice il suo futuro martirio. Al ritorno dal pellegrinaggio Lucia
comunica alla madre la sua decisione di consacrarsi a Cristo. A tale
fine le chiede pure di potere disporre del proprio
patrimonio per
devolverlo in beneficenza. Eutichia le risponde che li avrebbe ereditati
alla sua morte e che solo allora avrebbe potuto disporne a suo
piacimento. Lucia riesce a convincere la madre, la quale finalmente le
dà il consenso di devolvere il patrimonio paterno in beneficenza, cosa
che la vergine fa appena arrivata a Siracusa. Il promesso sposo di
Lucia, venendo a conoscenza del fatto chiede spiegazione. Furioso decide
di denunciare al governatore Pascasio la scelta della fede cristiana
della promessa sposa. Lucia è condotta al suo cospetto e sottoposta a
processo e a un faticoso interrogatorio.
Il governatore
Pascasio decide, infine, di infliggerle la pena del postribolo. La
vergine secondo la tradizione diventa inamovibile e salda. Nessuno
riesce a spostarla. Pascasio ordina che sia bruciata, ma il fuoco non la
brucia, allora sentenzia che Lucia perisca per spada. La vergine è
decapitata.
Un’epigrafe marmorea del IV secolo è la testimonianza più antica
del culto di Lucia. Si trova nelle catacombe di Siracusa, le più estese
al mondo dopo quelle di Roma.
La devozione alla Santa si diffuse molto
rapidamente.
(C.T.)
NOVEMBRE: RASSEGNA
GASTRONOMICA DEL LODIGIANO
Ogni anno si organizza, nel mese di
novembre, la rassegna gastronomica del lodigiano. I menù sono a base di
piatti della tradizione del territorio.
Una delle grandi novità della Rassegna 2011 è stata l’introduzione di
menu tematici: menù zucca e castagne, menù della tradizione,
degustazione salumi e formaggi.
La tipologia di locali è ampia e per tutti i gusti: top-restaurant che
in Rassegna offrono menù ad un prezzo inferiore di quello “alla carta”,
trattorie, ristoranti in ambiente rurale, quelli del centro storico di
Lodi e locali immersi in tenute o parchi.
Il filo conduttore è il mangiare della tradizione, con prodotti locali.
Uniti dalla filosofia del sedersi a tavola in famiglia o in compagnia.
Un rituale considerato “sacro”.
La gastronomia lodigiana è quella tipica casalinga della bassa Padana. I
prodotti tipici del territorio sono sostanzialmente tre: il burro, il
formaggio ed il maiale.
La cucina rispecchia la vocazione agricola di questo territorio, ricca
di piatti che sono il frutto della sapiente elaborazione dei prodotti
della cascina.
Negli antipasti il posto d’onore spetta alla frittata, cucinata in tanti
modi: con gli asparagi, macerata nell’aceto di vino, con la luganiga. Ad
accompagnare questa piccola entrée seguono: cotechino e zampone lessati,
pesce marinato, funghi e peperoni sott’olio.
Tra i primi piatti troviamo la Minestra maridada, il riso con numerosi
ortaggi, riso e latte, numerose versioni di risotto: alla salsiccia o la
salamela, alle verze e fagioli, ai funghi e panna, alla zucca, al
mascarpone. Altro piatto della cucina contadina sono gli gnocchi: di
farina e patate, di spinaci, di erbe. Non dimentichiamo i ravioli
casalinghi con il ripieno di carne trita e qualche amaretto, oppure di
zucca lessata, in brodo di cappone o al burro fuso.
I secondi piatti sono gustosi ed invitanti come la Trippa, la Supa di
morti con fagiolini, cotenne e costine di maiale, cipolle, sedano, burro
e olio. Piatto facile da preparare e con diverse varianti: le polpette.
Oltre a quelle di carne tritta, si preparano quelle di verza, di
melanzane e le Pulpite ligade: fettine di lonza con il ripieno di
formaggio di grana, pane grattugiato, salsiccia fresca, arrotolate e
legate con filo di refe.
Leccornia, per alcuni, e piatto tipico della campagna sono le rane.
Cucinate col sugo, impanate e fritte.
Non bisogna dimenticare gli animali tipici dell’aia: galline, capponi,
tacchini, galli, anatre e faraone. Sono lessi od arrosto ripieni di
solito di carne.
A completare i secondi si hanno piatti a base di coniglio e i selvatici.
Fra i piatti più curiosi si hanno gli Uselin de scapada (uccellini di
fretta) che non sono veri uccellini, ma involtini fatti con pancetta,
fegato e lombo di maiale, tagliati a dadi con l’aggiunta di una foglia
di salvia.
I pesci sono d’acqua dolce. Si hanno carpe al forno, le trote al forno o
lessate, le anguille in umido o fritte e lo storione.
Ad accompagnare la maggior parte di questi piatti si ha la polenta. Una
versione più succulenta e sostanziosa è la Pulenta pastissada (polenta
pasticciata) fatta con sugo, carne tritta, burro, sfoglia di formaggio
(la famosa Raspadüra). Si realizza il piatto mettendo a strati la
polenta e il composto.
Come contorno le verdure dell’orto e dei campi: verze, cicoria
selvatica, zucchine, erbette, melanzane, fiori di zucca impanati e
fritti, peperonata e tanto altro.
Dopo i numerosi formaggi si arriva, infine, ai dolci. La più conosciuta
è la torta di Lodi, a base di mandorle. Appartiene alla famiglia delle “sbrisolone”.
Molto apprezzati anche i cannoli alla lodigiana, la torta di
Casalpusterlego, la ciambella di Castelnuovo Bocca d’Adda, gli amaretti
di Sant’Angelo Lodigiano e la Cotognata di Cologno, il croccante, le
castagnole, le numerose torte e un’infinita varietà di dolci.
Clara Tumminelli |