UTOPIA REALE: LA
RIVINCITA DELLA NATURA
di
Roberta Biondi
“Lei
è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due
passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi
più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve
l’Utopia? Serve proprio a questo: A CAMMINARE”.
Oltre i
fatalismi e le proiezioni di un destino scritto e in direzione di
risultati irreversibilmente negativi c’è chi crede che possano esserci
soluzioni ai disastri ambientali scaturiti dal comportamento irrazionale
e negativo degli esseri umani.
Tra i
maggiori componenti che mettono a rischio le specie viventi,
contribuendo al degrado ambientale e allo squilibrio di molti
ecosistemi, c’è la formazione di rifiuti e l’impossibilità da parte
della natura di assorbirli completamente.
Un’utopia,
per molti realizzabile, è la possibilità di un mondo con rifiuti zero,
cioè una gestione dei rifiuti che riprogetta la vita ciclica dei
rifiuti, considerati non come scarti ma come risorse da considerare
materie prime seconde.
Il termine “zero
waste” fu usato per la prima volta in California negli anni ’70 per
pubblicizzare il nome di una società Zero Waste System Inc (ZWS),
fondata dal chimico Paul Palmer e che successivamente è stato pioniere
di molti progetti di recupero.
Tra i vari
progetti c’è la nascita dello Zero Waste Istitute (ZWI), che va
oltre il riciclaggio dei prodotti, focalizzandosi invece sulle fasi di
produzione e utilizzo di un bene azzerando gli sprechi, ma soprattutto
nella fase finale, con l’impossibilità da parte del produttore di
trasferire le responsabilità nella fase conclusiva del suo ciclo di
vita.
La presa di
coscienza verso queste tematiche anche da parte delle istituzioni ha
portato anche l’Italia ad adoperarsi creando delle iniziative importanti
per l’ambiente.
Uno di
queste è la Campagna “Legge Rifiuti Zero”, partita a giugno 2012,
con l’obiettivo di chiudere inceneritori e discariche nel 2020 (basate
sulle indicazioni votate dal Parlamento Europeo nel maggio 2012) e di
modificare la Legge Nazionale in vigore per la gestione dei rifiuti
(T.U. Legge n°12/2006).
L’importanza
di una corretta gestione del ciclo dei prodotti e la riduzione degli
sprechi è fondamentale per la preservazione degli equilibri nei vari
ecosistemi.
Dal 19
dicembre 1987, gli esseri umani hanno iniziato ad essere debito con la
Terra, cioè i beni naturali generati dal pianeta in un anno non sono
sufficienti ad alimentarci, sfruttando quindi anche le risorse dell’anno
successivo.
Una maggiore
informazione sulle tematiche ambientali è stata possibile grazie alla
Convenzione di Aarthur che ha permesso l’accesso alle informazioni,
la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla
giustizia in materia ambientale.
La
consapevolezza delle conseguenze allo sfruttamento delle risorse
collegata ad una visione più pratica dell’importanza dell’utilizzo di
esse come valore anche in termini economici, sta iniziando ad essere
presa in considerazione anche da parte di imprese presenti e nascenti.
L’interesse
da parte delle aziende sta andando diffondendosi grazie anche alla
stesura del libro “Blue Economy: 10 anni, 100 innovazioni, 100
milioni di posti di lavoro”, che differentemente dalla Green
Economy (riduzione CO2 entro un limite accettabile), prevede di
arrivare ad emissioni zero di CO2 e di trasformare le sostanze sprecate
in merce redditizia.
Le decisioni
di scelte maggiormente ecologiche e sostenibili da parte delle aziende
devono essere spronate e obbligate, sia da parte delle istituzioni in
termini di tassazioni e sovvenzioni, sia da parte dei consumatori con
metodi di scelta più critici dei prodotti e servizi acquistabili.
