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OPERAZIONE
OMBRE CINESI
di Gabriele Zaffiri
I quotidiani “Il Secolo
XIX”, “La Repubblica” e Il Corriere Mercantile” del 30.11.2006,
riferivano sui risultati della “Operazione Ombre Cinesi”, diretta dal
colonnello dei carabinieri Michele Sarno del NOE.
Dentro i container
diretti in Cina c’era di tutto un pò, Cd fatti a pezzi, gruppi ottici di
auto in demolizione, bicchieri da picnic, videocassette, telecomandi in
disuso, schede telefoniche scadute, e altro; tranne la materia prima
polimerica secondaria (leggi riciclata) che era indicata nei documenti
di spedizione. I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, in
collaborazione con gli agenti dell’Agenzia delle Dogane, hanno
smantellato un’organizzazione italo-cinese dedita al commercio
transnazionale illecito di rifiuti tossici. Sette persone – tre cinesi e
quattro italiane – sono finite in manette. Altre quarantanove sono state
denunciate. L’operazione, battezzata “Ombre cinesi”, è scattata a
gennaio e si è conclusa il 29 novembre 2006 con l’esecuzione delle
ordinanze restrittive firmate dal magistrato della Procura della
Repubblica di Genova Francesco Cardona Albini. Tra i denunciati anche
tre spedizionieri e un addetto ai controlli ambientali genovesi. Gli
spedizionieri lavoravano per la Maersk , il colosso danese che nella
fattispecie si occupava del trasporto dei rifiuti in Cina.
Il meccanismo era
semplice ed efficace. Una società costituita dai “registi” cinesi
dell’affare, la “Kandi” di Milano, acquistava rifiuti tossici da
fabbriche di manufatti plastici di Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli
Venezia Giulia. Il materiale veniva trasferito in capannoni di
stoccaggio dove ufficialmente, il materiale plastico veniva trasferito
in capannoni di stoccaggio dove, ufficialmente, il materiale plastico
veniva diviso e riciclato a norma di legge, diventando appunto materia
prima secondaria. Di fatto i diversi oggetti erano sminuzzati, caricati
in contenitori e spediti a Genova con bolle di accompagnamento mendaci.
Una seconda società con
sede ad Hong Kong, la “Kari International Import Export Waste Material
Trading Co”, acquistava – almeno sulla carta – tutto il materiale
plastico e lo veicolava verso stabilimenti del sud della Cina. Lì parte
del materiale venivano lavorate e trasformate nuovamente in materia
prima. Il prodotto finito, anche giocattoli, completamente fuori norma
in base alla normativa Ue, era immesso sul mercato cinese e europeo.
Un’altra parte della merce spedita illegalmente in Cina finiva nei
termovalorizzatori, bruciatori onnivori di rifiuti e grandi produttori
di diossina.
Il guadagno ricavato
dal traffico di rifiuti speciali è stato stimato intorno al milione di
euro annuale. Dalle indagini dei carabinieri risulta che il traffico
illecito si sia protratto per cinque anni. Nell’affare tutti traevano il
proprio guadagno, a partire da quegli industriali che evitavano i
costosi oneri per lo smaltimento degli scarti di produzione, facendosi
pagare un tanto a tonnellata dalla società di cinesi che li prelevava.
Il giro di corruzione era capillare e toccava società di smaltimento di
rifiuti speciali, analisti chimico-ambientali, spedizionieri.
Per i militari
l’operazione “Ombre cinese” costituisce solo la prima parte di un
lavoro più ampio.
L’indagine era iniziata
l’11 gennaio scorso col sequestro nell’area portuale di Voltri, da parte
dei militari del Noe di Genova, di due container, con ciascuno 44 balle
costituite da carta, cartone, cd frammentati e plastiche (contaminate da
prodotti chimici). Alla fine ne sono stati sigillati ben 17 container.
Il carico era diretto alla Repubblica popolare cinese. A questo era
seguito un mese dopo il sequestro in una ditta di Caslino d’Erba (Como),
di 366 metri cubi di rifiuti in giacenza. Emerse il sospetto di un
probabile traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi alla base del
quale c’era la “Kandi” che, sotto la copertura di un commercio
all’ingrosso di materiale plastico e suoi derivati, gestiva
illecitamente i rifiuti, dalla raccolta, allo stoccaggio al loro
trasporto simulato, fino alla loro esportazione verso la Cina.
Una volta in Cina i
rifiuti venivano trattati e rivenduti. Quindi erano riutilizzati in
parte per la fabbricazione di giocattoli destinati al mercato
occidentale. Particolare che diventa ancora più sinistro se si pensa a
quanto avvenuto nell’ agosto del 2007, con la multinazionale Mattel,
leader mondiale nella produzione di giocattoli, costretta a ritirare dai
mercati oltre 20 milioni di giocattoli prodotti in Cina a causa della
loro pericolosità e per l’utilizzo di vernici ad elevato contenuto di
piombo.
Gabriele Zaffiri |