Tra i metodi
di riconoscimento da parte dei consumatori di prodotti o servizi a basso
impatto ambientale offerti dalle aziende, c’è l’Ecolabel. Esso è
uno strumento volontario di richiesta da parte di un’impresa,
appartenente ad uno dei 27 stati membri, di essere riconosciuta come
rispettosa dell’ambiente e con alti standard prestazionali ambientali.
Tale
servizio è importante non solo per ridurre gli sprechi da parte di
aziende che creano prodotti ma anche per le imprese che erogano servizi,
contribuendo anche ad una rieducazione della popolazione verso
comportamenti più sostenibili verso l’ambiente.
Il turismo è
uno dei settori che contribuisce non solo alla crescita economica di un
paese ma tutela l’ambiente, promuove il turismo sostenibile, aumenta la
ricchezza di un paese, crea nuovi posti di lavoro e migliora la cultura
e l’istruzione. Tale importanza è stata riconosciuta anche dalle Nazioni
Unite il 21 dicembre 2012 durante la
Conferenza
Rio +20.
Un esempio
di certificato di sostenibilità nel campo prettamente turistico è il
Seychelles Sustainable Tourism label, utilizzato prettamente nelle
Isole Seychelles che premia con un’etichetta le strutture che si
distinguono per l’impegno nel proteggere il patrimonio locale
ambientale. Esso tiene in considerazione: l’attività direttiva della
struttura; la gestione dei rifiuti; il consumo di acqua e di energia; i
rapporti con i dipendenti; la conservazione dell’ambiente circostante; i
rapporti con la comunità locale e la clientela.
Secondo un
sondaggio “Gli italiani, il turismo sostenibile e l’ecoturismo”
effettuato dalla Fondazione Univerde e IPR Marketing su un campione di
100 persone miste è stato individuato che:
·
Il 54% preferisce fare scelte che non
danneggino l’ambiente quando pianifica una vacanza
·
Il 65% preferisce, a parità di prezzo,
un albergo costruito con criteri ecologici che utilizza un basso impatto
ambientale.
Un esempio
di struttura ricettiva sostenibile può essere considerato il Resort
Misool eco, situata su una delle isole Raja Ampat, punta occidentale
dell’isola più grande del mondo, la Guinea.
La sua
posizione può essere definita l’epicentro della biodiversità marina. Una
delle ragioni più importante sono le sue correnti marine naturali che la
collegano con gli altri Paesi facenti parte del famoso “Triangolo del
Corallo” che comprende Timor est, le Isole Salomone, le Filippine, la
Malesia, la Nuova Guinea e l’Indonesia, che fanno si che Raja Ampat sia
in una posizione strategica.
La struttura
Misool eco è stata costruita nel 2005 e concepita da Andrew Miners come
luogo in cui creare turismo in modo completamente sostenibile in modo da
minimizzare l’ impatto sulla natura utilizzando legno riciclato; vernici
sostituite da coloranti naturali, detergenti e saponi biodegradabili e
il consumo dell’acqua è regolata e recuperata grazie anche a contenitori
per l’acqua piovana e la presenza di strumenti di desalinizzazione delle
acque marine.
Tale
struttura utilizza solo prodotti bio-degradabili e non nocivi per
l’ambiente e i materiali organici sono utilizzati come fertilizzante dei
terreni. Sono esclusi tutti i tipi di fertilizzanti e pesticidi nocivi e
sostituiti da prodotti naturali. Essa non accetta materiale plastico
all’interno, come bottiglie e contenitori che potrebbero deturpare
l’ambiente ma solo materiali che sono riciclabili e possono essere
inviati direttamente alle ditte che effettuano tale procedura.
La struttura
in questione è solo un esempio di sostenibilità concreta ma come essa ce
ne sono tante altre e altrettanti milioni di persone che si adoperano
ogni giorno dando il massimo per minimizzare gli sprechi e credendo che
un mondo pulito e sano sia possibile lontano dai disastri provocati
dall’uomo e incurie verso l’ambiente.
... UN’UTOPIA REALE. Basta solo crederci!
Roberta Biondi |